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الأربعاء، 2 نوفمبر 2022

Codice Penale قانون العقوبات الايطالي لسنة 1930

Regio Decreto 19 ottobre 1930, n. 1398
Approvazione del testo definitivo del Codice Penale
G.U. 26 ottobre 1930, n. 251

VITTORIO EMANUELE III
PER GRAZIA DI DIO E PER VOLONTÀ DELLA NAZIONE
RE D'ITALIA

Vista la legge 24 dicembre 1925, n. 2260, che delega al Governo del Re la facoltà di emendare il codice penale;
Sentito il parere della Commissione parlamentare, à termini dell'art. 2 della legge predetta;
Udito il Consiglio dei Ministri;
Sulla proposta del Nostro Guardasigilli, Ministro Segretario di Stato per la giustizia e gli affari di culto;
Abbiamo decretato e decretiamo:
 

Art. 1.

Il testo definitivo del codice penale portante la data di questo giorno è approvato ed avrà esecuzione a cominciare dal 1° luglio 1931.
 

Art. 2.

Un esemplare del suddetto testo definitivo del codice penale, firmato da Noi e contrassegnato dal Nostro Ministro Segretario di Stato per la giustizia e gli affari di culto, servirà di originale e sarà depositato e custodito nell'Archivio del Regno.
 

Art. 3.

La pubblicazione del predetto codice si eseguirà col trasmetterne un esemplare stampato a ciascuno dei Comuni del Regno, per essere depositato nella sala comunale, e tenuto ivi esposto, durante un mese successivo, per sei ore in ciascun giorno, affinché ognuno possa prenderne cognizione.
Ordiniamo che il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sia inserto nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti del Regno d'Italia, mandando a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

Dato a S. Rossore, addì 19 ottobre 1930 - Anno VIII

VITTORIO EMANUELE
Mussolini - Rocco.
Visto, il Guardasigilli: Rocco.
Registrato alla Corte dei conti, addì 22 ottobre 1930-VIIII
Atti del Governo, registro 301, foglio 58. - Mancin
i.

LIBRO PRIMO
DEI REATI IN GENERALE
TITOLO PRIMO
DELLA LEGGE PENALE

CODICE PENALE
Art. 1.
(Reati e pene: disposizione espressa di legge)
Nessuno può essere punito per un fatto che non sia espressamente preveduto come reato dalla legge, nè con pene che non siano da essa stabilite.

Art. 2.
(Successione di leggi penali)
Nessuno può essere punito per un fatto che, secondo la legge del tempo in cui fu commesso, non costituiva reato.
Nessuno può essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore, non costituisce reato; e, se vi è stata condanna, ne cessano l'esecuzione e gli effetti penali.
Se vi è stata condanna a pena detentiva e la legge posteriore prevede esclusivamente la pena pecuniaria, la pena detentiva inflitta si converte immediatamente nella corrispondente pena pecuniaria, ai sensi dell'articolo 135.
Se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo, salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile.
Se si tratta di leggi eccezionali o temporanee, non si applicano le disposizioni dei capoversi precedenti.
Le disposizioni di questo articolo si applicano altresì nei casi di decadenza e di mancata ratifica di un decreto-legge e nel caso di un decreto-legge convertito in legge con emendamenti.

Art. 3.
(Obbligatorietà della legge penale)
La legge penale italiana obbliga tutti coloro che, cittadini o stranieri, si trovano nel territorio dello Stato, salve le eccezioni stabilite dal diritto pubblico interno o dal diritto internazionale.
La legge penale italiana obbliga altresì tutti coloro che, cittadini o stranieri, si trovano all'estero, ma limitatamente ai casi stabiliti dalla legge medesima o dal diritto internazionale.

Art. 3-bis.
(Principio della riserva di codice).
Nuove disposizioni che prevedono reati possono essere introdotte nell'ordinamento solo se modificano il codice penale ovvero sono inserite in leggi che disciplinano in modo organico la materia.

Art. 4.
(Cittadino italiano. Territorio dello Stato)
Agli effetti della legge penale, sono considerati cittadini italiani i cittadini delle colonie, i sudditi coloniali, gli appartenenti per origine o per elezione ai luoghi soggetti alla sovranità dello Stato e gli apolidi residenti nel territorio dello Stato.
Agli effetti della legge penale, è territorio dello Stato il territorio del Regno, quello delle colonie e ogni altro luogo soggetto alla sovranità dello Stato. Le navi e gli aeromobili italiani sono considerati come territorio dello Stato, ovunque si trovino, salvo che siano soggetti, secondo il diritto internazionale, a una legge territoriale straniera.

Art. 5.
(Ignoranza della legge penale)
Nessuno può invocare a propria scusa l'ignoranza della legge penale.

Art. 6.
(Reati commessi nel territorio dello Stato)
Chiunque commette un reato nel territorio dello Stato è punito secondo la legge italiana.
Il reato si considera commesso nel territorio dello Stato, quando l'azione o l'omissione, che lo costituisce, è ivi avvenuta in tutto o in parte, ovvero si è ivi verificato l'evento che è la conseguenza dell'azione od omissione.

Art. 7.
(Reati commessi all'estero)
È punito secondo la legge italiana il cittadino o lo straniero che commette in territorio estero taluno dei seguenti reati:
1° delitti contro la personalità dello Stato italiano;
2° delitti di contraffazione del sigillo dello Stato e di uso di tale sigillo contraffatto;
3° delitti di falsità in monete aventi corso legale nel territorio dello Stato, o in valori di bollo o in carte di pubblico credito italiano;
4° delitti commessi da pubblici ufficiali a servizio dello Stato, abusando dei poteri o violando i doveri inerenti alle loro funzioni;
5° ogni altro reato per il quale speciali disposizioni di legge o convenzioni internazionali stabiliscono l'applicabilità della legge penale italiana.

Art. 8.
(Delitto politico commesso all'estero)
Il cittadino o lo straniero, che commette in territorio estero un delitto politico non compreso tra quelli indicati nel numero 1° dell'articolo precedente, è punito secondo la legge italiana, a richiesta del Ministro della giustizia.
Se si tratta di delitto punibile a querela della persona offesa, occorre, oltre tale richiesta, anche la querela.
Agli effetti della legge penale, è delitto politico ogni delitto, che offende un interesse politico dello Stato, ovvero un diritto politico del cittadino. È altresì considerato delitto politico il delitto comune determinato, in tutto o in parte, da motivi politici.

Art. 9.
(Delitto comune del cittadino all'estero)
Il cittadino, che, fuori dei casi indicati nei due articoli precedenti, commette in territorio estero un delitto per il quale la legge italiana stabilisce la pena di morte o l'ergastolo, o la reclusione non inferiore nel minimo a tre anni, è punito secondo la legge medesima, sempre che si trovi nel territorio dello Stato.
Se si tratta di delitto per il quale è stabilita una pena restrittiva della libertà personale di minore durata, il colpevole è punito a richiesta del Ministro della giustizia, ovvero a istanza o a querela della persona offesa.
Nei casi preveduti dalle disposizioni precedenti, qualora si tratti di delitto commesso a danno delle Comunità europee, di uno Stato estero o di uno straniero, il colpevole è punito a richiesta del Ministro della giustizia, sempre che l'estradizione di lui non sia stata conceduta, ovvero non sia stata accettata dal Governo dello Stato in cui egli ha commesso il delitto.

Art. 10.
(Delitto comune dello straniero all'estero)
Lo straniero, che, fuori dei casi indicati negli articoli 7 e 8, commette in territorio estero, a danno dello Stato o di un cittadino, un delitto per il quale la legge italiana stabilisce la pena di morte o l'ergastolo, o la reclusione non inferiore nel minimo a un anno, è punito secondo la legge medesima, sempre che si trovi nel territorio dello Stato, e vi sia richiesta del Ministro della giustizia, ovvero istanza o querela della persona offesa.
Se il delitto è commesso a danno delle Comunità europee, di uno Stato estero o di uno straniero, il colpevole è punito secondo la legge italiana, a richiesta del Ministro della giustizia, sempre che:
1° si trovi nel territorio dello Stato;
2° si tratti di delitto per il quale è stabilita la pena di morte o dell'ergastolo, ovvero della reclusione non inferiore nel minimo a tre anni;
3° l'estradizione di lui non sia stata conceduta, ovvero non sia stata accettata dal Governo dello Stato in cui egli ha commesso il delitto, o da quello dello Stato a cui egli appartiene.

Art. 11.
(Rinnovamento del giudizio)
Nel caso indicato nell'articolo 6, il cittadino o lo straniero è giudicato nello Stato, anche se sia stato giudicato all'estero.
Nei casi indicati negli articoli 7, 8, 9 e 10, il cittadino o lo straniero, che sia stato giudicato all'estero, è giudicato nuovamente nello Stato, qualora il Ministro della giustizia ne faccia richiesta.

Art. 12.
(Riconoscimento delle sentenze penali straniere)
Alla sentenza penale straniera pronunciata per un delitto può essere dato riconoscimento:
1° per stabilire la recidiva o un altro effetto penale della condanna, ovvero per dichiarare l'abitualità o la professionalità nel reato o la tendenza a delinquere;
2° quando la condanna importerebbe, secondo la legge italiana, una pena accessoria;
3° quando, secondo la legge italiana, si dovrebbe sottoporre la persona condannata o prosciolta, che si trova nel territorio dello Stato, a misure di sicurezza personali;
4° quando la sentenza straniera porta condanna alle restituzioni o al risarcimento del danno, ovvero deve, comunque, esser fatta valere in giudizio nel territorio dello Stato, agli effetti delle restituzioni o del risarcimento del danno, o ad altri effetti civili.
Per farsi luogo al riconoscimento, la sentenza deve essere stata pronunciata dall'Autorità giudiziaria di uno Stato estero col quale esiste trattato di estradizione. Se questo non esiste, la sentenza estera può essere egualmente ammessa a riconoscimento nello Stato, qualora il Ministro della giustizia ne faccia richiesta. Tale richiesta non occorre se viene fatta istanza per il riconoscimento agli effetti indicati nel numero 4°.

Art. 13.
(Estradizione)
L'estradizione è regolata dalla legge penale italiana, dalle convenzioni e dagli usi internazionali.
L'estradizione non è ammessa, se il fatto che forma oggetto della domanda di estradizione, non è preveduto come reato dalla legge italiana e dalla legge straniera.
L'estradizione può essere conceduta od offerta, anche per reati non preveduti nelle convenzioni internazionali, purché queste non ne facciano espresso divieto.
Non è ammessa l'estradizione del cittadino, salvo che sia espressamente consentita nelle convenzioni internazionali.

Art. 14.
(Computo e decorrenza dei termini)
Quando la legge penale fa dipendere un effetto giuridico dal decorso del tempo, per il computo di questo si osserva il calendario comune.
Ogni qual volta la legge penale stabilisce un termine per il verificarsi di un effetto giuridico, il giorno della decorrenza non è computato nel termine.

Art. 15.
(Materia regolata da più leggi penali o da più disposizioni della medesima legge penale)
Quando più leggi penali o più disposizioni della medesima legge penale regolano la stessa materia, la legge o la disposizione di legge speciale deroga alla legge o alla disposizione di legge generale, salvo che sia altrimenti stabilito.

Art. 16.
(Leggi penali speciali)
Le disposizioni di questo codice si applicano anche alle materie regolate da altre leggi penali, in quanto non sia da queste stabilito altrimenti.

TITOLO SECONDO
DELLE PENE
CAPO I
Delle specie di pene, in generale

Art. 17.
(Pene principali: specie)
Le pene principali stabilite per i delitti sono:
1° [soppresso]
2° l'ergastolo;
3° la reclusione;
4° la multa.
Le pene principali stabilite per le contravvenzioni sono:
1° l'arresto;
2° l'ammenda.

Art. 18.
(Denominazione e classificazione delle pene principali)
Sotto la denominazione di pene detentive o restrittive della libertà personale la legge comprende: l'ergastolo, la reclusione e l'arresto.
Sotto la denominazione di pene pecuniarie la legge comprende: la multa e l'ammenda.

Art. 19.
(Pene accessorie: specie)
Le pene accessorie per i delitti sono:
1) l'interdizione dai pubblici uffici;
2) l'interdizione da una professione o da un'arte;
3) l'interdizione legale;
4) l'interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese;
5) l'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione;
5-bis) l'estinzione del rapporto di impiego o di lavoro;
6) la decadenza o la sospensione dall'esercizio della responsabilità genitoriale.
Le pene accessorie per le contravvenzioni sono:
1) la sospensione dall'esercizio di una professione o di un'arte;
2) la sospensione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese.
Pena accessoria comune ai delitti e alle contravvenzioni è la pubblicazione della sentenza penale di condanna.
La legge penale determina gli altri casi in cui pene accessorie stabilite per i delitti sono comuni alle contravvenzioni.

Art. 20.
(Pene principali e accessorie)
Le pene principali sono inflitte dal giudice con sentenza di condanna; quelle accessorie conseguono di diritto alla condanna, come effetti penali di essa.

CAPO II
Delle pene principali, in particolare

Art. 21.
[soppresso]

Art. 22.
(Ergastolo)
La pena dell'ergastolo è perpetua, ed è scontata in uno degli stabilimenti a ciò destinati, con l'obbligo del lavoro e con l'isolamento notturno.
Il condannato all'ergastolo può essere ammesso al lavoro all'aperto.

Art. 23.
(Reclusione)
La pena della reclusione si estende da quindici giorni a ventiquattro anni, ed è scontata in uno degli stabilimenti a ciò destinati, con l'obbligo del lavoro e con l'isolamento notturno.
Il condannato alla reclusione, che ha scontato almeno un anno della pena, può essere ammesso al lavoro all'aperto.
Sono applicabili alla pena della reclusione le disposizioni degli ultimi due capoversi dell'articolo precedente.

Art. 24.
(Multa)
La pena della multa consiste nel pagamento allo Stato di una somma non inferiore a euro 50, nè superiore a euro 50.000.
Per i delitti determinati da motivi di lucro, se la legge stabilisce soltanto la pena della reclusione, il giudice può aggiungere la multa da euro 50 a euro 25.000.

Art. 25.
(Arresto)
La pena dell'arresto si estende da cinque giorni a tre anni, ed è scontata in uno degli stabilimenti a ciò destinati o in sezioni speciali degli stabilimenti di reclusione, con l'obbligo del lavoro e con l'isolamento notturno.
Il condannato all'arresto può essere addetto a lavori anche diversi da quelli organizzati nello stabilimento, avuto riguardo alle sue attitudini e alle sue precedenti occupazioni.

Art. 26.
(Ammenda)
La pena dell'ammenda consiste nel pagamento allo Stato di una somma non inferiore a euro 20 nè superiore a euro 10.000.

Art. 27.
(Pene pecuniarie fisse e proporzionali)
La legge determina i casi nei quali le pene pecuniarie sono fisse e quelli in cui sono proporzionali. Le pene pecuniarie proporzionali non hanno limite massimo.

CAPO III
Delle pene accessorie, in particolare

Art. 28.
(Interdizione dai pubblici uffici)
L'interdizione dai pubblici uffici è perpetua o temporanea.
L'interdizione perpetua dai pubblici uffici, salvo che dalla legge sia altrimenti disposto, priva il condannato:
1° del diritto di elettorato o di eleggibilità in qualsiasi comizio elettorale, e di ogni altro diritto politico;
2° di ogni pubblico ufficio, di ogni incarico non obbligatorio di pubblico servizio, e della qualità ad essi inerente di pubblico ufficiale o d'incaricato di pubblico servizio;
3° dell'ufficio di tutore o di curatore, anche provvisorio, e di ogni altro ufficio attinente alla tutela o alla cura;
4° dei gradi e delle dignità accademiche, dei titoli, delle decorazioni o di altre pubbliche insegne onorifiche;
5° degli stipendi, delle pensioni e degli assegni che siano a carico dello Stato o di un altro ente pubblico;
6° di ogni diritto onorifico, inerente a qualunque degli uffici, servizi, gradi o titoli e delle qualità, dignità e decorazioni indicati nei numeri precedenti;
7° della capacità di assumere o di acquistare qualsiasi diritto, ufficio, servizio, qualità, grado, titolo, dignità, decorazione e insegna onorifica, indicati nei numeri precedenti.
L'interdizione temporanea priva il condannato della capacità di acquistare o di esercitare o di godere, durante l'interdizione, i predetti diritti, uffici, servizi, qualità, gradi, titoli e onorificenze.
Essa non può avere una durata inferiore a un anno, nè superiore a cinque.
La legge determina i casi nei quali l'interdizione dai pubblici uffici è limitata ad alcuni di questi.

Art. 29.
(Casi nei quali alla condanna consegue l'interdizione dai pubblici uffici)
La condanna all'ergastolo e la condanna alla reclusione per un tempo non inferiore a cinque anni importano l'interdizione perpetua del condannato dai pubblici uffici; e la condanna alla reclusione per un tempo non inferiore a tre anni importa l'interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni cinque.
La dichiarazione di abitualità o di professionalità nel delitto, ovvero di tendenza a delinquere, importa l'interdizione perpetua dai pubblici uffici.

Art. 30.
(Interdizione da una professione o da un'arte)
L'interdizione da una professione o da un'arte priva il condannato della capacità di esercitare, durante l'interdizione, una professione, arte, industria, o un commercio o mestiere, per cui è richiesto uno speciale permesso o una speciale abilitazione, autorizzazione o licenza dell'Autorità, e importa la decadenza dal permesso o dall'abilitazione, autorizzazione, o licenza anzidetti.
L'interdizione da una professione o da un'arte non può avere una durata inferiore a un mese, nè superiore a cinque anni, salvi i casi espressamente stabiliti dalla legge.

Art. 31.
(Condanna per delitti commessi con abuso di un pubblico ufficio o di una professione o di un'arte. Interdizione)
Ogni condanna per delitti commessi con l'abuso dei poteri, o con la violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione, o ad un pubblico servizio, o a taluno degli uffici indicati nel numero 3° dell'articolo 28, ovvero con l'abuso di una professione, arte, industria, o di un commercio o mestiere, o con la violazione dei doveri a essi inerenti, importa l'interdizione temporanea dai pubblici uffici o dalla professione, arte, industria, o dal commercio o mestiere.

Art. 32.
(Interdizione legale)
Il condannato all'ergastolo è in stato d'interdizione legale.
La condanna all'ergastolo importa anche la decadenza dalla responsabilità genitoriale.
Il condannato alla reclusione per un tempo non inferiore a cinque anni è, durante la pena, in stato d'interdizione legale; la condanna produce altresì, durante la pena, la sospensione dall'esercizio della responsabilità genitoriale, salvo che il giudice disponga altrimenti.
Alla interdizione legale si applicano, per ciò che concerne la disponibilità, e l'amministrazione dei beni, nonché la rappresentanza negli atti ad esse relativi, le norme della legge civile sulla interdizione giudiziale.

Art. 32-bis.
(Interdizione temporanea dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese).
L'interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese priva il condannato della capacità di esercitare, durante l'interdizione, l'ufficio di amministratore, sindaco, liquidatore , direttore generale e dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, nonché ogni altro ufficio con potere di rappresentanza della persona giuridica o dell'imprenditore.
Essa consegue ad ogni condanna alla reclusione non inferiore a sei mesi per delitti commessi con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti all'ufficio.

Art. 32-ter.
(Incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione).
L'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione importa il divieto di concludere contratti con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio.
Essa non può avere durata inferiore ad un anno nè superiore a cinque anni.

Art. 32-quater.
(Casi nei quali alla condanna consegue l'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione).
Ogni condanna per i delitti previsti dagli articoli 316-bis 316-ter, 317, 318, 319, 319-bis, 319-quater, 320, 321, 322, 322-bis, 353, 355, 356, 416, 416-bis, 437, 452-bis, 452-quater, 452-sexies, 452-septies, 501, 501-bis, 640, numero 1) del secondo comma, 640-bis, 644 ,nonché dall'articolo 260 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, commessi in danno o in vantaggio di un'attività imprenditoriale o comunque in relazione ad essa, importa l'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione.

Art. 32-quinquies.
(Casi nei quali alla condanna consegue l'estinzione del rapporto di lavoro o di impiego).
Salvo quanto previsto dagli articoli 29 e 31, la condanna alla reclusione per un tempo non inferiore a due anni per i delitti di cui agli articoli 314, primo comma, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, primo comma, e 320 importa altresì l'estinzione del rapporto di lavoro o di impiego nei confronti del dipendente di amministrazioni od enti pubblici ovvero di enti a prevalente partecipazione pubblica.

Art. 33.
(Condanna per delitto colposo)
Le disposizioni dell'articolo 29 e del secondo capoverso dell'articolo 32 non si applicano nel caso di condanna per delitto colposo.
Le disposizioni dell'articolo 31 non si applicano nel caso di condanna per delitto colposo, se la pena inflitta è inferiore a tre anni di reclusione, o se è inflitta soltanto una pena pecuniaria.

Art. 34.
(Decadenza dalla responsabilità genitoriale e sospensione dall'esercizio di essa).
La legge determina i casi nei quali la condanna importa la decadenza dalla responsabilità genitoriale.
La condanna per delitti commessi con abuso della responsabilità genitoriale importa la sospensione dall'esercizio di essa per un periodo di tempo pari al doppio della pena inflitta.
La decadenza dalla responsabilità genitoriale importa anche la privazione di ogni diritto che al genitore spetti sui beni del figlio in forza della responsabilità genitoriale di cui al titolo IX del libro I del codice civile.
La sospensione dall'esercizio della responsabilità genitoriale importa anche l'incapacità di esercitare, durante la sospensione, qualsiasi diritto che al genitore spetti sui beni del figlio in base alle norme del titolo IX del libro I del codice civile.
Nelle ipotesi previste dai commi precedenti, quando sia concessa la sospensione condizionale della pena, gli atti del procedimento vengono trasmessi al tribunale dei minorenni, che assume i provvedimenti più opportuni nell'interesse dei minori.

Art. 35.
(Sospensione dall'esercizio di una professione o di un'arte)
La sospensione dall'esercizio di una professione o di un'arte priva il condannato della capacità di esercitare, durante la sospensione, una professione, arte, industria, o un commercio o mestiere, per i quali è richiesto uno speciale permesso o una speciale abilitazione, autorizzazione o licenza dell'Autorità.
La sospensione dall'esercizio di una professione o di un'arte non può avere una durata inferiore a tre mesi, nè superiore a tre anni.
Essa consegue a ogni condanna per contravvenzione, che sia commessa con abuso della professione, arte, industria, o del commercio o mestiere, ovvero con violazione dei doveri ad essi inerenti, quando la pena inflitta non è inferiore a un anno d'arresto.

Art. 35 bis.
(Sospensione dall'esercizio degli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese).
La sospensione dall'esercizio degli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese priva il condannato della capacità di esercitare, durante la sospensione, l'ufficio di amministratore, sindaco, liquidatore , direttore generale e dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, nonché ogni altro ufficio con potere di rappresentanza della persona giuridica o dell'imprenditore.
Essa non può avere una durata inferiore a quindici giorni nè superiore a due anni e consegue ad ogni condanna all'arresto per contravvenzioni commesse con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti all'ufficio.

Art. 36.
(Pubblicazione della sentenza penale di condanna)
La sentenza di condanna alla pena di morte o all'ergastolo è pubblicata mediante affissione nel Comune ove è stata pronunciata, in quello ove il delitto fu commesso, e in quello ove il condannato aveva l'ultima residenza.
La sentenza di condanna è inoltre pubblicata ... nel sito internet del Ministero della giustizia. La durata della pubblicazione nel sito è stabilita dal giudice in misura non superiore a trenta giorni. In mancanza, la durata è di quindici giorni.
La pubblicazione è fatta per estratto, salvo che il giudice disponga la pubblicazione per intero; essa è eseguita d'ufficio e a spese del condannato.
La legge determina gli altri casi nei quali la sentenza di condanna deve essere pubblicata. In tali casi la pubblicazione ha luogo nei modi stabiliti nei due capoversi precedenti ....

Art. 37.
(Pene accessorie temporanee: durata)
Quando la legge stabilisce che la condanna importa una pena accessoria temporanea, e la durata di questa non è espressamente determinata, la pena accessoria ha una durata eguale a quella della pena principale inflitta, o che dovrebbe scontarsi, nel caso di conversione, per insolvibilità del condannato. Tuttavia, in nessun caso essa può oltrepassare il limite minimo e quello massimo stabiliti per ciascuna specie di pena accessoria.

Art. 38.
(Condizione giuridica del condannato alla pena di morte)
Il condannato alla pena di morte è equiparato al condannato all'ergastolo, per quanto riguarda la sua condizione giuridica.

TITOLO TERZO
DEL REATO
CAPO I
Del reato consumato e tentato

Art. 39.
(Reato: distinzione fra delitti e contravvenzioni)
I reati si distinguono in delitti e contravvenzioni, secondo la diversa specie delle pene per essi rispettivamente stabilite da questo codice.

Art. 40.
(Rapporto di causalità)
Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se l'evento dannoso o pericoloso, da cui dipende la esistenza del reato, non è conseguenza della sua azione od omissione.
Non impedire un evento, che si ha l'obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo.

Art. 41.
(Concorso di cause)
Il concorso di cause preesistenti o simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall'azione od omissione del colpevole, non esclude il rapporto di causalità fra l'azione od omissione e l'evento.
Le cause sopravvenute escludono il rapporto di causalità quando sono state da sole sufficienti a determinare l'evento. In tal caso, se l'azione od omissione precedentemente commessa costituisce per sè un reato, si applica la pena per questo stabilita.
Le disposizioni precedenti si applicano anche quando la causa preesistente o simultanea o sopravvenuta consiste nel fatto illecito altrui.

Art. 42.
(Responsabilità per dolo o per colpa o per delitto preterintenzionale. Responsabilità obiettiva)
Nessuno può essere punito per un'azione od omissione preveduta dalla legge come reato, se non l'ha commessa con coscienza e volontà.
Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come delitto, se non l'ha commesso con dolo, salvi i casi di delitto preterintenzionale o colposo espressamente preveduti dalla legge.
La legge determina i casi nei quali l'evento è posto altrimenti a carico dell'agente, come conseguenza della sua azione od omissione.
Nelle contravvenzioni ciascuno risponde della propria azione od omissione cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa.

Art. 43.
(Elemento psicologico del reato)
Il delitto:
è doloso, o secondo l'intenzione, quando l'evento dannoso o pericoloso, che è il risultato dell'azione od omissione e da cui la legge fa dipendere l'esistenza del delitto, è dall'agente preveduto e voluto come conseguenza della propria azione od omissione;
è preterintenzionale, o oltre l'intenzione, quando dall'azione od omissione deriva un evento dannoso o pericoloso più grave di quello voluto dall'agente;
è colposo, o contro l'intenzione, quando l'evento, anche se preveduto, non è voluto dall'agente e si verifica a causa di negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline.
La distinzione tra reato doloso e reato colposo, stabilita da questo articolo per i delitti, si applica altresì alle contravvenzioni, ogni qualvolta per queste la legge penale faccia dipendere da tale distinzione un qualsiasi effetto giuridico.

Art. 44.
(Condizione obiettiva di punibilità)
Quando, per la punibilità del reato, la legge richiede il verificarsi di una condizione, il colpevole risponde del reato, anche se l'evento, da cui dipende il verificarsi della condizione, non è da lui voluto.

Art. 45.
(Caso fortuito o forza maggiore)
Non è punibile chi ha commesso il fatto per caso fortuito o per forza maggiore.

Art. 46.
(Costringimento fisico)
Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato da altri costretto, mediante violenza fisica alla quale non poteva resistere o comunque sottrarsi.
In tal caso, del fatto commesso dalla persona costretta risponde l'autore della violenza.

Art. 47.
(Errore di fatto)
L'errore sul fatto che costituisce il reato esclude la punibilità dell'agente. Nondimeno, se si tratta di errore determinato da colpa, la punibilità non è esclusa, quando il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo.
L'errore sul fatto che costituisce un determinato reato non esclude la punibilità per un reato diverso.
L'errore su una legge diversa dalla legge penale esclude la punibilità, quando ha cagionato un errore sul fatto che costituisce il reato.

Art. 48.
(Errore determinato dall'altrui inganno)
Le disposizioni dell'articolo precedente si applicano anche se l'errore sul fatto che costituisce il reato è determinato dall'altrui inganno; ma, in tal caso, del fatto commesso dalla persona ingannata risponde chi l'ha determinata a commetterlo.

Art. 49.
(Reato supposto erroneamente e reato impossibile)
Non è punibile chi commette un fatto non costituente reato, nella supposizione erronea che esso costituisca reato.
La punibilità è altresì esclusa quando, per la inidoneità dell'azione o per la inesistenza dell'oggetto di essa, è impossibile l'evento dannoso o pericoloso.
Nei casi preveduti dalle disposizioni precedenti, se concorrono nel fatto gli elementi costitutivi di un reato diverso, si applica la pena stabilita per il reato effettivamente commesso.
Nel caso indicato nel primo capoverso, il giudice può ordinare che l'imputato prosciolto sia sottoposto a misura di sicurezza.

Art. 50.
(Consenso dell'avente diritto)
Non è punibile chi lede o pone in pericolo un diritto, col consenso della persona che può validamente disporne.

Art. 51.
(Esercizio di un diritto o adempimento di un dovere)
L'esercizio di un diritto o l'adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica Autorità, esclude la punibilità.
Se un fatto costituente reato è commesso per ordine dell'Autorità, del reato risponde sempre il pubblico ufficiale che ha dato l'ordine.
Risponde del reato altresì chi ha eseguito l'ordine, salvo che, per errore di fatto, abbia ritenuto di obbedire a un ordine legittimo.
Non è punibile chi esegue l'ordine illegittimo, quando la legge non gli consente alcun sindacato sulla legittimità dell'ordine.

Art. 52.
(Difesa legittima)
Non è punibile chi ha commesso il fatto, per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di un'offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all'offesa.
Nei casi previsti dall'articolo 614, primo e secondo comma, sussiste il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un'arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere:
a) la propria o la altrui incolumità:
b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d'aggressione.
La disposizione di cui al secondo comma si applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all'interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un'attività commerciale, professionale o imprenditoriale.

Art. 53.
(Uso legittimo delle armi)
Ferme le disposizioni contenute nei due articoli precedenti, non è punibile il pubblico ufficiale che, al fine di adempiere un dovere del proprio ufficio, fa uso ovvero ordina di far uso delle armi o di un altro mezzo di coazione fisica, quando vi è costretto dalla necessità di respingere una violenza o di vincere una resistenza all'Autorità e comunque di impedire la consumazione dei delitti di strage, di naufragio, sommersione, disastro aviatorio, disastro ferroviario, omicidio volontario, rapina a mano armata e sequestro di persona.
La stessa disposizione si applica a qualsiasi persona che, legalmente richiesta dal pubblico ufficiale, gli presti assistenza.
La legge determina gli altri casi, nei quali è autorizzato l'uso delle armi o di un altro mezzo di coazione fisica.

Art. 54.
(Stato di necessità)
Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sè od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, nè altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo.
Questa disposizione non si applica a chi ha un particolare dovere giuridico di esporsi al pericolo.
La disposizione della prima parte di questo articolo si applica anche se lo stato di necessità è determinato dall'altrui minaccia; ma, in tal caso, del fatto commesso dalla persona minacciata risponde chi l'ha costretta a commetterlo.

Art. 55.
(Eccesso colposo)
Quando, nel commettere alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 51, 52, 53 e 54, si eccedono colposamente i limiti stabiliti dalla legge o dall'ordine dell'Autorità ovvero imposti dalla necessità, si applicano le disposizioni concernenti i delitti colposi, se il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo.

Art. 56.
(Delitto tentato)
Chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto, risponde di delitto tentato, se l'azione non si compie o l'evento non si verifica.
Il colpevole di delitto tentato è punito: con la reclusione da ventiquattro a trenta anni, se dalla legge è stabilita per il delitto la pena di morte; con la reclusione non inferiore a dodici anni, se la pena stabilita è l'ergastolo; e, negli altri casi, con la pena stabilita per il delitto, diminuita da un terzo a due terzi.
Se il colpevole volontariamente desiste dall'azione, soggiace soltanto alla pena per gli atti compiuti, qualora questi costituiscano per sè un reato diverso.
Se volontariamente impedisce l'evento, soggiace alla pena stabilita per il delitto tentato, diminuita da un terzo alla metà.

Art. 57.
(Reati commessi col mezzo della stampa periodica).
Salva la responsabilità dell'autore della pubblicazione e fuori dei casi di concorso, il direttore o il vice-direttore responsabile, il quale omette di esercitare sul contenuto del periodico da lui diretto il controllo necessario ad impedire che col mezzo della pubblicazione siano commessi reati, è punito, a titolo di colpa, se un reato è commesso, con la pena stabilita per tale reato, diminuita in misura non eccedente un terzo.

Art. 57-bis.
(Reati commessi col mezzo della stampa non periodica).
Nel caso di stampa non periodica, le disposizioni di cui al precedente articolo si applicano all'editore, se l'autore della pubblicazione è ignoto o non imputabile, ovvero allo stampatore, se l'editore non è indicato o non è imputabile.

Art. 58.
(Stampa clandestina)
Le disposizioni dell'articolo precedente si applicano anche se non sono state osservate le prescrizioni di legge sulla pubblicazione e diffusione della stampa periodica e non periodica.

Art. 58-bis.
(Procedibilità per i reati commessi col mezzo della stampa).
Se il reato commesso col mezzo della stampa è punibile a querela, istanza o richiesta, anche per la punibilità dei reati preveduti dai tre articoli precedenti è necessaria querela, istanza o richiesta.
La querela, la istanza o la richiesta presentata contro il direttore o vice-direttore responsabile, l'editore o lo stampatore, ha effetto anche nei confronti dell'autore della pubblicazione per il reato da questo commesso.
Non si può procedere per i reati preveduti nei tre articoli precedenti se è necessaria una autorizzazione di procedimento per il reato commesso dall'autore della pubblicazione, fino a quando l'autorizzazione non è concessa. Questa disposizione non si applica se l'autorizzazione è stabilita per le qualità o condizioni personali dell'autore della pubblicazione.

CAPO II
Delle circostanze del reato

Art. 59.
(Circostanze non conosciute o erroneamente supposte)
Le circostanze che attenuano o escludono la pena sono valutate a favore dell'agente anche se da lui non conosciute, o da lui per errore ritenute inesistenti.
Le circostanze che aggravano la pena sono valutate a carico dell'agente soltanto se da lui conosciute ovvero ignorate per colpa o ritenute inesistenti per errore determinato da colpa.
Se l'agente ritiene per errore che esistano circostanze aggravanti o attenuanti, queste non sono valutate contro o a favore di lui.
Se l'agente ritiene per errore che esistano circostanze di esclusione della pena, queste sono sempre valutate a favore di lui. Tuttavia, se si tratta di errore determinato da colpa, la punibilità non è esclusa, quando il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo.

Art. 60.
(Errore sulla persona dell'offeso)
Nel caso di errore sulla persona offesa da un reato, non sono poste a carico dell'agente le circostanze aggravanti, che riguardano le condizioni o qualità della persona offesa, o i rapporti tra offeso e colpevole.
Sono invece valutate a suo favore le circostanze attenuanti, erroneamente supposte, che concernono le condizioni, le qualità o i rapporti predetti.
Le disposizioni di questo articolo non si applicano, se si tratta di circostanze che riguardano l'età o altre condizioni o qualità, fisiche o psichiche, della persona offesa.

Art. 61.
(Circostanze aggravanti comuni)
Aggravano il reato, quando non ne sono elementi costitutivi o circostanze aggravanti speciali, le circostanze seguenti:
1° l'avere agito per motivi abietti o futili;
2° l'aver commesso il reato per eseguirne od occultarne un altro, ovvero per conseguire o assicurare a sè o ad altri il prodotto o il profitto o il prezzo ovvero la impunità di un altro reato;
3° l'avere, nei delitti colposi, agito nonostante la previsione dell'evento;
4° l'avere adoperato sevizie, o l'aver agito con crudeltà verso le persone;
5° l'avere profittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona, anche in riferimento all'età, tali da ostacolare la pubblica o privata difesa;
6° l'avere il colpevole commesso il reato durante il tempo, in cui si è sottratto volontariamente alla esecuzione di un mandato o di un ordine di arresto o di cattura o di carcerazione, spedito per un precedente reato;
7° l'avere, nei delitti contro il patrimonio, o che comunque offendono il patrimonio, ovvero nei delitti determinati da motivi di lucro, cagionato alla persona offesa dal reato un danno patrimoniale di rilevante gravità;
8° l'avere aggravato o tentato di aggravare le conseguenze del delitto commesso;
9° l'avere commesso il fatto con abuso dei poteri, o con violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione o a un pubblico servizio, ovvero alla qualità di ministro di un culto;
10° l'avere commesso il fatto contro un pubblico ufficiale o una persona incaricata di un pubblico servizio, o rivestita della qualità di ministro del culto cattolico o di un culto ammesso nello Stato, ovvero contro un agente diplomatico o consolare di uno Stato estero, nell'atto o a causa dell'adempimento delle funzioni o del servizio;
11° l'avere commesso il fatto con abuso di autorità o di relazioni domestiche, ovvero con abuso di relazioni di ufficio, di prestazione d'opera, di coabitazione, o di ospitalità.
11-bis. l'avere il colpevole commesso il fatto mentre si trova illegalmente sul territorio nazionale.
11-ter) l'aver commesso un delitto contro la persona ai danni di un soggetto minore all'interno o nelle adiacenze di istituti di istruzione o di formazione.
11-quater. l'avere il colpevole commesso un delitto non colposo durante il periodo in cui era ammesso ad una misura alternativa alla detenzione in carcere.
11-quinquies) l'avere, nei delitti non colposi contro la vita e l'incolumità individuale, contro la libertà personale nonché nel delitto di cui all'articolo 572, commesso il fatto in presenza o in danno di un minore di anni diciotto ovvero in danno di persona in stato di gravidanza.
11-sexies) l'avere, nei delitti non colposi, commesso il fatto in danno di persone ricoverate presso strutture sanitarie o presso strutture sociosanitarie residenziali o semiresidenziali, pubbliche o private, ovvero presso strutture socio-educative.

Art. 61-bis.
(Circostanza aggravante del reato transnazionale).
Per i reati puniti con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni nella commissione dei quali abbia dato il suo contributo un gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali in più di uno Stato la pena è aumentata da un terzo alla metà. Si applica altresì il secondo comma dell'articolo 416-bis.1.

Art. 62.
(Circostanze attenuanti comuni)
Attenuano il reato, quando non ne sono elementi costitutivi o circostanze attenuanti speciali, le circostanze seguenti:
1° l'avere agito per motivi di particolare valore morale o sociale;
2° l'aver reagito in stato di ira, determinato da un fatto ingiusto altrui;
3° l'avere agito per suggestione di una folla in tumulto, quando non si tratta di riunioni o assembramenti vietati dalla legge o dall'Autorità, e il colpevole non è delinquente o contravventore abituale o professionale, o delinquente per tendenza;
4) l'avere, nei delitti contro il patrimonio, o che comunque offendono il patrimonio, cagionato alla persona offesa dal reato un danno patrimoniale di speciale tenuità, ovvero, nei delitti determinati da motivi di lucro, l'avere agito per conseguire o l'avere comunque conseguito un lucro di speciale tenuità, quando anche l'evento dannoso o pericoloso sia di speciale tenuità;
5° l'essere concorso a determinare l'evento, insieme con l'azione o l'omissione del colpevole, il fatto doloso della persona offesa;
6° l'avere, prima del giudizio, riparato interamente il danno, mediante il risarcimento di esso, e, quando sia possibile, mediante le restituzioni; o l'essersi, prima del giudizio e fuori del caso preveduto nell'ultimo capoverso dell'articolo 56, adoperato spontaneamente ed efficacemente per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato.

Art. 62-bis.
(Circostanze attenuanti generiche).
Il giudice, indipendentemente dalle circostanze previste nell'articolo 62, può prendere in considerazione altre circostanze diverse, qualora le ritenga tali da giustificare una diminuzione della pena. Esse sono considerate in ogni caso, ai fini dell'applicazione di questo capo, come una sola circostanza, la quale può anche concorrere con una o più delle circostanze indicate nel predetto articolo 62.
Ai fini dell'applicazione del primo comma non si tiene conto dei criteri di cui all'articolo 133, primo comma, numero 3), e secondo comma, nei casi previsti dall'articolo 99, quarto comma, in relazione ai delitti previsti dall'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, nel caso in cui siano puniti con la pena della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni.
In ogni caso, l'assenza di precedenti condanne per altri reati a carico del condannato non puo` essere, per ciò solo, posta a fondamento della concessione delle circostanze di cui al primo comma.

Art. 63.
(Applicazione degli aumenti o delle diminuzioni di pena)
Quando la legge dispone che la pena sia aumentata o diminuita entro limiti determinati, l'aumento o la diminuzione si opera sulla quantità di essa, che il giudice applicherebbe al colpevole, qualora non concorresse la circostanza che la fa aumentare o diminuire.
Se concorrono più circostanze aggravanti, ovvero più circostanze attenuanti, l'aumento o la diminuzione di pena si opera sulla quantità di essa risultante dall'aumento o dalla diminuzione precedente.
Quando per una circostanza la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato o si tratta di circostanza ad effetto speciale, l'aumento o la diminuzione per le altre circostanze non opera sulla pena ordinaria del reato, ma sulla pena stabilita per la circostanza anzidetta. Sono circostanze ad effetto speciale quelle che importano un aumento o una diminuzione della pena superiore ad un terzo.
Se concorrono più circostanze aggravanti tra quelle indicate nel secondo capoverso di questo articolo, si applica soltanto la pena stabilita per la circostanza più grave; ma il giudice può aumentarla.
Se concorrono più circostanze attenuanti tra quelle indicate nel secondo capoverso di questo articolo, si applica soltanto la pena meno grave stabilita per le predette circostanze; ma il giudice può diminuirla.

Art. 64.
(Aumento di pena nel caso di una sola circostanza aggravante)
Quando ricorre una circostanza aggravante, e l'aumento di pena non è determinato dalla legge, è aumentata fino a un terzo la pena che dovrebbe essere inflitta per il reato commesso.
Nondimeno, la pena della reclusione da applicare per effetto dell'aumento non può superare gli anni trenta.

Art. 65.
(Diminuzione di pena nel caso di una sola circostanza attenuante)
Quando ricorre una circostanza attenuante, e non è dalla legge determinata la diminuzione di pena, si osservano le norme seguenti:
1° alla pena di morte è sostituita la reclusione da ventiquattro a trenta anni; 5
2° alla pena dell'ergastolo è sostituita la reclusione da venti a ventiquattro anni;
3° le altre pene sono diminuite in misura non eccedente un terzo.

Art. 66.
(Limiti degli aumenti di pena nel caso di concorso di più circostanze aggravanti).
Se concorrono più circostanze aggravanti, la pena da applicare per effetto degli aumenti non può superare il triplo del massimo stabilito dalla legge per il reato, salvo che si tratti delle circostanze indicate nel secondo capoverso dell'articolo 63, nè comunque eccedere:
1) gli anni trenta, se si tratta della reclusione;
2) gli anni cinque, se si tratta dell'arresto;
3) e, rispettivamente, lire venti milioni o quattro milioni, se si tratta della multa o dell'ammenda; ovvero, rispettivamente, lire sessanta milioni o dodici milioni se il giudice si avvale della facoltà di aumento indicata nel capoverso dell'articolo 133-bis.

Art. 67.
(Limiti delle diminuzioni di pena nel caso di concorso di più circostanze attenuanti)
Se concorrono più circostanze attenuanti, la pena da applicare per effetto delle diminuzioni non può essere inferiore:
1° a quindici anni di reclusione, se per il delitto la legge stabilisce la pena di morte;
2° a dieci anni di reclusione, se per il delitto la legge stabilisce la pena dell'ergastolo.
Le altre pene sono diminuite. In tal caso, quando non si tratta delle circostanze indicate nel secondo capoverso dell'articolo 63, la pena non può essere applicata in misura inferiore ad un quarto.

Art. 68.
(Limiti al concorso di circostanze)
Salvo quanto è disposto nell'articolo 15, quando una circostanza aggravante comprende in sè un'altra circostanza aggravante, ovvero una circostanza attenuante comprende in sè un'altra circostanza attenuante, è valutata a carico o a favore del colpevole soltanto la circostanza aggravante o la circostanza attenuante, la quale importa, rispettivamente, il maggiore aumento o la maggiore diminuzione di pena.
Se le circostanze aggravanti o attenuanti importano lo stesso aumento o la stessa diminuzione di pena, si applica un solo aumento o una sola diminuzione di pena.

Art. 69.
(Concorso di circostanze aggravanti e attenuanti)
Quando concorrono insieme circostanze aggravanti e circostanze attenuanti, e le prime sono dal giudice ritenute prevalenti, non si tien conto delle diminuzioni di pena stabilite per le circostanze attenuanti, e si fa luogo soltanto agli aumenti di pena stabiliti per le circostanze aggravanti.
Se le circostanze attenuanti sono ritenute prevalenti sulle circostanze aggravanti, non si tien conto degli aumenti di pena stabiliti per queste ultime, e si fa luogo soltanto alle diminuzioni di pena stabilite per le circostanze attenuanti.
Se fra le circostanze aggravanti e quelle attenuanti il giudice ritiene che vi sia equivalenza, si applica la pena che sarebbe inflitta se non concorresse alcuna di dette circostanze.
Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle circostanze inerenti alla persona del colpevole, esclusi i casi previsti dall'articolo 99, quarto comma, nonché dagli articoli 111 e 112, primo comma, numero 4), per cui vi è divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti sulle ritenute circostanze aggravanti, ed a qualsiasi altra circostanza per la quale la legge stabilisca una pena di specie diversa o determini la misura della pena in modo indipendente da quella ordinaria del reato.

Art. 69-bis.
(Casi di esclusione del giudizio di comparazione tra circostanze).
Per i delitti di cui all'articolo 407, comma 2, lettera a), numeri da 1) a 6), del codice di procedura penale le circostanze attenuanti, diverse da quella prevista dall'articolo 98, concorrenti con le aggravanti di cui agli articoli 111 e 112, primo comma, numeri 3) e 4), e secondo comma, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste se chi ha determinato altri a commettere il reato, o si è avvalso di altri nella commissione del delitto, ne è il genitore esercente la responsabilità genitoriale ovvero il fratello o la sorella e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità di pena risultante dall'aumento conseguente alle predette aggravanti.

Art. 70.
(Circostanze oggettive e soggettive)
Agli effetti della legge penale:
1° sono circostanze oggettive quelle che concernono la natura, la specie, i mezzi, l'oggetto, il tempo, il luogo e ogni altra modalità, dell'azione, la gravità del danno o del pericolo, ovvero le condizioni o le qualità personali dell'offeso;
2° sono circostanze soggettive quelle che concernono la intensità del dolo o il grado della colpa, o le condizioni e le qualità personali del colpevole, o i rapporti fra il colpevole e l'offeso, ovvero che sono inerenti alla persona del colpevole.
Le circostanze inerenti alla persona del colpevole riguardano la imputabilità e la recidiva.

CAPO III
Del concorso di reati

Art. 71.
(Condanna per più reati con unica sentenza o decreto)
Quando, con una sola sentenza o con un solo decreto, si deve pronunciare condanna per più reati contro la stessa persona, si applicano le disposizioni degli articoli seguenti.

Art. 72.
(Concorso di reati che importano l'ergastolo e di reati che importano pene detentive temporanee)
Al colpevole di più delitti, ciascuno dei quali importa la pena dell'ergastolo, si applica la detta pena con l'isolamento diurno da sei mesi a tre anni.
Nel caso di concorso di un delitto che importa, la pena dell'ergastolo, con uno o più delitti che importano pene detentive temporanee per un tempo complessivo superiore a cinque anni, si applica la pena dell'ergastolo con l'isolamento diurno per un periodo di tempo da due a diciotto mesi.
L'ergastolano condannato all'isolamento diurno partecipa all'attività lavorativa.

Art. 73.
(Concorso di reati che importano pene detentive temporanee o pene pecuniarie della stessa specie)
Se più reati importano pene temporanee detentive della stessa specie, si applica una pena unica, per un tempo eguale alla durata complessiva delle pene che si dovrebbero infliggere per i singoli reati.
Quando concorrono più delitti, per ciascuno dei quali deve infliggersi la pena della reclusione non inferiore a ventiquattro anni, si applica l'ergastolo.
Le pene pecuniarie della stessa specie si applicano tutte per intero.

Art. 74.
(Concorso di reati che importano pene detentive di specie diversa)
Se più reati importano pene temporanee detentive di specie diversa, queste si applicano tutte distintamente e per intero.
La pena dell'arresto è eseguita per ultima.

Art. 75.
(Concorso di reati che importano pene pecuniarie di specie diversa)
Se più reati importano pene pecuniarie di specie diversa, queste si applicano tutte distintamente e per intero.
Nel caso che la pena pecuniaria non sia stata pagata per intero, la somma pagata, agli effetti della conversione, viene detratta dall'ammontare della multa.

Art. 76.
(Pene concorrenti considerate come pena unica ovvero come pene distinte)
Salvo che la legge stabilisca altrimenti, le pene della stessa specie concorrenti a norma dell'articolo 73 si considerano come pena unica per ogni effetto giuridico.
Le pene di specie diversa concorrenti a norma degli articoli 74 e 75 si considerano egualmente, per ogni effetto giuridico, come pena unica della specie più grave. Nondimeno si considerano come pene distinte, agli effetti della loro esecuzione, dell'applicazione delle misure di sicurezza e in ogni altro caso stabilito dalla legge.
Se una pena pecuniaria concorre con un'altra pena di specie diversa, le pene si considerano distinte per qualsiasi effetto giuridico.

Art. 77.
(Determinazione delle pene accessorie)
Per determinare le pene accessorie e ogni altro effetto penale della condanna, si ha riguardo ai singoli reati per i quali è pronunciata la condanna, e alle pene principali che, se non vi fosse concorso di reati, si dovrebbero infliggere per ciascuno di essi.
Se concorrono pene accessorie della stessa specie, queste si applicano tutte per intero.

Art. 78.
(Limiti degli aumenti delle pene principali).
Nel caso di concorso di reati preveduto dall'articolo 73, la pena da applicare a norma dello stesso articolo non può essere superiore al quintuplo della più grave fra le pene concorrenti, nè comunque eccedere:
1) trenta anni per la reclusione;
2) sei anni per l'arresto;
3) lire trenta milioni per la multa e sei milioni per l'ammenda;
ovvero lire centoventicinque milioni per la multa e venticinque milioni per l'ammenda, se il giudice si vale della facoltà di aumento indicata nel capoverso dell'articolo 133-bis.
Nel caso di concorso di reati preveduto dall'articolo 74, la durata delle pene da applicare a norma dell'articolo stesso non può superare gli anni trenta. La parte della pena eccedente tale limite è detratta in ogni caso dall'arresto.

Art. 79.
(Limiti degli aumenti delle pene accessorie)
La durata massima delle pene accessorie temporanee non può superare, nel complesso, i limiti seguenti:
1° dieci anni, se si tratta dell'interdizione dai pubblici uffici o dell'interdizione da una professione o da un'arte;
2° cinque anni, se si tratta della sospensione dall'esercizio di una professione o di un'arte.

Art. 80.
(Concorso di pene inflitte con sentenze o decreti diversi)
Le disposizioni degli articoli precedenti si applicano anche nel caso in cui, dopo una sentenza o un decreto di condanna, si deve giudicare la stessa persona per un altro reato commesso anteriormente o posteriormente alla condanna medesima, ovvero quando contro la stessa persona si debbono eseguire più sentenze o più decreti di condanna.

Art. 81.
(Concorso formale. Reato continuato).
È punito con la pena che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave aumentata sino al triplo chi con una sola azione od omissione viola diverse disposizioni di legge ovvero commette più violazioni della medesima disposizione di legge.
Alla stessa pena soggiace chi con più azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno criminoso, commette anche in tempi diversi più violazioni della stessa o di diverse disposizioni di legge.
Nei casi preveduti da quest'articolo, la pena non può essere superiore a quella che sarebbe applicabile a norma degli articoli precedenti.
Fermi restando i limiti indicati al terzo comma, se i reati in concorso formale o in continuazione con quello più grave sono commessi da soggetti ai quali sia stata applicata la recidiva prevista dall'articolo 99, quarto comma, l'aumento della quantità di pena non può essere comunque inferiore ad un terzo della pena stabilita per il reato più grave.

Art. 82.
(Offesa di persona diversa da quella alla quale l'offesa era diretta)
Quando, per errore nell'uso dei mezzi di esecuzione del reato, o per un'altra causa, è cagionata offesa a persona diversa da quella alla quale l'offesa era diretta, il colpevole risponde come se avesse commesso il reato in danno della persona che voleva offendere, salve, per quanto riguarda le circostanze aggravanti e attenuanti, le disposizioni dell'articolo 60.
Qualora, oltre alla persona diversa, sia offesa anche quella alla quale l'offesa era diretta, il colpevole soggiace alla pena stabilita per il reato più grave, aumentata fino alla metà.

Art. 83.
(Evento diverso da quello voluto dall'agente)
Fuori dei casi preveduti dall'articolo precedente, se, per errore nell'uso dei mezzi di esecuzione del reato, o per un'altra causa, si cagiona un evento diverso da quello voluto, il colpevole risponde, a titolo di colpa, dell'evento non voluto, quando il fatto è preveduto dalla legge come delitto colposo.
Se il colpevole ha cagionato altresì l'evento voluto, si applicano le regole sul concorso dei reati.

Art. 84.
(Reato complesso)
Le disposizioni degli articoli precedenti non si applicano quando la legge considera come elementi costitutivi, o come circostanze aggravanti di un solo reato, fatti che costituirebbero, per sè stessi, reato.
Qualora la legge, nella determinazione della pena per il reato complesso, si riferisca alle pene stabilite per i singoli reati che lo costituiscono, non possono essere superati i limiti massimi indicati negli articoli 78 e 79.

TITOLO QUARTO
DEL REO E DELLA PERSONA OFFESA DAL REATO
CAPO I
Della imputabilità

Art. 85.
(Capacità d'intendere e di volere)
Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se, al momento in cui lo ha commesso, non era imputabile.
È imputabile chi ha la capacità d'intendere e di volere.

Art. 86.
(Determinazione in altri dello stato d'incapacità, allo scopo di far commettere un reato)
Se taluno mette altri nello stato d'incapacità d'intendere o di volere, al fine di fargli commettere un reato, del reato commesso dalla persona resa incapace risponde chi ha cagionato lo stato d'incapacità.

Art. 87.
(Stato preordinato d'incapacità d'intendere o di volere)
La disposizione della prima parte dell'articolo 85 non si applica a chi si è messo in stato d'incapacità d'intendere o di volere al fine di commettere il reato, o di prepararsi una scusa.

Art. 88.
(Vizio totale di mente)
Non è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per infermità, in tale stato di mente da escludere la capacità d'intendere o di volere.

Art. 89.
(Vizio parziale di mente)
Chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per infermità, in tale stato di mente da scemare grandemente, senza escluderla, la capacità d'intendere o di volere, risponde del reato commesso; ma la pena è diminuita.

Art. 90.
(Stati emotivi o passionali)
Gli stati emotivi o passionali non escludono nè diminuiscono l'imputabilità.

Art. 91.
(Ubriachezza derivata da caso fortuito o da forza maggiore)
Non è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, non aveva la capacità d'intendere o di volere, a cagione di piena ubriachezza derivata da caso fortuito o da forza maggiore.
Se l'ubriachezza non era piena, ma era tuttavia tale da scemare grandemente, senza escluderla, la capacità d'intendere o di volere, la pena è diminuita.

Art. 92.
(Ubriachezza volontaria o colposa ovvero preordinata)
L'ubriachezza non derivata da caso fortuito o da forza maggiore non esclude nè diminuisce la imputabilità.
Se l'ubriachezza era preordinata al fine di commettere il reato, o di prepararsi una scusa, la pena è aumentata.

Art. 93.
(Fatto commesso sotto l'azione di sostanze stupefacenti)
Le disposizioni dei due articoli precedenti si applicano anche quando il fatto è stato commesso sotto l'azione di sostanze stupefacenti.

Art. 94.
(Ubriachezza abituale)
Quando il reato è commesso in stato di ubriachezza, e questa è abituale, la pena è aumentata.
Agli effetti della legge penale, è considerato ubriaco abituale chi è dedito all'uso di bevande alcooliche e in stato frequente di ubriachezza.
L'aggravamento di pena stabilito nella prima parte di questo articolo si applica anche quando il reato è commesso sotto l'azione di sostanze stupefacenti da chi è dedito all'uso di tali sostanze.

Art. 95.
(Cronica intossicazione da alcool o da sostanze stupefacenti)
Per i fatti commessi in stato di cronica intossicazione prodotta da alcool ovvero da sostanze stupefacenti, si applicano le disposizioni contenute negli articoli 88 e 89.

Art. 96.
(Sordomutismo)
Non è imputabile il sordomuto che, nel momento in cui ha commesso il fatto, non aveva, per causa della sua infermità, la capacità d'intendere o di volere.
Se la capacità d'intendere o di volere era grandemente scemata, ma non esclusa, la pena è diminuita.

Art. 97.
(Minore degli anni quattordici)
Non è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, non aveva compiuto i quattordici anni.

Art. 98.
(Minore degli anni diciotto)
È imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, aveva compiuto i quattordici anni, ma non ancora i diciotto, se aveva capacità d'intendere e di volere; ma la pena è diminuita.
Quando la pena detentiva inflitta è inferiore a cinque anni, o si tratta di pena pecuniaria, alla condanna non conseguono pene accessorie. Se si tratta di pena più grave, la condanna importa soltanto l'interdizione dai pubblici uffici per una durata non superiore a cinque anni, e, nei casi stabiliti dalla legge, la sospensione dall'esercizio della responsabilità genitoriale o dell'autorità maritale.

CAPO II
Della recidiva, dell'abitualità e professionalità nel reato e della tendenza a delinquere

Art. 99.
(Recidiva).
Chi, dopo essere stato condannato per un delitto non colposo, ne commette un altro, può essere sottoposto ad un aumento di un terzo della pena da infliggere per il nuovo delitto non colposo.
La pena può essere aumentata fino alla metà:
1) se il nuovo delitto non colposo è della stessa indole;
2) se il nuovo delitto non colposo è stato commesso nei cinque anni dalla condanna precedente;
3) se il nuovo delitto non colposo è stato commesso durante o dopo l'esecuzione della pena, ovvero durante il tempo in cui il condannato si sottrae volontariamente all'esecuzione della pena.
Qualora concorrano più circostanze fra quelle indicate al secondo comma, l'aumento di pena è della metà.
Se il recidivo commette un altro delitto non colposo, l'aumento della pena, nel caso di cui al primo comma, è della metà e, nei casi previsti dal secondo comma, è di due terzi.
Se si tratta di uno dei delitti indicati all'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, l'aumento della pena per la recidiva è obbligatorio e, nei casi indicati al secondo comma, non può essere inferiore ad un terzo della pena da infliggere per il nuovo delitto.
In nessun caso l'aumento di pena per effetto della recidiva può superare il cumulo delle pene risultante dalle condanne precedenti alla commissione del nuovo delitto non colposo.

Art. 100.
[abrogato]

Art. 101.
(Reati della stessa indole)
Agli effetti della legge penale, sono considerati reati della stessa indole non soltanto quelli che violano una stessa disposizione di legge, ma anche quelli che, pure essendo preveduti da disposizioni diverse di questo codice ovvero da leggi diverse, nondimeno, per la natura dei fatti che li costituiscono o dei motivi che li determinarono, presentano, nei casi concreti, caratteri fondamentali comuni.

Art. 102.
(Abitualità presunta dalla legge)
È dichiarato delinquente abituale chi, dopo essere stato condannato alla reclusione in misura superiore complessivamente a cinque anni per tre delitti non colposi, della stessa indole, commessi entro dieci anni, e non contestualmente, riporta un'altra condanna per un delitto, non colposo, della stessa indole, e commesso entro i dieci anni successivi all'ultimo dei delitti precedenti.
Nei dieci anni indicati nella disposizione precedente non si computa il tempo in cui il condannato ha scontato pene detentive o è stato sottoposto a misure di sicurezza detentive.

Art. 103.
(Abitualità ritenuta dal giudice)
Fuori del caso indicato nell'articolo precedente, la dichiarazione di abitualità nel delitto è pronunciata anche contro chi, dopo essere stato condannato per due delitti non colposi, riporta un'altra condanna per delitto non colposo, se il giudice, tenuto conto della specie e gravità dei reati, del tempo entro il quale sono stati commessi, della condotta e del genere di vita del colpevole e delle altre circostanze indicate nel capoverso dell'articolo 133, ritiene che il colpevole sia dedito al delitto.

Art. 104.
(Abitualità nelle contravvenzioni)
Chi, dopo essere stato condannato alla pena dell'arresto per tre contravvenzioni della stessa indole, riporta condanna per un'altra contravvenzione, anche della stessa indole, è dichiarato contravventore abituale, se il giudice, tenuto conto della specie e gravità dei reati, del tempo entro il quale sono stati commessi, della condotta e del genere di vita del colpevole e delle altre circostanze indicate nel capoverso dell'articolo 133, ritiene che il colpevole sia dedito al reato.

Art. 105.
(Professionalità nel reato)
Chi, trovandosi nelle condizioni richieste per la dichiarazione di abitualità, riporta condanna per un altro reato, è dichiarato delinquente o contravventore professionale, qualora, avuto riguardo alla natura dei reati, alla condotta e al genere di vita del colpevole e alle altre circostanze indicate nel capoverso dell'articolo 133, debba ritenersi che egli viva abitualmente, anche in parte soltanto, dei proventi del reato.

Art. 106.
(Effetti dell'estinzione del reato o della pena)
Agli effetti della recidiva e della dichiarazione di abitualità o di professionalità nel reato, si tien conto altresì delle condanne per le quali è intervenuta una causa di estinzione del reato o della pena.
Tale disposizione non si applica quando la causa estingue anche gli effetti penali.

Art. 107.
(Condanna per vari reati con una sola sentenza)
Le disposizioni relative alla dichiarazione di abitualità o di professionalità nel reato si applicano anche se, per i vari reati, è pronunciata condanna con una sola sentenza.

Art. 108.
(Tendenza a delinquere)
È dichiarato delinquente per tendenza chi, sebbene non recidivo o delinquente abituale o professionale, commette un delitto non colposo, contro la vita o l'incolumità individuale, anche non preveduto dal capo primo del titolo dodicesimo del libro secondo di questo codice, il quale, per sè e unitamente alle circostanze indicate nel capoverso dell'articolo 133, riveli una speciale inclinazione al delitto, che trovi sua causa nell'indole particolarmente malvagia del colpevole.
La disposizione di questo articolo non si applica se la inclinazione al delitto è originata dall'infermità preveduta dagli articoli 88 e 89.

Art. 109.
(Effetti della dichiarazione di abitualità, professionalità o tendenza a delinquere)
Oltre gli aumenti di pena stabiliti per la recidiva e i particolari effetti indicati da altre disposizioni di legge, la dichiarazione di abitualità o di professionalità nel reato o di tendenza a delinquere importa l'applicazione di misure di sicurezza.
La dichiarazione di abitualità o di professionalità nel reato può essere pronunciata in ogni tempo, anche dopo la esecuzione della pena; ma se è pronunciata dopo la sentenza di condanna, non si tien conto della successiva condotta del colpevole e rimane ferma la pena inflitta.
La dichiarazione di tendenza a delinquere non può essere pronunciata che con la sentenza di condanna.
La dichiarazione di abitualità e professionalità nel reato e quella di tendenza a delinquere si estinguono per effetto della riabilitazione.

CAPO III
Del concorso di persone nel reato

Art. 110.
(Pena per coloro che concorrono nel reato)
Quando più persone concorrono nel medesimo reato, ciascuna di esse soggiace alla pena per questo stabilita, salve le disposizioni degli articoli seguenti.

Art. 111.
(Determinazione al reato di persona non imputabile o non punibile)
Chi ha determinato a commettere un reato una persona non imputabile, ovvero non punibile a cagione di una condizione o qualità personale, risponde del reato da questa commesso; e la pena è aumentata. Se si tratta di delitti per i quali è previsto l'arresto in flagranza, la pena è aumentata da un terzo alla metà.
Se chi ha determinato altri a commettere il reato ne è il genitore esercente la responsabilità genitoriale, la pena è aumentata fino alla metà o, se si tratta di delitti per i quali è previsto l'arresto in flagranza, da un terzo a due terzi.

Art. 112.
(Circostanze aggravanti)
La pena da infliggere per il reato commesso è aumentata:
1° se il numero delle persone, che sono concorse nel reato, è di cinque o più, salvo che la legge disponga altrimenti;
2° per chi, anche fuori dei casi preveduti dai due numeri seguenti, ha promosso od organizzato la cooperazione nel reato, ovvero diretto l'attività delle persone che sono concorse nel reato medesimo;
3° per chi, nell'esercizio della sua autorità, direzione o vigilanza, ha determinato a commettere il reato persone ad esso soggette;
4° per chi, fuori del caso preveduto dall'articolo 111, ha determinato a commettere il reato un minore di anni 18 o una persona in stato di infermità o di deficienza psichica, ovvero si è comunque avvalso degli stessi o con gli stessi ha partecipato nella commissione di un delitto per il quale è previsto l'arresto in flagranza.
La pena è aumentata fino alla metà per chi si è avvalso di persona non imputabile o non punibile, a cagione di una condizione o qualità personale, o con la stessa ha partecipato nella commissione di un delitto per il quale è previsto l'arresto in flagranza.
Se chi ha determinato altri a commettere il reato o si è avvalso di altri o con questi ha partecipato nella commissione del delitto ne è il genitore esercente la responsabilità genitoriale, nel caso previsto dal numero 4 del primo comma la pena è aumentata fino alla metà e in quello previsto dal secondo comma la pena è aumentata fino a due terzi.
Gli aggravamenti di pena stabiliti nei numeri 1°, 2° e 3° di questo articolo si applicano anche se taluno dei partecipi al fatto non è imputabile o non è punibile.

Art. 113.
(Cooperazione nel delitto colposo)
Nel delitto colposo, quando l'evento è stato cagionato dalla cooperazione di più persone, ciascuna di queste soggiace alle pene stabilite per il delitto stesso.
La pena è aumentata per chi ha determinato altri a cooperare nel delitto, quando concorrono le condizioni stabilite nell'articolo 111 e nei numeri 3° e 4° dell'articolo 112.

Art. 114.
(Circostanze attenuanti)
Il giudice, qualora ritenga che l'opera prestata da taluna delle persone che sono concorse nel reato a norma degli articoli 110 e 113 abbia avuto minima importanza nella preparazione o nell'esecuzione del reato, può diminuire la pena.
Tale disposizione non si applica nei casi indicati nell'articolo 112.
La pena può altresì essere diminuita per chi è stato determinato a commettere il reato o a cooperare nel reato, quando concorrono le condizioni stabilite nei numeri 3° e 4° del primo comma e nel terzo comma dell'articolo 112.

Art. 115.
(Accordo per commettere un reato. Istigazione)
Salvo che la legge disponga altrimenti, qualora due o più persone si accordino allo scopo di commettere un reato, e questo non sia commesso, nessuna di esse è punibile per il solo fatto dell'accordo.
Nondimeno, nel caso di accordo per commettere un delitto, il giudice può applicare una misura di sicurezza.
Le stesse disposizioni si applicano nel caso di istigazione a commettere un reato, se la istigazione è stata accolta, ma il reato non è stato commesso.
Qualora la istigazione non sia stata accolta, e si sia trattato d'istigazione a un delitto, l'istigatore può essere sottoposto a misura di sicurezza.

Art. 116.
(Reato diverso da quello voluto da taluno dei concorrenti)
Qualora il reato commesso sia diverso da quello voluto da taluno dei concorrenti, anche questi ne risponde, se l'evento è conseguenza della sua azione od omissione.
Se il reato commesso è più grave di quello voluto, la pena è diminuita riguardo a chi volle il reato meno grave.

Art. 117.
(Mutamento del titolo del reato per taluno dei concorrenti)
Se, per le condizioni o le qualità personali del colpevole, o per i rapporti fra il colpevole e l'offeso, muta il titolo del reato per taluno di coloro che vi sono concorsi, anche gli altri rispondono dello stesso reato. Nondimeno, se questo è più grave, il giudice può, rispetto a coloro per i quali non sussistono le condizioni, le qualità o i rapporti predetti, diminuire la pena.

Art. 118.
(Valutazione delle circostanze aggravanti o attenuanti).
Le circostanze che aggravano o diminuiscono le pene concernenti i motivi a delinquere, l'intensità del dolo, il grado della colpa e le circostanze inerenti alla persona del colpevole sono valutate soltanto riguardo alla persona cui si riferiscono.

Art. 119.
(Valutazione delle circostanze di esclusione della pena)
Le circostanze soggettive le quali escludono la pena per taluno di coloro che sono concorsi nel reato hanno effetto soltanto riguardo alla persona a cui si riferiscono.
Le circostanze oggettive che escludono la pena hanno effetto per tutti coloro che sono concorsi nel reato.

CAPO IV
Della persona offesa dal reato

Art. 120.
(Diritto di querela)
Ogni persona offesa da un reato per cui non debba procedersi d'ufficio o dietro richiesta o istanza ha diritto di querela.
Per i minori degli anni quattordici e per gli interdetti a cagione d'infermità di mente, il diritto di querela è esercitato dal genitore o dal tutore.
I minori che hanno compiuto gli anni quattordici e gli inabilitati possono esercitare il diritto di querela, e possono altresì, in loro vece, esercitarlo il genitore ovvero il tutore o il curatore, nonostante ogni contraria dichiarazione di volontà, espressa o tacita, del minore o dell'inabilitato.

Art. 121.
(Diritto di querela esercitato da un curatore speciale)
Se la persona offesa è minore degli anni quattordici o inferma di mente, e non v'è chi ne abbia la rappresentanza, ovvero chi l'esercita si trovi con la persona medesima in conflitto di interessi, il diritto di querela è esercitato da un curatore speciale.

Art. 122.
(Querela di uno fra più offesi)
Il reato commesso in danno di più persone è punibile anche se la querela è proposta da una soltanto di esse.

Art. 123.
(Estensione della querela)
La querela si estende di diritto a tutti coloro che hanno commesso il reato.

Art. 124.
(Termine per proporre la querela. Rinuncia)
Salvo che la legge disponga altrimenti, il diritto di querela non può essere esercitato, decorsi tre mesi dal giorno della notizia del fatto che costituisce il reato.
Il diritto di querela non può essere esercitato se vi è stata rinuncia espressa o tacita da parte di colui al quale ne spetta l'esercizio.
Vi è rinuncia tacita, quando chi ha facoltà di proporre querela ha compiuto fatti incompatibili con la volontà di querelarsi.
La rinuncia si estende di diritto a tutti coloro che hanno commesso il reato.

Art. 125.
(Querela del minore o inabilitato nel caso di rinuncia del rappresentante)
La rinuncia alla facoltà di esercitare il diritto di querela, fatta dal genitore o dal tutore o dal curatore, non priva il minore, che ha compiuto gli anni quattordici, o l'inabilitato, del diritto di proporre querela.

Art. 126.
(Estinzione del diritto di querela)
Il diritto di querela si estingue con la morte della persona offesa.
Se la querela è stata già proposta, la morte della persona offesa non estingue il reato.

Art. 127.
(Richiesta di procedimento per delitti contro il Presidente della Repubblica).
Salvo quanto è disposto nel titolo primo del libro secondo di questo Codice, qualora un delitto punibile a querela della persona offesa sia commesso in danno dei Presidente della Repubblica, alla querela è sostituita la richiesta dal Ministro per la giustizia.

Art. 128.
(Termine per la richiesta di procedimento)
Quando la punibilità di un reato dipende dalla richiesta dell'Autorità, la richiesta non può essere più proposta, decorsi tre mesi dal giorno in cui l'Autorità ha avuto notizia del fatto che costituisce il reato.
Quando la punibilità di un reato commesso all'estero dipende dalla presenza del colpevole nel territorio dello Stato, la richiesta non può essere più proposta, decorsi tre anni dal giorno in cui il colpevole si trova nel territorio dello Stato.

Art. 129.
(Irrevocabilità ed estensione della richiesta)
La richiesta dell'Autorità è irrevocabile.
Le disposizioni degli articoli 122 e 123 si applicano anche alla richiesta.

Art. 130.
(Istanza della persona offesa)
Quando la punibilità del reato dipende dall'istanza della persona offesa, l'istanza è regolata dalle disposizioni relative alla richiesta. Nondimeno, per quanto riguarda la capacità e la rappresentanza della persona offesa, si applicano le disposizioni relative alla querela.

Art. 131.
(Reato complesso. Procedibilità di ufficio)
Nei casi preveduti dall'articolo 84, per il reato complesso si procede sempre di ufficio, se per taluno dei reati, che ne sono elementi costitutivi o circostanze aggravanti, si deve procedere di ufficio.

TITOLO QUINTO
DELLA NON PUNIBILITÀ PER PARTICOLARE TENUITÀ DEL FATTO. DELLA MODIFICAZIONE, APPLICAZIONE ED ESECUZIONE DELLA PENA
CAPO I
Della non punibilità per particolare tenuità del fatto. Della modificazione e applicazione della pena

Art. 131-bis.
(Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto).
Nei reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta pena, la punibilità è esclusa quando, per le modalità della condotta e per l'esiguità del danno o del pericolo, valutate ai sensi dell'articolo 133, primo comma, l'offesa è di particolare tenuità e il comportamento risulta non abituale.
L'offesa non può essere ritenuta di particolare tenuità, ai sensi del primo comma, quando l'autore ha agito per motivi abietti o futili, o con crudeltà, anche in danno di animali, o ha adoperato sevizie o, ancora, ha profittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche in riferimento all'età della stessa ovvero quando la condotta ha cagionato o da essa sono derivate, quali conseguenze non volute, la morte o le lesioni gravissime di una persona.
Il comportamento è abituale nel caso in cui l'autore sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza ovvero abbia commesso più reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato, sia di particolare tenuità, nonché nel caso in cui si tratti di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate.
Ai fini della determinazione della pena detentiva prevista nel primo comma non si tiene conto delle circostanze, ad eccezione di quelle per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale. In quest'ultimo caso ai fini dell'applicazione del primo comma non si tiene conto del giudizio di bilanciamento delle circostanze di cui all'articolo 69.
La disposizione del primo comma si applica anche quando la legge prevede la particolare tenuità del danno o del pericolo come circostanza attenuante.

Art. 132.
(Potere discrezionale del giudice nell'applicazione della pena: limiti)
Nei limiti fissati dalla legge, il giudice applica la pena discrezionalmente; esso deve indicare i motivi che giustificano l'uso di tal potere discrezionale.
Nell'aumento o nella diminuzione della pena non si possono oltrepassare i limiti stabiliti per ciascuna specie di pena, salvi i casi espressamente determinati dalla legge.

Art. 133.
(Gravità del reato: valutazione agli effetti della pena)
Nell'esercizio del potere discrezionale indicato nell'articolo precedente, il giudice deve tener conto della gravità del reato, desunta:
1° dalla natura, dalla specie, dai mezzi, dall'oggetto, dal tempo, dal luogo e da ogni altra modalità dell'azione;
2° dalla gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa dal reato;
3° dalla intensità del dolo o dal grado della colpa.
Il giudice deve tener conto, altresì, della capacità a delinquere del colpevole, desunta:
1° dai motivi a delinquere e dal carattere del reo;
2° dai precedenti penali e giudiziari e, in genere, dalla condotta e dalla vita del reo, antecedenti al reato;
3° dalla condotta contemporanea o susseguente al reato;
4° dalle condizioni di vita individuale, famigliare e sociale del reo.

Art. 133-bis.
(Condizioni economiche del reo; valutazione agli effetti della pena pecuniaria).
Nella determinazione dell'ammontare della multa o dell'ammenda il giudice deve tenere conto, oltre che dei criteri indicati dall'articolo precedente, anche delle condizioni economiche del reo.
Il giudice può aumentare la multa o l'ammenda stabilite dalla legge sino al triplo o diminuirle sino ad un terzo quando, per le condizioni economiche del reo, ritenga che la misura massima sia inefficace ovvero che la misura minima sia eccessivamente gravosa.

Art. 133-ter.
(Pagamento rateale della multa o dell'ammenda).
Il giudice, con la sentenza di condanna o con il decreto penale, può disporre, in relazione alle condizioni economiche del condannato, che la multa o l'ammenda venga pagata in rate mensili da tre a trenta. Ciascuna rata tuttavia non può essere inferiore a lire trentamila.
In ogni momento il condannato può estinguere la pena mediante un unico pagamento.

Art. 134.
(Computo delle pene)
Le pene temporanee si applicano a giorni, a mesi e ad anni.
Nelle condanne a pene temporanee non si tien conto delle frazioni di giorno, e, in quelle a pene pecuniarie, delle frazioni di lira.

Art. 135.
(Ragguaglio fra pene pecuniarie e pene detentive).
Quando, per qualsiasi effetto giuridico, si deve eseguire un ragguaglio fra pene pecuniarie e pene detentive, il computo ha luogo calcolando euro 250, o frazione di euro 250, di pena pecuniaria per un giorno di pena detentiva.

Art. 136.
(Modalità di conversione di pene pecuniarie).
Le pene della multa e dell'ammenda, non eseguite per insolvibilità del condannato, si convertono a norma di legge.

Art. 137.
(Carcerazione preventiva)
La carcerazione sofferta prima che la sentenza sia divenuta irrevocabile si detrae dalla durata complessiva della pena temporanea detentiva o dall'ammontare della pena pecuniaria.
La carcerazione preventiva è considerata, agli effetti della detrazione, come reclusione od arresto.

Art. 138.
(Pena e carcerazione preventiva per reati commessi all'estero)
Quando il giudizio seguito all'estero è rinnovato nello Stato, la pena scontata all'estero è sempre computata, tenendo conto della specie di essa; e, se vi è stata all'estero carcerazione preventiva, si applicano le disposizioni dell'articolo precedente.

Art. 139.
(Computo delle pene accessorie)
Nel computo delle pene accessorie temporanee non si tien conto del tempo in cui il condannato sconta la pena detentiva, o è sottoposto a misura di sicurezza detentiva, nè del tempo in cui egli si è sottratto volontariamente all'esecuzione della pena o della misura di sicurezza.

Art. 140.
[abrogato]

CAPO II
Della esecuzione della pena

Art. 141.
[abrogato]

Art. 142.
[abrogato]
Art. 143.
[abrogato]
Art. 144.
[abrogato]
Art. 145.
(Remunerazione ai condannati per il lavoro prestato)
Negli stabilimenti penitenziari, ai condannati è corrisposta una remunerazione per il lavoro prestato.
Sulla remunerazione, salvo che l'adempimento delle obbligazioni sia altrimenti eseguito, sono prelevate nel seguente ordine:
1° le somme dovute a titolo di risarcimento del danno;
2° le spese che lo Stato sostiene per il mantenimento del condannato;
3° le somme dovute a titolo di rimborso delle spese del procedimento.
In ogni caso, deve essere riservata a favore del condannato una quota pari a un terzo della remunerazione, a titolo di peculio. Tale quota non è soggetta a pignoramento o a sequestro.

Art. 146.
(Rinvio obbligatorio dell'esecuzione della pena).
L'esecuzione di una pena, che non sia pecuniaria, è differita:
1) se deve aver luogo nei confronti di donna incinta;
2) se deve aver luogo nei confronti di madre di infante di età inferiore ad anni uno;
3) se deve aver luogo nei confronti di persona affetta da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria accertate ai sensi dell'articolo 286-bis, comma 2, del codice di procedura penale, ovvero da altra malattia particolarmente grave per effetto della quale le sue condizioni di salute risultano incompatibili con lo stato di detenzione, quando la persona si trova in una fase della malattia così avanzata da non rispondere più, secondo le certificazioni del servizio sanitario penitenziario o esterno, ai trattamenti disponibili e alle terapie curative.
Nei casi previsti dai numeri 1) e 2) del primo comma il differimento non opera o, se concesso, è revocato se la gravidanza si interrompe, se la madre è dichiarata decaduta dalla responsabilità genitoriale sul figlio ai sensi dell'articolo 330 del codice civile, il figlio muore, viene abbandonato ovvero affidato ad altri, sempreché l'interruzione di gravidanza o il parto siano avvenuti da oltre due mesi.

Art. 147.
(Rinvio facoltativo dell'esecuzione della pena)
L'esecuzione di una pena può essere differita:
1° se è presentata domanda di grazia, e l'esecuzione della pena non deve esser differita a norma dell'articolo precedente;
2° se una pena restrittiva della libertà personale deve essere eseguita contro chi si trova in condizioni di grave infermità fisica;
3) se una pena restrittiva della libertà personale deve essere eseguita nei confronti di madre di prole di età inferiore a tre anni.
Nel caso indicato nel numero 1°, l'esecuzione della pena non può essere differita per un periodo superiore complessivamente a sei mesi, a decorrere dal giorno in cui la sentenza è divenuta irrevocabile, anche se la domanda di grazia è successivamente rinnovata.
Nel caso indicato nel numero 3) del primo comma il provvedimento è revocato, qualora la madre sia dichiarata decaduta dalla responsabilità genitoriale sul figlio ai sensi dell'articolo 330 del codice civile, il figlio muoia, venga abbandonato ovvero affidato ad altri che alla madre.
Il provvedimento di cui al primo comma non può essere adottato o, se adottato, è revocato se sussiste il concreto pericolo della commissione di delitti.

Art. 148.
(Infermità psichica sopravvenuta al condannato)
Se, prima dell'esecuzione di una pena restrittiva della libertà personale o durante l'esecuzione, sopravviene al condannato una infermità psichica, il giudice, qualora ritenga che l'infermità sia tale da impedire l'esecuzione della pena, ordina che questa sia differita o sospesa e che il condannato sia ricoverato in un manicomio giudiziario, ovvero in una casa di cura e di custodia. Il giudice può disporre che il condannato, invece che in un manicomio giudiziario, sia ricoverato in un manicomio comune, se la pena inflittagli sia inferiore a tre anni di reclusione o di arresto, e non si tratti di delinquente o contravventore abituale o professionale, o di delinquente per tendenza.
La disposizione precedente si applica anche nel caso in cui, per infermità psichica sopravvenuta, il condannato alla pena di morte deve essere ricoverato in un manicomio giudiziario.
Il provvedimento di ricovero è revocato, e il condannato è sottoposto all'esecuzione della pena, quando sono venute meno le ragioni che hanno determinato tale provvedimento.

Art. 149.
[abrogato]

TITOLO SESTO
DELLA ESTINZIONE DEL REATO E DELLA PENA
CAPO I
Della estinzione del reato

Art. 150.
(Morte del reo prima della condanna)
La morte del reo, avvenuta prima della condanna, estingue il reato.

Art. 151.
(Amnistia)
L'amnistia estingue il reato, e, se vi è stata condanna, fa cessare l'esecuzione della condanna e le pene accessorie.
Nel concorso di più reati, l'amnistia si applica ai singoli reati per i quali è conceduta.
La estinzione del reato per effetto dell'amnistia è limitata ai reati commessi a tutto il giorno precedente la data del decreto, salvo che questo stabilisca una data diversa.
L'amnistia può essere sottoposta a condizioni o ad obblighi.
L'amnistia non si applica ai recidivi, nei casi preveduti dai capoversi dell'articolo 99, nè ai delinquenti abituali, o professionali o per tendenza, salvo che il decreto disponga diversamente.

Art. 152.
(Remissione della querela)
Nei delitti punibili a querela della persona offesa, la remissione estingue il reato.
La remissione è processuale o estraprocessuale. La remissione estraprocessuale è espressa o tacita. Vi è remissione tacita, quando il querelante ha compiuto fatti incompatibili con la volontà di persistere nella querela.
La remissione può intervenire solo prima della condanna, salvi i casi per i quali la legge disponga altrimenti.
La remissione non può essere sottoposta a termini o a condizioni. Nell'atto di remissione può essere fatta rinuncia al diritto alle restituzioni e al risarcimento del danno.

Art. 153.
(Esercizio del diritto di remissione. Incapaci)
Per i minori degli anni quattordici e per gli interdetti a cagione di infermità di mente, il diritto di remissione è esercitato dal loro legale rappresentante.
I minori, che hanno compiuto gli anni quattordici, e gli inabilitati possono esercitare il diritto di remissione, anche quando la querela è stata proposta dal rappresentante, ma, in ogni caso , la remissione non ha effetto senza l'approvazione di questo.
Il rappresentante può rimettere la querela proposta da lui o dal rappresentato, ma la remissione non ha effetto, se questi manifesta volontà contraria.
Le disposizioni dei capoversi precedenti si applicano anche nel caso in cui il minore raggiunge gli anni quattordici, dopo che è stata proposta la querela.

Art. 154.
(Più querelanti: remissione di uno solo)
Se la querela è stata proposta da più persone, il reato non si estingue se non interviene la remissione di tutti i querelanti.
Se tra più persone offese da un reato taluna soltanto ha proposto querela, la remissione, che questa ha fatto, non pregiudica il diritto di querela delle altre.

Art. 155.
(Accettazione della remissione)
La remissione non produce effetto, se il querelato l'ha espressamente o tacitamente ricusata. Vi è ricusa tacita, quando il querelato ha compiuto fatti incompatibili con la volontà di accettare la remissione.
La remissione fatta a favore anche di uno soltanto fra coloro che hanno commesso il reato si estende a tutti, ma non produce effetto per chi l'abbia ricusata.
Per quanto riguarda la capacità di accettare la remissione, si osservano le disposizioni dell'articolo 153.
Se il querelato è un minore o un infermo di mente, e nessuno ne ha la rappresentanza, ovvero chi la esercita si trova con esso in conflitto di interessi, la facoltà di accettare la remissione è esercitata da un curatore speciale.

Art. 156.
(Estinzione del diritto di remissione)
Il diritto di remissione si estingue con la morte della persona offesa dal reato.

Art. 157.
(Prescrizione. Tempo necessario a prescrivere).
La prescrizione estingue il reato decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge e comunque un tempo non inferiore a sei anni se si tratta di delitto e a quattro anni se si tratta di contravvenzione, ancorché puniti con la sola pena pecuniaria.
Per determinare il tempo necessario a prescrivere si ha riguardo alla pena stabilita dalla legge per il reato consumato o tentato, senza tener conto della diminuzione per le circostanze attenuanti e dell'aumento per le circostanze aggravanti, salvo che per le aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria e per quelle ad effetto speciale, nel qual caso si tiene conto dell'aumento massimo di pena previsto per l'aggravante.
Non si applicano le disposizioni dell'articolo 69 e il tempo necessario a prescrivere è determinato a norma del secondo comma.
Quando per il reato la legge stabilisce congiuntamente o alternativamente la pena detentiva e la pena pecuniaria, per determinare il tempo necessario a prescrivere si ha riguardo soltanto alla pena detentiva.
Quando per il reato la legge stabilisce pene diverse da quella detentiva e da quella pecuniaria, si applica il termine di tre anni.
I termini di cui ai commi che precedono sono raddoppiati per i reati di cui agli articoli 375, terzo comma, 449, 589, secondo e terzo comma, e 589-bis, nonché per i reati di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale. I termini di cui ai commi che precedono sono altresì raddoppiati per i delitti di cui al titolo VI-bis del libro secondo, per il reato di cui all'articolo 572 e per i reati di cui alla sezione I del capo III del titolo XII del libro II e di cui agli articoli 609-bis, 609-quater, 609-quinquies e 609-octies, salvo che risulti la sussistenza delle circostanze attenuanti contemplate dal terzo comma dell'articolo 609-bis ovvero dal quarto comma dell'articolo 609-quater.
La prescrizione è sempre espressamente rinunciabile dall'imputato.
La prescrizione non estingue i reati per i quali la legge prevede la pena dell'ergastolo, anche come effetto dell'applicazione di circostanze aggravanti.

Art. 158.
(Decorrenza del termine della prescrizione)
Il termine della prescrizione decorre, per il reato consumato, dal giorno della consumazione; per il reato tentato, dal giorno in cui è cessata l'attività del colpevole; per il reato permanente, dal giorno in cui è cessata la permanenza.
Quando la legge fa dipendere la punibilità del reato dal verificarsi di una condizione, il termine della prescrizione decorre dal giorno in cui la condizione si è verificata. Nondimeno, nei reati punibili a querela, istanza o richiesta, il termine della prescrizione decorre dal giorno del commesso reato.
Per i reati previsti dall'articolo 392, comma 1-bis, del codice di procedura penale, se commessi nei confronti di minore, il termine della prescrizione decorre dal compimento del diciottesimo anno di età della persona offesa, salvo che l'azione penale sia stata esercitata precedentemente. In quest'ultimo caso il termine di prescrizione decorre dall'acquisizione della notizia di reato.

Art. 159.
(Sospensione del corso della prescrizione).
Il corso della prescrizione rimane sospeso in ogni caso in cui la sospensione del procedimento o del processo penale o dei termini di custodia cautelare è imposta da una particolare disposizione di legge, oltre che nei casi di:
1) autorizzazione a procedere, dalla data del provvedimento con cui il pubblico ministero presenta la richiesta sino al giorno in cui l'autorità competente la accoglie;
2) deferimento della questione ad altro giudizio, sino al giorno in cui viene decisa la questione;
3) sospensione del procedimento o del processo penale per ragioni di impedimento delle parti e dei difensori ovvero su richiesta dell'imputato o del suo difensore. In caso di sospensione del processo per impedimento delle parti o dei difensori, l'udienza non può essere differita oltre il sessantesimo giorno successivo alla prevedibile cessazione dell'impedimento, dovendosi avere riguardo in caso contrario al tempo dell'impedimento aumentato di sessanta giorni. Sono fatte salve le facoltà previste dall'articolo 71, commi 1 e 5, del codice di procedura penale.
3-bis) sospensione del procedimento penale ai sensi dell'articolo 420-quater del codice di procedura penale;
3-ter) rogatorie all'estero, dalla data del provvedimento che dispone una rogatoria sino al giorno in cui l'autorità richiedente riceve la documentazione richiesta, o comunque decorsi sei mesi dal provvedimento che dispone la rogatoria.
Il corso della prescrizione rimane altresì sospeso nei seguenti casi:
1) dal termine previsto dall'articolo 544 del codice di procedura penale per il deposito della motivazione della sentenza di condanna di primo grado, anche se emessa in sede di rinvio, sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza che definisce il grado successivo di giudizio, per un tempo comunque non superiore a un anno e sei mesi;
2) dal termine previsto dall'articolo 544 del codice di procedura penale per il deposito della motivazione della sentenza di condanna di secondo grado, anche se emessa in sede di rinvio, sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza definitiva, per un tempo comunque non superiore a un anno e sei mesi.
I periodi di sospensione di cui al secondo comma sono computati ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere dopo che la sentenza del grado successivo ha prosciolto l'imputato ovvero ha annullato la sentenza di condanna nella parte relativa all'accertamento della responsabilità o ne ha dichiarato la nullità ai sensi dell'articolo 604, commi 1, 4 e 5-bis, del codice di procedura penale.
Se durante i termini di sospensione di cui al secondo comma si verifica un'ulteriore causa di sospensione di cui al primo comma, i termini sono prolungati per il periodo corrispondente.
La prescrizione riprende il suo corso dal giorno in cui è cessata la causa della sospensione.
Nel caso di sospensione del procedimento ai sensi dell'articolo 420-quater del codice di procedura penale, la durata della sospensione della prescrizione del reato non può superare i termini previsti dal secondo comma dell'articolo 161 del presente codice.

Art. 160.
(Interruzione del corso della prescrizione)
Il corso della prescrizione è interrotto dalla sentenza di condanna o dal decreto di condanna.
Interrompono pure la prescrizione l'ordinanza che applica le misure cautelari personali e quella di convalida del fermo o dell'arresto, l'interrogatorio reso davanti al pubblico ministero o alla polizia giudiziaria, su delega del pubblico ministero, o al giudice, l'invito a presentarsi al pubblico ministero per rendere l'interrogatorio, il provvedimento del giudice di fissazione dell'udienza in camera di consiglio per la decisione sulla richiesta di archiviazione, la richiesta di rinvio a giudizio, il decreto di fissazione della udienza preliminare, l'ordinanza che dispone il giudizio abbreviato, il decreto di fissazione della udienza per la decisione sulla richiesta di applicazione della pena, la presentazione o la citazione per il giudizio direttissimo, il decreto che dispone il giudizio immediato, il decreto che dispone il giudizio e il decreto di citazione a giudizio.
La prescrizione interrotta comincia nuovamente a decorrere dal giorno della interruzione. Se più sono gli atti interruttivi, la prescrizione decorre dall'ultimo di essi; ma in nessun caso i termini stabiliti nell'articolo 157 possono essere prolungati oltre i termini di cui all'articolo 161, secondo comma, fatta eccezione per i reati di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale.

Art. 161.
(Effetti della sospensione e della interruzione)
L'interruzione della prescrizione ha effetto per tutti coloro che hanno commesso il reato. La sospensione della prescrizione ha effetto limitatamente agli imputati nei cui confronti si sta procedendo.
Salvo che si proceda per i reati di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale, in nessun caso l'interruzione della prescrizione può comportare l'aumento di più di un quarto del tempo necessario a prescrivere, della metà per i reati di cui agli articoli 318, 319, 319-ter, 319-quater, 320, 321, 322-bis, limitatamente ai delitti richiamati dal presente comma, e 640-bis, nonché nei casi di cui all'articolo 99, secondo comma, di due terzi nel caso di cui all'articolo 99, quarto comma, e del doppio nei casi di cui agli articoli 102, 103 e 105.

Art. 162.
(Oblazione nelle contravvenzioni)
Nelle contravvenzioni, per le quali la legge stabilisce la sola pena dell'ammenda, il contravventore è ammesso a pagare, prima dell'apertura del dibattimento, ovvero prima del decreto di condanna, una somma corrispondente alla terza parte del massimo della pena stabilita dalla legge per la contravvenzione commessa, oltre le spese del procedimento.
Il pagamento estingue il reato.

Art. 162-bis.
(Oblazione nelle contravvenzioni punite con pene alternative).
Nelle contravvenzioni per le quali la legge stabilisce la pena alternativa dell'arresto o dell'ammenda, il contravventore può essere ammesso a pagare, prima dell'apertura del dibattimento, ovvero prima del decreto di condanna, una somma corrispondente alla metà del massimo dell'ammenda stabilita dalla legge per la contravvenzione commessa oltre le spese del procedimento.
Con la domanda di oblazione il contravventore deve depositare la somma corrispondente alla metà del massimo dell'ammenda.
L'oblazione non è ammessa quando ricorrono i casi previsti dal terzo capoverso dell'articolo 99, dall'articolo 104 o dall'articolo 105, nè quando permangono conseguenze dannose o pericolose del reato eliminabili da parte del contravventore.
In ogni altro caso il giudice può respingere con ordinanza la domanda di oblazione, avuto riguardo alla gravità del fatto.
La domanda può essere riproposta sino all'inizio della discussione finale del dibattimento di primo grado.
Il pagamento delle somme indicate nella prima parte del presente articolo estingue il reato.

Art. 162-ter.
(Estinzione del reato per condotte riparatorie).
Nei casi di procedibilità a querela soggetta a remissione, il giudice dichiara estinto il reato, sentite le parti e la persona offesa, quando l'imputato ha riparato interamente, entro il termine massimo della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, il danno cagionato dal reato, mediante le restituzioni o il risarcimento, e ha eliminato, ove possibile, le conseguenze dannose o pericolose del reato. Il risarcimento del danno può essere riconosciuto anche in seguito ad offerta reale ai sensi degli articoli 1208 e seguenti del codice civile, formulata dall'imputato e non accettata dalla persona offesa, ove il giudice riconosca la congruità della somma offerta a tale titolo.
Quando dimostra di non aver potuto adempiere, per fatto a lui non addebitabile, entro il termine di cui al primo comma, l'imputato può chiedere al giudice la fissazione di un ulteriore termine, non superiore a sei mesi, per provvedere al pagamento, anche in forma rateale, di quanto dovuto a titolo di risarcimento; in tal caso il giudice, se accoglie la richiesta, ordina la sospensione del processo e fissa la successiva udienza alla scadenza del termine stabilito e comunque non oltre novanta giorni dalla predetta scadenza, imponendo specifiche prescrizioni. Durante la sospensione del processo, il corso della prescrizione resta sospeso. Si applica l'articolo 240, secondo comma.
Il giudice dichiara l'estinzione del reato, di cui al primo comma, all'esito positivo delle condotte riparatorie.
Le disposizioni del presente articolo non si applicano nei casi di cui all'articolo 612-bis.

Art. 163.
(Sospensione condizionale della pena).
Nel pronunciare sentenza di condanna alla reclusione o all'arresto per un tempo non superiore a due anni, ovvero a pena pecuniaria che, sola o congiunta alla pena detentiva e ragguagliata a norma dell'articolo 135, sia equivalente ad una pena privativa della libertà personale per un tempo non superiore, nel complesso, a due anni, il giudice può ordinare che l'esecuzione della pena rimanga sospesa per il termine di cinque anni se la condanna è per delitto e di due anni se la condanna è per contravvenzione. In caso di sentenza di condanna a pena pecuniaria congiunta a pena detentiva non superiore a due anni, quando la pena nel complesso, ragguagliata a norma dell'articolo 135, sia superiore a due anni, il giudice può ordinare che l'esecuzione della pena detentiva rimanga sospesa.
Se il reato è stato commesso da un minore degli anni diciotto, la sospensione può essere ordinata quando si infligga una pena restrittiva della libertà personale non superiore a tre anni, ovvero una pena pecuniaria che, sola o congiunta alla pena detentiva e ragguagliata a norma dell'articolo 135, sia equivalente ad una pena privativa della libertà personale per un tempo non superiore, nel complesso, a tre anni. In caso di sentenza di condanna a pena pecuniaria congiunta a pena detentiva non superiore a tre anni, quando la pena nel complesso, ragguagliata a norma dell'articolo 135, sia superiore a tre anni, il giudice può ordinare che l'esecuzione della pena detentiva rimanga sospesa.
Se il reato è stato commesso da persona di età superiore agli anni diciotto ma inferiore agli anni ventuno o da chi ha compiuto gli anni settanta, la sospensione può essere ordinata quando si infligga una pena restrittiva della libertà personale non superiore a due anni e sei mesi ovvero una pena pecuniaria che, sola o congiunta alla pena detentiva e ragguagliata a norma dell'articolo 135, sia equivalente ad una pena privativa della libertà personale per un tempo non superiore, nel complesso, a due anni e sei mesi. In caso di sentenza di condanna a pena pecuniaria congiunta a pena detentiva non superiore a due anni e sei mesi, quando la pena nel complesso, ragguagliata a norma dell'articolo 135, sia superiore a due anni e sei mesi, il giudice può ordinare che l'esecuzione della pena detentiva rimanga sospesa.
Qualora la pena inflitta non sia superiore ad un anno e sia stato riparato interamente il danno, prima che sia stata pronunciata la sentenza di primo grado, mediante il risarcimento di esso e, quando sia possibile, mediante le restituzioni, nonché qualora il colpevole, entro lo stesso termine e fuori del caso previsto nel quarto comma dell'articolo 56, si sia adoperato spontaneamente ed efficacemente per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato da lui eliminabili, il giudice può ordinare che l'esecuzione della pena, determinata nel caso di pena pecuniaria ragguagliandola a norma dell'articolo 135, rimanga sospesa per il termine di un anno.

Art. 164.
(Limiti entro i quali è ammessa la sospensione condizionale della pena).
La sospensione condizionale della pena è ammessa soltanto se, avuto riguardo alle circostanze indicate nell'art. 133, il giudice presume che il colpevole si asterrà dal commettere ulteriori reati.
La sospensione condizionale della pena non può essere conceduta:
1) a chi ha riportato una precedente condanna a pena detentiva per delitto, anche se è intervenuta la riabilitazione, nè al delinquente o contravventore abituale o professionale;
2) allorché alla pena inflitta deve essere aggiunta una misura di sicurezza personale, perché il reo è persona che la legge presume socialmente pericolosa.
La sospensione condizionale della pena rende inapplicabili le misure di sicurezza, tranne che si tratti della confisca.
La sospensione condizionale della pena non può essere concessa più di una volta. Tuttavia il giudice nell'infliggere una nuova condanna, può disporre la sospensione condizionale qualora la pena da infliggere, cumulata con quella irrogata con la precedente condanna anche per delitto, non superi i limiti stabiliti dall'articolo 163.

Art. 165.
(Obblighi del condannato).
La sospensione condizionale della pena può essere subordinata all'adempimento dell'obbligo delle restituzioni, al pagamento della somma liquidata a titolo di risarcimento del danno o provvisoriamente assegnata sull'ammontare di esso e alla pubblicazione della sentenza a titolo di riparazione del danno; può altresì essere subordinata, salvo che la legge disponga altrimenti, all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, ovvero, se il condannato non si oppone, alla prestazione di attività non retribuita a favore della collettività per un tempo determinato comunque non superiore alla durata della pena sospesa, secondo le modalità indicate dal giudice nella sentenza di condanna.
La sospensione condizionale della pena, quando è concessa a persona che ne ha già usufruito, deve essere subordinata all'adempimento di uno degli obblighi previsti nel comma precedente.
La disposizione del secondo comma non si applica qualora la sospensione condizionale della pena sia stata concessa ai sensi del quarto comma dell'articolo 163.
Nei casi di condanna per i reati previsti dagli articoli 314, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, 320 e 322-bis, la sospensione condizionale della pena è comunque subordinata al pagamento di una somma equivalente al profitto del reato ovvero all'ammontare di quanto indebitamente percepito dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di un pubblico servizio, a titolo di riparazione pecunaria in favore dell'amministrazione lesa dalla condotta del pubblico ufficiale o dell'incaricato di un pubblico servizio, ovvero, nel caso di cui all'articolo 319-ter, in favore dell'amministrazione della giustizia, fermo restando il diritto all'ulteriore eventuale risarcimento del danno.
Il giudice nella sentenza stabilisce il termine entro il quale gli obblighi devono essere adempiuti.

Art. 166.
(Effetti della sospensione).
La sospensione condizionale della pena si estende alle pene accessorie.
La condanna a pena condizionalmente sospesa non può costituire in alcun caso, di per sè sola, motivo per l'applicazione di misure di prevenzione, nè d'impedimento all'accesso a posti di lavoro pubblici o privati tranne i casi specificamente previsti dalla legge, nè per il diniego di concessioni, di licenze o di autorizzazioni necessarie per svolgere attività lavorativa.

Art. 167.
(Estinzione del reato)
Se, nei termini stabiliti, il condannato non commette un delitto, ovvero una contravvenzione della stessa indole, e adempie gli obblighi impostigli, il reato è estinto.
In tal caso non ha luogo la esecuzione delle pene.

Art. 168.
(Revoca della sospensione).
Salva la disposizione dell'ultimo comma dell'art. 164, la sospensione condizionale della pena è revocata di diritto qualora, nei termini stabiliti, il condannato:
1) commetta un delitto ovvero una contravvenzione della stessa indole, per cui venga inflitta una pena detentiva, o non adempia agli obblighi impostigli;
2) riporti un'altra condanna per un delitto anteriormente commesso a pena che, cumulata a quella precedentemente sospesa, supera i limiti stabiliti dall'art. 163.
Qualora il condannato riporti un'altra condanna per un delitto anteriormente commesso, a pena che, cumulata a quella precedentemente sospesa, non supera i limiti stabiliti dall'art. 163, il giudice, tenuto conto dell'indole e della gravità del reato, può revocare l'ordine di sospensione condizionale della pena.
La sospensione condizionale della pena è altresì revocata quando è stata concessa in violazione dell'articolo 164, quarto comma, in presenza di cause ostative. La revoca è disposta anche se la sospensione è stata concessa ai sensi del comma 3 dell'articolo 444 del codice di procedura penale.

Art. 168-bis.
(Sospensione del procedimento con messa alla prova dell'imputato).
Nei procedimenti per reati puniti con la sola pena edittale pecuniaria o con la pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria, nonché per i delitti indicati dal comma 2 dell'articolo 550 del codice di procedura penale, l'imputato può chiedere la sospensione del processo con messa alla prova.
La messa alla prova comporta la prestazione di condotte volte all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato, nonché, ove possibile, il risarcimento del danno dallo stesso cagionato. Comporta altresì l'affidamento dell'imputato al servizio sociale, per lo svolgimento di un programma che può implicare, tra l'altro, attività di volontariato di rilievo sociale, ovvero l'osservanza di prescrizioni relative ai rapporti con il servizio sociale o con una struttura sanitaria, alla dimora, alla libertà di movimento, al divieto di frequentare determinati locali.
La concessione della messa alla prova è inoltre subordinata alla prestazione di lavoro di pubblica utilità. Il lavoro di pubblica utilità consiste in una prestazione non retribuita, affidata tenendo conto anche delle specifiche professionalità ed attitudini lavorative dell'imputato, di durata non inferiore a dieci giorni, anche non continuativi, in favore della collettività, da svolgere presso lo Stato, le regioni, le province, i comuni, le aziende sanitarie o presso enti o organizzazioni, anche internazionali, che operano in Italia, di assistenza sociale, sanitaria e di volontariato. La prestazione è svolta con modalità che non pregiudichino le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute dell'imputato e la sua durata giornaliera non può superare le otto ore.
La sospensione del procedimento con messa alla prova dell'imputato non può essere concessa più di una volta.
La sospensione del procedimento con messa alla prova non si applica nei casi previsti dagli articoli 102, 103, 104, 105 e 108.

Art. 168-ter.
(Effetti della sospensione del procedimento con messa alla prova).
Durante il periodo di sospensione del procedimento con messa alla prova il corso della prescrizione del reato è sospeso. Non si applicano le disposizioni del primo comma dell'articolo 161.
L'esito positivo della prova estingue il reato per cui si procede. L'estinzione del reato non pregiudica l'applicazione delle sanzioni amministrative accessorie, ove previste dalla legge.

Art. 168-quater.
(Revoca della sospensione del procedimento con messa alla prova).
La sospensione del procedimento con messa alla prova è revocata:
1) in caso di grave o reiterata trasgressione al programma di trattamento o alle prescrizioni imposte, ovvero di rifiuto alla prestazione del lavoro di pubblica utilità;
2) in caso di commissione, durante il periodo di prova, di un nuovo delitto non colposo ovvero di un reato della stessa indole rispetto a quello per cui si procede.

Art. 169.
(Perdono giudiziale per i minori degli anni diciotto)
Se, per il reato commesso dal minore degli anni diciotto, la legge stabilisce una pena restrittiva della libertà personale non superiore nel massimo a due anni, ovvero una pena pecuniaria non superiore nel massimo a lire diecimila, anche se congiunta a detta pena, il giudice può astenersi dal pronunciare il rinvio al giudizio, quando, avuto riguardo alle circostanze indicate nell'articolo 133, presume che il colpevole si asterrà dal commettere ulteriori reati.
Qualora si proceda al giudizio, il giudice può, nella sentenza, per gli stessi motivi, astenersi dal pronunciare condanna.
Le disposizioni precedenti non si applicano nei casi preveduti dal numero 1° del primo capoverso dell'articolo 164.
Il perdono giudiziale non può essere conceduto più di una volta.

Art. 170.
(Estinzione di un reato che sia presupposto, elemento costitutivo o circostanza aggravante di un altro reato)
Quando un reato è il presupposto di un altro reato, la causa che lo estingue non si estende all'altro reato.
La causa estintiva di un reato, che è elemento costitutivo o circostanza aggravante di un reato complesso, non si estende al reato complesso.
L'estinzione di taluno fra più reati connessi non esclude, per gli altri, l'aggravamento di pena derivante dalla connessione.

CAPO II
Della estinzione della pena

Art. 171.
(Morte del reo dopo la condanna)
La morte del reo, avvenuta dopo la condanna, estingue la pena.

Art. 172.
(Estinzione delle pene della reclusione e della multa per decorso del tempo)
La pena della reclusione si estingue col decorso di un tempo pari al doppio della pena inflitta e, in ogni caso, non superiore a trenta e non inferiore a dieci anni.
La pena della multa si estingue nel termine di dieci anni.
Quando, congiuntamente alla pena della reclusione, è inflitta la pena della multa, per l'estinzione dell'una e dell'altra pena si ha riguardo soltanto al decorso del tempo stabilito per la reclusione.
Il termine decorre dal giorno in cui la condanna è divenuta irrevocabile, ovvero dal giorno in cui il condannato si è sottratto volontariamente alla esecuzione già iniziata della pena.
Se l'esecuzione della pena è subordinata alla scadenza di un termine o al verificarsi di una condizione, il tempo necessario per la estinzione della pena decorre dal giorno in cui il termine è scaduto o la condizione si è verificata.
Nel caso di concorso di reati si ha riguardo, per l'estinzione della pena, a ciascuno di essi, anche se le pene sono state inflitte con la medesima sentenza.
L'estinzione delle pene non ha luogo, se si tratta di recidivi, nei casi preveduti dai capoversi dell'articolo 99, o di delinquenti abituali, professionali o per tendenza; ovvero se il condannato, durante il tempo necessario per l'estinzione della pena, riporta una condanna alla reclusione per un delitto della stessa indole.

Art. 173.
(Estinzione delle pene dell'arresto e dell'ammenda per decorso del tempo)
Le pene dell'arresto e dell'ammenda si estinguono nel termine di cinque anni. Tale termine è raddoppiato se si tratta di recidivi, nei casi preveduti dai capoversi dell'articolo 99, ovvero di delinquenti abituali, professionali o per tendenza.
Se, congiuntamente alla pena dell'arresto, è inflitta la pena dell'ammenda, per l'estinzione dell'una e dell'altra pena si ha riguardo soltanto al decorso del termine stabilito per l'arresto.
Per la decorrenza del termine si applicano le disposizioni del terzo, quarto e quinto capoverso dell'articolo precedente.

Art. 174.
(Indulto e grazia)
L'indulto o la grazia condona, in tutto o in parte, la pena inflitta, o la commuta in un'altra specie di pena stabilita dalla legge. Non estingue le pene accessorie, salvo che il decreto disponga diversamente, e neppure gli altri effetti penali della condanna.
Nel concorso di più reati, l'indulto si applica una sola volta, dopo cumulate le pene, secondo le norme concernenti il concorso dei reati.
Si osservano, per l'indulto, le disposizioni contenute nei tre ultimi capoversi dell'articolo 151.

Art. 175.
(Non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale).
Se, con una prima condanna, è inflitta una pena detentiva non superiore a due anni, ovvero una pena pecuniaria non superiore a un milione, il giudice, avuto riguardo alle circostanze indicate nell'articolo 133, può ordinare in sentenza che non sia fatta menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, spedito a richiesta di privati, non per ragione di diritto elettorale.
La non menzione della condanna può essere altresì concessa quando è inflitta congiuntamente una pena detentiva non superiore a due anni ed una pena pecuniaria che, ragguagliata a norma dell'articolo 135 e cumulata alla pena detentiva, priverebbe complessivamente il condannato della libertà personale per un tempo non superiore a trenta mesi.
Se il condannato commette successivamente un delitto, l'ordine di non fare menzione della condanna precedente è revocato.

Art. 176.
(Liberazione condizionale).
Il condannato a pena detentiva che, durante il tempo di esecuzione della pena, abbia tenuto un comportamento tale dal far ritenere sicuro il suo ravvedimento, può essere ammesso alla liberazione condizionale, se ha scontato almeno trenta mesi e comunque almeno metà della pena inflittagli, qualora il rimanente della pena non superi i cinque anni.
Se si tratta di recidivo, nei casi preveduti dai capoversi dell'articolo 99, il condannato, per essere ammesso alla liberazione condizionale, deve avere scontato almeno quattro anni di pena e non meno di tre quarti della pena inflittagli.
Il condannato all'ergastolo può essere ammesso alla liberazione condizionale quando abbia scontato almeno ventisei anni di pena.
La concessione della liberazione condizionale è subordinata all'adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato, salvo che il condannato dimostri di trovarsi nell'impossibilità di adempierle.

Art. 177.
(Revoca della liberazione condizionale o estinzione della pena).
Nei confronti del condannato ammesso alla liberazione condizionale resta sospesa la esecuzione della misura di sicurezza detentiva cui il condannato stesso sia stato sottoposto con la sentenza di condanna o con un provvedimento successivo. La liberazione condizionale è revocata, se la persona liberata commette un delitto o una contravvenzione della stessa indole, ovvero trasgredisce agli obblighi inerenti alla libertà vigilata, disposta a termini dell'articolo 230, n. 2. In tal caso, il tempo trascorso in libertà condizionale non è computato nella durata della pena e il condannato non può essere riammesso alla liberazione condizionale.
Decorso tutto il tempo della pena inflitta, ovvero cinque anni dalla data del provvedimento di liberazione condizionale, se trattasi di condannato all'ergastolo, senza che sia intervenuta alcuna causa di revoca, la pena rimane estinta e sono revocate le misure di sicurezza personali, ordinate dal giudice con la sentenza di condanna o con provvedimento successivo.

Art. 178.
(Riabilitazione)
La riabilitazione estingue le pene accessorie ed ogni altro effetto penale della condanna, salvo che la legge disponga altrimenti.

Art. 179.
(Condizioni per la riabilitazione)
La riabilitazione è conceduta quando siano decorsi almeno tre anni dal giorno in cui la pena principale sia stata eseguita o siasi in altro modo estinta, e il condannato abbia dato prove effettive e costanti di buona condotta.
Il termine è di almeno otto anni se si tratta di recidivi, nei casi preveduti dai capoversi dell'articolo 99.
Il termine è... di dieci anni se si tratta di delinquenti abituali, professionali o per tendenza e decorre dal giorno in cui sia stato revocato l'ordine di assegnazione ad una colonia agricola o ad una casa di lavoro.
Qualora sia stata concessa la sospensione condizionale della pena ai sensi dell'articolo 163, primo, secondo e terzo comma, il termine di cui al primo comma decorre dallo stesso momento dal quale decorre il termine di sospensione della pena.
Qualora sia stata concessa la sospensione condizionale della pena ai sensi del quarto comma dell'articolo 163, la riabilitazione è concessa allo scadere del termine di un anno di cui al medesimo quarto comma, purché sussistano le altre condizioni previste dal presente articolo.
La riabilitazione non può essere conceduta quando il condannato:
1° sia stato sottoposto a misura di sicurezza, tranne che si tratti di espulsione dello straniero dallo Stato ovvero di confisca, e il provvedimento non sia stato revocato;
2° non abbia adempiuto le obbligazioni civili derivanti dal reato, salvo che dimostri di trovarsi nella impossibilità di adempierle.

Art. 180.
(Revoca della sentenza di riabilitazione)
La sentenza di riabilitazione è revocata di diritto se la persona riabilitata commette entro sette anni un delitto non colposo, per il quale sia inflitta la pena della reclusione per un tempo non inferiore a due anni, od un'altra pena più grave.

Art. 181.
(Riabilitazione nel caso di condanna all'estero)
Le disposizioni relative alla riabilitazione si applicano anche nel caso di sentenze straniere di condanna, riconosciute a norma dell'articolo 12.

CAPO III
Disposizioni comuni

Art. 182.
(Effetti delle cause di estinzione del reato o della pena)
Salvo che la legge disponga altrimenti, l'estinzione del reato o della pena ha effetto soltanto per coloro ai quali la causa di estinzione si riferisce.

Art. 183.
(Concorso di cause estintive)
Le cause di estinzione del reato o della pena operano nel momento in cui esse intervengono.
Nel concorso di una causa che estingue il reato con una causa che estingue la pena, prevale la causa che estingue il reato, anche se è intervenuta successivamente.
Quando intervengono in tempi diversi più cause di estinzione del reato o della pena, la causa antecedente estingue il reato o la pena, e quelle successive fanno cessare gli effetti che non siano ancora estinti in conseguenza della causa antecedente.
Se più cause intervengono contemporaneamente, la causa più favorevole opera l'estinzione del reato o della pena; ma anche in tal caso, per gli effetti che non siano estinti in conseguenza della causa più favorevole, si applica il capoverso precedente.

Art. 184.
(Estinzione della pena di morte, dell'ergastolo o di pene temporanee nel caso di concorso di reati)
Quando, per effetto di amnistia, indulto o grazia, la pena di morte o dell'ergastolo è estinta, la pena detentiva temporanea, inflitta per il reato concorrente, è eseguita per intero. Nondimeno, se il condannato ha già interamente subito l'isolamento diurno, applicato a norma del capoverso dell'articolo 72, la pena per il reato concorrente è ridotta alla metà; ed è estinta, se il condannato è stato detenuto per oltre trenta anni.
Se, per effetto di alcuna delle dette cause estintive, non deve essere scontata la pena detentiva temporanea inflitta, per il reato concorrente, al condannato all'ergastolo, non si applica l'isolamento diurno, stabilito nel capoverso dell'articolo 72. Se la pena detentiva deve essere scontata solo in parte, il periodo dell'isolamento diurno, applicato a norma del predetto articolo, può essere ridotto fino a tre mesi.

TITOLO SETTIMO
DELLE SANZIONI CIVILI

Art. 185.
(Restituzioni e risarcimento del danno)
Ogni reato obbliga alle restituzioni, a norma delle leggi civili.
Ogni reato, che abbia cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale, obbliga al risarcimento il colpevole e le persone che, a norma delle leggi civili, debbono rispondere per il fatto di lui.

Art. 186.
(Riparazione del danno mediante pubblicazione della sentenza di condanna)
Oltre quanto è prescritto nell'articolo precedente e in altre disposizioni di legge, ogni reato obbliga il colpevole alla pubblicazione, a sue spese, della sentenza di condanna, qualora la pubblicazione costituisca un mezzo per riparare il danno non patrimoniale cagionato dal reato.

Art. 187.
(Indivisibilità e solidarietà nelle obbligazioni ex delicto)
L'obbligo alle restituzioni e alla pubblicazione della sentenza penale di condanna è indivisibile.
I condannati per uno stesso reato sono obbligati in solido al risarcimento del danno patrimoniale o non patrimoniale.

Art. 188.
(Spese per il mantenimento del condannato. Obbligo di rimborso)
Il condannato è obbligato a rimborsare all'erario dello Stato le spese per il suo mantenimento negli stabilimenti di pena, e risponde di tale obbligazione con tutti i suoi beni mobili e immobili, presenti e futuri, a norma delle leggi civili.
L'obbligazione non si estende alla persona civilmente responsabile, e non si trasmette agli eredi del condannato.

Art. 189.
(Ipoteca legale; sequestro)
Lo Stato ha ipoteca legale sui beni dell'imputato a garanzia del pagamento:
1° delle pene pecuniarie e di ogni altra somma dovuta all'erario dello Stato;
2° delle spese del procedimento;
3° delle spese relative al mantenimento del condannato negli stabilimenti di pena;
4° delle spese sostenute da un pubblico istituto sanitario, a titolo di cura e di alimenti per la persona offesa, durante l'infermità;
5° delle somme dovute a titolo di risarcimento del danno, comprese le spese processuali;
6° delle spese anticipate dal difensore e delle somme a lui dovute a titolo di onorario.
L'ipoteca legale non pregiudica il diritto degli interessati a iscrivere ipoteca giudiziale, dopo la sentenza di condanna, anche se non divenuta irrevocabile.
Se vi è fondata ragione di temere che manchino o si disperdano le garanzie delle obbligazioni per le quali è ammessa l'ipoteca legale, può essere ordinato il sequestro dei beni mobili dell'imputato.
Gli effetti dell'ipoteca o del sequestro cessano con la sentenza irrevocabile di proscioglimento.
Se l'imputato offre cauzione, può non farsi luogo alla iscrizione dell'ipoteca legale o al sequestro.
Per effetto del sequestro i crediti indicati in questo articolo si considerano privilegiati rispetto ad ogni altro credito non privilegiato di data anteriore e ai crediti sorti posteriormente, salvi, in ogni caso, i privilegi stabiliti a garanzia del pagamento di tributi.

Art. 190.
(Garanzie sui beni della persona civilmente responsabile)
Le garanzie stabilite nell'articolo precedente si estendono anche ai beni della persona civilmente responsabile, limitatamente ai crediti indicati nei numeri 2°, 4° e 5° del predetto articolo, qualora, per la ipoteca legale, sussistano le condizioni richieste per la iscrizione sui beni dell'imputato, e qualora, per il sequestro, concorrano, riguardo alla persona civilmente responsabile, le circostanze indicate nel secondo capo verso dell'articolo precedente.

Art. 191.
(Ordine dei crediti garantiti con ipoteca o sequestro)
Sul prezzo degli immobili ipotecati e dei mobili sequestrati a norma dei due articoli precedenti, e sulle somme versate a titolo di cauzione e non devolute alla Cassa delle ammende, sono pagate nell'ordine seguente:
1° le spese sostenute da un pubblico istituto sanitario, a titolo di cura e di alimenti per la persona offesa, durante l'infermità;
2° le somme dovute a titolo di risarcimento di danni e di spese processuali al danneggiato, purché il pagamento ne sia richiesto entro un anno dal giorno in cui la sentenza penale di condanna sia divenuta irrevocabile;
3° le spese anticipate dal difensore del condannato e la somma a lui dovuta a titolo di onorario;
4° le spese del procedimento;
5° le spese per il mantenimento del condannato negli stabilimenti di pena. Se la esecuzione della pena non ha ancora avuto luogo, in tutto o in parte, è depositata nella Cassa delle ammende una somma presumibilmente adeguata alle spese predette;
6° le pene pecuniarie e ogni altra somma dovuta all'erario dello Stato.

Art. 192.
(Atti a titolo gratuito compiuti dal colpevole dopo il reato)
Gli atti a titolo gratuito, compiuti dal colpevole dopo il reato, non hanno efficacia rispetto ai crediti indicati nell'articolo 189.

Art. 193.
(Atti a titolo oneroso compiuti dal colpevole dopo il reato)
Gli atti a titolo oneroso, eccedenti la semplice amministrazione ovvero la gestione dell'ordinario commercio, i quali siano compiuti dal colpevole dopo il reato, si presumono fatti in frode rispetto ai crediti indicati nell'articolo 189.
Nondimeno, per la revoca dell'atto, è necessaria la prova della mala fede dell'altro contraente.

Art. 194.
(Atti a titolo oneroso o gratuito compiuti dal colpevole prima del reato)
Gli atti a titolo gratuito, compiuti dal colpevole prima del reato, non sono efficaci rispetto ai crediti indicati nell'articolo 189, qualora si provi che furono da lui compiuti in frode.
La stessa disposizione si applica agli atti a titolo oneroso eccedenti la semplice amministrazione ovvero la gestione dell'ordinario commercio; nondimeno, per la revoca dell'atto a titolo oneroso, è necessaria la prova anche della mala fede dell'altro contraente.
Le disposizioni di questo articolo non si applicano per gli atti anteriori di un anno al commesso reato.

Art. 195.
(Diritti dei terzi)
Nei casi preveduti dai tre articoli precedenti, i diritti dei terzi sono regolati dalle leggi civili.

Art. 196.
(Obbligazione civile per le multe e le ammende inflitte a persona dipendente).
Nei reati commessi da chi è soggetto all'altrui autorità, direzione o vigilanza, la persona rivestita dell'autorità, o incaricata della direzione o vigilanza, è obbligata, in caso di insolvibilità del condannato, al pagamento di una somma pari all'ammontare della multa o dell'ammenda inflitta al colpevole, se si tratta di violazioni di disposizioni che essa era tenuta a far osservare e delle quali non debba rispondere penalmente.
Qualora la persona preposta risulti insolvibile, si applicano al condannato le disposizioni dell'articolo 136.

Art. 197.
(Obbligazione civile delle persone giuridiche per il pagamento delle multe e delle ammende).
Gli enti forniti di personalità giuridica, eccettuati lo Stato, le regioni, le province ed i comuni, qualora sia pronunciata condanna per reato contro chi ne abbia la rappresentanza, o l'amministrazione, o sia con essi in rapporto di dipendenza, e si tratti di reato che costituisca violazione degli obblighi inerenti alla qualità rivestita dal colpevole, ovvero sia commesso nell'interesse della persona giuridica, sono obbligati al pagamento, in caso di insolvibilità del condannato, di una somma pari all'ammontare della multa o dell'ammenda inflitta.
Se tale obbligazione non può essere adempiuta, si applicano al condannato le disposizioni dell'articolo 136.

Art. 198.
(Effetti dell'estinzione del reato o della pena sulle obbligazioni civili)
L'estinzione del reato o della pena non importa la estinzione delle obbligazioni civili derivanti dal reato, salvo che si tratti delle obbligazioni indicate nei due articoli precedenti.

TITOLO OTTAVO
DELLE MISURE AMMINISTRATIVE DI SICUREZZA
CAPO I
Delle misure di sicurezza personali
Sezione I
Disposizioni generali

Art. 199.
(Sottoposizione a misure di sicurezza: disposizione espressa di legge)
Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza che non siano espressamente stabilite dalla legge e fuori dei casi dalla legge stessa preveduti.

Art. 200.
(Applicabilità delle misure di sicurezza rispetto al tempo, al territorio e alle persone)
Le misure di sicurezza sono regolate dalla legge in vigore al tempo della loro applicazione.
Se la legge del tempo in cui deve eseguirsi la misura di sicurezza è diversa, si applica la legge in vigore al tempo della esecuzione.
Le misure di sicurezza si applicano anche agli stranieri, che si trovano nel territorio dello Stato.
Tuttavia l'applicazione di misure di sicurezza allo straniero non impedisce l'espulsione di lui dal territorio dello Stato, a norma delle leggi di pubblica sicurezza.

Art. 201.
(Misure di sicurezza per fatti commessi all'estero)
Quando, per un fatto commesso all'estero, si procede o si rinnova il giudizio nello Stato, è applicabile la legge italiana anche riguardo alle misure di sicurezza.
Nel caso indicato nell'articolo 12, numero 3°, l'applicazione delle misure di sicurezza stabilite dalla legge italiana è sempre subordinata all'accertamento che la persona sia socialmente pericolosa.

Art. 202.
(Applicabilità delle misure di sicurezza)
Le misure di sicurezza possono essere applicate soltanto alle persone socialmente pericolose, che abbiano commesso un fatto preveduto dalla legge come reato.
La legge penale determina i casi nei quali a persone socialmente pericolose possono essere applicate misure di sicurezza per un fatto non preveduto dalla legge come reato.

Art. 203.
(Pericolosità sociale)
Agli effetti della legge penale, è socialmente pericolosa la persona, anche se non imputabile o non punibile, la quale ha commesso taluno dei fatti indicati nell'articolo precedente, quando è probabile che commetta nuovi fatti preveduti dalla legge come reati.
La qualità di persona socialmente pericolosa si desume dalle circostanze indicate nell'articolo 133.

Art. 204.
[abrogato]
Art. 205.
(Provvedimento del giudice)
Le misure di sicurezza sono ordinate dal giudice nella stessa sentenza di condanna o di proscioglimento.
Possono essere ordinate con provvedimento successivo:
1° nel caso di condanna, durante l'esecuzione della pena o durante il tempo in cui il condannato si sottrae volontariamente all'esecuzione della pena;
2° nel caso di proscioglimento, qualora la qualità di persona socialmente pericolosa sia presunta, e non sia decorso un tempo corrispondente alla durata minima della relativa misura di sicurezza;
3° in ogni tempo, nei casi stabiliti dalla legge.

Art. 206.
(Applicazione provvisoria delle misure di sicurezza)
Durante l'istruzione o il giudizio, può disporsi che il minore di età, o l'infermo di mente, o l'ubriaco abituale, o la persona dedita all'uso di sostanze stupefacenti, o in stato di cronica intossicazione prodotta da alcool o da sostanze stupefacenti, siano provvisoriamente ricoverati in un riformatorio o in un manicomio giudiziario, o in una casa di cura e di custodia.
Il giudice revoca l'ordine, quando ritenga che tali persone non siano più socialmente pericolose.
Il tempo dell'esecuzione provvisoria della misura di sicurezza è computato nella durata minima di essa.

Art. 207.
(Revoca delle misure di sicurezza personali)
Le misure di sicurezza non possono essere revocate se le persone ad esse sottoposte non hanno cessato di essere socialmente pericolose.
La revoca non può essere ordinata se non è decorso un tempo corrispondente alla durata minima stabilita dalla legge per ciascuna misura di sicurezza.

Art. 208.
(Riesame della pericolosità)
Decorso il periodo minimo di durata, stabilito dalla legge per ciascuna misura di sicurezza, il giudice riprende in esame le condizioni della persona che vi è sottoposta, per stabilire se essa è ancora socialmente pericolosa.
Qualora la persona risulti ancora pericolosa, il giudice fissa un nuovo termine per un esame ulteriore. Nondimeno, quando vi sia ragione di ritenere che il pericolo sia cessato, il giudice può, in ogni tempo, procedere a nuovi accertamenti.

Art. 209.
(Persona giudicata per più fatti)
Quando una persona ha commesso, anche in tempi diversi, più fatti per i quali siano applicabili più misure di sicurezza della medesima specie, è ordinata una sola misura di sicurezza.
Se le misure di sicurezza sono di specie diversa, il giudice valuta complessivamente il pericolo che deriva dalla persona e, in relazione ad esso, applica una o più delle misure di sicurezza stabilite dalla legge.
Sono in ogni caso applicate le misure di sicurezza detentive, alle quali debba essere sottoposta la persona, a cagione del pericolo presunto dalla legge.
Le disposizioni precedenti si applicano anche nel caso di misure di sicurezza in corso di esecuzione, o delle quali non siasi ancora iniziata l'esecuzione.

Art. 210.
(Effetti della estinzione del reato o della pena)
L'estinzione del reato impedisce l'applicazione delle misure di sicurezza e ne fa cessare l'esecuzione.
L'estinzione della pena impedisce l'applicazione delle misure di sicurezza, eccetto quelle per le quali la legge stabilisce che possono essere ordinate in ogni tempo, ma non impedisce l'esecuzione delle misure di sicurezza che sono state già ordinate dal giudice come misure accessorie di una condanna alla pena della reclusione superiore a dieci anni. Nondimeno, alla colonia agricola e alla casa di lavoro è sostituita la libertà vigilata.
Qualora per effetto di indulto o di grazia non debba essere eseguita la pena di morte, ovvero, in tutto o in parte, la pena dell'ergastolo, il condannato è sottoposto a libertà vigilata per un tempo non inferiore a tre anni.

Art. 211.
(Esecuzione delle misure di sicurezza)
Le misure di sicurezza aggiunte a una pena detentiva sono eseguite dopo che la pena è stata scontata o è altrimenti estinta.
Le misure di sicurezza, aggiunte a pena non detentiva, sono eseguite dopo che la sentenza di condanna è divenuta irrevocabile.
L'esecuzione delle misure di sicurezza temporanee non detentive, aggiunte a misure di sicurezza detentive, ha luogo dopo la esecuzione di queste ultime.

Art. 211-bis.
(Rinvio dell'esecuzione delle misure di sicurezza).
Alle misure di sicurezza previste dal presente capo si applicano gli articoli 146 e 147.
Se la misura di sicurezza deve essere eseguita nei confronti dell'autore di un delitto consumato o tentato commesso con violenza contro le persone ovvero con l'uso di armi e vi sia concreto pericolo che il soggetto commetta nuovamente uno dei delitti indicati il giudice può ordinare il ricovero in una casa di cura o in altro luogo di cura comunque adeguato alla situazione o alla patologia della persona.

Art. 212.
(Casi di sospensione o di trasformazione di misure di sicurezza)
L'esecuzione di una misura di sicurezza applicata a persona imputabile è sospesa se questa deve scontare una pena detentiva, e riprende il suo corso dopo l'esecuzione della pena.
Se la persona sottoposta a una misura di sicurezza detentiva è colpita da un'infermità psichica, il giudice ne ordina il ricovero in un manicomio giudiziario, ovvero in una casa di cura e di custodia.
Quando sia cessata la infermità, il giudice, accertato che la persona è socialmente pericolosa, ordina che essa sia assegnata ad una colonia agricola o ad una casa di lavoro, ovvero a un riformatorio giudiziario, se non crede di sottoporla a libertà vigilata.
Se l'infermità psichica colpisce persona sottoposta a misura di sicurezza non detentiva o a cauzione di buona condotta, e l'infermo viene ricoverato in un manicomio comune, cessa l'esecuzione di dette misure. Nondimeno, se si tratta di persona sottoposta a misura di sicurezza personale non detentiva, il giudice, cessata l'infermità, procede a nuovo accertamento ed applica una misura di sicurezza personale non detentiva qualora la persona risulti ancora pericolosa.

Art. 213.
(Stabilimenti destinati alla esecuzione delle misure di sicurezza detentive. Regime educativo, curativo e di lavoro)
Le misure di sicurezza detentive sono eseguite negli stabilimenti a ciò destinati.
Le donne sono assegnate a stabilimenti separati da quelli destinati agli uomini.
In ciascuno degli stabilimenti è adottato un particolare regime educativo o curativo e di lavoro, avuto riguardo alle tendenze e alle abitudini criminose della persona e, in genere, al pericolo sociale che da essa deriva.
Il lavoro è remunerato. Dalla remunerazione è prelevata una quota per il rimborso delle spese di mantenimento.
Per quanto concerne il mantenimento dei ricoverati nei manicomi giudiziari, si osservano le disposizioni sul rimborso delle spese di spedalità.

Art. 214.
(Inosservanza delle misure di sicurezza detentive)
Nel caso in cui la persona sottoposta a misura di sicurezza detentiva si sottrae volontariamente alla esecuzione di essa, ricomincia a decorrere il periodo minimo di durata della misura di sicurezza dal giorno in cui a questa è data nuovamente esecuzione.
Tale disposizione non si applica nel caso di persona ricoverata in un manicomio giudiziario o in una casa di cura e di custodia.

Sezione II
Disposizioni speciali

Art. 215.
(Specie)
Le misure di sicurezza personali si distinguono in detentive e non detentive.
Sono misure di sicurezza detentive:
1° l'assegnazione a una colonia agricola o ad una casa di lavoro;
2° il ricovero in una casa di cura e di custodia;
3° il ricovero in un manicomio giudiziario;
4° il ricovero in un riformatorio giudiziario.
Sono misure di sicurezza non detentive:
1° la libertà vigilata;
2° il divieto di soggiorno in uno o più Comuni, o in una o più Provincie;
3° il divieto di frequentare osterie e pubblici spacci di bevande alcooliche;
4° l'espulsione dello straniero dallo Stato.
Quando la legge stabilisce una misura di sicurezza senza indicarne la specie, il giudice dispone che si applichi la libertà vigilata, a meno che, trattandosi di un condannato per delitto, ritenga di disporre l'assegnazione di lui a una colonia agricola o ad una casa di lavoro.

Art. 216.
(Assegnazione a una colonia agricola o ad una casa di lavoro)
Sono assegnati a una colonia agricola o ad una casa di lavoro:
1° coloro che sono stati dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza;
2° coloro che, essendo stati dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza, e non essendo più sottoposti a misura di sicurezza, commettono un nuovo delitto, non colposo, che sia nuova manifestazione della abitualità, della professionalità o della tendenza a delinquere;
3° le persone condannate o prosciolte, negli altri casi indicati espressamente nella legge.

Art. 217.
(Durata minima)
L'assegnazione a una colonia agricola o ad una casa di lavoro ha la durata minima di un anno. Per i delinquenti abituali, la durata minima è di due anni, per i delinquenti professionali di tre anni, ed è di quattro anni per i delinquenti per tendenza.

Art. 218.
(Esecuzione)
Nelle colonie agricole e nelle case di lavoro i delinquenti abituali o professionali e quelli per tendenza sono assegnati a sezioni speciali.
Il giudice stabilisce se la misura di sicurezza debba essere eseguita in una colonia agricola, ovvero in una casa di lavoro, tenuto conto delle condizioni e attitudini della persona a cui il provvedimento si riferisce. Il provvedimento può essere modificato nel corso della esecuzione.

Art. 219.
(Assegnazione a una casa di cura e di custodia)
Il condannato, per delitto non colposo, a una pena diminuita per cagione di infermità psichica o di cronica intossicazione da alcool o da sostanze stupefacenti, ovvero per cagione di sordomutismo, è ricoverato in una casa di cura e di custodia per un tempo non inferiore a un anno, quando la pena stabilita dalla legge non è inferiore nel minimo a cinque anni di reclusione.
Se per il delitto commesso è stabilita dalla legge la pena di morte o la pena dell'ergastolo, ovvero la reclusione non inferiore nel minimo a dieci anni, la misura di sicurezza è ordinata per un tempo non inferiore a tre anni.
Se si tratta di un altro reato, per il quale la legge stabilisce la pena detentiva, e risulta che il condannato è persona socialmente pericolosa, il ricovero in una casa di cura e di custodia è ordinato per un tempo non inferiore a sei mesi; tuttavia il giudice può sostituire alla misura del ricovero quella della libertà vigilata. Tale sostituzione non ha luogo, qualora si tratti di condannati a pena diminuita per intossicazione cronica da alcool o da sostanze stupefacenti.
Quando deve essere ordinato il ricovero in una casa di cura e di custodia, non si applica altra misura di sicurezza detentiva.

Art. 220.
(Esecuzione dell'ordine di ricovero)
L'ordine di ricovero del condannato nella casa di cura e di custodia è eseguito dopo che la pena restrittiva della libertà personale sia stata scontata o sia altrimenti estinta.
Il giudice, nondimeno, tenuto conto delle particolari condizioni d'infermità psichica del condannato, può disporre che il ricovero venga eseguito prima che sia iniziata o abbia termine la esecuzione della pena restrittiva della libertà personale.
Il provvedimento è revocato quando siano venute meno le ragioni che lo determinarono, ma non prima che sia decorso il termine minimo stabilito nell'articolo precedente.
Il condannato, dimesso dalla casa di cura e di custodia, è sottoposto all'esecuzione della pena.

Art. 221.
(Ubriachi abituali)
Quando non debba essere ordinata altra misura di sicurezza detentiva, i condannati alla reclusione per delitti commessi in stato di ubriachezza, qualora questa sia abituale, o per delitti commessi sotto l'azione di sostanze stupefacenti all'uso delle quali siano dediti, sono ricoverati in una casa di cura e di custodia.
Tuttavia, se si tratta di delitti per i quali sia stata inflitta la reclusione per un tempo inferiore a tre anni, al ricovero in una casa di cura e di custodia può essere sostituita la libertà vigilata.
Il ricovero ha luogo in sezioni speciali, e ha la durata minima di sei mesi.

Art. 222.
(Ricovero in un manicomio giudiziario)
Nel caso di proscioglimento per infermità psichica, ovvero per intossicazione cronica da alcool o da sostanze stupefacenti, ovvero per sordomutismo, è sempre ordinato il ricovero dell'imputato in un manicomio giudiziario per un tempo non inferiore a due anni; salvo che si tratti di contravvenzioni o di delitti colposi o di altri delitti per i quali la legge stabilisce la pena pecuniaria o la reclusione per un tempo non superiore nel massimo a due anni, nei quali casi la sentenza di proscioglimento è comunicata all'Autorità di pubblica sicurezza.
La durata minima del ricovero nel manicomio giudiziario è di dieci anni, se per il fatto commesso la legge stabilisce la pena di morte o l'ergastolo, ovvero di cinque, se per il fatto commesso la legge stabilisce la pena della reclusione per un tempo non inferiore nel minimo a dieci anni.
Nel caso in cui la persona ricoverata in un manicomio giudiziario debba scontare una pena restrittiva della libertà personale, l'esecuzione di questa è differita fino a che perduri il ricovero nel manicomio.
Le disposizioni di questo articolo si applicano anche ai minori degli anni quattordici o maggiori dei quattordici e minori dei diciotto, prosciolti per ragione di età, quando abbiano commesso un fatto preveduto dalla legge come reato, trovandosi in alcuna delle condizioni indicate nella prima parte dell'articolo stesso.

Art. 223.
(Ricovero dei minori in un riformatorio giudiziario)
Il ricovero in un riformatorio giudiziario è misura di sicurezza speciale per i minori, e non può avere durata inferiore a un anno.
Qualora tale misura di sicurezza debba essere, in tutto o in parte, applicata o eseguita dopo che il minore abbia compiuto gli anni ventuno, ad essa è sostituita la libertà vigilata, salvo che il giudice ritenga di ordinare l'assegnazione a una colonia agricola, o ad una casa di lavoro.

Art. 224.
(Minore non imputabile)
Qualora il fatto commesso da un minore degli anni quattordici sia preveduto dalla legge come delitto, ed egli sia pericoloso, il giudice, tenuto specialmente conto della gravità del fatto e delle condizioni morali della famiglia in cui il minore è vissuto, ordina che questi sia ricoverato nel riformatorio giudiziario o posto in libertà vigilata.
Se, per il delitto, la legge stabilisce la pena di morte o l'ergastolo, o la reclusione non inferiore nel minimo a tre anni, e non si tratta di delitto colposo, è sempre ordinato il ricovero del minore nel riformatorio per un tempo non inferiore a tre anni.
Le disposizioni precedenti si applicano anche al minore che, nel momento in cui ha commesso il fatto preveduto dalla legge come delitto, aveva compiuto gli anni quattordici, ma non ancora i diciotto, se egli sia riconosciuto non imputabile, a norma dell'articolo 98.

Art. 225.
(Minore imputabile)
Quando il minore che ha compiuto gli anni quattordici, ma non ancora i diciotto, sia riconosciuto imputabile, il giudice può ordinare che, dopo l'esecuzione della pena, egli sia ricoverato in un riformatorio giudiziario o posto in libertà vigilata, tenuto conto delle circostanze indicate nella prima parte dell'articolo precedente.
È sempre applicata una delle predette misure di sicurezza al minore che sia condannato per delitto durante la esecuzione di una misura di sicurezza, a lui precedentemente applicata per difetto d'imputabilità.

Art. 226.
(Minore delinquente abituale, professionale o per tendenza)
Il ricovero in un riformatorio giudiziario è sempre ordinato per il minore degli anni diciotto, che sia delinquente abituale o professionale, ovvero delinquente per tendenza; e non può avere durata inferiore a tre anni. Quando egli ha compiuto gli anni ventuno, il giudice ne ordina l'assegnazione a una colonia agricola o ad una casa di lavoro.
La legge determina gli altri casi nei quali deve essere ordinato il ricovero del minore in un riformatorio giudiziario.

Art. 227.
(Riformatori speciali)
Quando la legge stabilisce che il ricovero in un riformatorio giudiziario sia ordinato senza che occorra accertare che il minore è socialmente pericoloso, questi è assegnato ad uno stabilimento speciale o ad una sezione speciale degli stabilimenti ordinari.
Può altresì essere assegnato ad uno stabilimento speciale o ad una sezione speciale degli stabilimenti ordinari il minore che, durante il ricovero nello stabilimento ordinario, si sia rivelato particolarmente pericoloso.

Art. 228.
(Libertà vigilata)
La sorveglianza della persona in stato di libertà vigilata è affidata all'Autorità di pubblica sicurezza.
Alla persona in stato di libertà vigilata sono imposte dal giudice prescrizioni idonee ad evitare le occasioni di nuovi reati.
Tali prescrizioni possono essere dal giudice successivamente modificate o limitate.
La sorveglianza deve essere esercitata in modo da agevolare, mediante il lavoro, il riadattamento della persona alla vita sociale.
La libertà vigilata non può avere durata inferiore a un anno.
Per la vigilanza sui minori si osservano le disposizioni precedenti, in quanto non provvedano leggi speciali.

Art. 229.
(Casi nei quali può essere ordinata la libertà vigilata)
Oltre quanto è prescritto da speciali disposizioni di legge, la libertà vigilata può essere ordinata:
1° nel caso di condanna alla reclusione per un tempo superiore a un anno;
2° nei casi in cui questo codice autorizza una misura di sicurezza per un fatto non preveduto dalla legge come reato.

Art. 230.
(Casi nei quali deve essere ordinata la libertà vigilata)
La libertà vigilata è sempre ordinata:
1° se è inflitta la pena della reclusione per non meno di dieci anni: e non può, in tal caso, avere durata inferiore a tre anni;
2° quando il condannato è ammesso alla liberazione condizionale;
3° se il contravventore abituale o professionale, non essendo più sottoposto a misure di sicurezza, commette un nuovo reato, il quale sia nuova manifestazione di abitualità o professionalità;
4° negli altri casi determinati dalla legge.
Nel caso in cui sia stata disposta l'assegnazione a una colonia agricola o ad una casa di lavoro, il giudice, al termine dell'assegnazione, può ordinare che la persona da dimettere sia posta in libertà vigilata, ovvero può obbligarla a cauzione di buona condotta.

Art. 231.
(Trasgressione degli obblighi imposti)
Fuori del caso preveduto dalla prima parte dell'articolo 177, quando la persona in stato di libertà vigilata trasgredisce agli obblighi imposti, il giudice può aggiungere alla libertà vigilata la cauzione di buona condotta.
Avuto riguardo alla particolare gravità della trasgressione o al ripetersi della medesima, ovvero qualora il trasgressore non presti la cauzione, il giudice può sostituire alla libertà vigilata l'assegnazione a una colonia agricola o ad una casa di lavoro, ovvero, se si tratta di un minore, il ricovero in un riformatorio giudiziario.

Art. 232.
(Minori o infermi di mente in stato di libertà vigilata)
La persona di età minore o in stato d'infermità psichica non può essere posta in libertà vigilata, se non quando sia possibile affidarla ai genitori, o a coloro che abbiano obbligo di provvedere alla sua educazione o assistenza, ovvero a istituti di assistenza sociale.
Qualora tale affidamento non sia possibile o non sia ritenuto opportuno, è ordinato, o mantenuto, secondo i casi, il ricovero nel riformatorio, o nella casa di cura e di custodia.
Se, durante la libertà vigilata, il minore non dà prova di ravvedimento o la persona in stato d'infermità psichica si rivela di nuovo pericolosa, alla libertà vigilata è sostituito, rispettivamente, il ricovero in un riformatorio o il ricovero in una casa di cura e di custodia.

Art. 233.
(Divieto di soggiorno in uno o più Comuni o in una o più Provincie)
Al colpevole di un delitto contro la personalità dello Stato o contro l'ordine pubblico, ovvero di un delitto commesso per motivi politici o occasionato da particolari condizioni sociali o morali esistenti in un determinato luogo, può essere imposto il divieto di soggiornare in uno o più Comuni o in una o più Provincie, designati dal giudice.
Il divieto di soggiorno ha una durata non inferiore a un anno.
Nel caso di trasgressione, ricomincia a decorrere il termine minimo, e può essere ordinata inoltre la libertà vigilata.

Art. 234.
(Divieto di frequentare osterie e pubblici spacci di bevande alcooliche)
Il divieto di frequentare osterie e pubblici spacci di bevande alcooliche ha la durata minima di un anno.
Il divieto è sempre aggiunto alla pena, quando si tratta di condannati per ubriachezza abituale o per reati commessi in stato di ubriachezza, sempre che questa sia abituale.
Nel caso di trasgressione, può essere ordinata inoltre la libertà vigilata o la prestazione di una cauzione di buona condotta.

Art. 235.
(Espulsione od allontanamento dello straniero dallo Stato).
Il giudice ordina l'espulsione dello straniero ovvero l'allontanamento dal territorio dello Stato del cittadino appartenente ad uno Stato membro dell'Unione europea, oltre che nei casi espressamente preveduti dalla legge, quando lo straniero o il cittadino appartenente ad uno Stato membro dell'Unione europea sia condannato alla reclusione per un tempo superiore ai due anni.
Il trasgressore dell'ordine di espulsione od allontanamento pronunciato dal giudice è punito con la reclusione da uno a quattro anni. In tal caso è obbligatorio l'arresto dell'autore del fatto, anche fuori dei casi di flagranza, e si procede con rito direttissimo.

CAPO II
Delle misure di sicurezza patrimoniali

Art. 236.
(Specie: regole generali)
Sono misure di sicurezza patrimoniali, oltre quelle stabilite da particolari disposizioni di legge:
1° la cauzione di buona condotta;
2° la confisca.
Si applicano anche alle misure di sicurezza patrimoniali le disposizioni degli articoli 199, 200, prima parte, 201, prima parte, 205, prima parte e numero 3° del capoverso, e, salvo che si tratti di confisca, le disposizioni del primo e secondo capoverso dell'articolo 200 e quelle dell'articolo 210.
Alla cauzione di buona condotta si applicano altresì le disposizioni degli articoli 202, 203, 204, prima parte, e 207.

Art. 237.
(Cauzione di buona condotta).
La cauzione di buona condotta è data mediante il deposito, presso la Cassa delle ammende, di una somma non inferiore a lire duecentomila, nè superiore a lire quattro milioni.
In luogo del deposito, è ammessa la prestazione di una garanzia mediante ipoteca o anche mediante fideiussione solidale.
La durata della misura di sicurezza non può essere inferiore a un anno, nè superiore a cinque, e decorre dal giorno in cui la cauzione fu prestata.

Art. 238.
(Inadempimento dell'obbligo di prestare cauzione)
Qualora il deposito della somma non sia eseguito o la garanzia non sia prestata, il giudice sostituisce alla cauzione la libertà vigilata.

Art. 239.
(Adempimento o trasgressione dell'obbligo di buona condotta)
Se, durante l'esecuzione della misura di sicurezza, chi vi è sottoposto non commette alcun delitto, ovvero alcuna contravvenzione per la quale la legge stabilisce la pena dell'arresto, è ordinata la restituzione della somma depositata o la cancellazione della ipoteca; e la fideiussione si estingue. In caso diverso, la somma depositata, o per la quale fu data garanzia, è devoluta alla Cassa delle ammende.

Art. 240.
(Confisca)
Nel caso di condanna, il giudice può ordinare la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato, e delle cose che ne sono il prodotto o il profitto.
È sempre ordinata la confisca:
1° delle cose che costituiscono il prezzo del reato;
1-bis. dei beni e degli strumenti informatici o telematici che risultino essere stati in tutto o in parte utilizzati per la commissione dei reati di cui agli articoli 615-ter, 615-quater, 615-quinquies, 617-bis, 617-ter, 617-quater, 617-quinquies, 617-sexies, 635-bis, 635-ter, 635-quater, 635-quinquies, 640-ter e 640-quinquies nonché dei beni che ne costituiscono il profitto o il prodotto ovvero di somme di denaro, beni o altre utilità di cui il colpevole ha la disponibilità per un valore corrispondente a tale profitto o prodotto, se non è possibile eseguire la confisca del profitto o del prodotto diretti;
2° delle cose, la fabbricazione, l'uso, il porto, la detenzione o l'alienazione delle quali costituisce reato, anche se non è stata pronunciata condanna.
Le disposizioni della prima parte e dei numeri 1 e 1-bis del capoverso precedente non si applicano se la cosa o il bene o lo strumento informatico o telematico appartiene a persona estranea al reato. La disposizione del numero 1-bis del capoverso precedente si applica anche nel caso di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale.
La disposizione del numero 2° non si applica se la cosa appartiene a persona estranea al reato e la fabbricazione, l'uso, il porto, la detenzione o l'alienazione possono essere consentiti mediante autorizzazione amministrativa.

Art. 240-bis.
(Confisca in casi particolari).
Nei casi di condanna o di applicazione della pena su richiesta a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per taluno dei delitti previsti dall'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, dagli articoli 314, 316, 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, 320, 322, 322-bis, 325, 416, realizzato allo scopo di commettere delitti previsti dagli articoli 453, 454, 455, 460, 461, 517-ter e 517-quater, nonché dagli articoli 452-quater, 452-octies, primo comma, 493-ter, 512-bis, 600-bis, primo comma, 600-ter, primo e secondo comma, 600-quater.1, relativamente alla condotta di produzione o commercio di materiale pornografico, 600-quinquies, 603-bis, 629, 644, 648, esclusa la fattispecie di cui al secondo comma, 648-bis, 648-ter e 648-ter.1, dall'articolo 2635 del codice civile, o per taluno dei delitti commessi per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell'ordine costituzionale, è sempre disposta la confisca del denaro, dei beni o delle altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica. In ogni caso il condannato non può giustificare la legittima provenienza dei beni sul presupposto che il denaro utilizzato per acquistarli sia provento o reimpiego dell'evasione fiscale, salvo che l'obbligazione tributaria sia stata estinta mediante adempimento nelle forme di legge. La confisca ai sensi delle disposizioni che precedono è ordinata in caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta per i reati di cui agli articoli 617-quinquies, 617-sexies, 635-bis, 635-ter, 635-quater, 635-quinquies quando le condotte ivi descritte riguardano tre o più sistemi.
Nei casi previsti dal primo comma, quando non è possibile procedere alla confisca del denaro, dei beni e delle altre utilità di cui allo stesso comma, il giudice ordina la confisca di altre somme di denaro, di beni e altre utilità di legittima provenienza per un valore equivalente, delle quali il reo ha la disponibilità, anche per interposta persona.

LIBRO SECONDO
DEI DELITTI IN PARTICOLARE
TITOLO PRIMO
DEI DELITTI CONTRO LA PERSONALITÀ DELLO STATO
CAPO I
Dei delitti contro la personalità internazionale dello Stato

Art. 241.
(Attentati contro l'integrità, l'indipendenza e l'unità dello Stato).
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque compie atti violenti diretti e idonei a sottoporre il territorio dello Stato o una parte di esso alla sovranità di uno Stato straniero, ovvero a menomare l'indipendenza o l'unità dello Stato, è punito con la reclusione non inferiore a dodici anni.
La pena è aggravata se il fatto è commesso con violazione dei doveri inerenti l'esercizio di funzioni pubbliche.

Art. 242.
(Cittadino che porta le armi contro lo Stato italiano)
Il cittadino che porta le armi contro lo Stato, o presta servizio nelle forze armate di uno Stato in guerra contro lo Stato italiano, è punito con l'ergastolo. Se esercita un comando superiore o una funzione direttiva è punito con la morte.
Non è punibile chi, trovandosi, durante le ostilità, nel territorio dello Stato nemico, ha commesso il fatto per esservi stato costretto da un obbligo impostogli dalle leggi dello Stato medesimo.
Agli effetti delle disposizioni di questo titolo, è considerato cittadino anche chi ha perduto per qualunque causa la cittadinanza italiana.
Agli effetti della legge penale, sono considerati Stati in guerra contro lo Stato italiano anche gli aggregati politici che, sebbene dallo Stato italiano non riconosciuti come Stati, abbiano tuttavia il trattamento di belligeranti.

Art. 243.
(Intelligenze con lo straniero a scopo di guerra contro lo Stato italiano)
Chiunque tiene intelligenze con lo straniero affinché uno Stato estero muova guerra o compia atti di ostilità contro lo Stato italiano, ovvero commette altri fatti diretti allo stesso scopo, è punito con la reclusione non inferiore a dieci anni.
Se la guerra segue, si applica la pena di morte; se le ostilità si verificano, si applica l'ergastolo.

Art. 244.
(Atti ostili verso uno Stato estero, che espongono lo Stato italiano al pericolo di guerra)
Chiunque, senza l'approvazione del Governo, fa arruolamenti o compie altri atti ostili contro uno Stato estero, in modo da esporre lo Stato italiano al pericolo di una guerra, è punito con la reclusione da sei a diciotto anni; se la guerra avviene, è punito con l'ergastolo.
Qualora gli atti ostili siano tali da turbare soltanto le relazioni con un Governo estero, ovvero da esporre lo Stato italiano o i suoi cittadini, ovunque residenti, al pericolo di rappresaglie o di ritorsioni, la pena è della reclusione da tre a dodici anni. Se segue la rottura delle relazioni diplomatiche, o se avvengono le rappresaglie o le ritorsioni, la pena è della reclusione da cinque a quindici anni.

Art. 245.
(Intelligenze con lo straniero per impegnare lo Stato italiano alla neutralità o alla guerra)
Chiunque tiene intelligenze con lo straniero per impegnare o per compiere atti diretti a impegnare lo Stato italiano alla dichiarazione o al mantenimento della neutralità, ovvero alla dichiarazione di guerra, è punito con la reclusione da cinque a quindici anni.
La pena è aumentata se le intelligenze hanno per oggetto una propaganda col mezzo della stampa.

Art. 246.
(Corruzione del cittadino da parte dello straniero)
Il cittadino, che, anche indirettamente, riceve o si fa promettere dallo straniero, per sè o per altri, denaro o qualsiasi utilità, o soltanto ne accetta la promessa, al fine di compiere atti contrari agli interessi nazionali, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con la reclusione da tre a dieci anni e con la multa da lire cinquemila a ventimila.
Alla stessa pena soggiace lo straniero che dà o promette il denaro o l'utilità.
La pena è aumentata:
1° se il fatto è commesso in tempo di guerra;
2° se il denaro o l'utilità sono dati o promessi per una propaganda col mezzo della stampa.

Art. 247.
(Favoreggiamento bellico)
Chiunque, in tempo di guerra, tiene intelligenze con lo straniero per favorire le operazioni militari del nemico a danno dello Stato italiano, o per nuocere altrimenti alle operazioni militari dello Stato italiano, ovvero commette altri fatti diretti agli stessi scopi, è punito con la reclusione non inferiore a dieci anni; e, se raggiunge l'intento, con la morte.

Art. 248.
(Somministrazione al nemico di provvigioni)
Chiunque, in tempo di guerra, somministra, anche indirettamente, allo Stato nemico provvigioni, ovvero altre cose, le quali possano essere usate a danno dello Stato italiano, è punito con la reclusione non inferiore a cinque anni.
Tale disposizione non si applica allo straniero che commette il fatto all'estero.

Art. 249.
(Partecipazione a prestiti a favore del nemico)
Chiunque, in tempo di guerra, partecipa a prestiti o a versamenti a favore dello Stato nemico, o agevola le operazioni ad essi relative, è punito con la reclusione non inferiore a cinque anni.
Tale disposizione non si applica allo straniero che commette il fatto all'estero.

Art. 250.
(Commercio col nemico)
Il cittadino, o lo straniero dimorante nel territorio dello Stato, il quale, in tempo di guerra e fuori dei casi indicati nell'articolo 248, commercia, anche indirettamente, con sudditi dello Stato nemico, ovunque dimoranti, ovvero con altre persone dimoranti nel territorio dello Stato nemico, è punito con la reclusione da due a dieci anni e con la multa pari al quintuplo del valore della merce e, in ogni caso, non inferiore a lire diecimila.

Art. 251.
(Inadempimento di contratti di forniture in tempo di guerra)
Chiunque, in tempo di guerra, non adempie in tutto o in parte gli obblighi che gli derivano da un contratto di fornitura di cose o di opere concluso con lo Stato o con un altro ente pubblico o con un'impresa esercente servizi pubblici o di pubblica necessità, per i bisogni delle forze armate dello Stato o della popolazione, è punito con la reclusione da tre a dieci anni e con la multa pari al triplo del valore della cosa o dell'opera che egli avrebbe dovuto fornire e, in ogni caso, non inferiore a lire diecimila.
Se l'inadempimento, totale o parziale, del contratto è dovuto a colpa, le pene sono ridotte alla metà.
Le stesse disposizioni si applicano ai subfornitori, ai mediatori e ai rappresentanti dei fornitori, allorché essi, violando i loro obblighi contrattuali, hanno cagionato l'inadempimento del contratto di fornitura.

Art. 252.
(Frode in forniture in tempo di guerra)
Chiunque, in tempo di guerra, commette frode nell'esecuzione dei contratti di fornitura o nell'adempimento degli altri obblighi contrattuali indicati nello articolo precedente è punito con la reclusione non inferiore a dieci anni e con la multa pari al quintuplo del valore della cosa o dell'opera che avrebbe dovuto fornire, e, in ogni caso, non inferiore a lire ventimila.

Art. 253.
(Distruzione o sabotaggio di opere militari)
Chiunque distrugge, o rende inservibili, in tutto o in parte, anche temporaneamente, navi, aeromobili, convogli, strade, stabilimenti, depositi o altre opere militari o adibite al servizio delle forze armate dello Stato è punito con la reclusione non inferiore a otto anni.
Si applica la pena di morte:
1° se il fatto è commesso nell'interesse di uno Stato in guerra contro lo Stato italiano;
2° se il fatto ha compromesso la preparazione o la efficienza bellica dello Stato, ovvero le operazioni militari.

Art. 254.
(Agevolazione colposa)
Quando l'esecuzione del delitto preveduto dall'articolo precedente è stata resa possibile, o soltanto agevolata, per colpa di chi era in possesso o aveva la custodia o la vigilanza delle cose ivi indicate, questi è punito con la reclusione da uno a cinque anni.

Art. 255.
(Soppressione, falsificazione o sottrazione di atti o documenti concernenti la sicurezza dello Stato)
Chiunque, in tutto o in parte, sopprime, distrugge o falsifica, ovvero carpisce, sottrae o distrae, anche temporaneamente, atti o documenti concernenti la sicurezza dello Stato od altro interesse politico, interno o internazionale, dello Stato è punito con la reclusione non inferiore a otto anni.
Si applica la pena di morte se il fatto ha compromesso la preparazione o la efficienza bellica dello Stato, ovvero le operazioni militari.

Art. 256.
(Procacciamento di notizie concernenti la sicurezza dello Stato)
Chiunque si procura notizie che, nell'interesse della sicurezza dello Stato o, comunque, nell'interesse politico, interno o internazionale, dello Stato, debbono rimanere segrete è punito con la reclusione da tre a dieci anni.
Agli effetti delle disposizioni di questo titolo, fra le notizie che debbono rimanere segrete nell'interesse politico dello Stato sono comprese quelle contenute in atti del Governo, da esso non pubblicati per ragioni d'ordine politico, interno o internazionale.
Se si tratta di notizie di cui l'Autorità competente ha vietato la divulgazione, la pena è della reclusione da due a otto anni.
Si applica la pena di morte se il fatto ha compromesso la preparazione o la efficienza bellica dello Stato, ovvero le operazioni militari.

Art. 257.
(Spionaggio politico o militare)
Chiunque si procura, a scopo di spionaggio politico o militare, notizie che, nell'interesse della sicurezza dello Stato o, comunque, nell'interesse politico, interno o internazionale, dello Stato, debbono rimanere segrete è punito con la reclusione non inferiore a quindici anni.
Si applica la pena di morte:
1° se il fatto è commesso nell'interesse di uno Stato in guerra con lo Stato italiano;
2° se il fatto ha compromesso la preparazione o la efficienza bellica dello Stato, ovvero le operazioni militari.

Art. 258.
(Spionaggio di notizie di cui è stata vietata la divulgazione)
Chiunque si procura, a scopo di spionaggio politico o militare, notizie di cui l'Autorità competente ha vietato la divulgazione è punito con la reclusione non inferiore a dieci anni.
Si applica l'ergastolo se il fatto è commesso nell'interesse di uno Stato in guerra con lo Stato italiano.
Si applica la pena di morte se il fatto ha compromesso la preparazione o la efficienza bellica dello Stato, ovvero le operazioni militari.

Art. 259.
(Agevolazione colposa)
Quando l'esecuzione di alcuno dei delitti preveduti dagli articoli 255, 256, 257 e 258 è stata resa possibile, o soltanto agevolata, per colpa di chi era in possesso dell'atto o documento o a cognizione della notizia, questi è punito con la reclusione da uno a cinque anni.
Si applica la reclusione da tre a quindici anni se sono state compromesse la preparazione o la efficienza bellica dello Stato, ovvero le operazioni militari.
Le stesse pene si applicano quando l'esecuzione dei delitti suddetti è stata resa possibile o soltanto agevolata per colpa di chi aveva la custodia o la vigilanza dei luoghi o delle zone di terra, di acqua o di aria, nelle quali è vietato l'accesso nell'interesse militare dello Stato.

Art. 260.
(Introduzione clandestina in luoghi militari e possesso ingiustificato di mezzi di spionaggio)
È punito con la reclusione da uno a cinque anni chiunque:
1° si introduce clandestinamente o con inganno in luoghi o zone di terra, di acqua o di aria, in cui è vietato l'accesso nell'interesse militare dello Stato;
2° è colto, in tali luoghi o zone, o in loro prossimità, in possesso ingiustificato di mezzi idonei a commettere alcuno dei delitti preveduti dagli articoli 256, 257 e 258;
3° è colto in possesso ingiustificato di documenti o di qualsiasi altra cosa atta a fornire le notizie indicate nell'articolo 256.
Se alcuno dei fatti preveduti dai numeri precedenti è commesso in tempo di guerra, la pena è della reclusione da tre a dieci anni.
Le disposizioni del presente articolo si applicano, altresì, agli immobili adibiti a sedi di ufficio o di reparto o a deposito di materiali dell'Amministrazione della pubblica sicurezza, l'accesso ai quali sia vietato per ragioni di sicurezza pubblica.

Art. 261.
(Rivelazione di segreti di Stato)
Chiunque rivela taluna delle notizie di carattere segreto indicate nell'articolo 256 è punito con la reclusione non inferiore a cinque anni.
Se il fatto è commesso in tempo di guerra, ovvero ha compromesso la preparazione o la efficienza bellica dello Stato o le operazioni militari, la pena della reclusione non può essere inferiore a dieci anni.
Se il colpevole ha agito a scopo di spionaggio politico o militare, si applica, nel caso preveduto dalla prima parte di questo articolo, la pena dell'ergastolo; e, nei casi preveduti dal primo capoverso, la pena di morte.
Le pene stabilite nelle disposizioni precedenti si applicano anche a chi ottiene la notizia.
Se il fatto è commesso per colpa, la pena è della reclusione da sei mesi a due anni, nel caso preveduto dalla prima parte di questo articolo, e da tre a quindici anni qualora concorra una delle circostanze indicate nel primo capoverso.

Art. 262.
(Rivelazione di notizie di cui sia stata vietata la divulgazione)
Chiunque rivela notizie, delle quali l'Autorità competente ha vietato la divulgazione, è punito con la reclusione non inferiore a tre anni.
Se il fatto è commesso in tempo di guerra, ovvero ha compromesso la preparazione o la efficienza bellica dello Stato o le operazioni militari, la pena è della reclusione non inferiore a dieci anni.
Se il colpevole ha agito a scopo di spionaggio politico o militare, si applica, nel caso preveduto dalla prima parte di questo articolo, la reclusione non inferiore a quindici anni; e, nei casi preveduti dal primo capoverso, la pena di morte.
Le pene stabilite nelle disposizioni precedenti si applicano anche a chi ottiene la notizia.
Se il fatto è commesso per colpa, la pena è della reclusione da sei mesi a due anni, nel caso preveduto dalla prima parte di questo articolo, e da tre a quindici anni qualora concorra una delle circostanze indicate nel primo capoverso.

Art. 263.
(Utilizzazione dei segreti di Stato)
Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che impiega a proprio o altrui profitto invenzioni o scoperte scientifiche o nuove applicazioni industriali che egli conosca per ragione del suo ufficio o servizio, e che debbano rimanere segrete nell'interesse della sicurezza dello Stato, è punito con la reclusione non inferiore a cinque anni e con la multa non inferiore a lire diecimila.
Se il fatto è commesso nell'interesse di uno Stato in guerra con lo Stato italiano, o se ha compromesso la preparazione o la efficienza bellica dello Stato, ovvero le operazioni militari, il colpevole è punito con la morte.

Art. 264.
(Infedeltà in affari di Stato)
Chiunque, incaricato dal Governo italiano di trattare all'estero affari di Stato, si rende infedele al mandato è punito, se dal fatto possa derivare nocumento all'interesse nazionale, con la reclusione non inferiore a cinque anni.

Art. 265.
(Disfattismo politico)
Chiunque, in tempo di guerra, diffonde o comunica voci o notizie false, esagerate o tendenziose, che possano destare pubblico allarme o deprimere lo spirito pubblico o altrimenti menomare la resistenza della nazione di fronte al nemico, o svolge comunque un'attività tale da recare nocumento agli interessi nazionali, è punito con la reclusione non inferiore a cinque anni.
La pena è non inferiore a quindici anni:
1° se il fatto è commesso con propaganda o comunicazioni dirette a militari;
2° se il colpevole ha agito in seguito a intelligenze con lo straniero.
La pena è dell'ergastolo se il colpevole ha agito in seguito a intelligenze col nemico.

Art. 266.
(Istigazione di militari a disobbedire alle leggi)
Chiunque istiga i militari a disobbedire alle leggi o a violare il giuramento dato o i doveri della disciplina militare o altri doveri inerenti al proprio stato, ovvero fa a militari l'apologia di fatti contrari alle leggi, al giuramento, alla disciplina o ad altri doveri militari, è punito, per ciò solo, se il fatto non costituisce un più grave delitto, con la reclusione da uno a tre anni.
La pena è della reclusione da due a cinque anni se il fatto è commesso pubblicamente.
Le pene sono aumentate se il fatto è commesso in tempo di guerra.
Agli effetti della legge penale, il reato si considera avvenuto pubblicamente quando il fatto è commesso:
1° col mezzo della stampa, o con altro mezzo di propaganda;
2° in luogo pubblico o aperto al pubblico e in presenza di più persone;
3° in una riunione che, per il luogo in cui è tenuta, o per il numero degli intervenuti, o per lo scopo od oggetto di essa, abbia carattere di riunione non privata.

Art. 267.
(Disfattismo economico)
Chiunque, in tempo di guerra, adopera mezzi diretti a deprimere il corso dei cambi, o ad influire sul mercato dei titoli o dei valori, pubblici o privati, in modo da esporre a pericolo la resistenza della nazione di fronte al nemico, è punito con la reclusione non inferiore a cinque anni e con la multa non inferiore a lire trentamila.
Se il colpevole ha agito in seguito a intelligenze con lo straniero, la reclusione non può essere inferiore a dieci anni.
La reclusione è non inferiore a quindici anni se il colpevole ha agito in seguito a intelligenze col nemico.

Art. 268.
(Parificazione degli Stati alleati)
Le pene stabilite negli articoli 247 e seguenti si applicano anche quando il delitto è commesso a danno di uno Stato estero alleato o associato, a fine di guerra, con lo Stato italiano.

Art. 269.
[abrogato]

Art. 270.
(Associazioni sovversive).
Chiunque nel territorio dello Stato promuove, costituisce, organizza o dirige associazioni dirette e idonee a sovvertire violentemente gli ordinamenti economici o sociali costituiti nello Stato ovvero a sopprimere violentemente l'ordinamento politico e giuridico dello Stato, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni.
Chiunque partecipa alle associazioni di cui al primo comma è punito con la reclusione da uno a tre anni.
Le pene sono aumentate per coloro che ricostituiscono, anche sotto falso nome o forma simulata, le associazioni di cui al primo comma, delle quali sia stato ordinato lo scioglimento.

Art. 270-bis.
(Associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell'ordine democratico).
Chiunque promuove, costituisce, organizza, dirige o finanzia associazioni che si propongono il compimento di atti di violenza con finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico è punito con la reclusione da sette a quindici anni.
Chiunque partecipa a tali associazioni è punito con la reclusione da cinque a dieci anni.
Ai fini della legge penale, la finalità di terrorismo ricorre anche quando gli atti di violenza sono rivolti contro uno Stato estero, un'istituzione e un organismo internazionale.
Nei confronti del condannato è sempre obbligatoria la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prezzo, il prodotto, il profitto o che ne costituiscono l'impiego.

Art. 270-bis.1
(Circostanze aggravanti e attenuanti).
Per i reati commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico, punibili con pena diversa dall'ergastolo, la pena è aumentata della metà, salvo che la circostanza sia elemento costitutivo del reato.
Quando concorrono altre circostanze aggravanti, si applica per primo l'aumento di pena previsto per la circostanza aggravante di cui al primo comma. Le circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli articoli 98 e 114, concorrenti con l'aggravante di cui al primo comma, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a questa e alle circostanze aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa o ne determina la misura in modo indipendente da quella ordinaria del reato, e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità di pena risultante dall'aumento conseguente alle predette aggravanti.
Per i delitti commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico, salvo quanto disposto nell'articolo 289-bis, nei confronti del concorrente che, dissociandosi dagli altri, si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, ovvero aiuta concretamente l'autorità di polizia e l'autorità giudiziaria nella raccolta di prove decisive per l'individuazione o la cattura dei concorrenti, la pena dell'ergastolo è sostituita da quella della reclusione da dodici a venti anni e le altre pene sono diminuite da un terzo alla metà.
Quando ricorre la circostanza di cui al terzo comma non si applica l'aggravante di cui al primo comma.
Fuori del caso previsto dal quarto comma dell'articolo 56, non è punibile il colpevole di un delitto commesso per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico che volontariamente impedisce l'evento e fornisce elementi di prova determinanti per la esatta ricostruzione del fatto e per la individuazione degli eventuali concorrenti.

Art. 270-ter.
(Assistenza agli associati).
Chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato o di favoreggiamento, dà rifugio o fornisce vitto, ospitalità, mezzi di trasporto, strumenti di comunicazione a taluna delle persone che partecipano alle associazioni indicate negli articoli 270 e 270-bis è punito con la reclusione fino a quattro anni.
La pena è aumentata se l'assistenza è prestata continuativamente.
Non è punibile chi commette il fatto in favore di un prossimo congiunto.

Art. 270-quater.
(Arruolamento con finalità di terrorismo anche internazionale).
Chiunque, al di fuori dei casi di cui all'articolo 270-bis, arruola una o più persone per il compimento di atti di violenza ovvero di sabotaggio di servizi pubblici essenziali, con finalità di terrorismo, anche se rivolti contro uno Stato estero, un'istituzione o un organismo internazionale, è punito con la reclusione da sette a quindici anni.
Fuori dei casi di cui all'articolo 270-bis, e salvo il caso di addestramento, la persona arruolata è punita con la pena della reclusione da cinque a otto anni.

Art. 270-quater.1
(Organizzazione di trasferimenti per finalità di terrorismo).
Fuori dai casi di cui agli articoli 270-bis e 270-quater, chiunque organizza, finanzia o propaganda viaggi in territorio estero finalizzati al compimento delle condotte con finalità di terrorismo di cui all'articolo 270-sexies, è punito con la reclusione da cinque a otto anni.

Art. 270-quinquies.
(Addestramento ad attività con finalità di terrorismo anche internazionale).
Chiunque, al di fuori dei casi di cui all'articolo 270-bis, addestra o comunque fornisce istruzioni sulla preparazione o sull'uso di materiali esplosivi, di armi da fuoco o di altre armi, di sostanze chimiche o batteriologiche nocive o pericolose, nonché di ogni altra tecnica o metodo per il compimento di atti di violenza ovvero di sabotaggio di servizi pubblici essenziali, con finalità di terrorismo, anche se rivolti contro uno Stato estero, un'istituzione o un organismo internazionale, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni. La stessa pena si applica nei confronti della persona addestrata , nonché della persona che avendo acquisito, anche autonomamente, le istruzioni per il compimento degli atti di cui al primo periodo, pone in essere comportamenti univocamente finalizzati alla commissione delle condotte di cui all'articolo 270-sexies.
Le pene previste dal presente articolo sono aumentate se il fatto di chi addestra o istruisce è commesso attraverso strumenti informatici o telematici.

Art. 270-quinquies.1
(Finanziamento di condotte con finalità di terrorismo).
Chiunque, al di fuori dei casi di cui agli articoli 270-bis e 270-quater.1, raccoglie, eroga o mette a disposizione beni o denaro, in qualunque modo realizzati, destinati a essere in tutto o in parte utilizzati per il compimento delle condotte con finalità di terrorismo di cui all'articolo 270-sexies è punito con la reclusione da sette a quindici anni, indipendentemente dall'effettivo utilizzo dei fondi per la commissione delle citate condotte.
Chiunque deposita o custodisce i beni o il denaro indicati al primo comma è punito con la reclusione da cinque a dieci anni.

Art. 270-quinquies.2
(Sottrazione di beni o denaro sottoposti a sequestro).
Chiunque sottrae, distrugge, disperde, sopprime o deteriora beni o denaro, sottoposti a sequestro per prevenire il finanziamento delle condotte con finalità di terrorismo di cui all'articolo 270-sexies, è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 3.000 a euro 15.000.

Art. 270-sexies.
(Condotte con finalità di terrorismo).
1. Sono considerate con finalità di terrorismo le condotte che, per la loro natura o contesto, possono arrecare grave danno ad un Paese o ad un'organizzazione internazionale e sono compiute allo scopo di intimidire la popolazione o costringere i poteri pubblici o un'organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto o destabilizzare o distruggere le strutture politiche fondamentali, costituzionali, economiche e sociali di un Paese o di un'organizzazione internazionale, nonché le altre condotte definite terroristiche o commesse con finalità di terrorismo da convenzioni o altre norme di diritto internazionale vincolanti per l'Italia.

Art. 270-septies.
(Confisca).
Nel caso di condanna o di applicazione della pena ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale per taluno dei delitti commessi con finalità di terrorismo di cui all'articolo 270-sexies è sempre disposta la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne costituiscono il prezzo, il prodotto o il profitto, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo, prodotto o profitto.

Art. 271.
(Associazioni antinazionali)
Chiunque, fuori dei casi preveduti dall'articolo precedente, nel territorio dello Stato promuove, costituisce, organizza o dirige associazioni che si propongano di svolgere o che svolgano un'attività diretta a distruggere o deprimere il sentimento nazionale è punito con la reclusione da uno a tre anni.
Chiunque partecipa a tali associazioni è punito con la reclusione da sei mesi a due anni.
Si applica l'ultimo capoverso dell'articolo precedente.

Art. 272.
[abrogato]

Art. 273.
(Illecita costituzione di associazioni aventi carattere internazionale)
Chiunque senza autorizzazione del Governo promuove, costituisce, organizza o dirige nel territorio dello Stato associazioni, enti o istituti di carattere internazionale, o sezioni di essi, è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa da lire cinquemila a ventimila.
Se l'autorizzazione è stata ottenuta per effetto di dichiarazioni false o reticenti, la pena è della reclusione da uno a cinque anni e della multa non inferiore a lire diecimila.

Art. 274.
(Illecita partecipazione ad associazioni aventi carattere internazionale)
Chiunque partecipa nel territorio dello Stato ad associazioni, enti o istituti, o sezioni di essi, di carattere internazionale, per i quali non sia stata conceduta l'autorizzazione del Governo, è punito con la multa da lire mille a diecimila.
La stessa pena si applica al cittadino, residente nel territorio dello Stato, che senza l'autorizzazione del Governo partecipa ad associazioni, enti o istituti di carattere internazionale, che abbiano sede all'estero.

Art. 275.
[abrogato]

CAPO II
Dei delitti contro la personalità interna dello Stato

Art. 276.
(Attentato contro il Presidente della Repubblica).
Chiunque attenta alla vita, alla incolumità o alla libertà personale del Presidente della Repubblica, è punito con l'ergastolo.

Art. 277.
(Offesa alla libertà del Presidente della Repubblica).
Chiunque, fuori dei casi preveduti dall'articolo precedente, attenta alla libertà del Presidente della Repubblica, è punito con la reclusione da cinque a quindici anni.

Art. 278.
(Offese all'onore o al prestigio del Presidente della Repubblica).
Chiunque offende l'onore o il prestigio del Presidente della Repubblica, è punito con la reclusione da uno a cinque anni.

Art. 279.
[abrogato]

Art. 280.
Attentato per finalità terroristiche o di eversione.
Chiunque, per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico attenta alla vita od alla incolumità di una persona, è punito, nel primo caso, con la reclusione non inferiore ad anni venti e, nel secondo caso, con la reclusione non inferiore ad anni sei.
Se dall'attentato alla incolumità di una persona deriva una lesione gravissima, si applica la pena della reclusione non inferiore ad anni diciotto; se ne deriva una lesione grave, si applica la pena della reclusione non inferiore ad anni dodici.
Se i fatti previsti nei commi precedenti sono rivolti contro persone che esercitano funzioni, giudiziarie o penitenziarie ovvero di sicurezza pubblica nell'esercizio o a causa delle loro funzioni, le pene sono aumentate di un terzo.
Se dai fatti di cui ai commi precedenti deriva la morte della persona si applicano, nel caso di attentato alla vita, l'ergastolo e, nel caso di attentato alla incolumità, la reclusione di anni trenta.
Le circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli articoli 98 e 114, concorrenti con le aggravanti di cui al secondo e al quarto comma, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità di pena risultante dall'aumento conseguente alle predette aggravanti.

Art. 280-bis.
(Atto di terrorismo con ordigni micidiali o esplosivi).
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque per finalità di terrorismo compie qualsiasi atto diretto a danneggiare cose mobili o immobili altrui, mediante l'uso di dispositivi esplosivi o comunque micidiali, è punito con la reclusione da due a cinque anni.
Ai fini del presente articolo, per dispositivi esplosivi o comunque micidiali si intendono le armi e le materie ad esse assimilate indicate nell'articolo 585 e idonee a causare importanti danni materiali.
Se il fatto è diretto contro la sede della Presidenza della Repubblica, delle Assemblee legislative, della Corte costituzionale, di organi del Governo o comunque di organi previsti dalla Costituzione o da leggi costituzionali, la pena è aumentata fino alla metà.
Se dal fatto deriva pericolo per l'incolumità pubblica ovvero un grave danno per l'economia nazionale, si applica la reclusione da cinque a dieci anni.
Le circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli articoli 98 e 114, concorrenti con le aggravanti di cui al terzo e al quarto comma, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità di pena risultante dall'aumento conseguente alle predette aggravanti.

Art. 280-ter.
(Atti di terrorismo nucleare).
È punito con la reclusione non inferiore ad anni quindici chiunque, con le finalità di terrorismo di cui all'articolo 270-sexies:
1) procura a sè o ad altri materia radioattiva;
2) crea un ordigno nucleare o ne viene altrimenti in possesso.
È punito con la reclusione non inferiore ad anni venti chiunque, con le finalità di terrorismo di cui all'articolo 270-sexies:
1) utilizza materia radioattiva o un ordigno nucleare;
2) utilizza o danneggia un impianto nucleare in modo tale da rilasciare o con il concreto pericolo che rilasci materia radioattiva.
Le pene di cui al primo e al secondo comma si applicano altresì quando la condotta ivi descritta abbia ad oggetto materiali o aggressivi chimici o batteriologici.

Art. 281.
[abrogato]

Art. 282.
[abrogato]

Art. 283.
(Attentato contro la Costituzione dello Stato).
Chiunque, con atti violenti, commette un fatto diretto e idoneo a mutare la Costituzione dello Stato o la forma di Governo, è punito con la reclusione non inferiore a cinque anni.

Art. 284.
(Insurrezione armata contro i poteri dello Stato)
Chiunque promuove un'insurrezione armata contro i poteri dello Stato è punito con l'ergastolo e, se l'insurrezione avviene, con la morte.
Coloro che partecipano alla insurrezione sono puniti con la reclusione da tre a quindici anni; coloro che la dirigono, con la morte.
La insurrezione si considera armata anche se le armi sono soltanto tenute in un luogo di deposito.

Art. 285.
(Devastazione, saccheggio e strage)
Chiunque, allo scopo di attentare alla sicurezza dello Stato, commette un fatto diretto a portare la devastazione, il saccheggio o la strage nel territorio dello Stato o in una parte di esso è punito con la morte.

Art. 286.
(Guerra civile)
Chiunque commette un fatto diretto a suscitare la guerra civile nel territorio dello Stato, è punito con l'ergastolo.
Se la guerra civile avviene, il colpevole è punito con la morte.

Art. 287.
(Usurpazione di potere politico o di comando militare)
Chiunque usurpa un potere politico, ovvero persiste nell'esercitarlo indebitamente, è punito con la reclusione da sei a quindici anni.
Alla stessa pena soggiace chiunque indebitamente assume un alto comando militare.
Se il fatto è commesso in tempo di guerra, il colpevole è punito con l'ergastolo; ed è punito con la morte, se il fatto ha compromesso l'esito delle operazioni militari. 5

Art. 288.
(Arruolamenti o armamenti non autorizzati a servizio di uno Stato estero)
Chiunque nel territorio dello Stato e senza approvazione del Governo arruola o arma cittadini, perché militino al servizio o a favore dello straniero, è punito con la reclusione da quattro a quindici anni.
La pena è aumentata se fra gli arruolati sono militari in servizio, o persone tuttora soggette agli obblighi del servizio militare.

Art. 289.
(Attentato contro organi costituzionali e contro le assemblee regionali).
È punito con la reclusione da uno a cinque anni, qualora non si tratti di un più grave delitto, chiunque commette atti violenti diretti ad impedire, in tutto o in parte, anche temporaneamente:
1) al Presidente della Repubblica o al Governo l'esercizio delle attribuzioni o delle prerogative conferite dalla legge;
2) alle assemblee legislative o ad una di queste, o alla Corte costituzionale o alle assemblee regionali l'esercizio delle loro funzioni.

Art. 289-bis.
(Sequestro di persona a scopo di terrorismo o di eversione).
Chiunque, per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico sequestra una persona è punito con la reclusione da venticinque a trenta anni.
Se dal sequestro deriva comunque la morte, quale conseguenza non voluta dal reo, della persona sequestrata, il colpevole è punito con la reclusione di anni trenta.
Se il colpevole cagiona la morte del sequestrato si applica la pena dell'ergastolo.
Il concorrente che, dissociandosi dagli altri, si adopera in modo che il soggetto passivo riacquisti la libertà è punito con la reclusione da due a otto anni; se il soggetto passivo muore, in conseguenza del sequestro, dopo la liberazione, la pena è della reclusione da otto a diciotto anni.
Quando ricorre una circostanza attenuante, alla pena prevista dal secondo comma è sostituita la reclusione da venti a ventiquattro anni; alla pena prevista dal terzo comma è sostituita la reclusione da ventiquattro a trenta anni. Se concorrono più circostanze attenuanti, la pena da applicare per effetto delle diminuzioni non può essere inferiore a dieci anni, nell'ipotesi prevista dal secondo comma, ed a quindici anni, nell'ipotesi prevista dal terzo comma.

Art. 289-ter.
(Sequestro di persona a scopo di coazione).
Chiunque, fuori dei casi indicati negli articoli 289-bis e 630, sequestra una persona o la tiene in suo potere minacciando di ucciderla, di ferirla o di continuare a tenerla sequestrata al fine di costringere un terzo, sia questi uno Stato, una organizzazione internazionale tra più governi, una persona fisica o giuridica o una collettività di persone fisiche, a compiere un qualsiasi atto o ad astenersene, subordinando la liberazione della persona sequestrata a tale azione od omissione, è punito con la reclusione da venticinque a trenta anni.
Si applicano i commi secondo, terzo, quarto e quinto dell'articolo 289-bis.
Se il fatto è di lieve entità si applicano le pene previste dall'articolo 605 aumentate dalla metà a due terzi.

Art. 290.
(Vilipendio della Repubblica, delle Istituzioni costituzionali e delle Forze armate).
Chiunque pubblicamente vilipende la Repubblica, le Assemblee legislative o una di queste, ovvero il Governo o la Corte Costituzionale o l'Ordine giudiziario, è punito con la multa da euro 1.000 a euro 5.000.
La stessa pena si applica a chi pubblicamente vilipende le Forze armate dello Stato o quelle della liberazione.

Art. 290-bis.
(Parificazione al Presidente della Repubblica di chi ne fa le veci).
Agli effetti degli articoli 276, 277, 278, 279, 289, è parificato al Presidente della Repubblica chi ne fa le veci.

Art. 291.
(Vilipendio alla nazione italiana)
Chiunque pubblicamente vilipende la nazione italiana è punito con la multa da euro 1.000 a euro 5.000.

Art. 292.
(Vilipendio o danneggiamento alla bandiera o ad altro emblema dello Stato).
Chiunque vilipende con espressioni ingiuriose la bandiera nazionale o un altro emblema dello Stato è punito con la multa da euro 1.000 a euro 5.000. La pena è aumentata da euro 5.000 a euro 10.000 nel caso in cui il medesimo fatto sia commesso in occasione di una pubblica ricorrenza o di una cerimonia ufficiale.
Chiunque pubblicamente e intenzionalmente distrugge, disperde, deteriora, rende inservibile o imbratta la bandiera nazionale o un altro emblema dello Stato è punito con la reclusione fino a due anni.
Agli effetti della legge penale per bandiera nazionale si intende la bandiera ufficiale dello Stato e ogni altra bandiera portante i colori nazionali.

Art. 292-bis.
[abrogato]

Art. 293.
[abrogato]

CAPO III
Dei delitti contro i diritti politici del cittadino

Art. 294.
(Attentati contro i diritti politici del cittadino)
Chiunque con violenza, minaccia o inganno impedisce in tutto o in parte l'esercizio di un diritto politico, ovvero determina taluno a esercitarlo in senso difforme dalla sua volontà, è punito con la reclusione da uno a cinque anni.

CAPO IV
Dei delitti contro gli Stati esteri, i loro Capi e i loro rappresentanti

Art. 295.
(Attentato contro i Capi di Stati esteri)
Chiunque nel territorio dello Stato attenta alla vita, alla incolumità o alla libertà personale del Capo di uno Stato estero è punito, nel caso di attentato alla vita, con la reclusione non inferiore a venti anni e, negli altri casi, con la reclusione non inferiore a quindici anni. Se dal fatto è derivata la morte del Capo dello Stato estero, il colpevole è punito con la morte, nel caso di attentato alla vita; negli altri casi è punito con l'ergastolo.

Art. 296.
(Offesa alla libertà dei Capi di Stati esteri)
Chiunque nel territorio dello Stato, fuori dei casi preveduti dall'articolo precedente, attenta alla libertà del Capo di uno Stato estero è punito con la reclusione da tre a dieci anni.

Art. 297.
[abrogato]

Art. 298
[abrogato]

Art. 299.
(Offesa alla bandiera o ad altro emblema di uno Stato estero).
Chiunque nel territorio dello Stato vilipende, con espressioni ingiuriose, in luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico, la bandiera ufficiale o un altro emblema di uno Stato estero, usati in conformità del diritto interno dello Stato italiano, è punito con l'ammenda da euro 100 a euro 1.000.

Art. 300.
(Condizione di reciprocità)
Le disposizioni degli articoli 295, 296, 297 e 299 si applicano solo in quanto la legge straniera garantisca, reciprocamente, al Capo dello Stato italiano o alla bandiera italiana parità di tutela penale.
I Capi di missione diplomatica sono equiparati ai Capi di Stati esteri, a norma dell'articolo 298, soltanto se lo Stato straniero concede parità di tutela penale ai Capi di missione diplomatica italiana.
Se la parità della tutela penale non esiste, si applicano le disposizioni dei titoli dodicesimo e tredicesimo; ma la pena è aumentata.

CAPO V
Disposizioni generali e comuni ai capi precedenti

Art. 301.
(Concorso di reati)
Quando l'offesa alla vita, alla incolumità, alla libertà o all'onore, indicata negli articoli 276, 277, 278, 280, 281, 282, 295, 296, 297 e 298, è considerata dalla legge come reato anche in base a disposizioni diverse da quelle contenute nei capi precedenti, si applicano le disposizioni che stabiliscono la pena più grave.
Nondimeno, nei casi in cui debbono essere applicate disposizioni diverse da quelle contenute nei capi precedenti, le pene sono aumentate da un terzo alla metà.
Quando l'offesa alla vita, alla incolumità, alla libertà o all'onore è considerata dalla legge come elemento costitutivo o circostanza aggravante di un altro reato, questo cessa dal costituire un reato complesso, e il colpevole soggiace a pene distinte, secondo le norme sul concorso dei reati, applicandosi, per le dette offese, le disposizioni contenute nei capi precedenti.

Art. 302.
(Istigazione a commettere alcuno dei delitti preveduti dai capi primo e secondo)
Chiunque istiga taluno a commettere uno dei delitti, non colposi, preveduti dai capi primo e secondo di questo titolo, per i quali la legge stabilisce la pena di morte o l'ergastolo o la reclusione, è punito, se la istigazione non è accolta, ovvero se l'istigazione è accolta ma il delitto non è commesso, con la reclusione da uno a otto anni. La pena è aumentata se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici.
Tuttavia, la pena da applicare è sempre inferiore alla metà della pena stabilita per il delitto al quale si riferisce la istigazione.

Art. 303
[abrogato]

Art. 304.
(Cospirazione politica mediante accordo)
Quando più persone si accordano al fine di commettere uno dei delitti indicati nell'articolo 302, coloro che partecipano all'accordo sono puniti, se il delitto non è commesso, con la reclusione da uno a sei anni.
Per i promotori la pena è aumentata.
Tuttavia, la pena da applicare è sempre inferiore alla metà della pena stabilita per il delitto al quale si riferisce l'accordo.

Art. 305.
(Cospirazione politica mediante associazione)
Quando tre o più persone si associano al fine di commettere uno dei delitti indicati nell'articolo 302, coloro che promuovono, costituiscono od organizzano la associazione sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da cinque a dodici anni.
Per il solo fatto di partecipare all'associazione, la pena è della reclusione da due a otto anni.
I capi dell'associazione soggiacciono alla stessa pena stabilita per i promotori.
Le pene sono aumentate se l'associazione tende a commettere due o più dei delitti sopra indicati.

Art. 306.
(Banda armata: formazione e partecipazione)
Quando, per commettere uno dei delitti indicati nell'articolo 302, si forma una banda armata, coloro che la promuovono o costituiscono od organizzano, soggiacciono, per ciò solo, alla pena della reclusione da cinque a quindici anni.
Per il solo fatto di partecipare alla banda armata, la pena è della reclusione da tre a nove anni.
I capi o i sovventori della banda armata soggiacciono alla stessa pena stabilita per i promotori.

Art. 307.
(Assistenza ai partecipi di cospirazione o di banda armata)
Chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato o di favoreggiamento, dà rifugio o fornisce vitto, ospitalità, mezzi di trasporto, strumenti di comunicazione a taluna delle persone che partecipano all'associazione o alla banda indicate nei due articoli precedenti, è punito con la reclusione fino a due anni.
La pena è aumentata se l'assistenza è prestata continuatamente.
Non è punibile chi commette il fatto in favore di un prossimo congiunto.
Agli effetti della legge penale, s'intendono per prossimi congiunti gli ascendenti, i discendenti, il coniuge, la parte di un'unione civile tra persone dello stesso sesso, i fratelli, le sorelle, gli affini nello stesso grado, gli zii e i nipoti: nondimeno, nella denominazione di prossimi congiunti, non si comprendono gli affini, allorché sia morto il coniuge e non vi sia prole.

Art. 308.
(Cospirazione: casi di non punibilità)
Nei casi preveduti dagli articoli 304, 305 e 307 non sono punibili coloro i quali, prima che sia commesso il delitto per cui l'accordo è intervenuto o l'associazione è costituita, e anteriormente all'arresto, ovvero al procedimento:
1° disciolgono o, comunque, determinano lo scioglimento dell'associazione;
2° non essendo promotori o capi, recedono dall'accordo o dall'associazione.
Non sono parimenti punibili coloro i quali impediscono comunque che sia compiuta l'esecuzione del delitto per cui l'accordo è intervenuto o l'associazione è stata costituita.

Art. 309.
(Banda armata: casi di non punibilità)
Nei casi preveduti dagli articoli 306 e 307, non sono punibili coloro i quali, prima che sia commesso il delitto per cui la banda armata venne formata, e prima dell'ingiunzione dell'Autorità o della forza pubblica, o immediatamente dopo tale ingiunzione:
1° disciolgono o, comunque, determinano lo scioglimento della banda;
2° non essendo promotori o capi della banda, si ritirano dalla banda stessa, ovvero si arrendono, senza opporre resistenza e consegnando o abbandonando le armi.
Non sono parimenti punibili coloro i quali impediscono comunque che sia compiuta l'esecuzione del delitto per cui la banda è stata formata.

Art. 310.
(Tempo di guerra)
Agli effetti della legge penale, nella denominazione di tempo di guerra è compreso anche il periodo di imminente pericolo di guerra, quando questa sia seguita.

Art. 311.
(Circostanza diminuente: lieve entità del fatto)
Le pene comminate pei delitti preveduti da questo titolo sono diminuite quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze dell'azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità.

Art. 312.
(Espulsione od allontanamento dello straniero dallo Stato).
Il giudice ordina l'espulsione dello straniero ovvero l'allontanamento dal territorio dello Stato del cittadino appartenente ad uno Stato membro dell'Unione europea, oltre che nei casi espressamente preveduti dalla legge, quando lo straniero o il cittadino appartenente ad uno Stato membro dell'Unione europea sia condannato ad una pena restrittiva della libertà personale per taluno dei delitti preveduti da questo titolo.
Il trasgressore dell'ordine di espulsione od allontanamento pronunciato dal giudice è punito con la reclusione da uno a quattro anni. In tal caso è obbligatorio l'arresto dell'autore del fatto, anche fuori dei casi di flagranza, e si procede con rito direttissimo.

Art. 313.
(Autorizzazione a procedere o richiesta di procedimento).
Per i delitti preveduti dagli articoli 244, 245, 265, 267, 269, 273, 274, 277, 278, 279, 287 e 288 non si può procedere senza l'autorizzazione del Ministro per la giustizia.
Parimenti non si può procedere senza tale autorizzazione per i delitti preveduti dagli articoli 247, 248, 249, 250, 251 e 252, quando sono commessi a danno di uno Stato estero alleato o associato, a fine di guerra, allo Stato italiano.
Per il delitto preveduto nell'art. 290, quando è commesso contro l'Assemblea Costituente ovvero contro le Assemblee legislative o una di queste, non si può procedere senza l'autorizzazione dell'Assemblea, contro la quale il vilipendio è diretto. Negli altri casi non si può procedere senza l'autorizzazione del Ministro per la giustizia.
I delitti preveduti dagli articoli 296, 297, 298 in relazione agli articoli 296 e 297, e dall'art. 299, sono punibili a richiesta del Ministro per la giustizia.

TITOLO SECONDO
DEI DELITTI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
CAPO I
Dei delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica Amministrazione

Art. 314.
(Peculato).
Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria, è punito con la reclusione da quattro anni a dieci anni e sei mesi.
Si applica la pena della reclusione da sei mesi a tre anni quando il colpevole ha agisto al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa, e questa, dopo l'uso momentaneo, è stata immediatamente restituita.

Art. 315.
[abrogato]

Art. 316.
(Peculato mediante profitto dell'errore altrui).
Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servzio, il quale, nell'esercizio delle funzioni o del servizio, giovandosi dell'errore altrui, riceve o ritiene indebitamente, per sè o per un terzo, denaro od altra utilità, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.

Art. 316-bis.
(Malversazione a danno dello Stato).
Chiunque, estraneo alla pubblica amministrazione, avendo ottenuto dallo Stato o da altro ente pubblico o dalle Comunità europee contributi, sovvenzioni o finanziamenti destinati a fovorire iniziative dirette alla realizzazione di opere od allo svolgimento di attività di pubblico intresse, non li destina alle predette finalità, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni.

Art. 316-ter.
(Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato).
Salvo che il fatto costituisca il reato previsto dall'articolo 640-bis, chiunque mediante l'utilizzo o la presentazione di dichiarazioni o di documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero mediante l'omissione di informazioni dovute, consegue indebitamente, per sè o per altri, contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dalle Comunità europee è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Quando la somma indebitamente percepita è pari o inferiore a lire sette milioni settecentoquarantacinquemila si applica soltanto la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro da dieci a cinquanta milioni di lire. Tale sanzione non può comunque superare il triplo del beneficio conseguito.

Art. 317
(Concussione).
Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità, è punito con la reclusione da sei a dodici anni.

Art. 317-bis.
(Pene accessorie).
La condanna per i reati di cui agli articoli 314, 317, 319 e 319-ter importa l'interdizione perpetua dai pubblici uffici.
Nondimeno, se per circostanze attenuanti viene inflitta la reclusione per un tempo inferiore a tre anni, la condanna importa l'interdizione temporanea.

Art. 318.
(Corruzione per l'esercizio della funzione).
Il pubblico ufficiale che, per l'esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, indebitamente riceve, per sè o per un terzo, denaro o altra utilità o ne accetta la promessa è punito con la reclusione da uno a sei anni.

Art. 319.
(Corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio).
Il pubblico ufficiale, che, per omettere o ritardare o per aver omesso o ritardato un atto del suo ufficio, ovvero per compiere o per aver compiuto un atto contario ai doveri di ufficio, riceve, per sè o per un terzo, denaro od altra utilità, o ne accetta la promessa, è punito con la reclusione da sei a dieci anni.

Art. 319-bis.
(Circostanze aggravanti).
La pena è aumentata se il fatto di cui all'articolo 319 ha per oggetto il conferimento di pubblici impieghi o stipendi o pensioni o la stipulazione di contratti nei quali sia interessata l'amministrazione alla quale il pubblico ufficiale appartiene nonché il pagamento o il rimborso di tributi.

Art. 319-ter.
(Corruzione in atti giudiziari).
Se i fatti indicati negli articoli 318 e 319 sono commessi per favorire o danneggiare una parte in un processo civile, penale o amministrativo, si applica la pena della reclusione da sei a dodici anni.
Se dal fatto deriva l'ingiusta condanna di taluno alla reclusione non superiore a cinque anni, la pena è della reclusione da sei a quattordici anni; se deriva l'ingiusta condanna alla reclusione superiore a cinque anni o all'ergastolo, la pena è della reclusione da otto a venti anni.

Art. 319-quater.
(Induzione indebita a dare o promettere utilità).
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità è punito con la reclusione da sei anni a dieci anni e sei mesi.
Nei casi previsti dal primo comma, chi dà o promette denaro o altra utilità è punito con la reclusione fino a tre anni.
aggiunta una misura di sicurezza detentiva.

Art. 320.
(Corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio).
Le disposizioni degli articoli 318 e 319 si applicano anche all'incaricato di un pubblico servizio.
In ogni caso, le pene sono ridotte in misura non superiore ad un terzo.

Art. 321.
(Pene per il corruttore).
Le pene stabilite nel primo comma dell'articolo 318, nell'articolo 319, nell'articolo 319-bis, nell'articolo 319-ter, e nell'articolo 320 in relazione alle suddette ipotesi degli articoli 318 e 319, si applicano anche a chi da o promette al pubblico ufficiale o all'incaricato di un pubblico servizio il denaro od altra utilità.

Art. 322.
(Istigazione alla corruzione).
Chiunque offre o promette denaro od altra utilità non dovuti ad un pubblico ufficiale o ad un incaricato di un pubblico servizio , per l'esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, soggiace, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita nel primo comma dell'articolo 318, ridotta di un terzo.
Se l'offerta o la promessa è fatta per indurre un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio ad omettere o a ritardare un atto del suo ufficio, ovvero a fare un atto contrario ai suoi doveri, il colpevole soggiace, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita nell'articolo 319, ridotta di un terzo.
La pena di cui al primo comma si applica al pubblico ufficiale o all'incaricato di un pubblico servizio che sollecita una promessa o dazione di denaro o altra utilità per l'esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri.
La pena di cui al secondo comma si applica al pubblico ufficiale o all'incaricato di un pubblico servizio che sollecita una promessa o dazione di denaro od altra utilità da parte di un privato per le finalità indicate dall'articolo 319.

Art. 322-bis.
(Peculato, concussione, induzione indebita a dare o promettere utilità, corruzione e istigazione alla corruzione di membri della Corte penale internazionale o degli organi delle Comunità europee e di funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri).
Le disposizioni degli articoli 314, 316, da 317 a 320 e 322, terzo e quarto comma, si applicano anche:
1) ai membri della Commissione delle Comunità europee, del Parlamento europeo, della Corte di Giustizia e della Corte dei conti delle Comunità europee;
2) ai funzionari e agli agenti assunti per contratto a norma dello statuto dei funzionari delle Comunità europee o del regime applicabile agli agenti delle Comunità europee;
3) alle persone comandate dagli Stati membri o da qualsiasi ente pubblico o privato presso le Comunità europee, che esercitino funzioni corrispondenti a quelle dei funzionari o agenti delle Comunità europee;
4) ai membri e agli addetti a enti costituiti sulla base dei Trattati che istituiscono le Comunità europee;
5) a coloro che, nell'ambito di altri Stati membri dell'Unione europea, svolgono funzioni o attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e degli incaricati di un pubblico servizio;
5-bis) ai giudici, al procuratore, ai procuratori aggiunti, ai funzionari e agli agenti della Corte penale internazionale, alle persone comandate dagli Stati parte del Trattato istitutivo della Corte penale internazionale le quali esercitino funzioni corrispondenti a quelle dei funzionari o agenti della Corte stessa, ai membri ed agli addetti a enti costituiti sulla base del Trattato istitutivo della Corte penale internazionale.
Le disposizioni degli articoli 319-quater, secondo comma, 321 e 322, primo e secondo comma, si applicano anche se il denaro o altra utilità è dato, offerto o promesso:
1) alle persone indicate nel primo comma del presente articolo;
2) a persone che esercitano funzioni o attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e degli incaricati di un pubblico servizio nell'ambito di altri Stati esteri o organizzazioni pubbliche internazionali, qualora il fatto sia commesso per procurare a sè o ad altri un indebito vantaggio in operazioni economiche internazionali ovvero al fine di ottenere o di mantenere un'attività economica o finanziaria.
Le persone indicate nel primo comma sono assimilate ai pubblici ufficiali, qualora esercitino funzioni corrispondenti, e agli incaricati di un pubblico servizio negli altri casi.

Art. 322-ter.
(Confisca).
Nel caso di condanna, o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per uno dei delitti previsti dagli articoli da 314 a 320, anche se commessi dai soggetti indicati nell'articolo 322-bis, primo comma, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto.
Nel caso di condanna, o di applicazione della pena a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per il delitto previsto dall'articolo 321, anche se commesso ai sensi dell'articolo 322-bis, secondo comma, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a quello di detto profitto e, comunque, non inferiore a quello del denaro o delle altre utilità date o promesse al pubblico ufficiale o all'incaricato di pubblico servizio o agli altri soggetti indicati nell'articolo 322-bis, secondo comma.
Nei casi di cui ai commi primo e secondo, il giudice, con la sentenza di condanna, determina le somme di denaro o individua i beni assoggettati a confisca in quanto costituenti il profitto o il prezzo del reato ovvero in quanto di valore corrispondente al profitto o al prezzo del reato.

Art. 322-quater
(Riparazione pecuniaria).
Con la sentenza di condanna per i reati previsti dagli articoli 314, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, 320 e 322-bis, è sempre ordinato il pagamento di una somma pari all'ammontare di quanto indebitamente ricevuto dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di un pubblico servizio a titolo di riparazione pecuniaria in favore dell'amministrazione cui il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio appartiene, ovvero, nel caso di cui all'articolo 319-ter, in favore dell'amministrazione della giustizia, restando impregiudicato il diritto al risarcimento del danno.

Art. 323.
(Abuso d'ufficio).
Salvo che il fatto non costituisca un più grave reato, il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di norme di legge o di regolamento, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a sè o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto è punito con la reclusione da uno a quattro anni.
La pena è aumentata nei casi in cui il vantaggio o il danno hanno un carattere di rilevante gravità.

Art. 323-bis.
( Circostanze attenuanti ).
Se i fatti previsti dagli articoli 314, 316, 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 319-quater, 320, 322, 322-bis e 323 sono di particolare tenuità, le pene sono diminuite.
Per i delitti previsti dagli articoli 318, 319, 319-ter, 319-quater, 320, 321, 322 e 322-bis, per chi si sia efficacemente adoperato per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, per assicurare le prove dei reati e per l'individuazione degli altri responsabili ovvero per il sequestro delle somme o altre utilità trasferite, la pena è diminuita da un terzo a due terzi.

Art. 324.
[abrogato]

Art. 325.
(Utilizzazione d'invenzioni o scoperte conosciute per ragione di ufficio)
Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che impiega, a proprio o altrui profitto, invenzioni o scoperte scientifiche, o nuove applicazioni industriali, che egli conosca per ragione dell'ufficio o servizio, e che debbano rimanere segrete, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa non inferiore a lire cinquemila.

Art. 326.
(Rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio).
Il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio, che, violando i doveri inerenti alle funzioni o al servizio, o comunque abusando della sua qualità, rivela notizie di ufficio, le quali debbano rimanere segrete, o ne agevola in qualsiasi modo la conoscenza, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Se l'agevolazione è soltanto colposa, si applica la reclusione fino a un anno.
Il pubblico ufficiale o la persona incaricata di un pubblico servizio, che, per procurare a sè o ad altri un indebito profitto patrimoniale, si avvale illegittimamente di notizie di ufficio, le quali debbano rimanere segrete, è punito con la reclusione da due a cinque anni. Se il fatto è commesso al fine procurare a sè o ad altri un ingiusto profitto non patrimoniale o di cagionare ad altri un danno ingiusto, si applica la pena della reclusione fino a due anni.

Art. 327
[abrogato]

Art. 328.
(Rifiuto di atti d'ufficio. Omissione).
Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che, per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni.
Fuori dei casi previsti dal primo comma, il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che entro trenta giorni dalla richiesta di chi vi abbia interesse non compie l'atto del suo ufficio e non risponde per esporre le ragioni del ritardo, è punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino a lire due milioni. Tale richiesta deve essere redatta in forma scritta ed il termine di trenta giorni decorrere dalla ricezione della richiesta stessa.

Art. 329.
(Rifiuto o ritardo di obbedienza commesso da un militare o da un agente della forza pubblica)
Il militare o l'agente della forza pubblica, il quale rifiuta o ritarda indebitamente di eseguire una richiesta fattagli dall'Autorità competente nelle forme stabilite dalla legge, è punito con la reclusione fino a due anni.

Art. 330.
[abrogato]

Art. 331.
(Interruzione d'un servizio pubblico o di pubblica necessità)
Chi, esercitando imprese di servizi pubblici o di pubblica necessità, interrompe il servizio, ovvero sospende il lavoro nei suoi stabilimenti, uffici o aziende, in modo da turbare la regolarità del servizio, è punito con la reclusione da sei mesi a un anno e con la multa non inferiore a lire cinquemila.
I capi, promotori od organizzatori sono puniti con la reclusione da tre a sette anni e con la multa non inferiore a lire trentamila.
Si applica la disposizione dell'ultimo capoverso dell'articolo precedente.

Art. 332
[abrogato]

Art. 333.
[abrogato]

Art. 334.
(Sottrazione o danneggiamento di cose sottoposte a sequestro disposto nel corso di un procedimento penale o dalla autorità amministrativa).
Chiunque sottrae, sopprime, distrugge, disperde o deteriora una cosa sottoposta a sequestro disposto nel corso di un procedimento penale o dall'autorità amministrativa e affidata alla sua custodia, al solo scopo di favorire il proprietario di essa, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da lire centomila a un milione.
Si applicano la reclusione da tre mesi a due anni e la multa da lire sessantamila a lire seicentomila se la sottrazione, la soppressione, la distruzione, la dispersione o il deterioramento sono commessi dal proprietario della cosa, affidata alla sua custodia.
La pena è della reclusione da un mese ad un anno e della multa fino a lire seicentomila, se il fatto è commesso dal proprietario della cosa medesima non affidata alla sua custodia.

Art. 335.
(Violazione colposa di doveri inerenti alla custodia di cose sottoposte a sequestro disposto nel corso di un procedimento penale o dall'autorità amministrativa).
Chiunque, avendo in custodia una cosa sottoposta a sequestro disposto nel corso di un procedimento penale o dall'autorità amministrativa, per colpa ne cagiona la distruzione o la dispersione, ovvero ne agevola la sottrazione o la soppressione, è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a lire seicentomila.

Art. 335-bis.
(Disposizioni patrimoniali).
Salvo quanto previsto dall'articolo 322-ter, nel caso di condanna per delitti previsti dal presente capo è comunque ordinata la confisca anche nelle ipotesi previste dall'articolo 240, primo comma.

CAPO II
Dei delitti dei privati contro la pubblica Amministrazione

Art. 336.
(Violenza o minaccia a un pubblico ufficiale)
Chiunque usa violenza o minaccia a un pubblico ufficiale o ad un incaricato di un pubblico servizio, per costringerlo a fare un atto contrario ai propri doveri, o ad omettere un atto dell'ufficio o del servizio, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.
La pena è della reclusione fino a tre anni, se il fatto è commesso per costringere alcuna delle persone anzidette a compiere un atto del proprio ufficio o servizio, o per influire, comunque, su di essa.

Art. 337.
(Resistenza a un pubblico ufficiale)
Chiunque usa violenza o minaccia per opporsi a un pubblico ufficiale o ad un incaricato di un pubblico servizio, mentre compie un atto di ufficio o di servizio, o a coloro che, richiesti, gli prestano assistenza, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.

Art. 337-bis.
(Occultamento, custodia o alterazione di mezzi di trasporto).
Chiunque occulti o custodisca mezzi di trasporto di qualsiasi tipo che, rispetto alle caratteristiche omologate, presentano alterazioni o modifiche o predisposizioni tecniche tali da costituire pericolo per l'incolumità fisica degli operatori di polizia, è punito con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da lire cinque milioni a lire venti milioni.
La stessa pena di cui al primo comma si applica a chiunque altera mezzi di trasporto operando modifiche o predisposizioni tecniche tali da costituire pericolo per l'incolumità fisica degli operatori di polizia.
Se il colpevole è titolare di concessione o autorizzazione o licenza o di altro titolo abilitante l'attività, alla condanna consegue la revoca del titolo che legittima la medesima attività.

Art. 338.
(Violenza o minaccia ad un Corpo politico, amministrativo o giudiziario o ai suoi singoli componenti )
Chiunque usa violenza o minaccia ad un Corpo politico, amministrativo o giudiziario , ai singoli componenti o ad una rappresentanza di esso, o ad una qualsiasi pubblica Autorità costituita in collegio o ai suoi singoli componenti, per impedirne, in tutto o in parte, anche temporaneamente, o per turbarne comunque l'attività, è punito con la reclusione da uno a sette anni.
Alla stessa pena soggiace chi commette il fatto per ottenere, ostacolare o impedire il rilascio o l'adozione di un qualsiasi provvedimento, anche legislativo, ovvero a causa dell'avvenuto rilascio o adozione dello stesso.
Alla stessa pena soggiace chi commette il fatto per influire sulle deliberazioni collegiali di imprese che esercitano servizi pubblici o di pubblica necessità, qualora tali deliberazioni abbiano per oggetto l'organizzazione o l'esecuzione dei servizi.

Art. 339.
(Circostanze aggravanti)
Le pene stabilite nei tre articoli precedenti sono aumentate se la violenza o la minaccia è commessa con armi, o da persona travisata, o da più persone riunite, o con scritto anonimo, o in modo simbolico, o valendosi della forza intimidatrice derivante da segrete associazioni, esistenti o supposte.
Se la violenza o la minaccia è commessa da più di cinque persone riunite, mediante uso di armi anche soltanto da parte di una di esse, ovvero da più di dieci persone, pur senza uso di armi, la pena è, nei casi preveduti dalla prima parte dell'articolo 336 e dagli articoli 337 e 338, della reclusione da tre a quindici anni, e, nel caso preveduto dal capoverso dell'articolo 336, della reclusione da due a otto anni.
Le disposizioni di cui al secondo comma si applicano anche, salvo che il fatto costituisca più grave reato, nel caso in cui la violenza o la minaccia sia commessa mediante il lancio o l'utilizzo di corpi contundenti o altri oggetti atti ad offendere, compresi gli artifici pirotecnici, in modo da creare pericolo alle persone.

Art. 339-bis.
(Circostanza aggravante. Atti intimidatori di natura ritorsiva ai danni di un componente di un Corpo politico, amministrativo o giudiziario).
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, le pene stabilite per i delitti previsti dagli articoli 582, 610, 612 e 635 sono aumentate da un terzo alla metà se la condotta ha natura ritorsiva ed è commessa ai danni di un componente di un Corpo politico, amministrativo o giudiziario a causa del compimento di un atto nell'adempimento del mandato, delle funzioni o del servizio.

Art. 340.
(Interruzione di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità)
Chiunque, fuori dei casi preveduti da particolari disposizioni di legge, cagiona una interruzione o turba la regolarità di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità è punito con la reclusione fino a un anno.
I capi, promotori od organizzatori sono puniti con la reclusione da uno a cinque anni.

Art. 341
[abrogato]

Art. 341-bis
(Oltraggio a pubblico ufficiale).
Chiunque, in luogo pubblico o aperto al pubblico e in presenza di più persone, offende l'onore ed il prestigio di un pubblico ufficiale mentre compie un atto d'ufficio ed a causa o nell'esercizio delle sue funzioni è punito con la reclusione fino a tre anni.
La pena è aumentata se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato. Se la verità del fatto è provata o se per esso l'ufficiale a cui il fatto è attribuito è condannato dopo l'attribuzione del fatto medesimo, l'autore dell'offesa non è punibile.
Ove l'imputato, prima del giudizio, abbia riparato interamente il danno, mediante risarcimento di esso sia nei confronti della persona offesa sia nei confronti dell'ente di appartenenza della medesima, il reato è estinto.

Art. 342.
(Oltraggio a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario)
Chiunque offende l'onore o il prestigio di un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o di una rappresentanza di esso, o di una pubblica Autorità costituita in collegio, al cospetto del Corpo, della rappresentanza o del collegio, è punito con la multa da euro 1.000 a euro 5.000.
La stessa pena si applica a chi commette il fatto mediante comunicazione telegrafica, o con scritto o disegno, diretti al Corpo, alla rappresentanza o al collegio, a causa delle sue funzioni.
La pena è della multa da euro 2.000 a euro 6.000 se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato.
Si applica la disposizione dell'ultimo capoverso dell'articolo precedente.

Art. 343.
(Oltraggio a un magistrato in udienza)
Chiunque offende l'onore o il prestigio di un magistrato in udienza è punito con la reclusione fino a tre anni.
La pena è della reclusione da due a cinque anni se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato.
Le pene sono aumentate se il fatto è commesso con violenza o minaccia.

Art. 343-bis.
(Corte penale internazionale).
Le disposizioni degli articoli 336, 337, 338, 339, 340, 342 e 343 si applicano anche quando il reato è commesso nei confronti:
a) della Corte penale internazionale;
b) dei giudici, del procuratore, dei procuratori aggiunti, dei funzionari e degli agenti della Corte stessa;
c) delle persone comandate dagli Stati parte del Trattato istitutivo della Corte penale internazionale, le quali esercitino funzioni corrispondenti a quelle dei funzionari o agenti della Corte stessa;
d) dei membri e degli addetti a enti costituiti sulla base del Trattato istitutivo della Corte penale internazionale.

Art. 344
[abrogato]

Art. 345.
(Offesa all'Autorità mediante danneggiamento di affissioni)
Chiunque, per disprezzo verso l'Autorità, rimuove, lacera, o, altrimenti, rende illeggibili o comunque inservibili scritti o disegni affissi o esposti al pubblico per ordine dell'Autorità stessa, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire duecentomila a un milione duecentomila.

Art. 346.
(Millantato credito)
Chiunque, millantando credito presso un pubblico ufficiale, o presso un pubblico impiegato che presti un pubblico servizio, riceve o fa dare o fa promettere, a sè o ad altri, denaro o altra utilità, come prezzo della propria mediazione verso il pubblico ufficiale o impiegato, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da lire tremila a ventimila.
La pena è della reclusione da due a sei anni e della multa da lire cinquemila a trentamila, se il colpevole riceve o fa dare o promettere, a sè o ad altri, denaro o altra utilità, col pretesto di dover comprare il favore di un pubblico ufficiale o impiegato, o di doverlo remunerare.

Art. 346-bis.
(Traffico di influenze illecite).
Chiunque, fuori dei casi di concorso nei reati di cui agli articoli 319 e 319-ter, sfruttando relazioni esistenti con un pubblico ufficiale o con un incaricato di un pubblico servizio, indebitamente fa dare o promettere, a sè o ad altri, denaro o altro vantaggio patrimoniale, come prezzo della propria mediazione illecita verso il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio ovvero per remunerarlo, in relazione al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio o all'omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio, è punito con la reclusione da uno a tre anni.
La stessa pena si applica a chi indebitamente dà o promette denaro o altro vantaggio patrimoniale.
La pena è aumentata se il soggetto che indebitamente fa dare o promettere, a sè o ad altri, denaro o altro vantaggio patrimoniale riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di un pubblico servizio.
Le pene sono altresì aumentate se i fatti sono commessi in relazione all'esercizio di attività giudiziarie.
Se i fatti sono di particolare tenuità, la pena è diminuita.

Art. 347.
(Usurpazione di funzioni pubbliche)
Chiunque usurpa una funzione pubblica o le attribuzioni inerenti a un pubblico impiego è punito con la reclusione fino a due anni.
Alla stessa pena soggiace il pubblico ufficiale o impiegato il quale, avendo ricevuta partecipazione del provvedimento che fa cessare o sospende le sue funzioni o le sue attribuzioni, continua ad esercitarle.
La condanna importa la pubblicazione della sentenza.

Art. 348.
(Esercizio abusivo di una professione)
Chiunque abusivamente esercita una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 10.000 a euro 50.000.
La condanna comporta la pubblicazione della sentenza e la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e, nel caso in cui il soggetto che ha commesso il reato eserciti regolarmente una professione o attività, la trasmissione della sentenza medesima al competente Ordine, albo o registro ai fini dell'applicazione dell'interdizione da uno a tre anni dalla professione o attività regolarmente esercitata.
Si applica la pena della reclusione da uno a cinque anni e della multa da euro 15.000 a euro 75.000 nei confronti del professionista che ha determinato altri a commettere il reato di cui al primo comma ovvero ha diretto l'attività delle persone che sono concorse nel reato medesimo.

Art. 349.
(Violazione di sigilli)
Chiunque viola i sigilli, per disposizione della legge o per ordine dell'Autorità apposti al fine di assicurare la conservazione o la identità di una cosa, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da lire mille a diecimila.
Se il colpevole è colui che ha in custodia la cosa, la pena è della reclusione da tre a cinque anni e della multa da lire tremila a trentamila.

Art. 350.
(Agevolazione colposa)
Se la violazione dei sigilli è resa possibile, o comunque agevolata, per colpa di chi ha in custodia la cosa, questi è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire trecentomila a un milione ottocentomila.

Art. 351.
(Violazione della pubblica custodia di cose)
Chiunque sottrae, sopprime, distrugge, disperde o deteriora corpi di reato, atti, documenti, ovvero un'altra cosa mobile particolarmente custodita in un pubblico ufficio, o presso un pubblico ufficiale o un impiegato che presti un pubblico servizio, è punito, qualora il fatto non costituisca un più grave delitto, con la reclusione da uno a cinque anni.

Art. 352.
(Vendita di stampati dei quali è stato ordinato il sequestro).
Chiunque vende, distribuisce o affigge, in luogo pubblico o aperto al pubblico, scritti o disegni, dei quali l'Autorità ha ordinato il sequestro, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire duecentomila a un milione duecentomila.

Art. 353.
(Turbata libertà degli incanti)
Chiunque, con violenza o minaccia, o con doni, promesse, collusioni o altri mezzi fraudolenti, impedisce o turba la gara nei pubblici incanti o nelle licitazioni private per conto di pubbliche Amministrazioni, ovvero ne allontana gli offerenti, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni e con la multa da lire mille a diecimila.
Se il colpevole è persona preposta dalla legge o dall'Autorità agli incanti o alle licitazioni suddette, la reclusione è da uno a cinque anni e la multa da lire cinquemila a ventimila.
Le pene stabilite in questo articolo si applicano anche nel caso di licitazioni private per conto di privati, dirette da un pubblico ufficiale o da persona legalmente autorizzata; ma sono ridotte alla metà.

Art. 353-bis.
(Turbata libertà del procedimento di scelta del contraente).
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque con violenza o minaccia, o con doni, promesse, collusioni o altri mezzi fraudolenti, turba il procedimento amministrativo diretto a stabilire il contenuto del bando o di altro atto equipollente al fine di condizionare le modalità di scelta del contraente da parte della pubblica amministrazione è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni e con la multa da euro 103 a euro 1.032.

Art. 354.
(Astensione dagli incanti)
Chiunque, per denaro, dato o promesso a lui o ad altri, o per altra utilità a lui o ad altri data o promessa, si astiene dal concorrere agli incanti o alle licitazioni indicati nell'articolo precedente, è punito con la reclusione sino a sei mesi o con la multa fino a lire cinquemila.

Art. 355.
(Inadempimento di contratti di pubbliche forniture)
Chiunque, non adempiendo gli obblighi che gli derivano da un contratto di fornitura concluso con lo Stato, o con un altro ente pubblico, ovvero con un'impresa esercente servizi pubblici o di pubblica necessità, fa mancare, in tutto o in parte, cose od opere, che siano necessarie a uno stabilimento pubblico o ad un pubblico servizio, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa non inferiore a lire mille.
La pena è aumentata se la fornitura concerne:
1° sostanze alimentari o medicinali, ovvero cose od opere destinate alle comunicazioni per terra, per acqua o per aria, o alle comunicazioni telegrafiche o telefoniche;
2° cose od opere destinate all'armamento o all'equipaggiamento delle forze armate dello Stato;
3° cose od opere destinate ad ovviare a un comune pericolo o ad un pubblico infortunio.
Se il fatto è commesso per colpa, si applica la reclusione fino a un anno, ovvero la multa da lire cinquecento a ventimila.
Le stesse disposizioni si applicano ai subfornitori, ai mediatori e ai rappresentanti dei fornitori, quando essi, violando i loro obblighi contrattuali, hanno fatto mancare la fornitura.

Art. 356.
(Frode nelle pubbliche forniture)
Chiunque commette frode nella esecuzione dei contratti di fornitura o nell'adempimento degli altri obblighi contrattuali indicati nell'articolo precedente, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa non inferiore a lire diecimila.
La pena è aumentata nei casi preveduti dal primo capoverso dell'articolo precedente.

CAPO III
Disposizioni comuni ai capi precedenti

Art. 357.
(Nozione del pubblico ufficiale).
Agli effetti della legge penale, sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa.
Agli stessi effetti è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi e caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione o dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi.

Art. 358.
(Nozione della persona incaricata di un pubblico servizio).
Agli effetti della legge penale, sono incaricati di un pubblico servizio coloro i quali, a qualunque titolo, prestano un pubblico servizio.
Per pubblico servizio deve intendersi un'attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma caratterizzata dalla mancanza dei poteri tipici di questa ultima, e con esclusione dello svolgimento di semplici mansioni di ordine e della prestazione di opera meramente materiale.

Art. 359.
(Persone esercenti un servizio di pubblica necessità)
Agli effetti della legge penale, sono persone che esercitano un servizio di pubblica necessità:
1° i privati che esercitano professioni forensi o sanitarie, o altre professioni il cui esercizio sia per legge vietato senza una speciale abilitazione dello Stato, quando dell'opera di essi il pubblico sia per legge obbligato a valersi;
2° i privati che, non esercitando una pubblica funzione, nè prestando un pubblico servizio, adempiono un servizio dichiarato di pubblica necessità mediante un atto della pubblica Amministrazione.

Art. 360.
(Cessazione della qualità di pubblico ufficiale)
Quando la legge considera la qualità di pubblico ufficiale, o di incaricato di un pubblico servizio, o di esercente un servizio di pubblica necessità, come elemento costitutivo o come circostanza aggravante di un reato, la cessazione di tale qualità, nel momento in cui il reato è commesso, non esclude la esistenza di questo nè la circostanza aggravante, se il fatto si riferisce all'ufficio o al servizio esercitato.

TITOLO TERZO
DEI DELITTI CONTRO L'AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA
CAPO I
Dei delitti contro l'attività giudiziaria

Art. 361.
(Omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale)
Il pubblico ufficiale, il quale omette o ritarda di denunciare all'Autorità giudiziaria, o ad un'altra Autorità che a quella abbia obbligo di riferirne, un reato di cui ha avuto notizia nell'esercizio o a causa delle sue funzioni, è punito con la multa da lire trecento a cinquemila.
La pena è della reclusione fino ad un anno, se il colpevole è un ufficiale o un agente di polizia giudiziaria, che ha avuto comunque notizia di un reato del quale doveva fare rapporto.
Le disposizioni precedenti non si applicano se si tratta di delitto punibile a querela della persona offesa.

Art. 362.
(Omessa denuncia da parte di un incaricato di pubblico servizio)
L'incaricato di un pubblico servizio, che omette o ritarda di denunciare all'Autorità indicata nell'articolo precedente un reato del quale abbia avuto notizia nell'esercizio o a causa del servizio, è punito con la multa fino a lire mille.
Tale disposizione non si applica se si tratta di un reato punibile a querela della persona offesa nè si applica ai responsabili delle comunità terapeutiche socio-riabilitative per fatti commessi da persone tossicodipendenti affidate per l'esecuzione del programma definito da un servizio pubblico.

Art. 363.
(Omessa denuncia aggravata)
Nei casi preveduti dai due articoli precedenti, se la omessa o ritardata denuncia riguarda un delitto contro la personalità dello Stato, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni; ed è da uno a cinque anni, se il colpevole è un ufficiale o un agente di polizia giudiziaria.

Art. 364.
(Omessa denuncia di reato da parte del cittadino).
Il cittadino, che, avendo avuto notizia di un delitto contro la personalità dello Stato, per il quale la legge stabilisce la pena di morte o l'ergastolo, non ne fa immediatamente denuncia all'Autorità indicata nell'articolo 361, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da lire mille a diecimila.

Art. 365.
(Omissione di referto)
Chiunque, avendo nell'esercizio di una professione sanitaria prestato la propria assistenza od opera in casi che possono presentare i caratteri di un delitto pel quale si debba procedere d'ufficio, omette o ritarda di riferirne all'Autorità indicata nell'articolo 361, è punito con la multa fino a lire cinquemila.
Questa disposizione non si applica quando il referto esporrebbe la persona assistita a procedimento penale.

Art. 366.
(Rifiuto di uffici legalmente dovuti)
Chiunque, nominato dall'Autorità giudiziaria perito, interprete, ovvero custode di cose sottoposte a sequestro dal giudice penale, ottiene con mezzi fraudolenti l'esenzione dall'obbligo di comparire o di prestare il suo ufficio, è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa da lire trecento a cinquemila.
Le stesse pene si applicano a chi, chiamato dinanzi all'Autorità giudiziaria per adempiere ad alcuna delle predette funzioni, rifiuta di dare le proprie generalità, ovvero di prestare il giuramento richiesto, ovvero di assumere o di adempiere le funzioni medesime.
Le disposizioni precedenti si applicano alla persona chiamata a deporre come testimonio dinanzi all'Autorità giudiziaria e ad ogni altra persona chiamata ad esercitare una funzione giudiziaria.
Se il colpevole è un perito o un interprete, la condanna importa l'interdizione dalla professione o dall'arte.

Art. 367.
(Simulazione di reato)
Chiunque, con denuncia, querela, richiesta o istanza, anche se anonima o sotto falso nome, diretta all'Autorità giudiziaria o ad un'altra Autorità che a quella abbia obbligo di riferirne, afferma falsamente essere avvenuto un reato, ovvero simula le tracce di un reato, in modo che si possa iniziare un procedimento penale per accertarlo, è punito con la reclusione da uno a tre anni.

Art. 368.
(Calunnia)
Chiunque, con denunzia, querela, richiesta o istanza, anche se anonima o sotto falso nome, diretta all'Autorità giudiziaria o ad un'altra Autorità che a quella abbia obbligo di riferirne o alla Corte penale internazionale, incolpa di un reato taluno che egli sa innocente, ovvero simula a carico di lui le tracce di un reato, è punito con la reclusione da due a sei anni.
La pena è aumentata se s'incolpa taluno di un reato pel quale la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a dieci anni, o un'altra pena più grave.
La reclusione è da quattro a dodici anni, se dal fatto deriva una condanna alla reclusione superiore a cinque anni; è da sei a venti anni, se dal fatto deriva una condanna all'ergastolo; e si applica la pena dell'ergastolo, se dal fatto deriva una condanna alla pena di morte.


Art. 369.
(Autocalunnia)
Chiunque, mediante dichiarazione ad alcuna delle Autorità indicate nell'articolo precedente, anche se fatta con scritto anonimo o sotto falso nome, ovvero mediante confessione innanzi all'Autorità giudiziaria, incolpa sè stesso di un reato che egli sa non avvenuto, o di un reato commesso da altri, è punito con la reclusione da uno a tre anni.

Art. 370.
(Simulazione o calunnia per un fatto costituente contravvenzione)
Le pene stabilite negli articoli precedenti sono diminuite se la simulazione o la calunnia concerne un fatto preveduto dalla legge come contravvenzione.

Art. 371.
(Falso giuramento della parte)
Chiunque, come parte in giudizio civile, giura il falso è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Nel caso di giuramento deferito d'ufficio, il colpevole non è punibile, se ritratta il falso prima che sulla domanda giudiziale sia pronunciata sentenza definitiva, anche se non irrevocabile.
La condanna importa l'interdizione dai pubblici uffici.

Art. 371-bis.
(False informazioni al pubblico ministero o al procuratore della Corte penale internazionale )
Chiunque, nel corso di un procedimento penale, richiesto dal pubblico ministero o dal procuratore della Corte penale internazionale di fornire informazioni ai fini delle indagini, rende dichiarazioni false ovvero tace, in tutto o in parte, ciò che sa intorno ai fatti sui quali viene sentito, è punito con la reclusione fino a quattro anni.
Ferma l'immediata procedibilità nel caso di rifiuto di informazioni, il procedimento penale, negli altri casi, resta sospeso fino a quando nel procedimento nel corso del quale sono state assunte le informazioni sia stata pronunciata sentenza di primo grado ovvero il procedimento sia stato anteriormente definito con archiviazione o con sentenza di non luogo a procedere.
Le disposizioni di cui ai commi primo e secondo si applicano, nell'ipotesi prevista dall'articolo 391-bis, comma 10, del codice di procedura penale, anche quando le informazioni ai fini delle indagini sono richieste dal difensore.

Art. 371-ter.
(False dichiarazioni al difensore).
Nelle ipotesi previste dall'articolo 391-bis, commi 1 e 2, del codice di procedura penale, chiunque, non essendosi avvalso della facoltà di cui alla lettera d) del comma 3 del medesimo articolo, rende dichiarazioni false è punito con la reclusione fino a quattro anni.
Il procedimento penale resta sospeso fino a quando nel procedimento nel corso del quale sono state assunte le dichiarazioni sia stata pronunciata sentenza di primo grado ovvero il procedimento sia stato anteriormente definito con archiviazione o con sentenza di non luogo a procedere.

Art. 372.
(Falsa testimonianza)
Chiunque, deponendo come testimone innanzi all'Autorità giudiziaria o alla Corte penale internazionale, afferma il falso o nega il vero, ovvero tace, in tutto o in parte, ciò che sa intorno ai fatti sui quali è interrogato, è punito con la reclusione da due a sei anni.

Art. 373.
(Falsa perizia o interpretazione)
Il perito o l'interprete, che, nominato dall'Autorità giudiziaria, dà parere o interpretazioni mendaci, o afferma fatti non conformi al vero, soggiace alle pene stabilite nell'articolo precedente.
La condanna importa, oltre l'interdizione dai pubblici uffici, l'interdizione dalla professione o dall'arte.

Art. 374.
(Frode processuale)
Chiunque, nel corso di un procedimento civile o amministrativo, al fine di trarre in inganno il giudice in un atto d'ispezione o di esperimento giudiziale, ovvero il perito nella esecuzione di una perizia, immuta artificiosamente lo stato dei luoghi o delle cose o delle persone, è punito, qualora il fatto non sia preveduto come reato da una particolare disposizione di legge, con la reclusione da uno a cinque anni.
La stessa disposizione si applica se il fatto è commesso nel corso di un procedimento penale, anche davanti alla Corte penale internazionale, o anteriormente ad esso; ma in tal caso la punibilità è esclusa, se si tratta di reato per cui non si può procedere che in seguito a querela, richiesta o istanza, e questa non è stata presentata.

Art. 374-bis.
(False dichiarazioni o attestazioni in atti destinati all'autorità giudiziaria o alla Corte penale internazionale ).
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da uno a cinque anni chiunque dichiara o attesta falsamente in certificati o atti destinati a essere prodotti all'autorità giudiziaria o alla Corte penale internazionale condizioni, qualità personali, trattamenti terapeutici, rapporti di lavoro in essere o da instaurare, relativi all'imputato, al condannato o alla persona sottoposta a procedimento di prevenzione.
Si applica la pena della reclusione da due a sei anni se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale, da un incaricato di un pubblico servizio o da un esercente la professione sanitaria.

Art. 375.
(Frode in processo penale e depistaggio).
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da tre a otto anni il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, al fine di impedire, ostacolare o sviare un'indagine o un processo penale:
a) immuta artificiosamente il corpo del reato ovvero lo stato dei luoghi, delle cose o delle persone connessi al reato;
b) richiesto dall'autorità giudiziaria o dalla polizia giudiziaria di fornire informazioni in un procedimento penale, afferma il falso o nega il vero, ovvero tace, in tutto o in parte, ciò che sa intorno ai fatti sui quali viene sentito.
Se il fatto è commesso mediante distruzione, soppressione, occultamento, danneggiamento, in tutto o in parte, ovvero formazione o artificiosa alterazione, in tutto o in parte, di un documento o di un oggetto da impiegare come elemento di prova o comunque utile alla scoperta del reato o al suo accertamento, la pena è aumentata da un terzo alla metà.
Se il fatto è commesso in relazione a procedimenti concernenti i delitti di cui agli articoli 270, 270-bis, 276, 280, 280-bis, 283, 284, 285, 289-bis, 304, 305, 306, 416-bis, 416-ter e 422 o i reati previsti dall'articolo 2 della legge 25 gennaio 1982, n. 17, ovvero i reati concernenti il traffico illegale di armi o di materiale nucleare, chimico o biologico e comunque tutti i reati di cui all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, si applica la pena della reclusione da sei a dodici anni.
La pena è diminuita dalla metà a due terzi nei confronti di colui che si adopera per ripristinare lo stato originario dei luoghi, delle cose, delle persone o delle prove, nonché per evitare che l'attività delittuosa venga portata a conseguenze ulteriori, ovvero aiuta concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella ricostruzione del fatto oggetto di inquinamento processuale e depistaggio e nell'individuazione degli autori.
Le circostanze attenuanti diverse da quelle previste dagli articoli 98 e 114 e dal quarto comma, concorrenti con le aggravanti di cui al secondo e al terzo comma, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste ultime e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità di pena risultante dall'aumento conseguente alle predette aggravanti.
La condanna alla reclusione superiore a tre anni comporta l'interdizione perpetua dai pubblici uffici.
La pena di cui ai commi precedenti si applica anche quando il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio siano cessati dal loro ufficio o servizio.
La punibilità è esclusa se si tratta di reato per cui non si può procedere che in seguito a querela, richiesta o istanza, e questa non è stata presentata.
Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle indagini e ai processi della Corte penale internazionale in ordine ai crimini definiti dallo Statuto della Corte medesima.

Art. 376.
(Ritrattazione)
Nei casi previsti dagli articoli 371-bis, 371-ter, 372 e 373, nonché dall'articolo 375, primo comma, lettera b), e dall'articolo 378, il colpevole non è punibile se, nel procedimento penale in cui ha prestato il suo ufficio o reso le sue dichiarazioni, ritratta il falso e manifesta il vero non oltre la chiusura del dibattimento.
Qualora la falsità sia intervenuta in una causa civile, il colpevole non è punibile se ritratta il falso e manifesta il vero prima che sulla domanda giudiziale sia pronunciata sentenza definitiva, anche se non irrevocabile.

Art. 377.
(Intralcio alla giustizia)
Chiunque offre o promette denaro o altra utilità alla persona chiamata a rendere dichiarazioni davanti all'autorità giudiziaria o alla Corte penale internazionale ovvero alla persona richiesta di rilasciare dichiarazioni dal difensore nel corso dell'attività investigativa, o alla persona chiamata a svolgere attività di perito, consulente tecnico o interprete, per indurla a commettere i reati previsti dagli articoli 371-bis, 371-ter, 372 e 373, soggiace, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, alle pene stabilite negli articoli medesimi, ridotte dalla metà ai due terzi.
La stessa disposizione si applica qualora l'offerta o la promessa sia accettata, ma la falsità non sia commessa.
Chiunque usa violenza o minaccia ai fini indicati al primo comma, soggiace, qualora il fine non sia conseguito, alle pene stabilite in ordine ai reati di cui al medesimo primo comma, diminuite in misura non eccedente un terzo.
Le pene previste ai commi primo e terzo sono aumentate se concorrono le condizioni di cui all'articolo 339.
La condanna importa l'interdizione dai pubblici uffici.

Art. 377-bis.
(Induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all'autorità giudiziaria).
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, con violenza o minaccia, o con offerta o promessa di denaro o di altra utilità, induce a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci la persona chiamata a rendere davanti alla autorità giudiziaria dichiarazioni utilizzabili in un procedimento penale, quando questa ha la facoltà di non rispondere, è punito con la reclusione da due a sei anni.

Art. 378.
(Favoreggiamento personale)
Chiunque, dopo che fu commesso un delitto per il quale la legge stabilisce la pena di morte o l'ergastolo o la reclusione, e fuori dei casi di concorso nel medesimo, aiuta taluno a eludere le investigazioni dell'Autorità, comprese quelle svolte da organi della Corte penale internazionale, o a sottrarsi alle ricerche effettuate dai medesimi soggetti, è punito con la reclusione fino a quattro anni.
Quando il delitto commesso è quello previsto dall'articolo 416-bis, si applica, in ogni caso, la pena della reclusione non inferiore a due anni.
Se si tratta di delitti per i quali la legge stabilisce una pena diversa, ovvero di contravvenzioni, la pena è della multa fino a lire cinquemila.
Le disposizioni di questo articolo si applicano anche quando la persona aiutata non è imputabile o risulta che non ha commesso il delitto.

Art. 379.
(Favoreggiamento reale)
Chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato e dei casi previsti dagli articoli 648, 648-bis e 648-ter, aiuta taluno ad assicurare il prodotto o il profitto o il prezzo di un reato, è punito con la reclusione fino a cinque anni se si tratta di delitto, e con la multa da lire cinquecento a diecimila se si tratta di contravvenzione.
Si applicano le disposizioni del primo e dell'ultimo capoverso dell'articolo precedente.

Art. 379-bis.
(Rivelazione di segreti inerenti a un procedimento penale).
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque rivela indebitamente notizie segrete concernenti un procedimento penale, da lui apprese per avere partecipato o assistito ad un atto del procedimento stesso, è punito con la reclusione fino a un anno. La stessa pena si applica alla persona che, dopo avere rilasciato dichiarazioni nel corso delle indagini preliminari, non osserva il divieto imposto dal pubblico ministero ai sensi dell'articolo 391-quinquies del codice di procedura penale.

Art. 380.
(Patrocinio o consulenza infedele)
Il patrocinatore o il consulente tecnico, che, rendendosi infedele ai suoi doveri professionali, arreca nocumento agli interessi della parte da lui difesa, assistita o rappresentata dinanzi all' Autorità giudiziaria o alla Corte penale internazionale, è punito con la reclusione da uno a tre anni e con la multa non inferiore a lire cinquemila.
La pena è aumentata:
1° se il colpevole ha commesso il fatto, colludendo con la parte avversaria;
2° se il fatto è stato commesso a danno di un imputato.
Si applicano la reclusione da tre a dieci anni e la multa non inferiore a lire diecimila, se il fatto è commesso a danno di persona imputata di un delitto per il quale la legge commina la pena di morte o l'ergastolo ovvero la reclusione superiore a cinque anni.

Art. 381.
(Altre infedeltà del patrocinatore o del consulente tecnico)
Il patrocinatore o il consulente tecnico, che, in un procedimento dinanzi all'Autorità giudiziaria, presta contemporaneamente, anche per interposta persona, il suo patrocinio o la sua consulenza a favore di parti contrarie, è punito, qualora il fatto non costituisca un più grave reato, con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa non inferiore a lire mille.
La pena è della reclusione fino a un anno e della multa da lire cinquecento a cinquemila, se il patrocinatore o il consulente, dopo aver difeso, assistito o rappresentato una parte, assume, senza il consenso di questa, nello stesso procedimento, il patrocinio o la consulenza della parte avversaria.

Art. 382.
(Millantato credito del patrocinatore)
Il patrocinatore, che, millantando credito presso il giudice o il pubblico ministero che deve concludere, ovvero presso il testimone, il perito o l'interprete, riceve o fa dare o promettere dal suo cliente, a sè o ad un terzo, denaro o altra utilità, col pretesto di doversi procurare il favore del giudice o del pubblico ministero, o del testimone, perito o interprete, ovvero di doverli remunerare, è punito con la reclusione da due a otto anni e con la multa non inferiore a lire diecimila.

Art. 383.
(Interdizione dai pubblici uffici)
La condanna per i delitti preveduti dagli articoli 380, 381, prima parte, e 382 importa l'interdizione dai pubblici uffici.

Art. 383-bis.
(Circostanze aggravanti per il caso di condanna).
Nei casi previsti dagli articoli 371-bis, 371-ter, 372, 373, 374 e 375, la pena è della reclusione da quattro a dieci anni se dal fatto deriva una condanna alla reclusione non superiore a cinque anni; è della reclusione da sei a quattordici anni se dal fatto deriva una condanna superiore a cinque anni; è della reclusione da otto a venti anni se dal fatto deriva una condanna all'ergastolo.

Art. 384.
(Casi di non punibilità).
Nei casi previsti dagli articoli 361, 362, 363, 364, 365, 366, 369, 371-bis, 371-ter, 372, 373, 374 e 378, non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare se medesimo o un prossimo congiunto da un grave e inevitabile nocumento nella libertà o nell'onore.
Nei casi previsti dagli articoli 371-bis, 371-ter, 372 e 373, la punibilità è esclusa se il fatto è commesso da chi per legge non avrebbe dovuto essere richiesto di fornire informazioni ai fini delle indagini o assunto come testimonio, perito, consulente tecnico o interprete ovvero non avrebbe potuto essere obbligato a deporre o comunque a rispondere o avrebbe dovuto essere avvertito della facoltà di astenersi dal rendere informazioni, testimonianza, perizia, consulenza o interpretazione.

Art. 384-bis.
(Punibilità dei fatti commessi in collegamento audiovisivo nel corso di una rogatoria dall'estero).
I delitti di cui agli articoli 366, 367, 368, 369, 371-bis, 372 e 373, commessi in occasione di un collegamento audiovisivo nel corso di una rogatoria all'estero, si considerano commessi nel territorio dello Stato e sono puniti secondo la legge italiana.

Art. 384-ter.
(Circostanze speciali).
Se i fatti di cui agli articoli 371-bis, 371-ter, 372, 374 e 378 sono commessi al fine di impedire, ostacolare o sviare un'indagine o un processo penale in relazione ai delitti di cui agli articoli 270, 270-bis, 276, 280, 280-bis, 283, 284, 285, 289-bis, 304, 305, 306, 416-bis, 416-ter e 422 o ai reati previsti dall'articolo 2 della legge 25 gennaio 1982, n. 17, ovvero ai reati concernenti il traffico illegale di armi o di materiale nucleare, chimico o biologico e comunque in relazione ai reati di cui all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, la pena è aumentata dalla metà a due terzi e non opera la sospensione del procedimento di cui agli articoli 371-bis e 371-ter.
La pena è diminuita dalla metà a due terzi nei confronti di colui che si adopera per ripristinare lo stato originario dei luoghi, delle cose, delle persone o delle prove, nonché per evitare che l'attività delittuosa venga portata a conseguenze ulteriori, ovvero aiuta concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella ricostruzione del fatto oggetto di inquinamento processuale e depistaggio e nell'individuazione degli autori.

CAPO II
Dei delitti contro l'autorità delle decisioni giudiziarie

Art. 385.
(Evasione).
Chiunque, essendo legalmente arrestato o detenuto per un reato, evade, è punito con la reclusione da uno a tre anni.
La pena è della reclusione da due a cinque anni se il colpevole commette il fatto usando violenza o minaccia verso le persone, ovvero mediante effrazione; ed è da tre a sei anni se la violenza o minaccia è commessa con armi o da più persone riunite.
Le disposizioni precedenti si applicano anche all'imputato che essendo in stato di arresto nella propria abitazione o in altro luogo designato nel provvedimento se ne allontani, nonché al condannato ammesso a lavorare fuori dello stabilimento penale.
Quando l'evaso si costituisce in carcere prima della condanna, la pena è diminuita.

Art. 386.
(Procurata evasione)
Chiunque procura o agevola l'evasione di una persona legalmente arrestata o detenuta per un reato, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.
Si applica la reclusione da tre a dieci anni se il fatto è commesso a favore di un condannato alla pena di morte o all'ergastolo.
La pena è aumentata se il colpevole, per commettere il fatto, adopera alcuno dei mezzi indicati nel primo capoverso dell'articolo precedente.
La pena è diminuita:
1° se il colpevole è un prossimo congiunto;
2° se il colpevole, nel termine di tre mesi dall'evasione, procura la cattura della persona evasa o la presentazione di lei all'Autorità.
La condanna importa in ogni caso l'interdizione dai pubblici uffici.

Art. 387.
(Colpa del custode)
Chiunque, preposto per ragione del suo ufficio alla custodia, anche temporanea, di una persona arrestata o detenuta per un reato, ne cagiona, per colpa, l'evasione, è punito con la reclusione fino a tre anni o con la multa da lire mille a diecimila.
Il colpevole non è punibile se nel termine di tre mesi dall'evasione procura la cattura della persona evasa o la presentazione di lei all'Autorità.

Art. 388.
(Mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice).
Chiunque, per sottrarsi all'adempimento degli obblighi nascenti da un provvedimento dell'autorità giudiziaria, o dei quali è in corso l'accertamento dinanzi all'autorità giudiziaria stessa, compie, sui propri o sugli altrui beni, atti simulati o fraudolenti, o commette allo stesso scopo altri fatti fraudolenti, è punito, qualora non ottemperi all'ingiunzione di eseguire il provvedimento, con la reclusione fino a tre anni o con la multa da euro 103 a euro 1.032.
La stessa pena si applica a chi elude l'ordine di protezione previsto dall'articolo 342-ter del codice civile, ovvero un provvedimento di eguale contenuto assunto nel procedimento di separazione personale dei coniugi o nel procedimento di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio ovvero ancora l'esecuzione di un provvedimento del giudice civile, ovvero amministrativo o contabile, che concerna l'affidamento di minori o di altre persone incapaci, ovvero prescriva misure cautelari a difesa della proprietà, del possesso o del credito.
La stessa pena si applica a chi elude l'esecuzione di un provvedimento del giudice che prescriva misure inibitorie o correttive a tutela dei diritti di proprietà industriale.
È altresì punito con la pena prevista al primo comma chiunque, essendo obbligato alla riservatezza per espresso provvedimento adottato dal giudice nei procedimenti che riguardino diritti di proprietà industriale, viola il relativo ordine.
Chiunque sottrae, sopprime, distrugge, disperde o deteriora una cosa di sua proprietà sottoposta a pignoramento ovvero a sequestro giudiziario o conservativo è punito con la reclusione fino a un anno e con la multa fino a euro 309.
Si applicano la reclusione da due mesi a due anni e la multa da euro 30 a euro 309 se il fatto è commesso dal proprietario su una cosa affidata alla sua custodia, e la reclusione da quattro mesi a tre anni e la multa da euro 51 a euro 516 se il fatto è commesso dal custode al solo scopo di favorire il proprietario della cosa.
Il custode di una cosa sottoposta a pignoramento ovvero a sequestro giudiziario o conservativo che indebitamente rifiuta, omette o ritarda un atto dell'ufficio è punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino a euro 516.
La pena di cui al settimo comma si applica al debitore o all'amministratore, direttore generale o liquidatore della società debitrice che, invitato dall'ufficiale giudiziario a indicare le cose o i crediti pignorabili, omette di rispondere nel termine di quindici giorni o effettua una falsa dichiarazione.
Il colpevole è punito a querela della persona offesa.

Art. 388-bis.
(Violazione colposa dei doveri inerenti alla custodia di cose sottoposte a pignoramento ovvero a sequestro giudiziario o conservativo).
Chiunque, avendo in custodia una cosa sottoposta a pignoramento ovvero a sequestro giudiziario o conservativo, per colpa ne cagiona la distruzione o la dispersione, ovvero ne agevola la soppressione o la sottrazione, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a lire seicentomila.

Art. 388-ter.
(Mancata esecuzione dolosa di sanzioni pecuniarie).
Chiunque, per sottrarsi all'esecuzione di una multa o di una ammenda o di una sanzione amministrativa pecuniaria, compie, sui propri o sugli altrui beni, atti simulati o fraudolenti, o commette allo stesso scopo altri fatti fraudolenti, è punito, qualora non ottemperi nei termini all'ingiunzione di pagamento contenuta nel precetto, con la reclusione da sei mesi a tre anni.

Art. 389.
(Inosservanza di pene accessorie).
Chiunque, avendo riportato una condanna da cui consegue una pena accessoria, trasgredisce agli obblighi o ai divieti inerenti a tale pena, è punito con la reclusione da due a sei mesi.
La stessa pena si applica a chi trasgredisce agli obblighi o ai divieti inerenti ad una pena accessoria provvisoriamente applicata.

Art. 390.
(Procurata inosservanza di pena)
Chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato, aiuta taluno a sottrarsi all'esecuzione della pena è punito con la reclusione da tre mesi a cinque anni se si tratta di condannato per delitto, e con la multa da lire cinquecento a diecimila se si tratta di condannato per contravvenzione.
Si applicano le disposizioni del terzo capoverso dell'articolo 386.

Art. 391.
(Procurata inosservanza di misure di sicurezza detentive)
Chiunque procura o agevola l'evasione di una persona sottoposta a misura di sicurezza detentiva, ovvero nasconde l'evaso o comunque lo favorisce nel sottrarsi alle ricerche dell'Autorità, è punito con la reclusione fino a due anni. Si applicano le disposizioni del terzo capoverso dell'articolo 386.
Se l'evasione avviene per colpa di chi, per ragione del suo ufficio, ha la custodia, anche temporanea, della persona sottoposta a misura di sicurezza, il colpevole è punito con la multa fino a lire diecimila. Si applica la disposizione del capoverso dell'articolo 387.

Art. 391-bis.
(Agevolazione ai detenuti e internati sottoposti a particolari restrizioni delle regole di trattamento e degli istituti previsti dall'ordinamento penitenziario).
Chiunque consente a un detenuto, sottoposto alle restrizioni di cui all'articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, di comunicare con altri in elusione delle prescrizioni all'uopo imposte è punito con la reclusione da uno a quattro anni.
Se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale, da un incaricato di pubblico servizio ovvero da un soggetto che esercita la professione forense si applica la pena della reclusione da due a cinque anni.

CAPO III
Della tutela arbitraria delle private ragioni

Art. 392.
(Esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose)
Chiunque, al fine di esercitare un preteso diritto, potendo ricorrere al giudice, si fa arbitrariamente ragione da sè medesimo, mediante violenza sulle cose, è punito, a querela della persona offesa, con la multa fino a lire cinquemila.
Agli effetti della legge penale, si ha violenza sulle cose allorché la cosa viene danneggiata o trasformata, o ne è mutata la destinazione.
Si ha, altresì, violenza sulle cose allorché un programma informatico viene alterato, modificato o cancellato in tutto o in parte ovvero viene impedito o turbato il funzionamento di un sistema informatico o telematico.

Art. 393.
(Esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone)
Chiunque, al fine indicato nell'articolo precedente, e potendo ricorrere al giudice, si fa arbitrariamente ragione da sè medesimo usando violenza o minaccia alle persone, è punito, a querela dell'offeso, con la reclusione fino a un anno.
Se il fatto è commesso anche con violenza sulle cose, alla pena della reclusione è aggiunta la multa fino a lire duemila.
La pena è aumentata se la violenza o la minaccia alle persone è commessa con armi.

Art. 393-bis.
(Causa di non punibilità).
Non si applicano le disposizioni degli articoli 336, 337, 338, 339,339-bis, 341-bis, 342 e 343 quando il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio ovvero il pubblico impiegato abbia dato causa al fatto preveduto negli stessi articoli, eccedendo con atti arbitrari i limiti delle sue attribuzioni.

Art. 394.
[abrogato]

Art. 395.
[abrogato]

Art. 396.
[abrogato]

Art. 397.
[abrogato]

Art. 398.
[abrogato]

Art. 399.
[abrogato]

Art. 400.
[abrogato]

Art. 401.
[abrogato]

TITOLO QUARTO
DEI DELITTI CONTRO IL SENTIMENTO RELIGIOSO E CONTRO LA PIETÀ DEI DEFUNTI
CAPO I
Dei delitti contro le confessioni religiose

Art. 402.
(Vilipendio della religione dello Stato)
Chiunque pubblicamente vilipende la religione dello Stato è punito con la reclusione fino a un anno.

Art. 403.
(Offese a una confessione religiosa mediante vilipendio di persone).
Chiunque pubblicamente offende una confessione religiosa, mediante vilipendio di chi la professa, è punito con la multa da euro 1.000 a euro 5.000.
Si applica la multa da euro 2.000 a euro 6.000 a chi offende una confessione religiosa, mediante vilipendio di un ministro del culto.

Art. 404.
(Offese a una confessione religiosa mediante vilipendio o danneggiamento di cose).
Chiunque, in luogo destinato al culto, o in luogo pubblico o aperto al pubblico, offendendo una confessione religiosa, vilipende con espressioni ingiuriose cose che formino oggetto di culto, o siano consacrate al culto, o siano destinate necessariamente all'esercizio del culto, ovvero commette il fatto in occasione di funzioni religiose, compiute in luogo privato da un ministro del culto, è punito con la multa da euro 1.000 a euro 5.000.
Chiunque pubblicamente e intenzionalmente distrugge, disperde, deteriora, rende inservibili o imbratta cose che formino oggetto di culto o siano consacrate al culto o siano destinate necessariamente all'esercizio del culto è punito con la reclusione fino a due anni.

Art. 405.
(Turbamento di funzioni religiose del culto di una confessione religiosa )
Chiunque impedisce o turba l'esercizio di funzioni, cerimonie o pratiche religiose del culto di una confessione religiosa, le quali si compiano con l'assistenza di un ministro del culto medesimo o in un luogo destinato al culto, o in un luogo pubblico o aperto al pubblico, è punito con la reclusione fino a due anni.
Se concorrono fatti di violenza alle persone o di minaccia, si applica la reclusione da uno a tre anni.

Art. 406.
[abrogato]

CAPO II
Dei delitti contro la pietà dei defunti

Art. 407.
(Violazione di sepolcro)
Chiunque viola una tomba, un sepolcro o un'urna è punito con la reclusione da uno a cinque anni.

Art. 408.
(Vilipendio delle tombe)
Chiunque, in cimiteri o in altri luoghi di sepoltura, commette vilipendio di tombe, sepolcri o urne, o di cose destinate al culto dei defunti, ovvero a difesa o ad ornamento dei cimiteri, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.

Art. 409.
(Turbamento di un funerale o servizio funebre)
Chiunque, fuori dei casi preveduti dall'articolo 405, impedisce o turba un funerale o un servizio funebre è punito con la reclusione fino a un anno.

Art. 410.
(Vilipendio di cadavere)
Chiunque commette atti di vilipendio sopra un cadavere o sulle sue ceneri è punito con la reclusione da uno a tre anni.
Se il colpevole deturpa o mutila il cadavere, o commette, comunque, su questo atti di brutalità o di oscenità, è punito con la reclusione da tre a sei anni.

Art. 411.
(Distruzione, soppressione o sottrazione di cadavere)
Chiunque distrugge, sopprime o sottrae un cadavere, o una parte di esso, ovvero ne sottrae o disperde le ceneri, è punito con la reclusione da due a sette anni.
La pena è aumentata se il fatto è commesso in cimiteri o in altri luoghi di sepoltura, di deposito o di custodia.
Non costituisce reato la dispersione delle ceneri di cadavere autorizzata dall'ufficiale dello stato civile sulla base di espressa volontà del defunto.
La dispersione delle ceneri non autorizzata dall'ufficiale dello stato civile, o effettuata con modalità diverse rispetto a quanto indicato dal defunto, è punita con la reclusione da due mesi a un anno e con la multa da lire cinque milioni a lire venticinque milioni.

Art. 412.
(Occultamento di cadavere)
Chiunque occulta un cadavere, o una parte di esso, ovvero ne nasconde le ceneri, è punito con la reclusione fino a tre anni.

Art. 413.
(Uso illegittimo di cadavere)
Chiunque disseziona o altrimenti adopera un cadavere, o una parte di esso, a scopi scientifici o didattici, in casi non consentiti dalla legge, è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a lire cinquemila.
La pena è aumentata se il fatto è commesso su un cadavere, o su una parte di esso, che il colpevole sappia essere stato da altri mutilato, occultato o sottratto.

TITOLO QUINTO
DEI DELITTI CONTRO L'ORDINE PUBBLICO

Art. 414.
(Istigazione a delinquere)
Chiunque pubblicamente istiga a commettere uno o più reati è punito, per il solo fatto dell'istigazione:
1° con la reclusione da uno a cinque anni, se trattasi di istigazione a commettere delitti;
2° con la reclusione fino a un anno, ovvero con la multa fino a lire duemila, se trattasi di istigazione a commettere contravvenzioni.
Se si tratta di istigazione a commettere uno o più delitti e una o più contravvenzioni, si applica la pena stabilita nel numero 1°.
Alla pena stabilita nel numero 1° soggiace anche chi pubblicamente fa l'apologia di uno o più delitti. La pena prevista dal presente comma nonché dal primo e dal secondo comma è aumentata se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici.
Fuori dei casi di cui all'articolo 302, se l'istigazione o l'apologia di cui ai commi precedenti riguarda delitti di terrorismo o crimini contro l'umanità la pena è aumentata della metà. La pena è aumentata fino a due terzi se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici.

Art. 414-bis.
(Istigazione a pratiche di pedofilia e di pedopornografia).
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, con qualsiasi mezzo e con qualsiasi forma di espressione, pubblicamente istiga a commettere, in danno di minorenni, uno o più delitti previsti dagli articoli 600-bis, 600-ter e 600-quater, anche se relativi al materiale pornografico di cui all'articolo 600-quater.1, 600-quinquies, 609-bis, 609-quater e 609-quinquies è punito con la reclusione da un anno e sei mesi a cinque anni.
Alla stessa pena soggiace anche chi pubblicamente fa l'apologia di uno o più delitti previsti dal primo comma.
Non possono essere invocate, a propria scusa, ragioni o finalità di carattere artistico, letterario, storico o di costume.

Art. 415.
(Istigazione a disobbedire alle leggi)
Chiunque pubblicamente istiga alla disobbedienza delle leggi di ordine pubblico, ovvero all'odio fra le classi sociali, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.

Art. 416.
(Associazione per delinquere)
Quando tre o più persone si associano allo scopo di commettere più delitti, coloro che promuovono o costituiscono od organizzano l'associazione sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da tre a sette anni.
Per il solo fatto di partecipare all'associazione, la pena è della reclusione da uno a cinque anni.
I capi soggiacciono alla stessa pena stabilita per i promotori.
Se gli associati scorrono in armi le campagne o le pubbliche vie, si applica la reclusione da cinque a quindici anni.
La pena è aumentata se il numero degli associati è di dieci o più.
Se l'associazione è diretta a commettere taluno dei delitti di cui agli articoli 600, 601 , 601-bis e 602, nonché all'articolo 12, comma 3-bis, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, nonché agli articoli 22, commi 3 e 4, e 22-bis, comma 1, della legge 1° aprile 1999, n. 91,si applica la reclusione da cinque a quindici anni nei casi previsti dal primo comma e da quattro a nove anni nei casi previsti dal secondo comma.
Se l'associazione è diretta a commettere taluno dei delitti previsti dagli articoli 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-quater.1, 600-quinquies, 609-bis, quando il fatto è commesso in danno di un minore di anni diciotto, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies, quando il fatto è commesso in danno di un minore di anni diciotto, e 609-undecies, si applica la reclusione da quattro a otto anni nei casi previsti dal primo comma e la reclusione da due a sei anni nei casi previsti dal secondo comma.

Art. 416-bis.
Associazioni di tipo mafioso anche straniere
Chiunque fa parte di un'associazione di tipo mafioso formata da tre o più persone, è punito con la reclusione da dieci a quindici anni.
Coloro che promuovono, dirigono o organizzano l'associazione sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da dodici a diciotto anni.
L'associazione è di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sè o per altri ovvero al fine di impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a sè o ad altri in occasione di consultazioni elettorali.
Se l'associazione è armata si applica la pena della reclusione da dodici a venti anni nei casi previsti dal primo comma e da quindici a ventisei anni nei casi previsti dal secondo comma.
L'associazione si considera armata quando i partecipanti hanno la disponibilità, per il conseguimento della finalità dell'associazione, di armi o materie esplodenti, anche se occultate o tenute in luogo di deposito.
Se le attività economiche di cui gli associati intendono assumere o mantenere il controllo sono finanziate in tutto o in parte con il prezzo, il prodotto, o il profitto di delitti, le pene stabilite nei commi precedenti sono aumentate da un terzo alla metà.
Nei confronti del condannato è sempre obbligatoria la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prezzo, il prodotto, il profitto o che ne costituiscono l'impiego.
Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alla camorra, alla 'ndrangheta e alle altre associazioni, comunque localmente denominate, anche straniere, che valendosi della forza intimidatrice del vincolo associativo perseguono scopi corrispondenti a quelli delle associazioni di tipo mafioso.

Art. 416-bis.1
(Circostanze aggravanti e attenuanti per reati connessi ad attività mafiose).
Per i delitti punibili con pena diversa dall'ergastolo commessi avvalendosi delle condizioni previste dall'articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, la pena è aumentata da un terzo alla metà.
Le circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli articoli 98 e 114 concorrenti con l'aggravante di cui al primo comma non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a questa e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità di pena risultante dall'aumento conseguente alla predetta aggravante.
Per i delitti di cui all'articolo 416-bis e per quelli commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni di tipo mafioso, nei confronti dell'imputato che, dissociandosi dagli altri, si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori anche aiutando concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l'individuazione o la cattura degli autori dei reati, la pena dell'ergastolo è sostituita da quella della reclusione da dodici a venti anni e le altre pene sono diminuite da un terzo alla metà.
Nei casi previsti dal terzo comma non si applicano le disposizioni di cui al primo e secondo comma.

Art. 416-ter.
(Scambio elettorale politico-mafioso).
Chiunque accetta la promessa di procurare voti mediante le modalità di cui al terzo comma dell'articolo 416-bis in cambio dell'erogazione o della promessa di erogazione di denaro o di altra utilità è punito con la reclusione da sei a dodici anni.
La stessa pena si applica a chi promette di procurare voti con le modalità di cui al primo comma.

Art. 417.
(Misura di sicurezza)
Nel caso di condanna per i delitti preveduti dai due articoli precedenti, è sempre ordinata una misura di sicurezza.

Art. 418.
(Assistenza agli associati)
Chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato o di favoreggiamento, dà rifugio o fornisce vitto, ospitalità, mezzi di trasporto, strumenti di comunicazione a taluna delle persone che partecipano all'associazione è punito con la reclusione da due a quattro anni.
La pena è aumentata se l'assistenza è prestata continuatamente.
Non è punibile chi commette il fatto in favore di un prossimo congiunto.

Art. 419.
(Devastazione e saccheggio)
Chiunque, fuori dei casi preveduti dall'articolo 285, commette fatti di devastazione o di saccheggio è punito con la reclusione da otto a quindici anni.
La pena è aumentata se il fatto è commesso su armi, munizioni o viveri esistenti in luogo di vendita o di deposito.

Art. 420.
(Attentato a impianti di pubblica utilità).
Chiunque commette un fatto diretto a danneggiare o distruggere impianti di pubblica utilità, è punito, salvo che il fatto costituisca più grave reato, con la reclusione da uno a quattro anni.

Art. 421.
(Pubblica intimidazione)
Chiunque minaccia di commettere delitti contro la pubblica incolumità, ovvero fatti di devastazione o di saccheggio, in modo da incutere pubblico timore, è punito con la reclusione fino a un anno.

TITOLO SESTO
DEI DELITTI CONTRO L'INCOLUMITÀ PUBBLICA
CAPO I
Dei delitti di comune pericolo mediante violenza

Art. 422.
(Strage)
Chiunque, fuori dei casi preveduti dall'articolo 285, al fine di uccidere, compie atti tali da porre in pericolo la pubblica incolumità è punito, se dal fatto deriva la morte di più persone, con la morte.
Se è cagionata la morte di una sola persona, si applica l'ergastolo. In ogni altro caso si applica la reclusione non inferiore a quindici anni.

Art. 423.
(Incendio)
Chiunque cagiona un incendio è punito con la reclusione da tre a sette anni.
La disposizione precedente si applica anche nel caso d'incendio della cosa propria, se dal fatto deriva pericolo per la incolumità pubblica.

Art. 423-bis.
(Incendio boschivo).
Chiunque cagiona un incendio su boschi, selve o foreste ovvero su vivai forestali destinati al rimboschimento, propri o altrui, è punito con la reclusione da quattro a dieci anni.
Se l'incendio di cui al primo comma è cagionato per colpa, la pena è della reclusione da uno a cinque anni.
Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono aumentate se dall'incendio deriva pericolo per edifici o danno su aree protette.
Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono aumentate della metà, se dall'incendio deriva un danno grave, esteso e persistente all'ambiente.

Art. 424.
(Danneggiamento seguito da incendio)
Chiunque, al di fuori delle ipotesi previste nell'articolo 423-bis, al solo scopo di danneggiare la cosa altrui, appicca il fuoco a una cosa propria o altrui è punito, se dal fatto sorge il pericolo di un incendio, con la reclusione da sei mesi a due anni.
Se segue l'incendio, si applicano le disposizioni dell'articolo 423, ma la pena è ridotta da un terzo alla metà.
Se al fuoco appiccato a boschi, selve e foreste, ovvero vivai forestali destinati al rimboschimento, segue incendio, si applicano le pene previste dall'articolo 423-bis.

Art. 425.
(Circostanze aggravanti)
Nei casi preveduti dagli articoli 423 e 424, la pena è aumentata se il fatto è commesso:
1° su edifici pubblici o destinati a uso pubblico, su monumenti, cimiteri e loro dipendenze;
2° su edifici abitati o destinati a uso di abitazione, su impianti industriali o cantieri, o su miniere, cave, sorgenti, o su acquedotti o altri manufatti destinati a raccogliere e condurre le acque;
3° su navi o altri edifici natanti, o su aeromobili;
4° su scali ferroviari o marittimi, o aeroscali, magazzini generali o altri depositi di merci o derrate, o su ammassi o depositi di materie esplodenti, infiammabili o combustibili;

Art. 426.
(Inondazione, frana o valanga)
Chiunque cagiona un'inondazione o una frana, ovvero la caduta di una valanga, è punito con la reclusione da cinque a dodici anni.

Art. 427.
(Danneggiamento seguito da inondazione, frana o valanga)
Chiunque rompe, deteriora o rende in tutto o in parte inservibili chiuse, sbarramenti, argini, dighe o altre opere destinate alla difesa contro acque, valanghe o frane, ovvero alla raccolta o alla condotta delle acque, al solo scopo di danneggiamento, è punito, se dal fatto deriva il pericolo di un'inondazione o di una frana, ovvero della caduta di una valanga, con la reclusione da uno a cinque anni.
Se il disastro si verifica, la pena è della reclusione da tre a dieci anni.

Art. 428.
(Naufragio, sommersione o disastro aviatorio)
Chiunque cagiona il naufragio o la sommersione di una nave o di un altro edificio natante, ovvero la caduta di un aeromobile, di altrui proprietari, è punito con la reclusione da cinque a dodici anni.
La pena è della reclusione da cinque a quindici anni se il fatto è commesso distruggendo, rimuovendo o facendo mancare le lanterne o altri segnali, ovvero adoperando falsi segnali o altri mezzi fraudolenti.
Le disposizioni di questo articolo si applicano anche a chi cagiona il naufragio o la sommersione di una nave o di un altro edificio natante, ovvero la caduta di un aeromobile, di sua proprietà, se dal fatto deriva pericolo per la incolumità pubblica.

Art. 429.
(Danneggiamento seguito da naufragio)
Chiunque, al solo scopo di danneggiare una nave, un edificio natante o un aeromobile, ovvero un apparecchio prescritto per la sicurezza della navigazione, lo deteriora, ovvero lo rende in tutto o in parte inservibile, è punito, se dal fatto deriva pericolo di naufragio, di sommersione o di disastro aviatorio, con la reclusione da uno a cinque anni.
Se dal fatto deriva il naufragio, la sommersione o il disastro, la pena è della reclusione da tre a dieci anni.

Art. 430.
(Disastro ferroviario)
Chiunque cagiona un disastro ferroviario è punito con la reclusione da cinque a quindici anni.

Art. 431.
(Pericolo di disastro ferroviario causato da danneggiamento)
Chiunque, al solo scopo di danneggiare una strada ferrata ovvero macchine, veicoli, strumenti, apparecchi o altri oggetti che servono all'esercizio di essa, li distrugge in tutto o in parte, li deteriora o li rende altrimenti in tutto o in parte inservibili, è punito, se dal fatto deriva il pericolo di un disastro ferroviario, con la reclusione da due a sei anni.
Se dal fatto deriva il disastro, la pena è della reclusione da tre a dieci anni.
Per strade ferrate la legge penale intende, oltre le strade ferrate ordinarie, ogni altra strada con rotaie metalliche, sulla quale circolino veicoli mossi dal vapore, dall'elettricità o da un altro mezzo di trazione meccanica.

Art. 432.
(Attentati alla sicurezza dei trasporti)
Chiunque, fuori dei casi preveduti dagli articoli precedenti, pone in pericolo la sicurezza dei pubblici trasporti per terra, per acqua o per aria, è punito con la reclusione da uno a cinque anni.
Si applica la reclusione da tre mesi a due anni a chi lancia corpi contundenti o proiettili contro veicoli in movimento, destinati a pubblici trasporti per terra, per acqua o per aria.
Se dal fatto deriva un disastro, la pena è della reclusione da tre a dieci anni.

Art. 433.
(Attentati alla sicurezza degli impianti di energia elettrica e del gas, ovvero delle pubbliche comunicazioni)
Chiunque attenta alla sicurezza delle officine, delle opere, degli apparecchi o di altri mezzi destinati alla produzione o alla trasmissione di energia elettrica o di gas, per la illuminazione o per le industrie, è punito, qualora dal fatto derivi pericolo alla pubblica incolumità, con la reclusione da uno a cinque anni.
La stessa pena si applica a chi attenta alla sicurezza delle pubbliche comunicazioni telegrafiche o telefoniche, qualora dal fatto derivi pericolo per la pubblica incolumità.
Se dal fatto deriva un disastro, la pena è della reclusione da tre a dieci anni.

Art. 433-bis
(Attentato alla sicurezza delle installazioni nucleari).
Chiunque attenta alla sicurezza delle installazioni nucleari ovvero degli impianti, dei luoghi o dei mezzi adibiti alla produzione, alla conservazione o al trasporto di materie nucleari è punito, qualora dal fatto derivi pericolo per la pubblica incolumità, con la reclusione da quattro a otto anni.
Se dal fatto deriva un disastro, la pena è della reclusione da cinque a venti anni.

Art. 434.
(Crollo di costruzioni o altri disastri dolosi)
Chiunque, fuori dei casi preveduti dagli articoli precedenti, commette un fatto diretto a cagionare il crollo di una costruzione o di una parte di essa ovvero un altro disastro è punito, se dal fatto deriva pericolo per la pubblica incolumità, con la reclusione da uno a cinque anni.
La pena è della reclusione da tre a dodici anni se il crollo o il disastro avviene.

Art. 435.
(Fabbricazione o detenzione di materie esplodenti)
Chiunque, al fine di attentare alla pubblica incolumità, fabbrica, acquista o detiene dinamite o altre materie esplodenti, asfissianti, accecanti, tossiche o infiammabili, ovvero sostanze che servano alla composizione o alla fabbricazione di esse, è punito con la reclusione da uno a cinque anni. sicurezza detentiva.

Art. 436.
(Sottrazione, occultamento o guasto di apparecchi a pubblica difesa da infortuni)
Chiunque, in occasione di un incendio, di una inondazione, di una sommersione, di un naufragio, o di un altro disastro o pubblico infortunio, sottrae, occulta o rende inservibili materiali, apparecchi o altri mezzi destinati all'estinzione dell'incendio o all'opera di difesa, di salvataggio o di soccorso, ovvero in qualsiasi modo impedisce, od ostacola, che l'incendio sia estinto, o che sia prestata opera di difesa o di assistenza, è punito con la reclusione da due a sette anni.

Art. 437.
(Rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro)
Chiunque omette di collocare impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire disastri o infortuni sul lavoro, ovvero li rimuove o li danneggia, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.
Se dal fatto deriva un disastro o un infortunio, la pena è della reclusione da tre a dieci anni.

CAPO II
Dei delitti di comune pericolo mediante frode

Art. 438.
(Epidemia)
Chiunque cagiona un'epidemia mediante la diffusione di germi patogeni è punito con l'ergastolo.
Se dal fatto deriva la morte di più persone, si applica la pena di morte.

Art. 439.
(Avvelenamento di acque o di sostanze alimentari)
Chiunque avvelena acque o sostanze destinate all'alimentazione, prima che siano attinte o distribuite per il consumo, è punito con la reclusione non inferiore a quindici anni.
Se dal fatto deriva la morte di alcuno, si applica l'ergastolo; e, nel caso di morte di più persone, si applica la pena di morte.

Art. 440.
(Adulterazione e contraffazione di sostanze alimentari)
Chiunque corrompe o adultera acque o sostanze destinate all'alimentazione, prima che siano attinte o distribuite per il consumo, rendendole pericolose alla salute pubblica, è punito con la reclusione da tre a dieci anni.
La stessa pena si applica a chi contraffà, in modo pericoloso alla salute pubblica, sostanze alimentari destinate al commercio.
La pena è aumentata se sono adulterate o contraffatte sostanze medicinali.

Art. 441.
(Adulterazione e contraffazione di altre cose in danno della pubblica salute)
Chiunque adultera o contraffà, in modo pericoloso alla salute pubblica, cose destinate al commercio, diverse da quelle indicate nell'articolo precedente, è punito con la reclusione da uno a cinque anni o con la multa non inferiore a lire tremila.

Art. 442.
(Commercio di sostanze alimentari contraffatte o adulterate)
Chiunque, senza essere concorso nei reati preveduti dai tre articoli precedenti, detiene per il commercio, pone in commercio, ovvero distribuisce per il consumo acque, sostanze o cose che sono state da altri avvelenate, corrotte, adulterate o contraffatte, in modo pericoloso alla salute pubblica, soggiace alle pene rispettivamente stabilite nei detti articoli.

Art. 443.
(Commercio o somministrazione di medicinali guasti)
Chiunque detiene per il commercio, pone in commercio o somministra medicinali guasti o imperfetti è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa non inferiore a lire mille.

Art. 444.
(Commercio di sostanze alimentari nocive)
Chiunque detiene per il commercio, pone in commercio ovvero distribuisce per il consumo sostanze destinate all'alimentazione, non contraffatte nè adulterate, ma pericolose alla salute pubblica, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa non inferiore a lire cinquecento.
La pena è diminuita se la qualità nociva delle sostanze è nota alla persona che le acquista o le riceve.

Art. 445.
(Somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica)
Chiunque, esercitando, anche abusivamente, il commercio di sostanze medicinali, le somministra in specie, qualità o quantità non corrispondente alle ordinazioni mediche, o diversa da quella dichiarata o pattuita, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni e con la multa da lire mille a diecimila.

Art. 446.
(Confisca obbligatoria).
In caso di condanna per taluno dei delitti preveduti negli articoli 439, 440, 441 e 442, se dal fatto è derivata la morte o la lesione grave o gravissima di una persona, la confisca delle cose indicate nel primo comma dell'articolo 240 è obbligatoria.

Art. 447.
[abrogato]

Art. 448.
(Pene accessorie)
La condanna per taluno dei delitti preveduti da questo capo importa la pubblicazione della sentenza.
La condanna per taluno dei delitti preveduti dagli articoli 439, 440, 441 e 442 importa l'interdizione da cinque a dieci anni dalla professione, arte, industria, commercio o mestiere nonché l'interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese per lo stesso periodo. La condanna comporta altresì la pubblicazione della sentenza su almeno due quotidiani a diffusione nazionale.

CAPO III
Dei delitti colposi di comune pericolo

Art. 449.
(Delitti colposi di danno)
Chiunque, al di fuori delle ipotesi previste nel secondo comma dell'articolo 423-bis, cagiona per colpa un incendio, o un altro disastro preveduto dal capo primo di questo titolo, è punito con la reclusione da uno a cinque anni.
La pena è raddoppiata se si tratta di disastro ferroviario o di naufragio o di sommersione di una nave adibita a trasporto di persone o di caduta di un aeromobile adibito a trasporto di persone.

Art. 450.
(Delitti colposi di pericolo)
Chiunque, con la propria azione od omissione colposa, fa sorgere o persistere il pericolo di un disastro ferroviario, di un'inondazione, di un naufragio, o della sommersione di una nave o di un altro edificio natante, è punito con la reclusione fino a due anni.
La reclusione non è inferiore a un anno se il colpevole ha trasgredito ad una particolare ingiunzione dell'Autorità diretta alla rimozione del pericolo.

Art. 451.
(Omissione colposa di cautele o difese contro disastri o infortuni sul lavoro)
Chiunque, per colpa, omette di collocare, ovvero rimuove o rende inservibili apparecchi o altri mezzi destinati alla estinzione di un incendio, o al salvataggio o al soccorso contro disastri o infortuni sul lavoro, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da lire mille a cinquemila.

Art. 452.
(Delitti colposi contro la salute pubblica)
Chiunque commette, per colpa, alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 438 e 439 è punito:
1° con la reclusione da tre a dodici anni, nei casi per i quali le dette disposizioni stabiliscono la pena di morte;
2° con la reclusione da uno a cinque anni, nei casi per i quali esse stabiliscono l'ergastolo;
3° con la reclusione da sei mesi a tre anni, nel caso in cui l'articolo 439 stabilisce la pena della reclusione.
Quando sia commesso per colpa alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 440, 441, 442, 443, 444 e 445 si applicano le pene ivi rispettivamente stabilite ridotte da un terzo a un sesto.

TITOLO VI-BIS
DEI DELITTI CONTRO L'AMBIENTE

Art. 452-bis.
(Inquinamento ambientale).
È punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 10.000 a euro 100.000 chiunque abusivamente cagiona una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili:
1) delle acque o dell'aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo;
2) di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna.
Quando l'inquinamento è prodotto in un'area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, ovvero in danno di specie animali o vegetali protette, la pena è aumentata.

Art. 452-ter.
(Morte o lesioni come conseguenza del delitto di inquinamento ambientale).
Se da uno dei fatti di cui all'articolo 452-bis deriva, quale conseguenza non voluta dal reo, una lesione personale, ad eccezione delle ipotesi in cui la malattia ha una durata non superiore ai venti giorni, si applica la pena della reclusione da due anni e sei mesi a sette anni; se ne deriva una lesione grave, la pena della reclusione da tre a otto anni; se ne deriva una lesione gravissima, la pena della reclusione da quattro a nove anni; se ne deriva la morte, la pena della reclusione da cinque a dieci anni.
Nel caso di morte di più persone, di lesioni di più persone, ovvero di morte di una o più persone e lesioni di una o più persone, si applica la pena che dovrebbe infliggersi per l'ipotesi più grave, aumentata fino al triplo, ma la pena della reclusione non può superare gli anni venti.

Art. 452-quater.
(Disastro ambientale).
Fuori dai casi previsti dall'articolo 434, chiunque abusivamente cagiona un disastro ambientale è punito con la reclusione da cinque a quindici anni. Costituiscono disastro ambientale alternativamente:
1) l'alterazione irreversibile dell'equilibrio di un ecosistema;
2) l'alterazione dell'equilibrio di un ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali;
3) l'offesa alla pubblica incolumità in ragione della rilevanza del fatto per l'estensione della compromissione o dei suoi effetti lesivi ovvero per il numero delle persone offese o esposte a pericolo.
Quando il disastro è prodotto in un'area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, ovvero in danno di specie animali o vegetali protette, la pena è aumentata.

Art. 452-quinquies.
(Delitti colposi contro l'ambiente).
Se taluno dei fatti di cui agli articoli 452-bis e 452-quater è commesso per colpa, le pene previste dai medesimi articoli sono diminuite da un terzo a due terzi.
Se dalla commissione dei fatti di cui al comma precedente deriva il pericolo di inquinamento ambientale o di disastro ambientale le pene sono ulteriormente diminuite di un terzo.

Art. 452-sexies.
(Traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività).
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 10.000 a euro 50.000 chiunque abusivamente cede, acquista, riceve, trasporta, importa, esporta, procura ad altri, detiene, trasferisce, abbandona o si disfa illegittimamente di materiale ad alta radioattività.
La pena di cui al primo comma è aumentata se dal fatto deriva il pericolo di compromissione o deterioramento:
1) delle acque o dell'aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo;
2) di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna.
Se dal fatto deriva pericolo per la vita o per l'incolumità delle persone, la pena è aumentata fino alla metà.

Art. 452-septies.
(Impedimento del controllo).
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, negando l'accesso, predisponendo ostacoli o mutando artificiosamente lo stato dei luoghi, impedisce, intralcia o elude l'attività di vigilanza e controllo ambientali e di sicurezza e igiene del lavoro, ovvero ne compromette gli esiti, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.

Art. 452-octies.
(Circostanze aggravanti).
Quando l'associazione di cui all'articolo 416 è diretta, in via esclusiva o concorrente, allo scopo di commettere taluno dei delitti previsti dal presente titolo, le pene previste dal medesimo articolo 416 sono aumentate.
Quando l'associazione di cui all'articolo 416-bis è finalizzata a commettere taluno dei delitti previsti dal presente titolo ovvero all'acquisizione della gestione o comunque del controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, di appalti o di servizi pubblici in materia ambientale, le pene previste dal medesimo articolo 416-bis sono aumentate.
Le pene di cui ai commi primo e secondo sono aumentate da un terzo alla metà se dell'associazione fanno parte pubblici ufficiali o incaricati di un pubblico servizio che esercitano funzioni o svolgono servizi in materia ambientale.

Art. 452-novies.
(Aggravante ambientale).
Quando un fatto già previsto come reato è commesso allo scopo di eseguire uno o più tra i delitti previsti dal presente titolo, dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, o da altra disposizione di legge posta a tutela dell'ambiente, ovvero se dalla commissione del fatto deriva la violazione di una o più norme previste dal citato decreto legislativo n. 152 del 2006 o da altra legge che tutela l'ambiente, la pena nel primo caso è aumentata da un terzo alla metà e nel secondo caso è aumentata di un terzo. In ogni caso il reato è procedibile d'ufficio.

Art. 452-decies.
(Ravvedimento operoso).
Le pene previste per i delitti di cui al presente titolo, per il delitto di associazione per delinquere di cui all'articolo 416 aggravato ai sensi dell'articolo 452-octies, nonché per il delitto di cui all'articolo 260 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, sono diminuite dalla metà a due terzi nei confronti di colui che si adopera per evitare che l'attività delittuosa venga portata a conseguenze ulteriori, ovvero, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, provvede concretamente alla messa in sicurezza, alla bonifica e, ove possibile, al ripristino dello stato dei luoghi, e diminuite da un terzo alla metà nei confronti di colui che aiuta concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella ricostruzione del fatto, nell'individuazione degli autori o nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissione dei delitti.
Ove il giudice, su richiesta dell'imputato, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado disponga la sospensione del procedimento per un tempo congruo, comunque non superiore a due anni e prorogabile per un periodo massimo di un ulteriore anno, al fine di consentire le attività di cui al comma precedente in corso di esecuzione, il corso della prescrizione è sospeso.

Art. 452-undecies.
(Confisca).
Nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti, a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per i delitti previsti dagli articoli 452-bis, 452-quater, 452-sexies, 452-septies e 452-octies del presente codice, è sempre ordinata la confisca delle cose che costituiscono il prodotto o il profitto del reato o che servirono a commettere il reato, salvo che appartengano a persone estranee al reato.
Quando, a seguito di condanna per uno dei delitti previsti dal presente titolo, sia stata disposta la confisca di beni ed essa non sia possibile, il giudice individua beni di valore equivalente di cui il condannato abbia anche indirettamente o per interposta persona la disponibilità e ne ordina la confisca.
I beni confiscati ai sensi dei commi precedenti o i loro eventuali proventi sono messi nella disponibilità della pubblica amministrazione competente e vincolati all'uso per la bonifica dei luoghi.
L'istituto della confisca non trova applicazione nell'ipotesi in cui l'imputato abbia efficacemente provveduto alla messa in sicurezza e, ove necessario, alle attività di bonifica e di ripristino dello stato dei luoghi.

Art. 452-duodecies.
(Ripristino dello stato dei luoghi).
Quando pronuncia sentenza di condanna ovvero di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale per taluno dei delitti previsti dal presente titolo, il giudice ordina il recupero e, ove tecnicamente possibile, il ripristino dello stato dei luoghi, ponendone l'esecuzione a carico del condannato e dei soggetti di cui all'articolo 197 del presente codice.
Al ripristino dello stato dei luoghi di cui al comma precedente si applicano le disposizioni di cui al titolo II della parte sesta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in materia di ripristino ambientale.

Art. 452-terdecies.
(Omessa bonifica).
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, essendovi obbligato per legge, per ordine del giudice ovvero di un'autorità pubblica, non provvede alla bonifica, al ripristino o al recupero dello stato dei luoghi è punito con la pena della reclusione da uno a quattro anni e con la multa da euro 20.000 a euro 80.000.

Art. 452-quaterdecies.
(Attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti).
Chiunque, al fine di conseguire un ingiusto profitto, con più operazioni e attraverso l'allestimento di mezzi e attività continuative organizzate, cede, riceve, trasporta, esporta, importa, o comunque gestisce abusivamente ingenti quantitativi di rifiuti è punito con la reclusione da uno a sei anni.
Se si tratta di rifiuti ad alta radioattività si applica la pena della reclusione da tre a otto anni.
Alla condanna conseguono le pene accessorie di cui agli articoli 28, 30, 32-bis e 32-ter, con la limitazione di cui all'articolo 33.
Il giudice, con la sentenza di condanna o con quella emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, ordina il ripristino dello stato dell'ambiente e può subordinare la concessione della sospensione condizionale della pena all'eliminazione del danno o del pericolo per l'ambiente.
È sempre ordinata la confisca delle cose che servirono a commettere il reato o che costituiscono il prodotto o il profitto del reato, salvo che appartengano a persone estranee al reato. Quando essa non sia possibile, il giudice individua beni di valore equivalente di cui il condannato abbia anche indirettamente o per interposta persona la disponibilità e ne ordina la confisca.

TITOLO SETTIMO
DEI DELITTI CONTRO LA FEDE PUBBLICA
CAPO I
Della falsità in monete, in carte di pubblico credito e in valori di bollo

Art. 453.
(Falsificazione di monete, spendita e introduzione nello Stato, previo concerto, di monete falsificate)
È punito con la reclusione da tre a dodici anni e con la multa da lire cinquemila a trentamila:
1° chiunque contraffà monete nazionali o straniere, aventi corso legale nello Stato o fuori;
2° chiunque altera in qualsiasi modo monete genuine, col dare ad esse l'apparenza di un valore superiore;
3° chiunque, non essendo concorso nella contraffazione o nell'alterazione, ma di concerto con chi l'ha eseguita ovvero con un intermediario, introduce nel territorio dello Stato o detiene o spende o mette altrimenti in circolazione monete contraffatte o alterate;
4° chiunque, al fine di metterle in circolazione, acquista o comunque riceve, da chi le ha falsificate, ovvero da un intermediario, monete contraffatte o alterate.
La stessa pena si applica a chi, legalmente autorizzato alla produzione, fabbrica indebitamente, abusando degli strumenti o dei materiali nella sua disponibilità, quantitativi di monete in eccesso rispetto alle prescrizioni.
La pena è ridotta di un terzo quando le condotte di cui al primo e secondo comma hanno ad oggetto monete non aventi ancora corso legale e il termine iniziale dello stesso è determinato..

Art. 454.
(Alterazione di monete)
Chiunque altera monete della qualità indicata nell'articolo precedente, scemandone in qualsiasi modo il valore, ovvero, rispetto alle monete in tal modo alterate, commette alcuno dei fatti indicati nei numeri 3° e 4° del detto articolo, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da lire mille a cinquemila.

Art. 455.
(Spendita e introduzione nello Stato, senza concerto, di monete falsificate)
Chiunque, fuori dei casi preveduti dai due articoli precedenti, introduce nel territorio dello Stato, acquista o detiene monete contraffatte o alterate, al fine di metterle in circolazione, ovvero le spende o le mette altrimenti in circolazione, soggiace alle pene stabilite nei detti articoli, ridotte da un terzo alla metà.

Art. 456.
(Circostanze aggravanti)
Le pene stabilite negli articoli 453 e 455 sono aumentate se dai fatti ivi preveduti deriva una diminuzione nel prezzo della valuta o dei titoli di Stato, o ne è compromesso il credito nei mercati interni o esteri.

Art. 457.
(Spendita di monete falsificate ricevute in buona fede)
Chiunque spende, o mette altrimenti in circolazione monete contraffatte o alterate, da lui ricevute in buona fede, è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a lire diecimila.

Art. 458.
(Parificazione delle carte di pubblico credito alle monete)
Agli effetti della legge penale, sono parificate alle monete le carte di pubblico credito.
Per carte di pubblico credito s'intendono, oltre quelle che hanno corso legale come moneta, le carte e cedole al portatore emesse dai Governi, e tutte le altre aventi corso legale emesse da istituti a ciò autorizzati.

Art. 459.
(Falsificazione di valori di bollo, introduzione nello Stato, acquisto, detenzione o messa in circolazione di valori di bollo falsificati)
Le diposizioni degli articoli 453, 455 e 457 si applicano anche alla contraffazione o alterazione di valori di bollo e alla introduzione nel territorio dello Stato, o all'acquisto, detenzione e messa in circolazione di valori di bollo contraffatti; ma le pene sono ridotte di un terzo.
Agli effetti della legge penale, s'intendono per valori di bollo la carta bollata, le marche da bollo, i francobolli e gli altri valori equiparati a questi da leggi speciali.

Art. 460.
(Contraffazione di carta filigranata in uso per la fabbricazione di carte di pubblico credito o di valori di bollo)
Chiunque contraffà la carta filigranata che si adopera per la fabbricazione delle carte di pubblico credito o dei valori di bollo, ovvero acquista, detiene o aliena tale carta contraffatta, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con la reclusione da due a sei anni e con la multa da lire tremila a diecimila.

Art. 461.
(Fabbricazione o detenzione di filigrane o di strumenti destinati alla falsificazione di monete, di valori di bollo o di carta filigranata)
Chiunque fabbrica, acquista, detiene o aliena filigrane, programmi e dati informatici o strumenti destinati ... alla contraffazione o alterazione di monete, di valori di bollo o di carta filigranata è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da lire mille a cinquemila.
La stessa pena si applica se le condotte previste dal primo comma hanno ad oggetto ologrammi o altri componenti della moneta destinati ad assicurarne la protezione contro la contraffazione o l'alterazione.

Art. 462.
(Falsificazione di biglietti di pubbliche imprese di trasporto)
Chiunque contraffà o altera biglietti di strade ferrate o di altre pubbliche imprese di trasporto, ovvero, non essendo concorso nella contraffazione o nell'alterazione, acquista o detiene al fine di metterli in circolazione, o mette in circolazione tali biglietti contraffatti o alterati, è punito con la reclusione fino a un anno e con la multa da lire cento a duemila.

Art. 463.
(Casi di non punibilità)
Non è punibile chi, avendo commesso alcuno dei fatti preveduti dagli articoli precedenti, riesce, prima che l'Autorità ne abbia notizia, a impedire la contraffazione, l'alterazione, la fabbricazione o la circolazione delle cose indicate negli articoli stessi.

Art. 464.
(Uso di valori di bollo contraffatti o alterati)
Chiunque, non essendo concorso nella contraffazione o nell'alterazione, fa uso di valori di bollo contraffatti o alterati è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a lire cinquemila. Se i valori sono stati ricevuti in buona fede, si applica la pena
stabilita nell'articolo 457, ridotta di un terzo.

Art. 465.
(Uso di biglietti falsificati di pubbliche imprese di trasporto)
Chiunque, non essendo concorso nella contraffazione o nell'alterazione, fa uso di biglietti di strade ferrate o di altre pubbliche imprese di trasporto, contraffatti o alterati, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire duecentomila a un milione duecentomila.
Se i biglietti sono stati ricevuti in buona fede, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da lire centomila a seicentomila.

Art. 466.
(Alterazione di segni nei valori di bollo o nei biglietti usati e uso degli oggetti così alterati)
Chiunque cancella o fa in qualsiasi modo scomparire, da valori di bollo o da biglietti di strade ferrate o di altre pubbliche imprese di trasporto, i segni appostivi per indicare l'uso già fattone, è punito, qualora ne faccia uso o lasci che altri ne faccia uso, con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire duecentomila a un milione duecentomila.
Alla stessa sanzione soggiace chi, senza essere concorso nell'alterazione, fa uso dei valori di bollo o dei biglietti alterati. Se le cose sono state ricevute in buona fede, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da lire centomila a seicentomila.

Art. 466-bis
(Confisca).
Nel caso di condanna o di applicazione di pena su richiesta delle parti, a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per uno dei delitti di cui agli articoli 453, 454, 455, 460 e 461 è sempre ordinata la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prodotto, il prezzo o il profitto, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero quando essa non è possibile dei beni di cui il condannato ha comunque la disponibilità, per un valore corrispondente al profitto, al prodotto o al prezzo del reato. Si applica il terzo comma dell'articolo 322-ter.

CAPO II
Della falsità in sigilli o strumenti o segni di autenticazione, certificazione o riconoscimento

Art. 467.
(Contraffazione del sigillo dello Stato e uso del sigillo contraffatto)
Chiunque contraffà il sigillo dello Stato, destinato a essere apposto sugli atti del Governo, ovvero, non essendo concorso nella contraffazione, fa uso di tale sigillo da altri contraffatto, è punito con la reclusione da tre a sei anni e con la multa da lire mille a ventimila.

Art. 468.
(Contraffazione di altri pubblici sigilli o strumenti destinati a pubblica autenticazione o certificazione e uso di tali sigilli e strumenti contraffatti)
Chiunque contraffà il sigillo di un ente pubblico o di un pubblico ufficio, ovvero, non essendo concorso nella contraffazione, fa uso di tale sigillo contraffatto, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da lire mille a diecimila.
La stessa pena si applica a chi contraffà altri strumenti destinati a pubblica autenticazione o certificazione, ovvero, senza essere concorso nella contraffazione, fa uso di tali strumenti.

Art. 469.
(Contraffazione delle impronte di una pubblica autenticazione o certificazione)
Chiunque, con mezzi diversi dagli strumenti indicati negli articoli precedenti, contraffà le impronte di una pubblica autenticazione o certificazione, ovvero, non essendo concorso nella contraffazione, fa uso della cosa che reca l'impronta contraffatta, soggiace alle pene rispettivamente stabilite nei detti articoli, ridotte di un terzo.

Art. 470.
(Vendita o acquisto di cose con impronte contraffatte di una pubblica autenticazione o certificazione)
Chiunque, fuori dei casi di concorso nei reati preveduti dagli articoli precedenti, pone in vendita o acquista cose sulle quali siano le impronte contraffatte di una pubblica autenticazione o certificazione, soggiace alle pene rispettivamente stabilite per i detti reati.

Art. 471.
(Uso abusivo di sigilli e strumenti veri)
Chiunque, essendosi procurati i veri sigilli o i veri strumenti destinati a pubblica autenticazione o certificazione, ne fa uso a danno altrui, o a profitto di sè o di altri, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a lire tremila.

Art. 472.
(Uso o detenzione di misure o pesi con falsa impronta)
Chiunque fa uso, a danno altrui, di misure o di pesi con l'impronta legale contraffatta o alterata, o comunque alterati, è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a lire cinquemila.
La stessa pena si applica a chi nell'esercizio di una attività commerciale, ovvero in uno spaccio aperto al pubblico, detiene misure o pesi con l'impronta legale contraffatta o alterata, ovvero comunque alterati.
Agli effetti della legge penale, nella denominazione di misure o di pesi è compreso qualsiasi strumento per misurare o pesare.

Art. 473.
(Contraffazione, alterazione o uso di marchi o segni distintivi ovvero di brevetti, modelli e disegni).
Chiunque, potendo conoscere dell'esistenza del titolo di proprietà industriale, contraffà o altera marchi o segni distintivi, nazionali o esteri, di prodotti industriali, ovvero chiunque, senza essere concorso nella contraffazione o alterazione, fa uso di tali marchi o segni contraffatti o alterati, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 2.500 a euro 25.000.
Soggiace alla pena della reclusione da uno a quattro anni e della multa da euro 3.500 a euro 35.000 chiunque contraffà o altera brevetti, disegni o modelli industriali, nazionali o esteri, ovvero, senza essere concorso nella contraffazione o alterazione, fa uso di tali brevetti, disegni o modelli contraffatti o alterati.
I delitti previsti dai commi primo e secondo sono punibili a condizione che siano state osservate le norme delle leggi interne, dei regolamenti comunitari e delle convenzioni internazionali sulla tutela della proprietà intellettuale o industriale.

Art. 474.
(Introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi).
Fuori dei casi di concorso nei reati previsti dall'articolo 473, chiunque introduce nel territorio dello Stato, al fine di trarne profitto, prodotti industriali con marchi o altri segni distintivi, nazionali o esteri, contraffatti o alterati è punito con la reclusione da uno a quattro anni e con la multa da euro 3.500 a euro 35.000.
Fuori dei casi di concorso nella contraffazione, alterazione, introduzione nel territorio dello Stato, chiunque detiene per la vendita, pone in vendita o mette altrimenti in circolazione, al fine di trarne profitto, i prodotti di cui al primo comma è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a euro 20.000.
I delitti previsti dai commi primo e secondo sono punibili a condizione che siano state osservate le norme delle leggi interne, dei regolamenti comunitari e delle convenzioni internazionali sulla tutela della proprietà intellettuale o industriale.

Art. 474-bis.
(Confisca).
Nei casi di cui agli articoli 473 e 474 è sempre ordinata, salvi i diritti della persona offesa alle restituzioni e al risarcimento del danno, la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono l'oggetto, il prodotto, il prezzo o il profitto, a chiunque appartenenti.
Quando non è possibile eseguire il provvedimento di cui al primo comma, il giudice ordina la confisca di beni di cui il reo ha la disponibilità per un valore corrispondente al profitto. Si applica il terzo comma dell'articolo 322-ter.
Si applicano le disposizioni dell'articolo 240, commi terzo e quarto, se si tratta di cose che servirono o furono destinate a commettere il reato, ovvero che ne sono l'oggetto, il prodotto, il prezzo o il profitto, appartenenti a persona estranea al reato medesimo, qualora questa dimostri di non averne potuto prevedere l'illecito impiego, anche occasionale, o l'illecita provenienza e di non essere incorsa in un difetto di vigilanza.
Le disposizioni del presente articolo si osservano anche nel caso di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma del titolo II del libro sesto del codice di procedura penale.

Art. 474-ter.
(Circostanza aggravante).
Se, fuori dai casi di cui all'articolo 416, i delitti puniti dagli articoli 473 e 474, primo comma, sono commessi in modo sistematico ovvero attraverso l'allestimento di mezzi e attività organizzate, la pena è della reclusione da due a sei anni e della multa da euro 5.000 a euro 50.000.
Si applica la pena della reclusione fino a tre anni e della multa fino a euro 30.000 se si tratta dei delitti puniti dall'articolo 474, secondo comma.

Art. 474-quater.
(Circostanza attenuante).
Le pene previste dagli articoli 473 e 474 sono diminuite dalla metà a due terzi nei confronti del colpevole che si adopera per aiutare concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nell'azione di contrasto dei delitti di cui ai predetti articoli 473 e 474, nonché nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l'individuazione o la cattura dei concorrenti negli stessi, ovvero per la individuazione degli strumenti occorrenti per la commissione dei delitti medesimi o dei profitti da essi derivanti.

Art. 475.
(Pena accessoria)
La condanna per alcuno dei delitti preveduti dai due articoli precedenti importa la pubblicazione della sentenza.

CAPO III
Della falsità in atti

Art. 476.
(Falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici)
Il pubblico ufficiale, che, nell'esercizio delle sue funzioni, forma, in tutto o in parte, un atto falso o altera un atto vero, è punito con la reclusione da uno a sei anni.
Se la falsità concerne un atto o parte di un atto, che faccia fede fino a querela di falso, la reclusione è da tre a dieci anni.

Art. 477.
(Falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in certificati o autorizzazioni amministrative)
Il pubblico ufficiale, che, nell'esercizio delle sue funzioni, contraffà o altera certificati o autorizzazioni amministrative, ovvero, mediante contraffazione o alterazione, fa apparire adempiute le condizioni richieste per la loro validità, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.

Art. 478.
(Falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in copie autentiche di atti pubblici o privati e in attestati del contenuto di atti)
Il pubblico ufficiale, che, nell'esercizio delle sue funzioni, supponendo esistente un atto pubblico o privato, ne simula una copia e la rilascia in forma legale, ovvero rilascia una copia di un atto pubblico o privato diversa dall'originale, è punito con la reclusione da uno a quattro anni.
Se la falsità concerne un atto o parte di un atto, che faccia fede fino a querela di falso, la reclusione è da tre a otto anni.
Se la falsità è commessa dal pubblico ufficiale in un attestato sul contenuto di atti, pubblici o privati, la pena è della reclusione da uno a tre anni.

Art. 479.
(Falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici)
Il pubblico ufficiale, che, ricevendo o formando un atto nell'esercizio delle sue funzioni, attesta falsamente che un fatto è stato da lui compiuto o è avvenuto alla sua presenza, o attesta come da lui ricevute dichiarazioni a lui non rese, ovvero omette o altera dichiarazioni da lui ricevute, o comunque attesta falsamente fatti dei quali l'atto è destinato a provare la verità, soggiace alle pene stabilite nell'articolo 476.

Art. 480.
(Falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in certificati o in autorizzazioni amministrative)
Il pubblico ufficiale, che, nell'esercizio delle sue funzioni, attesta falsamente, in certificati o autorizzazioni amministrative, fatti dei quali l'atto è destinato a provare la verità, è punito con la reclusione da tre mesi a due anni.

Art. 481.
(Falsità ideologica in certificati commessa da persone esercenti un servizio di pubblica necessità)
Chiunque, nell'esercizio di una professione sanitaria o forense, o di un altro servizio di pubblica necessità, attesta falsamente, in un certificato, fatti dei quali l'atto è destinato a provare la verità, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da lire cinquecento a cinquemila.
Tali pene si applicano congiuntamente se il fatto è commesso a scopo di lucro.

Art. 482.
(Falsità materiale commessa dal privato)
Se alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 476, 477 e 478 è commesso da un privato, ovvero da un pubblico ufficiale fuori dell'esercizio delle sue funzioni, si applicano rispettivamente le pene stabilite nei detti articoli, ridotte di un terzo.

Art. 483.
(Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico)
Chiunque attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, fatti dei quali l'atto è destinato a provare la verità, è punito con la reclusione fino a due anni.
Se si tratta di false attestazioni in atti dello stato civile, la reclusione non può essere inferiore a tre mesi.

Art. 484.
(Falsità in registri e notificazioni)
Chiunque, essendo per legge obbligato a fare registrazioni soggette all'ispezione dell'Autorità di pubblica sicurezza, o a fare notificazioni all'Autorità stessa circa le proprie operazioni industriali, commerciali o professionali, scrive o lascia scrivere false indicazioni è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a lire tremila.

Art. 485
[abrogato]

Art. 486
[abrogato]

Art. 487.
(Falsità in foglio firmato in bianco. Atto pubblico)
Il pubblico ufficiale, che, abusando di un foglio firmato in bianco, del quale abbia il possesso per ragione del suo ufficio e per un titolo che importa l'obbligo o la facoltà di riempirlo, vi scrive o vi fa scrivere un atto pubblico diverso da quello a cui era obbligato o autorizzato, soggiace alle pene rispettivamente stabilite negli articoli 479 e 480.

Art. 488.
Altre falsità in foglio firmato in bianco. Applicabilità delle disposizioni sulle falsità materiali .
Ai casi di falsità su un foglio firmato in bianco diversi da quelli preveduti dall'articolo 487 si applicano le disposizioni sulle falsità materiali in atti pubblici.

Art. 489.
(Uso di atto falso)
Chiunque, senza essere concorso nella falsità, fa uso di un atto falso soggiace alle pene stabilite negli articoli precedenti, ridotte di un terzo.

Art. 490.
(Soppressione, distruzione e occultamento di atti veri)
Chiunque, in tutto o in parte, distrugge, sopprime od occulta un atto pubblico vero o, al fine di recare a sè o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, distrugge, sopprime od occulta un testamento olografo, una cambiale o un altro titolo di credito trasmissibile per girata o al portatore veri, soggiace rispettivamente alle pene stabilite negli articoli 476, 477 e 482, secondo le distinzioni in essi contenute.

Art. 491.
Falsità in testamento olografo, cambiale o titoli di credito.
Se alcuna delle falsità prevedute dagli articoli precedenti riguarda un testamento olografo, ovvero una cambiale o un altro titolo di credito trasmissibile per girata o al portatore e il fatto è commesso al fine di recare a sè o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, si applicano le pene rispettivamente stabilite nella prima parte dell'articolo 476 e nell'articolo 482.
Nel caso di contraffazione o alterazione degli atti di cui al primo comma, chi ne fa uso, senza essere concorso nella falsità, soggiace alla pena stabilita nell'articolo 489 per l'uso di atto pubblico falso.

Art. 491-bis.
Documenti informatici.
Se alcuna delle falsità previste dal presente capo riguarda un documento informatico pubblico avente efficacia probatoria, si applicano le disposizioni del capo stesso concernenti gli atti pubblici.

Art. 492.
(Copie autentiche che tengono luogo degli originali mancanti)
Agli effetti delle disposizioni precedenti, nella denominazione di atti pubblici e di scritture private sono compresi gli atti originali e le copie autentiche di essi, quando a norma di legge tengano luogo degli originali mancanti.

Art. 493.
(Falsità commesse da pubblici impiegati incaricati di un servizio pubblico)
Le disposizioni degli articoli precedenti sulle falsità commesse da pubblici ufficiali si applicano altresì agli impiegati dello Stato, o di un altro ente pubblico, incaricati di un pubblico servizio, relativamente agli atti che essi redigono nell'esercizio delle loro attribuzioni.

Art. 493-bis.
Casi di perseguibilità a querela.
I delitti previsti dagli articoli 490 e 491, quando concernono una cambiale o un titolo di credito trasmissibile per girata o al portatore, sono punibili a querela della persona offesa.
Si procede d'ufficio, se i fatti previsti dagli articoli di cui al precedente comma riguardano un testamento olografo.

Art. 493-ter.
(Indebito utilizzo e falsificazione di carte di credito e di pagamento.)
Chiunque al fine di trarne profitto per sè o per altri, indebitamente utilizza, non essendone titolare, carte di credito o di pagamento, ovvero qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all'acquisto di beni o alla prestazione di servizi, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da 310 euro a 1.550 euro. Alla stessa pena soggiace chi, al fine di trarne profitto per sè o per altri, falsifica o altera carte di credito o di pagamento o qualsiasi altro documento analogo che abiliti al prelievo di denaro contante o all'acquisto di beni o alla prestazione di servizi, ovvero possiede, cede o acquisisce tali carte o documenti di provenienza illecita o comunque falsificati o alterati, nonché ordini di pagamento prodotti con essi.
In caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale per il delitto di cui al primo comma è ordinata la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato, nonché del profitto o del prodotto, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero quando essa non è possibile, la confisca di beni, somme di denaro e altre utilità di cui il reo ha la disponibilità per un valore corrispondente a tale profitto o prodotto.
Gli strumenti sequestrati ai fini della confisca di cui al secondo comma, nel corso delle operazioni di polizia giudiziaria, sono affidati dall'autorità giudiziaria agli organi di polizia che ne facciano richiesta.

CAPO IV
Della falsità personale

Art. 494.
(Sostituzione di persona)
Chiunque, al fine di procurare a sè o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, induce taluno in errore, sostituendo illegittimamente la propria all'altrui persona, o attribuendo a sè o ad altri un falso nome, o un falso stato, ovvero una qualità a cui la legge attribuisce effetti giuridici, è punito, se il fatto non costituisce un altro delitto contro la fede pubblica, con la reclusione fino a un anno.

Art. 495.
(Falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri).
Chiunque dichiara o attesta falsamente al pubblico ufficiale l'identità, lo stato o altre qualità della propria o dell'altrui persona è punito con la reclusione da uno a sei anni.
La reclusione non è inferiore a due anni:
1) se si tratta di dichiarazioni in atti dello stato civile;
2) se la falsa dichiarazione sulla propria identità, sul proprio stato o sulle proprie qualità personali è resa all'autorità giudiziaria da un imputato o da una persona sottoposta ad indagini, ovvero se, per effetto della falsa dichiarazione, nel casellario giudiziale una decisione penale viene iscritta sotto falso nome.

Art. 495-bis.
(Falsa dichiarazione o attestazione al certificatore di firma elettronica sull'identità o su qualità personali proprie o di altri).
Chiunque dichiara o attesta falsamente al soggetto che presta servizi di certificazione delle firme elettroniche l'identità o lo stato o altre qualità della propria o dell'altrui persona è punito con la reclusione fino ad un anno.

Art. 495-ter.
(Fraudolente alterazioni per impedire l'identificazione o l'accertamento di qualità personali).
Chiunque, al fine di impedire la propria o altrui identificazione, altera parti del proprio o dell'altrui corpo utili per consentire l'accertamento di identità o di altre qualità personali, è punito con la reclusione da uno a sei anni.
Il fatto è aggravato se commesso nell'esercizio di una professione sanitaria.

Art. 496.
(False dichiarazioni sulla identità o su qualità personali proprie o di altri).
Chiunque, fuori dei casi indicati negli articoli precedenti, interrogato sulla identità, sullo stato o su altre qualità della propria o dell'altrui persona, fa mendaci dichiarazioni a un pubblico ufficiale o a persona incaricata di un pubblico servizio, nell'esercizio delle funzioni o del servizio, è punito con la reclusione da uno a cinque anni.

Art. 497.
(Frode nel farsi rilasciare certificati del casellario giudiziale e uso indebito di tali certificati)
Chiunque si procura con frode un certificato del casellario giudiziale o un altro certificato penale relativo ad altra persona, ovvero ne fa uso per uno scopo diverso da quello per cui esso è domandato, è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a lire cinquemila.

Art. 497-bis.
Possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi.
Chiunque è trovato in possesso di un documento falso valido per l'espatrio è punito con la reclusione da due a cinque anni.
La pena di cui al primo comma è aumentata da un terzo alla metà per chi fabbrica o comunque forma il documento falso, ovvero lo detiene fuori dei casi di uso personale.

Art. 497-ter.
(Possesso di segni distintivi contraffatti).
Le pene di cui all'articolo 497-bis, si applicano anche, rispettivamente:
1) a chiunque illecitamente detiene segni distintivi, contrassegni o documenti di identificazione in uso ai Corpi di polizia, ovvero oggetti o documenti che ne simulano la funzione;
2) a chiunque illecitamente fabbrica o comunque forma gli oggetti e i documenti indicati nel numero precedente, ovvero illecitamente ne fa uso.

Art. 498.
(Usurpazione di titoli o di onori)
Chiunque, fuori dei casi previsti dall'articolo 497-ter, abusivamente porta in pubblico la divisa o i segni distintivi di un ufficio o impiego pubblico, o di un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, ovvero di una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato, ovvero indossa abusivamente in pubblico l'abito ecclesiastico, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire trecentomila a un milione ottocentomila.
Alla stessa sanzione soggiace chi si arroga dignità o gradi accademici, titoli, decorazioni o altre pubbliche insegne onorifiche, ovvero qualità inerenti ad alcuno degli uffici, impieghi o professioni, indicati nella disposizione precedente.
Per le violazioni di cui al presente articolo si applica la sanzione amministrativa accessoria della pubblicazione del provvedimento che accerta la violazione con le modalità stabilite dall'articolo 36 e non è ammesso il pagamento in misura ridotta previsto dall'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689.

TITOLO OTTAVO
DEI DELITTI CONTRO L'ECONOMIA PUBBLICA, L'INDUSTRIA E IL COMMERCIO
CAPO I
Dei delitti contro l'economia pubblica

Art. 499.
(Distruzione di materie prime o di prodotti agricoli o industriali ovvero di mezzi di produzione)
Chiunque, distruggendo materie prime o prodotti agricoli o industriali, ovvero mezzi di produzione, cagiona un grave nocumento alla produzione nazionale o fa venir meno in misura notevole merci di comune o largo consumo, è punito con la reclusione da tre a dodici anni e con la multa non inferiore a lire ventimila.

Art. 500.
(Diffusione di una malattia delle piante o degli animali)
Chiunque cagiona la diffusione di una malattia alle piante o agli animali, pericolosa all'economia rurale o forestale, ovvero al patrimonio zootecnico della nazione, è punito con la reclusione da uno a cinque anni.
Se la diffusione avviene per colpa, la pena è della multa da lire mille a ventimila.

Art. 501.
(Rialzo e ribasso fraudolento di prezzi sul pubblico mercato o nelle borse di commercio).
Chiunque, al fine di turbare il mercato interno dei valori o delle merci, pubblica o altrimenti divulga notizie false, esagerate o tendenziose o adopera altri artifici atti a cagionare un aumento o una diminuzione del prezzo delle merci, ovvero dei valori ammessi nelle liste di borsa o negoziabili nel pubblico mercato, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa da uno a cinquanta milioni di lire.
Se l'aumento o la diminuzione del prezzo delle merci o dei valori si verifica, le pene sono aumentate.
Le pene sono raddoppiate:
1) se il fatto è commesso dal cittadino per favorire interessi stranieri;
2) se dal fatto deriva un deprezzamento della valuta nazionale o dei titoli dello Stato, ovvero il rincaro di merci di comune o largo consumo.
Le pene stabilite nelle disposizioni precedenti si applicano anche se il fatto è commesso all'estero, in danno della valuta nazionale o di titoli pubblici italiani.
La condanna importa l'interdizione dai pubblici uffici.

Art. 501-bis.
(Manovre speculative su merci).
Fuori dei casi previsti dall'articolo precedente, chiunque, nell'esercizio di qualsiasi attività produttiva o commerciale, compie manovre speculative ovvero occulta, accaparra od incetta materie prime, generi alimentari di largo consumo o prodotti di prima necessità, in modo atto a determinarne la rarefazione o il rincaro sul mercato interno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da uno a cinquanta milioni di lire.
Alla stessa pena soggiace chiunque, in presenza di fenomeni di rarefazione o rincaro sul mercato interno delle merci indicate nella prima parte del presente articolo e nell'esercizio delle medesime attività, ne sottrae alla utilizzazione o al consumo rilevanti quantità.
L'autorità giudiziaria competente e, in caso di flagranza, anche gli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria procedono al sequestro delle merci, osservando le norme sull'istruzione formale. L'autorità giudiziaria competente dispone la vendita coattiva immediata delle merci stesse nelle forme di cui all'articolo 625 del codice di procedura penale.
La condanna importa l'interdizione dall'esercizio di attività commerciali o industriali per le quali sia richiesto uno speciale permesso o una speciale abilitazione, autorizzazione o licenza da parte dell'autorità e la pubblicazione della sentenza.

Art. 502.
(Serrata e sciopero per fini contrattuali)
Il datore di lavoro, che, col solo scopo d'imporre ai suoi dipendenti modificazioni ai patti stabiliti, o di opporsi a modificazioni di tali patti, ovvero di ottenere o impedire una diversa applicazione dei patti o usi esistenti, sospende in tutto o in parte il lavoro nei suoi stabilimenti, aziende o uffici, è punito con la multa non inferiore a lire diecimila.
I lavoratori addetti a stabilimenti, aziende o uffici, che, in numero di tre o più, abbandonano collettivamente il lavoro, ovvero lo prestano in modo da turbarne la continuità o la regolarità, col solo scopo di imporre ai datori di lavoro patti diversi da quelli stabiliti, ovvero di opporsi a modificazioni di tali patti o, comunque, di ottenere o impedire una diversa applicazione dei patti o usi esistenti, sono puniti con la multa fino a lire mille.

Art. 503.
(Serrata e sciopero per fini non contrattuali)
Il datore di lavoro o i lavoratori, che per fine politico commettono, rispettivamente, alcuno dei fatti preveduti dall'articolo precedente, sono puniti con la reclusione fino a un anno e con la multa non inferiore a lire diecimila, se si tratta d'un datore di lavoro, ovvero con la reclusione fino a sei mesi e con la multa fino a lire mille, se si tratta di lavoratori.

Art. 504.
(Coazione alla pubblica Autorità mediante serrata o sciopero)
Quando alcuno dei fatti preveduti dall'articolo 502 è commesso con lo scopo di costringere l'Autorità a dare o ad omettere un provvedimento, ovvero con lo scopo di influire sulle deliberazioni di essa, si applica la pena della reclusione fino a due anni.

Art. 505.
(Serrata o sciopero a scopo di solidarietà o di protesta)
Il datore di lavoro o i lavoratori, che, fuori dei casi indicati nei due articoli precedenti, commettono uno dei fatti preveduti dall'articolo 502 soltanto per solidarietà con altri datori di lavoro o con altri lavoratori ovvero soltanto per protesta, soggiacciono alle pene ivi stabilite.

Art. 506.
(Serrata di esercenti di piccole industrie o commerci)
Gli esercenti di aziende industriali o commerciali, i quali, non avendo lavoratori alla loro dipendenza, in numero di tre o più sospendono collettivamente il lavoro per uno degli scopi indicati nei tre articoli precedenti, soggiacciono alle pene ivi rispettivamente stabilite per i datori di lavoro, ridotte alla metà.

Art. 507.
(Boicottaggio)
Chiunque, per uno degli scopi indicati negli articoli 502, 503, 504 e 505, mediante propaganda o valendosi della forza e autorità di partiti, leghe o associazioni, induce una o più persone a non stipulare patti di lavoro o a non somministrare materie o strumenti necessari al lavoro, ovvero a non acquistare gli altrui prodotti agricoli o industriali, è punito con la reclusione fino a tre anni.
Se concorrono fatti di violenza o di minaccia, si applica la reclusione da due a sei anni.

Art. 508.
(Arbitraria invasione e occupazione di aziende agricole o industriali. Sabotaggio)
Chiunque, col solo scopo d'impedire o turbare il normale svolgimento del lavoro, invade od occupa l'altrui azienda agricola o industriale, ovvero dispone di altrui macchine, scorte, apparecchi o strumenti destinati alla produzione agricola o industriale, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa non inferiore a lire mille.
Soggiace alla reclusione da sei mesi a quattro anni e alla multa non inferiore a lire cinquemila, qualora il fatto non costituisca un più grave reato, chi danneggia gli edifici adibiti ad azienda agricola o industriale, ovvero un'altra delle cose indicate nella disposizione precedente.

Art. 509.
Inosservanza delle norme disciplinanti i rapporti di lavoro
Il datore di lavoro o il lavoratore, il quale non adempie gli obblighi che gli derivano da un contratto collettivo o dalle norme emanate dagli organi corporativi, è punito con la sanzione amministrativa da lire duecentomila a lire un milione.

Art. 510.
(Circostanze aggravanti)
Quando i fatti preveduti dagli articoli 502 e seguenti sono commessi in tempo di guerra, ovvero hanno determinato dimostrazioni, tumulti o sommosse popolari, le pene stabilite negli articoli stessi sono aumentate.

Art. 511.
(Pena per i capi, promotori e organizzatori)
Le pene stabilite per i delitti preveduti dagli articoli 502 e seguenti sono raddoppiate per i capi, promotori od organizzatori; e, se sia stabilita dalla legge la sola pena pecuniaria, è aggiunta la reclusione da sei mesi a due anni.

Art. 512.
(Pena accessoria)
La condanna per alcuno dei delitti preveduti dagli articoli 502 e seguenti importa l'interdizione da ogni ufficio sindacale per la durata di anni cinque.

Art. 512-bis.
(Trasferimento fraudolento di valori).
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque attribuisce fittiziamente ad altri la titolarità o disponibilità di denaro, beni o altre utilità al fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali o di contrabbando, ovvero di agevolare la commissione di uno dei delitti di cui agli articoli 648, 648-bis e 648-ter, è punito con la reclusione da due a sei anni.

CAPO II
Dei delitti contro l'industria e il commercio

Art. 513.
(Turbata libertà dell'industria o del commercio)
Chiunque adopera violenza sulle cose ovvero mezzi fraudolenti per impedire o turbare l'esercizio di un'industria o di un commercio è punito, a querela della persona offesa, se il fatto non costituisce un più grave reato, con la reclusione fino a due anni e con la multa da lire mille a diecimila.

Art. 513-bis.
Illecita concorrenza con minaccia o violenza.
Chiunque nell'esercizio di un'attività commerciale, industriale o comunque produttiva, compie atti di concorrenza con violenza o minaccia è punito con la reclusione da due a sei anni.
La pena è aumentata se gli atti di concorrenza riguardano un'attività finanziata in tutto o in parte ed in qualsiasi modo dallo Stato o da altri enti pubblici.

Art. 514.
(Frodi contro le industrie nazionali)
Chiunque, ponendo in vendita o mettendo altrimenti in circolazione, sui mercati nazionali o esteri, prodotti industriali, con nomi, marchi o segni distintivi contraffatti o alterati, cagiona un nocumento all'industria nazionale è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa non inferiore a lire cinquemila.
Se per i marchi o segni distintivi sono state osservate le norme delle leggii interne o delle convenzioni internazionali sulla tutela della proprietà industriale, la pena è aumentata e non si applicano le disposizioni degli articoli 473 e 474.

Art. 515.
(Frode nell'esercizio del commercio)
Chiunque, nell'esercizio di una attività commerciale, ovvero in uno spaccio aperto al pubblico, consegna all'acquirente una cosa mobile per un'altra, ovvero una cosa mobile, per origine, provenienza, qualità o quantità, diversa da quella dichiarata o pattuita, è punito, qualora il fatto non costituisca un più grave delitto, con la reclusione fino a due anni o con la multa fino a lire ventimila.
Se si tratta di oggetti preziosi, la pena è della reclusione fino a tre anni o della multa non inferiore a lire mille.

Art. 516.
(Vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine)
Chiunque pone in vendita o mette altrimenti in commercio come genuine sostanze alimentari non genuine è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a lire diecimila.

Art. 517.
(Vendita di prodotti industriali con segni mendaci)
Chiunque pone in vendita o mette altrimenti in circolazione opere dell'ingegno o prodotti industriali, con nomi, marchi o segni distintivi nazionali o esteri, atti a indurre in inganno il compratore sull'origine, provenienza o qualità dell'opera o del prodotto, è punito, se il fatto non è preveduto come reato da altra disposizione di legge, con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a ventimila euro.

Art. 517-bis.
(Circostanza aggravante).
Le pene stabilite dagli articoli 515, 516 e 517 sono aumentate se i fatti da essi previsti hanno ad oggetto alimenti o bevande la cui denominazione di origine o geografica o le cui specificità sono protette dalle norme vigenti.
Negli stessi casi, il giudice, nel pronunciare condanna, può disporre, se il fatto è di particolare gravità o in caso di recidiva specifica, la chiusura dello stabilimento o dell'esercizio in cui il fatto è stato commesso da un minimo di cinque giorni ad un massimo di tre mesi, ovvero la revoca della licenza, dell'autorizzazione o dell'analogo provvedimento amministrativo che consente lo svolgimento dell'attività commerciale nello stabilimento o nell'esercizio stesso.

Art. 517-ter.
(Fabbricazione e commercio di beni realizzati usurpando titoli di proprietà industriale).
Salva l'applicazione degli articoli 473 e 474 chiunque, potendo conoscere dell'esistenza del titolo di proprietà industriale, fabbrica o adopera industrialmente oggetti o altri beni realizzati usurpando un titolo di proprietà industriale o in violazione dello stesso è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a euro 20.000.
Alla stessa pena soggiace chi, al fine di trarne profitto, introduce nel territorio dello Stato, detiene per la vendita, pone in vendita con offerta diretta ai consumatori o mette comunque in circolazione i beni di cui al primo comma.
Si applicano le disposizioni di cui agli articoli 474-bis, 474-ter, secondo comma, e 517-bis, secondo comma.
I delitti previsti dai commi primo e secondo sono punibili sempre che siano state osservate le norme delle leggi interne, dei regolamenti comunitari e delle convenzioni internazionali sulla tutela della proprietà intellettuale o industriale.

Art. 517-quater.
(Contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari).
Chiunque contraffà o comunque altera indicazioni geografiche o denominazioni di origine di prodotti agroalimentari è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a euro 20.000.
Alla stessa pena soggiace chi, al fine di trarne profitto, introduce nel territorio dello Stato, detiene per la vendita, pone in vendita con offerta diretta ai consumatori o mette comunque in circolazione i medesimi prodotti con le indicazioni o denominazioni contraffatte.
Si applicano le disposizioni di cui agli articoli 474-bis, 474-ter, secondo comma, e 517-bis, secondo comma.
I delitti previsti dai commi primo e secondo sono punibili a condizione che siano state osservate le norme delle leggi interne, dei regolamenti comunitari e delle convenzioni internazionali in materia di tutela delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari.

Art. 517-quinquies.
(Circostanza attenuante).
Le pene previste dagli articoli 517-ter e 517-quater sono diminuite dalla metà a due terzi nei confronti del colpevole che si adopera per aiutare concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nell'azione di contrasto dei delitti di cui ai predetti articoli 517-ter e 517-quater, nonché nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l'individuazione o la cattura dei concorrenti negli stessi, ovvero per la individuazione degli strumenti occorrenti per la commissione dei delitti medesimi o dei profitti da essi derivanti.

CAPO III
Disposizione comune ai capi precedenti

Art. 518.
(Pubblicazione della sentenza)
La condanna per alcuno dei delitti preveduti dagli articoli 501, 514, 515, 516 e 517 importa la pubblicazione della sentenza.

TITOLO NONO
DEI DELITTI CONTRO LA MORALITÀ PUBBLICA E IL BUON COSTUME
CAPO I
Dei delitti contro la libertà sessuale
[abrogato]
art. 519
art. 520
art. 521
art. 522
art. 523
art. 524
art. 525
art. 526

CAPO II
Delle offese al pudore e all'onore sessuale

Art. 527.
(Atti osceni)
Chiunque, in luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico, compie atti osceni è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.000 a euro 30.000.
Si applica la pena della reclusione da quattro mesi a quattro anni e sei mesi. se il fatto è commesso all'interno o nelle immediate vicinanze di luoghi abitualmente frequentati da minori e se da ciò deriva il pericolo che essi vi assistano.
Se il fatto avviene per colpa, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da lire centomila a seicentomila.

Art. 528.
(Pubblicazioni e spettacoli osceni)
Chiunque, allo scopo di farne commercio o distribuzione ovvero di esporli pubblicamente, fabbrica, introduce nel territorio dello Stato, acquista, detiene, esporta, ovvero mette in circolazione scritti, disegni, immagini od altri oggetti osceni di qualsiasi specie, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 a euro 50.000.
Alla stessa sanzione soggiace chi fa commercio, anche se clandestino, degli oggetti indicati nella disposizione precedente, ovvero li distribuisce o espone pubblicamente.
Si applicano la reclusione da tre mesi a tre anni e la multa non inferiore a euro 103 a chi:
1° adopera qualsiasi mezzo di pubblicità atto a favorire la circolazione o il commercio degli oggetti indicati nella prima parte di questo articolo;
2° dà pubblici spettacoli teatrali o cinematografici, ovvero audizioni o recitazioni pubbliche, che abbiano carattere di oscenità.
Nel caso preveduto dal numero 2°, la pena è aumentata se il fatto è commesso nonostante il divieto dell'Autorità.

Art. 529.
(Atti e oggetti osceni: nozione)
Agli effetti della legge penale, si considerano osceni gli atti e gli oggetti che, secondo il comune sentimento, offendono il pudore.
Non si considera oscena l'opera d'arte o l'opera di scienza, salvo che, per motivo diverso da quello di studio, sia offerta in vendita, venduta o comunque procurata a persona minore degli anni diciotto.

Art. 530
Art. 531.
Art. 532.
Art. 533.
Art. 534.
Art. 535.
Art. 536.
[abrogati]

Art. 537.
(Tratta di donne e di minori commessa all'estero)
I delitti preveduti dai due articoli precedenti sono punibili anche se commessi da un cittadino in territorio estero.

Art. 538.
(Misura di sicurezza)
Alla condanna per il delitto preveduto dall'articolo 531 può essere aggiunta una misura di sicurezza detentiva. La misura di sicurezza detentiva è sempre aggiunta nei casi preveduti dagli articoli 532, 533, 534, 535 e 536.

CAPO III
Disposizioni comuni ai capi precedenti

Art. 539
[abrogato]

Art. 540.
(Rapporto di parentela)
Agli effetti della legge penale, quando il rapporto di parentela è considerato come elemento costitutivo o come circostanza aggravante o attenuante o come causa di non punibilità, la filiazione fuori del matrimonio è equiparata alla filiazione nel matrimonio.
Il rapporto di filiazione fuori del matrimonio è stabilito osservando i limiti di prova indicati dalla legge civile, anche se per effetti diversi dall'accertamento dello stato delle persone.

Art. 541
Art. 542
Art. 543
Art. 544.
[abrogati]

TITOLO IX-BIS
DEI DELITTI CONTRO IL SENTIMENTO PER GLI ANIMALI

Art. 544-bis.
(Uccisione di animali).
Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da quattro mesi a due anni.

Art. 544-ter.
(Maltrattamento di animali).
Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche ecologiche è punito con la reclusione da tre a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro.
La stessa pena si applica a chiunque somministra agli animali sostanze stupefacenti o vietate ovvero li sottopone a trattamenti che procurano un danno alla salute degli stessi.
La pena è aumentata della metà se dai fatti di cui al primo comma deriva la morte dell'animale.

Art. 544-quater.
(Spettacoli o manifestazioni vietati).
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque organizza o promuove spettacoli o manifestazioni che comportino sevizie o strazio per gli animali è punito con la reclusione da quattro mesi a due anni e con la multa da 3.000 a 15.000 euro.
La pena è aumentata da un terzo alla metà se i fatti di cui al primo comma sono commessi in relazione all'esercizio di scommesse clandestine o al fine di trarne profitto per sè od altri ovvero se ne deriva la morte dell'animale.

Art. 544-quinquies.
(Divieto di combattimenti tra animali).
Chiunque promuove, organizza o dirige combattimenti o competizioni non autorizzate tra animali che possono metterne in pericolo l'integrità fisica è punito con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da 50.000 a 160.000 euro.
La pena è aumentata da un terzo alla metà:
1) se le predette attività sono compiute in concorso con minorenni o da persone armate;
2) se le predette attività sono promosse utilizzando videoriproduzioni o materiale di qualsiasi tipo contenente scene o immagini dei combattimenti o delle competizioni;
3) se il colpevole cura la ripresa o la registrazione in qualsiasi forma dei combattimenti o delle competizioni.
Chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato, allevando o addestrando animali li destina sotto qualsiasi forma e anche per il tramite di terzi alla loro partecipazione ai combattimenti di cui al primo comma è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 5.000 a 30.000 euro. La stessa pena si applica anche ai proprietari o ai detentori degli animali impiegati nei combattimenti e nelle competizioni di cui al primo comma, se consenzienti.
Chiunque, anche se non presente sul luogo del reato, fuori dei casi di concorso nel medesimo, organizza o effettua scommesse sui combattimenti e sulle competizioni di cui al primo comma è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 5.000 a 30.000 euro.

Art. 544-sexies.
(Confisca e pene accessorie).
Nel caso di condanna, o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per i delitti previsti dagli articoli 544-ter, 544-quater e 544-quinquies, è sempre ordinata la confisca dell'animale, salvo che appartenga a persona estranea al reato.
È altresì disposta la sospensione da tre mesi a tre anni dell'attività di trasporto, di commercio o di allevamento degli animali se la sentenza di condanna o di applicazione della pena su richiesta è pronunciata nei confronti di chi svolge le predette attività. In caso di recidiva è disposta l'interdizione dall'esercizio delle attività medesime.

TITOLO DECIMO
DEI DELITTI CONTRO LA INTEGRITÀ E LA SANITÀ DELLA STIRPE
[abrogato]
art. 545
art. 546
art. 547
art. 548
art. 549
art. 550
art. 551
art. 552
art. 553
art. 554
art. 555

TITOLO UNDECIMO
DEI DELITTI CONTRO LA FAMIGLIA
CAPO I
Dei delitti contro il matrimonio

Art. 556.
(Bigamia)
Chiunque, essendo legato da matrimonio avente effetti civili, ne contrae un altro, pur avente effetti civili, è punito con la reclusione da uno a cinque anni. Alla stessa pena soggiace chi, non essendo coniugato, contrae matrimonio con persona legata da matrimonio avente effetti civili.
La pena è aumentata se il colpevole ha indotto in errore la persona, con la quale ha contratto matrimonio, sulla libertà dello stato proprio o di lei.
Se il matrimonio, contratto precedentemente dal bigamo, è dichiarato nullo, ovvero è annullato il secondo matrimonio per causa diversa dalla bigamia, il reato è estinto, anche rispetto a coloro che sono concorsi nel reato, e, se vi è stata condanna, ne cessano l'esecuzione e gli effetti penali.

Art. 557.
(Prescrizione del reato)
Il termine della prescrizione per il delitto preveduto dall'articolo precedente decorre dal giorno in cui è sciolto uno dei due matrimoni o è dichiarato nullo il secondo per bigamia.

Art. 558.
(Induzione al matrimonio mediante inganno)
Chiunque, nel contrarre matrimonio avente effetti civili, con mezzi fraudolenti occulta all'altro coniuge l'esistenza di un impedimento che non sia quello derivante da un precedente matrimonio è punito, se il matrimonio è annullato a causa dell'impedimento occultato, con la reclusione fino a un anno ovvero con la multa da lire duemila a diecimila.

Art. 559.
(Adulterio)
La moglie adultera è punita con la reclusione fino a un anno.
Con la stessa pena è punito il correo dell'adultera.
La pena è della reclusione fino a due anni nel caso di relazione adulterina.
Il delitto è punibile a querela del marito.

Art. 560.
(Concubinato)
Il marito, che tiene una concubina nella casa coniugale, o notoriamente altrove, è punito con la reclusione fino a due anni.
La concubina è punita con la stessa pena.
Il delitto è punibile a querela della moglie.

Art. 561.
(Casi di non punibilità. Circostanza attenuante)
Nel caso preveduto dall'articolo 559, non è punibile la moglie quando il marito l'abbia indotta o eccitata alla prostituzione ovvero abbia comunque tratto vantaggio dalla prostituzione di lei.
Nei casi preveduti dai due articoli precedenti non è punibile il coniuge legalmente separato per colpa dell'altro coniuge, ovvero da questo ingiustamente abbandonato.
Se il fatto è commesso dal coniuge legalmente separato per colpa propria o per colpa propria e dell'altro coniuge o per mutuo consenso, la pena è diminuita.

Art. 562.
(Pena accessoria e sanzione civile)
La condanna per alcuno dei delitti preveduti dagli articoli 556 e 560 importa la perdita dell'autorità maritale.
Con la sentenza di condanna per adulterio o per concubinato il giudice può, sull'istanza del coniuge offeso, ordinare i provvedimenti temporanei di indole civile, che ritenga urgenti nell'interesse del coniuge offeso e della prole.
Tali provvedimenti sono immediatamente eseguibili, ma cessano di aver effetto se, entro tre mesi dalla sentenza di condanna, divenuta irrevocabile, non è presentata dinanzi al giudice civile domanda di separazione personale.

Art. 563.
(Estinzione del reato)
Nei casi preveduti dagli articoli 559 e 560 la remissione della querela, anche se intervenuta dopo la condanna, estingue il reato.
Estinguono altresì il reato:
1° la morte del coniuge offeso;
2° l'annullamento del matrimonio del colpevole di adulterio o di concubinato.
L'estinzione del reato ha effetto anche riguardo al correo e alla concubina e ad ogni persona che sia concorsa nel reato; e, se vi è stata condanna, ne cessano l'esecuzione e gli effetti penali.

CAPO II
Dei delitti contro la morale famigliare

Art. 564.
(Incesto)
Chiunque, in modo che ne derivi pubblico scandalo, commette incesto con un discendente o un ascendente, o con un affine in linea retta, ovvero con una sorella o un fratello, è punito con la reclusione da uno a cinque anni.
La pena è della reclusione da due a otto anni nel caso di relazione incestuosa.
Nei casi preveduti dalle disposizioni precedenti, se l'incesto è commesso da persona maggiore di età con persona minore degli anni diciotto, la pena è aumentata per la persona maggiorenne.
La condanna pronunciata contro il genitore importa la perdita della responsabilità genitoriale o della tutela legale.

Art. 565.
(Attentati alla morale famigliare commessi col mezzo della stampa periodica)
Chiunque nella cronaca dei giornali o di altri scritti periodici, nei disegni che ad essa si riferiscono, ovvero nelle inserzioni fatte a scopo di pubblicità sugli stessi giornali o scritti, espone o mette in rilievo circostanze tali da offendere la morale famigliare, è punito con la multa da lire mille a cinquemila.

CAPO III
Dei delitti contro lo stato di famiglia

Art. 566.
(Supposizione o soppressione di stato)
Chiunque fa figurare nei registri dello stato civile una nascita inesistente è punito con la reclusione da tre a dieci anni.
Alla stessa pena soggiace chi, mediante l'occultamento di un neonato, ne sopprime lo stato civile.

Art. 567.
(Alterazione di stato)
Chiunque, mediante la sostituzione di un neonato, ne altera lo stato civile è punito con la reclusione da tre a dieci anni.
Si applica la reclusione da cinque a quindici anni a chiunque, nella formazione di un atto di nascita, altera lo stato civile di un neonato, mediante false certificazioni, false attestazioni o altre falsità.

Art. 568.
( Occultamento di stato di un figlio )
Chiunque depone o presenta un fanciullo, già iscritto nei registri dello stato civile come figlio nato nel matrimonio o riconosciuto, in un ospizio di trovatelli o in un altro luogo di beneficenza, occultandone lo stato, è punito con la reclusione da uno a cinque anni.

Art. 569.
(Pena accessoria)
La condanna pronunciata contro il genitore per alcuno dei delitti preveduti da questo capo importa la perdita della responsabilità genitoriale o della tutela legale.

CAPO IV
Dei delitti contro l'assistenza famigliare

Art. 570.
(Violazione degli obblighi di assistenza famigliare)
Chiunque, abbandonando il domicilio domestico, o comunque serbando una condotta contraria all'ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale, alla tutela legale, o alla qualità di coniuge, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da lire mille a diecimila.
Le dette pene si applicano congiuntamente a chi:
1° malversa o dilapida i beni del figlio minore o del pupillo o del coniuge;
2° fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore, ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge, il quale non sia legalmente separato per sua colpa.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa salvo nei casi previsti dal numero 1 e, quando il reato è commesso nei confronti dei minori, dal numero 2 del precedente comma.
Le disposizioni di questo articolo non si applicano se il fatto è preveduto come più grave reato da un'altra disposizione di legge.

Art. 570-bis.
(Violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o di scioglimento del matrimonio).
Le pene previste dall'articolo 570 si applicano al coniuge che si sottrae all'obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio ovvero viola gli obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli.

Art. 571.
(Abuso dei mezzi di correzione o di disciplina)
Chiunque abusa dei mezzi di correzione o di disciplina in danno di una persona sottoposta alla sua autorità, o a lui affidata per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, ovvero per l'esercizio di una professione o di un'arte, è punito, se dal fatto deriva il pericolo di una malattia nel corpo o nella mente, con la reclusione fino a sei mesi.
Se dal fatto deriva una lesione personale, si applicano le pene stabilite negli articoli 582 e 583, ridotte a un terzo; se ne deriva la morte, si applica la reclusione da tre a otto anni.

Art. 572.
(Maltrattamenti contro familiari e conviventi).
Chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo precedente, maltratta una persona della famiglia o comunque convivente, o una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l'esercizio di una professione o di un'arte, è punito con la reclusione da due a sei anni.
Se dal fatto deriva una lesione personale grave, si applica la reclusione da quattro a nove anni; se ne deriva una lesione gravissima, la reclusione da sette a quindici anni; se ne deriva la morte, la reclusione da dodici a ventiquattro anni.

Art. 573.
(Sottrazione consensuale di minorenni)
Chiunque sottrae un minore, che abbia compiuto gli anni quattordici, col consenso di esso, al genitore esercente la responsabilità genitoriale o al tutore, ovvero lo ritiene contro la volontà del medesimo genitore o tutore, è punito, a querela di questo, con la reclusione fino a due anni.
La pena è diminuita, se il fatto è commesso per fine di matrimonio; è aumentata, se è commesso per fine di libidine.
Si applicano le disposizioni degli articoli 525 e 544.

Art. 574.
(Sottrazione di persone incapaci)
Chiunque sottrae un minore degli anni quattordici, o un infermo di mente, al genitore esercente la responsabilità genitoriale, al tutore, o al curatore, o a chi ne abbia la vigilanza o la custodia, ovvero lo ritiene contro la volontà dei medesimi, è punito, a querela del genitore esercente la responsabilità genitoriale, del tutore o del curatore, con la reclusione da uno a tre anni.
Alla stessa pena soggiace, a querela delle stesse persone, chi sottrae o ritiene un minore che abbia compiuto gli anni quattordici, senza il consenso di esso, per fine diverso da quello di libidine o di matrimonio.
Si applicano le disposizioni degli articoli 525 e 544.

Art. 574-bis.
(Sottrazione e trattenimento di minore all'estero).
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque sottrae un minore al genitore esercente la responsabilità genitoriale o al tutore, conducendolo o trattenendolo all'estero contro la volontà del medesimo genitore o tutore, impedendo in tutto o in parte allo stesso l'esercizio della responsabilità genitoriale, è punito con la reclusione da uno a quattro anni.
Se il fatto di cui al primo comma è commesso nei confronti di un minore che abbia compiuto gli anni quattordici e con il suo consenso, si applica la pena della reclusione da sei mesi a tre anni.
Se i fatti di cui al primo e secondo comma sono commessi da un genitore in danno del figlio minore, la condanna comporta la sospensione dall'esercizio della responsabilità genitoriale.

Art. 574-ter.
(Costituzione di un'unione civile agli effetti della legge penale).
Agli effetti della legge penale il termine matrimonio si intende riferito anche alla costituzione di un'unione civile tra persone dello stesso sesso.
Quando la legge penale considera la qualità di coniuge come elemento costitutivo o come circostanza aggravante di un reato essa si intende riferita anche alla parte di un'unione civile tra persone dello stesso sesso.

TITOLO DODICESIMO
DEI DELITTI CONTRO LA PERSONA
CAPO I
Dei delitti contro la vita e l'incolumità individuale

Art. 575.
(Omicidio)
Chiunque cagiona la morte di un uomo è punito con la reclusione non inferiore ad anni ventuno.

Art. 576.
(Circostanze aggravanti. Ergastolo )
Si applica la pena dell'ergastolo se il fatto preveduto dall'articolo precedente è commesso:
1° col concorso di taluna delle circostanze indicate nel numero 2° dell'articolo 61;
2° contro l'ascendente o il discendente, quando concorre taluna delle circostanze indicate nei numeri 1° e 4° dell'articolo 61 o quando è adoperato un mezzo venefico o un altro mezzo insidioso ovvero quando vi è premeditazione;
3° dal latitante, per sottrarsi all'arresto, alla cattura o alla carcerazione ovvero per procurarsi i mezzi di sussistenza durante la latitanza;
4° dall'associato per delinquere, per sottrarsi all'arresto, alla cattura o alla carcerazione;
5) in occasione della commissione di taluno dei delitti previsti dagli articoli 572, 600-bis, 600-ter, 609-bis, 609-quater e 609-octies;
5.1) dall'autore del delitto previsto dall'articolo 612-bis nei confronti della stessa persona offesa;
5-bis) contro un ufficiale o agente di polizia giudiziaria, ovvero un ufficiale o agente di pubblica sicurezza, nell'atto o a causa dell'adempimento delle funzioni o del servizio.
È latitante, agli effetti della legge penale, chi si trova nelle condizioni indicate nel numero 6° dell'articolo 61.

Art. 577.
(Altre circostanze aggravanti. Ergastolo)
Si applica la pena dell'ergastolo se il fatto preveduto dall'articolo 575 è commesso:
1° contro l'ascendente o il discendente o contro il coniuge, anche legalmente separato, contro l'altra parte dell'unione civile o contro la persona legata al colpevole da relazione affettiva e con esso stabilmente convivente;
2° col mezzo di sostanze venefiche, ovvero con un altro mezzo insidioso;
3° con premeditazione;
4° col concorso di taluna delle circostanze indicate nei numeri 1° e 4° dell'articolo 61.
La pena è della reclusione da ventiquattro a trenta anni, se il fatto è commesso contro il coniuge divorziato, l'altra parte dell'unione civile, ove cessata, il fratello o la sorella, il padre o la madre adottivi, o il figlio adottivo, o contro un affine in linea retta.

Art. 578.
(Infanticidio in condizioni di abbandono materiale e morale).
La madre che cagiona la morte del proprio neonato immediatamente dopo il parto, o del feto durante il parto, quando il fatto è determinato da condizioni di abbandono materiale e morale connesse al parto, è punita con la reclusione da quattro a dodici anni.
A coloro che concorrono nel fatto di cui al primo comma si applica la reclusione non inferiore ad anni ventuno. Tuttavia, se essi hanno agito al solo scopo di favorire la madre, la pena può essere diminuita da un terzo a due terzi.
Non si applicano le aggravanti stabilite dall'articolo 61 del codice penale.

Art. 579.
(Omicidio del consenziente)
Chiunque cagiona la morte di un uomo, col consenso di lui, è punito con la reclusione da sei a quindici anni.
Non si applicano le aggravanti indicate nell'articolo 61.
Si applicano le disposizioni relative all'omicidio se il fatto è commesso:
1° contro una persona minore degli anni diciotto;
2° contro una persona inferma di mente, o che si trova in condizioni di deficienza psichica, per un'altra infermità o per l'abuso di sostanze alcooliche o stupefacenti;
3° contro una persona il cui consenso sia stato dal colpevole estorto con violenza, minaccia o suggestione, ovvero carpito con inganno.

Art. 580.
(Istigazione o aiuto al suicidio)
Chiunque determina altri al suicidio o rafforza l'altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l'esecuzione, è punito, se il suicidio avviene, con la reclusione da cinque a dodici anni. Se il suicidio non avviene, è punito con la reclusione da uno a cinque anni, sempre che dal tentativo di suicidio derivi una lesione personale grave o gravissima.
Le pene sono aumentate se la persona istigata o eccitata o aiutata si trova in una delle condizioni indicate nei numeri 1° e 2° dell'articolo precedente. Nondimeno, se la persona suddetta è minore degli anni quattordici o comunque è priva della capacità d'intendere o di volere, si applicano le disposizioni relative all'omicidio.

Art. 581.
(Percosse)
Chiunque percuote taluno, se dal fatto non deriva una malattia nel corpo o nella mente, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a lire tremila.
Tale disposizione non si applica quando la legge considera la violenza come elemento costitutivo o come circostanza aggravante di un altro reato.

Art. 582.
(Lesione personale)
Chiunque cagiona ad alcuno una lesione personale, dalla quale deriva una malattia nel corpo o nella mente, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Se la malattia ha una durata non superiore ai venti giorni e non concorre alcuna delle circostanze aggravanti previste negli articoli 583 e 585, ad eccezione di quelle indicate nel numero 1 e nell'ultima parte dell'articolo 577, il delitto è punibile a querela della persona offesa.

Art. 583.
(Circostanze aggravanti)
La lesione personale è grave, e si applica la reclusione da tre a sette anni:
1° se dal fatto deriva una malattia che metta in pericolo la vita della persona offesa, ovvero una malattia o un'incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore ai quaranta giorni;
2° se il fatto produce l'indebolimento permanente di un senso o di un organo;

La lesione personale è gravissima, e si applica la reclusione da sei a dodici anni, se dal fatto deriva:
1° una malattia certamente o probabilmente insanabile;
2° la perdita di un senso;
3° la perdita di un arto, o una mutilazione che renda l'arto inservibile, ovvero la perdita dell'uso di un organo o della capacità di procreare, ovvero una permanente e grave difficoltà della favella;
4° la deformazione, ovvero lo sfregio permanente del viso;


Art. 583-bis.
(Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili).
Chiunque, in assenza di esigenze terapeutiche, cagiona una mutilazione degli organi genitali femminili è punito con la reclusione da quattro a dodici anni. Ai fini del presente articolo, si intendono come pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili la clitoridectomia, l'escissione e l'infibulazione e qualsiasi altra pratica che cagioni effetti dello stesso tipo.
Chiunque, in assenza di esigenze terapeutiche, provoca, al fine di menomare le funzioni sessuali, lesioni agli organi genitali femminili diverse da quelle indicate al primo comma, da cui derivi una malattia nel corpo o nella mente, è punito con la reclusione da tre a sette anni. La pena è diminuita fino a due terzi se la lesione è di lieve entità.
La pena è aumentata di un terzo quando le pratiche di cui al primo e al secondo comma sono commesse a danno di un minore ovvero se il fatto è commesso per fini di lucro.
La condanna ovvero l'applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale per il reato di cui al presente articolo comporta, qualora il fatto sia commesso dal genitore o dal tutore, rispettivamente:
1) la decadenza dall'esercizio della responsabilità genitoriale;
2) l'interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente alla tutela, alla curatela e all'amministrazione di sostegno.
Le disposizioni del presente articolo si applicano altresì quando il fatto è commesso all'estero da cittadino italiano o da straniero residente in Italia, ovvero in danno di cittadino italiano o di straniero residente in Italia. In tal caso, il colpevole è punito a richiesta del Ministro della giustizia.

Art. 583-ter.
(Pena accessoria).
La condanna contro l'esercente una professione sanitaria per taluno dei delitti previsti dall'articolo 583-bis importa la pena accessoria dell'interdizione dalla professione da tre a dieci anni.
Della sentenza di condanna è data comunicazione all'Ordine dei medici chirurghi e degli odontoiatri.

Art. 583-quater.
(Lesioni personali gravi o gravissime a un pubblico ufficiale in servizio di ordine pubblico in occasione di manifestazioni sportive).
Nell'ipotesi di lesioni personali cagionate a un pubblico ufficiale in servizio di ordine pubblico in occasione di manifestazioni sportive, le lesioni gravi sono punite con la reclusione da quattro a dieci anni; le lesioni gravissime, con la reclusione da otto a sedici anni.

Art. 584.
(Omicidio preterintenzionale)
Chiunque, con atti diretti a commettere uno dei delitti preveduti dagli articoli 581 e 582, cagiona la morte di un uomo, è punito con la reclusione da dieci a diciotto anni.

Art. 585.
(Circostanze aggravanti)
Nei casi previsti dagli articoli 582, 583, 583-bis e 584, la pena è aumentata da un terzo alla metà, se concorre alcuna delle circostanze aggravanti previste dall'articolo 576, ed è aumentata fino a un terzo, se concorre alcuna delle circostanze aggravanti previste dall'articolo 577, ovvero se il fatto è commesso con armi o con sostanze corrosive, ovvero da persona travisata o da più persone riunite.
Agli effetti della legge penale, per armi s'intendono:
1° quelle da sparo e tutte le altre la cui destinazione naturale è l'offesa alla persona;
2° tutti gli strumenti atti ad offendere, dei quali è dalla legge vietato il porto in modo assoluto, ovvero senza giustificato motivo.
Sono assimilate alle armi le materie esplodenti e i gas asfissianti o accecanti.

Art. 586.
(Morte o lesioni come conseguenza di altro delitto)
Quando da un fatto prevenuto come delitto doloso deriva, quale conseguenza non voluta dal colpevole, la morte o la lesione di una persona, si applicano le disposizioni dell'articolo 83, ma le pene stabilite negli articoli 589 e 590 sono aumentate.

Art. 586-bis.
(Utilizzo o somministrazione di farmaci o di altre sostanze al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti).
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni e con la multa da euro 2.582 a euro 51.645 chiunque procura ad altri, somministra, assume o favorisce comunque l'utilizzo di farmaci o di sostanze biologicamente o farmacologicamente attive, ricompresi nelle classi previste dalla legge, che non siano giustificati da condizioni patologiche e siano idonei a modificare le condizioni psicofisiche o biologiche dell'organismo, al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti, ovvero siano diretti a modificare i risultati dei controlli sull'uso di tali farmaci o sostanze.
La pena di cui al primo comma si applica, salvo che il fatto costituisca più grave reato, a chi adotta o si sottopone alle pratiche mediche ricomprese nelle classi previste dalla legge non giustificate da condizioni patologiche ed idonee a modificare le condizioni psicofisiche o biologiche dell'organismo, al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti ovvero dirette a modificare i risultati dei controlli sul ricorso a tali pratiche.
La pena di cui al primo e secondo comma è aumentata:
a) se dal fatto deriva un danno per la salute;
b) se il fatto è commesso nei confronti di un minorenne;
c) se il fatto è commesso da un componente o da un dipendente del Comitato olimpico nazionale italiano ovvero di una federazione sportiva nazionale, di una società, di un'associazione o di un ente riconosciuti dal Comitato olimpico nazionale italiano.
Se il fatto è commesso da chi esercita una professione sanitaria, alla condanna consegue l'interdizione temporanea dall'esercizio della professione.
Nel caso previsto dal terzo comma, lettera c), alla condanna consegue l'interdizione permanente dagli uffici direttivi del Comitato olimpico nazionale italiano, delle federazioni sportive nazionali, società, associazioni ed enti di promozione riconosciuti dal Comitato olimpico nazionale italiano.
Con la sentenza di condanna è sempre ordinata la confisca dei farmaci, delle sostanze farmaceutiche e delle altre cose servite o destinate a commettere il reato.
Chiunque commercia i farmaci e le sostanze farmacologicamente o biologicamente attive ricompresi nelle classi indicate dalla legge, che siano idonei a modificare le condizioni psicofisiche o biologiche dell'organismo, al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti ovvero idonei a modificare i risultati dei controlli sull'uso di tali farmaci o sostanze, attraverso canali diversi dalle farmacie aperte al pubblico, dalle farmacie ospedaliere, dai dispensari aperti al pubblico e dalle altre strutture che detengono farmaci direttamente destinati alla utilizzazione sul paziente, è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 5.164 a euro 77.468.

Art. 587.
[abrogato]

Art. 588.
(Rissa)
Chiunque partecipa a una rissa è punito con la multa fino a lire tremila.
Se nella rissa taluno rimane ucciso, o riporta lesione personale, la pena, per il solo fatto della partecipazione alla rissa, è della reclusione da tre mesi a cinque anni. La stessa pena si applica se la uccisione, o la lesione personale, avviene immediatamente dopo la rissa e in conseguenza di essa.

Art. 589.
(Omicidio colposo)
Chiunque cagiona per colpa la morte di una persona è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.
Se il fatto è commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena è della reclusione da due a sette anni.
Se il fatto è commesso nell'esercizio abusivo di una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato o di un'arte sanitaria, la pena è della reclusione da tre a dieci anni.
Nel caso di morte di più persone, ovvero di morte di una o più persone e di lesioni di una o più persone, si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse aumentata fino al triplo, ma la pena non può superare gli anni quindici.

Art. 589-bis.
(Omicidio stradale).
Chiunque cagioni per colpa la morte di una persona con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale è punito con la reclusione da due a sette anni.
Chiunque, ponendosi alla guida di un veicolo a motore in stato di ebbrezza alcolica o di alterazione psico-fisica conseguente all'assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope ai sensi rispettivamente degli articoli 186, comma 2, lettera c), e 187 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, cagioni per colpa la morte di una persona, è punito con la reclusione da otto a dodici anni.
La stessa pena si applica al conducente di un veicolo a motore di cui all'articolo 186-bis, comma 1, lettere b), c) e d), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, il quale, in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell'articolo 186, comma 2, lettera b), del medesimo decreto legislativo n. 285 del 1992, cagioni per colpa la morte di una persona.
Salvo quanto previsto dal terzo comma, chiunque, ponendosi alla guida di un veicolo a motore in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell'articolo 186, comma 2, lettera b), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, cagioni per colpa la morte di una persona, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni.
La pena di cui al comma precedente si applica altresì:
1) al conducente di un veicolo a motore che, procedendo in un centro urbano ad una velocità pari o superiore al doppio di quella consentita e comunque non inferiore a 70 km/h, ovvero su strade extraurbane ad una velocità superiore di almeno 50 km/h rispetto a quella massima consentita, cagioni per colpa la morte di una persona;
2) al conducente di un veicolo a motore che, attraversando un'intersezione con il semaforo disposto al rosso ovvero circolando contromano, cagioni per colpa la morte di una persona;
3) al conducente di un veicolo a motore che, a seguito di manovra di inversione del senso di marcia in prossimità o in corrispondenza di intersezioni, curve o dossi o a seguito di sorpasso di un altro mezzo in corrispondenza di un attraversamento pedonale o di linea continua, cagioni per colpa la morte di una persona.
Nelle ipotesi di cui ai commi precedenti la pena è aumentata se il fatto è commesso da persona non munita di patente di guida o con patente sospesa o revocata, ovvero nel caso in cui il veicolo a motore sia di proprietà dell'autore del fatto e tale veicolo sia sprovvisto di assicurazione obbligatoria.
Nelle ipotesi di cui ai commi precedenti, qualora l'evento non sia esclusiva conseguenza dell'azione o dell'omissione del colpevole, la pena è diminuita fino alla metà.
Nelle ipotesi di cui ai commi precedenti, qualora il conducente cagioni la morte di più persone, ovvero la morte di una o più persone e lesioni a una o più persone, si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse aumentata fino al triplo, ma la pena non può superare gli anni diciotto.

Art. 589-ter.
(Fuga del conducente in caso di omicidio stradale).
Nel caso di cui all'articolo 589-bis, se il conducente si dà alla fuga, la pena è aumentata da un terzo a due terzi e comunque non può essere inferiore a cinque anni.

Art. 590.
(Lesioni personali colpose)
Chiunque cagiona ad altri per colpa una lesione personale è punito con la reclusione fino a tre mesi o con la multa fino a lire duecentomila.
Se la lesione è grave la pena è della reclusione da uno a sei mesi o della multa da lire ottantamila a quattrocentomila; se è gravissima, della reclusione da tre mesi a due anni o della multa da lire duecentomila a ottocentomila.
Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena per le lesioni gravi è della reclusione da tre mesi a un anno o della multa da euro 500 a euro 2.000 e la pena per le lesioni gravissime è della reclusione da uno a tre anni.
Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi nell'esercizio abusivo di una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato o di un'arte sanitaria, la pena per lesioni gravi è della reclusione da sei mesi a due anni e la pena per lesioni gravissime è della reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni.
Nel caso di lesioni di più persone si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse, aumentata fino al triplo; ma la pena della reclusione non può superare gli anni cinque.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo nei casi previsti nel primo e secondo capoverso, limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale.

Art. 590-bis.
(Lesioni personali stradali gravi o gravissime).
Chiunque cagioni per colpa ad altri una lesione personale con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale è punito con la reclusione da tre mesi a un anno per le lesioni gravi e da uno a tre anni per le lesioni gravissime.
Chiunque, ponendosi alla guida di un veicolo a motore in stato di ebbrezza alcolica o di alterazione psico-fisica conseguente all'assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope ai sensi rispettivamente degli articoli 186, comma 2, lettera c), e 187 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, cagioni per colpa a taluno una lesione personale, è punito con la reclusione da tre a cinque anni per le lesioni gravi e da quattro a sette anni per le lesioni gravissime.
Le pene di cui al comma precedente si applicano altresì al conducente di un veicolo a motore di cui all'articolo 186-bis, comma 1, lettere b), c) e d), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, il quale, in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell'articolo 186, comma 2, lettera b), del medesimo decreto legislativo n. 285 del 1992, cagioni per colpa a taluno lesioni personali gravi o gravissime.
Salvo quanto previsto dal terzo comma, chiunque, ponendosi alla guida di un veicolo a motore in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell'articolo 186, comma 2, lettera b), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, cagioni per colpa a taluno lesioni personali, è punito con la reclusione da un anno e sei mesi a tre anni per le lesioni gravi e da due a quattro anni per le lesioni gravissime.
Le pene di cui al comma precedente si applicano altresì:
1) al conducente di un veicolo a motore che, procedendo in un centro urbano ad una velocità pari o superiore al doppio di quella consentita e comunque non inferiore a 70 km/h, ovvero su strade extraurbane ad una velocità superiore di almeno 50 km/h rispetto a quella massima consentita, cagioni per colpa a taluno lesioni personali gravi o gravissime;
2) al conducente di un veicolo a motore che, attraversando un'intersezione con il semaforo disposto al rosso ovvero circolando contromano, cagioni per colpa a taluno lesioni personali gravi o gravissime;
3) al conducente di un veicolo a motore che, a seguito di manovra di inversione del senso di marcia in prossimità o in corrispondenza di intersezioni, curve o dossi o a seguito di sorpasso di un altro mezzo in corrispondenza di un attraversamento pedonale o di linea continua, cagioni per colpa a taluno lesioni personali gravi o gravissime.
Nelle ipotesi di cui ai commi precedenti la pena è aumentata se il fatto è commesso da persona non munita di patente di guida o con patente sospesa o revocata, ovvero nel caso in cui il veicolo a motore sia di proprietà dell'autore del fatto e tale veicolo sia sprovvisto di assicurazione obbligatoria.
Nelle ipotesi di cui ai commi precedenti, qualora l'evento non sia esclusiva conseguenza dell'azione o dell'omissione del colpevole, la pena è diminuita fino alla metà.
Nelle ipotesi di cui ai commi precedenti, qualora il conducente cagioni lesioni a più persone, si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse aumentata fino al triplo, ma la pena non può superare gli anni sette.

Art. 590-ter.
(Fuga del conducente in caso di lesioni personali stradali).
Nel caso di cui all'articolo 590-bis, se il conducente si dà alla fuga, la pena è aumentata da un terzo a due terzi e comunque non può essere inferiore a tre anni.

Art. 590-quater.
(Computo delle circostanze).
Quando ricorrono le circostanze aggravanti di cui agli articoli 589-bis, secondo, terzo, quarto, quinto e sesto comma, 589-ter, 590-bis, secondo, terzo, quarto, quinto e sesto comma, e 590-ter, le concorrenti circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli articoli 98 e 114, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni si operano sulla quantità di pena determinata ai sensi delle predette circostanze aggravanti.

Art. 590-quinquies.
(Definizione di strade urbane e extraurbane).
Ai fini degli articoli 589-bis e 590-bis si intendono per strade extraurbane le strade di cui alle lettere A, B e C del comma 2 dell'articolo 2 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e per strade di un centro urbano le strade di cui alle lettere D, E, F e F-bis del medesimo comma 2.

Art. 590-sexies.
(Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario).
Se i fatti di cui agli articoli 589 e 590 sono commessi nell'esercizio della professione sanitaria, si applicano le pene ivi previste salvo quanto disposto dal secondo comma.
Qualora l'evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto.

Art. 591.
(Abbandono di persone minori o incapaci)
Chiunque abbandona una persona minore degli anni quattordici, ovvero una persona incapace, per malattia di mente o di corpo, per vecchiaia, o per altra causa, di provvedere a sè stessa, e della quale abbia la custodia o debba avere cura, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.
Alla stessa pena soggiace chi abbandona all'estero un cittadino italiano minore degli anni diciotto, a lui affidato nel territorio dello Stato per ragioni di lavoro.
La pena è della reclusione da uno a sei anni se dal fatto deriva una lesione personale, ed è da tre a otto anni se ne deriva la morte.
Le pene sono aumentate se il fatto è commesso dal genitore, dal figlio, dal tutore o dal coniuge, ovvero dall'adottante o dall'adottato.

Art. 592.
[abrogato]

Art. 593.
(Omissione di soccorso)
Chiunque, trovando abbandonato o smarrito un fanciullo minore degli anni dieci, o un'altra persona incapace di provvedere a sè stessa, per malattia di mente o di corpo, per vecchiaia o per altra causa, omette di darne immediato avviso all'Autorità e` punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a 2.500 euro.
Alla stessa pena soggiace chi, trovando un corpo umano che sia o sembri inanimato, ovvero una persona ferita o altrimenti in pericolo, omette di prestare l'assistenza occorrente o di darne immediato avviso all'Autorità.
Se da siffatta condotta del colpevole deriva una lesione personale, la pena è aumentata; se ne deriva la morte, la pena è raddoppiata.

CAPO I-bis
Dei delitti contro la maternità

Art. 593-bis.
(Interruzione colposa di gravidanza).
Chiunque cagiona a una donna per colpa l'interruzione della gravidanza è punito con la reclusione da tre mesi a due anni.
Chiunque cagiona a una donna per colpa un parto prematuro è punito con la pena prevista dal primo comma, diminuita fino alla metà. Nei casi previsti dal primo e dal secondo comma, se il fatto è commesso con la violazione delle norme poste a tutela del lavoro la pena è aumentata.

Art. 593-ter.
(Interruzione di gravidanza non consensuale).
Chiunque cagiona l'interruzione della gravidanza senza il consenso della donna è punito con la reclusione da quattro a otto anni. Si considera come non prestato il consenso estorto con violenza o minaccia ovvero carpito con l'inganno.
La stessa pena si applica a chiunque provochi l'interruzione della gravidanza con azioni dirette a provocare lesioni alla donna.
Detta pena è diminuita fino alla metà se da tali lesioni deriva l'acceleramento del parto.
Se dai fatti previsti dal primo e dal secondo comma deriva la morte della donna si applica la reclusione da otto a sedici anni; se ne deriva una lesione personale gravissima si applica la reclusione da sei a dodici anni; se la lesione personale è grave quest'ultima pena è diminuita.
Le pene stabilite dai commi precedenti sono aumentate se la donna è minore degli anni diciotto.

CAPO II
Dei delitti contro l'onore

Art. 594
[abrogato]

Art. 595.
(Diffamazione)
Chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo precedente, comunicando con più persone, offende l'altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a lire diecimila.
Se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a lire ventimila.
Se l'offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a lire cinquemila.
Se l'offesa è recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza, o ad una Autorità costituita in collegio, le pene sono aumentate.

Art. 596.
(Esclusione della prova liberatoria)
Il colpevole dal delitto previsto dall'articolo precedente non è ammesso a provare, a sua discolpa, la verità o la notorietà del fatto attribuito alla persona offesa.
Tuttavia, quando l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato, la persona offesa e l'offensore possono, d'accordo, prima che sia pronunciata sentenza irrevocabile, deferire ad un giurì d'onore il giudizio sulla verità del fatto medesimo.
Quando l'offesa consista nell'attribuzione di un fatto determinato, la prova della verità del fatto medesimo è però sempre ammessa nel procedimento penale;
1) se la persona offesa è un pubblico ufficiale ed il fatto ad esso attribuito si riferisce all'esercizio delle sue funzioni;
2) se per il fatto attribuito alla persona offesa è tuttora aperto o si inizia contro di essa un procedimento penale;
3) se il querelante domanda formalmente che il giudizio si estenda ad accertare la verità o la falsità del fatto ad esso attribuito.
Se la verità del fatto è provata o se per esso la persona, a cui il fatto è attribuito, è per esso condannata dopo l'attribuzione del fatto medesimo, l'autore dell'imputazione non è punibile, salvo che i modi usati non rendano per se stessi applicabile la disposizione dell'articolo 595, primo comma.

Art. 596-bis.
(Diffamazione col mezzo della stampa).
Se il delitto di diffamazione è commesso col mezzo della stampa le disposizioni dell'articolo precedente si applicano anche al direttore o vice-direttore responsabile, all'editore e allo stampatore, per i reati preveduti negli articoli 57, 57-bis e 58.

Art. 597.
(Querela della persona offesa ed estinzione del reato)
Il delitto previsto dall'articolo 595 è punibile a querela della persona offesa.
Se la persona offesa e l'offensore hanno esercitato la facoltà indicata nel capoverso dell'articolo precedente, la querela si considera tacitamente rinunciata o rimessa.
Se la persona offesa muore prima che sia decorso il termine per proporre la querela, o se si tratta di offesa alla memoria di un defunto, possono proporre querela i prossimi congiunti, l'adottante e l'adottato. In tali casi, e altresì in quello in cui la persona offesa muoia dopo avere proposta la querela, la facoltà indicata nel capoverso dell'articolo precedente spetta ai prossimi congiunti, all'adottante e all'adottato.

Art. 598.
(Offese in scritti e discorsi pronunciati dinanzi alle Autorità giudiziarie o amministrative)
Non sono punibili le offese contenute negli scritti presentati o nei discorsi pronunciati dalle parti o dai loro patrocinatori nei procedimenti dinanzi all'Autorità giudiziaria, ovvero dinanzi a un'Autorità amministrativa, quando le offese concernono l'oggetto della causa o del ricorso amministrativo.
Il giudice, pronunciando nella causa, può, oltre ai provvedimenti disciplinari, ordinare la soppressione o la cancellazione, in tutto o in parte, delle scritture offensive, e assegnare alla persona offesa una somma a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale.
Qualora si tratti di scritture per le quali la soppressione o cancellazione non possa eseguirsi, è fatta sulle medesime annotazione della sentenza.

Art. 599.
Provocazione.
Non è punibile chi ha commesso alcuno dei fatti preveduti dall'articolo 595 nello stato d'ira determinato da un fatto ingiusto altrui, e subito dopo di esso.

CAPO III
Dei delitti contro la libertà individuale
Sezione 1a
Dei delitti contro la personalità individuale

Art. 600.
(Riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù).
Chiunque esercita su una persona poteri corrispondenti a quelli del diritto di proprietà ovvero chiunque riduce o mantiene una persona in uno stato di soggezione continuativa, costringendola a prestazioni lavorative o sessuali ovvero all'accattonaggio o comunque al compimento di attività illecite che ne comportino lo sfruttamento ovvero a sottoporsi al prelievo di organi, è punito con la reclusione da otto a venti anni.
La riduzione o il mantenimento nello stato di soggezione ha luogo quando la condotta è attuata mediante violenza, minaccia, inganno, abuso di autorità o approfittamento di una situazione di vulnerabilità, di inferiorità fisica o psichica o di una situazione di necessità, o mediante la promessa o la dazione di somme di denaro o di altri vantaggi a chi ha autorità sulla persona.

Art. 600-bis.
(Prostituzione minorile).
È punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da euro 15.000 a euro 150.000 chiunque:
1) recluta o induce alla prostituzione una persona di età inferiore agli anni diciotto;
2) favorisce, sfrutta, gestisce, organizza o controlla la prostituzione di una persona di età inferiore agli anni diciotto, ovvero altrimenti ne trae profitto.
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque compie atti sessuali con un minore di età compresa tra i quattordici e i diciotto anni, in cambio di un corrispettivo in denaro o altra utilità, anche solo promessi, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro 1.500 a euro 6.000.

Art. 600-ter.
(Pornografia minorile).
È punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da euro 24.000 a euro 240.000 chiunque:
1) utilizzando minori di anni diciotto, realizza esibizioni o spettacoli pornografici ovvero produce materiale pornografico;
2) recluta o induce minori di anni diciotto a partecipare a esibizioni o spettacoli pornografici ovvero dai suddetti spettacoli trae altrimenti profitto.
Alla stessa pena soggiace chi fa commercio del materiale pornografico di cui al primo comma.
Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui al primo e al secondo comma, con qualsiasi mezzo, anche per via telematica, distribuisce, divulga, diffonde o pubblicizza il materiale pornografico di cui al primo comma, ovvero distribuisce o divulga notizie o informazioni finalizzate all'adescamento o allo sfruttamento sessuale di minori degli anni diciotto, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da lire cinque milioni a lire cento milioni.
Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui ai commi primo, secondo e terzo, offre o cede ad altri, anche a titolo gratuito, il materiale pornografico di cui al primo comma, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa da euro 1.549 a euro 5.164.
Nei casi previsti dal terzo e dal quarto comma la pena è aumentata in misura non eccedente i due terzi ove il materiale sia di ingente quantità.
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque assiste a esibizioni o spettacoli pornografici in cui siano coinvolti minori di anni diciotto è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa da euro 1.500 a euro 6.000.
Ai fini di cui al presente articolo per pornografia minorile si intende ogni rappresentazione, con qualunque mezzo, di un minore degli anni diciotto coinvolto in attività sessuali esplicite, reali o simulate, o qualunque rappresentazione degli organi sessuali di un minore di anni diciotto per scopi sessuali.

Art. 600-quater.
(Detenzione di materiale pornografico).
Chiunque, al di fuori delle ipotesi previste dall'articolo 600-ter, consapevolmente si procura o detiene materiale pornografico realizzato utilizzando minori degli anni diciotto, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa non inferiore a euro 1.549.
La pena è aumentata in misura non eccedente i due terzi ove il materiale detenuto sia di ingente quantità.

Art. 600-quater.1
(Pornografia virtuale).
Le disposizioni di cui agli articoli 600-ter e 600-quater si applicano anche quando il materiale pornografico rappresenta immagini virtuali realizzate utilizzando immagini di minori degli anni diciotto o parti di esse, ma la pena è diminuita di un terzo.
Per immagini virtuali si intendono immagini realizzate con tecniche di elaborazione grafica non associate in tutto o in parte a situazioni reali, la cui qualità di rappresentazione fa apparire come vere situazioni non reali.

Art. 600-quinquies.
(Iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile).
Chiunque organizza o propaganda viaggi finalizzati alla fruizione di attività di prostituzione a danno di minori o comunque comprendenti tale attività è punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da lire trenta milioni a lire trecento milioni.

Art. 600-sexies.
[abrogato]

Art. 600-septies.
(Confisca).
Nel caso di condanna, o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per i delitti previsti dalla presente sezione, nonché dagli articoli 609-bis, quando il fatto è commesso in danno di un minore di anni diciotto o il reato è aggravato dalle circostanze di cui all'articolo 609-ter, primo comma, numeri 1), 5) e 5-bis), 609-quater, 609-quinquies, 609-octies, quando il fatto è commesso in danno di un minore di anni diciotto o il reato è aggravato dalle circostanze di cui all'articolo 609-ter, primo comma, numeri 1), 5) e 5-bis), e 609-undecies, è sempre ordinata, salvi i diritti della persona offesa alle restituzioni e al risarcimento dei danni, la confisca dei beni che costituiscono il prodotto, il profitto o il prezzo del reato. Ove essa non sia possibile, il giudice dispone la confisca di beni di valore equivalente a quelli che costituiscono il prodotto, il profitto o il prezzo del reato e di cui il condannato abbia, anche indirettamente o per interposta persona, la disponibilità. Si applica il terzo comma dell'articolo 322-ter.

Art. 600-septies.1.
(Circostanza attenuante).
La pena per i delitti di cui alla presente sezione è diminuita da un terzo fino alla metà nei confronti del concorrente che si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, ovvero aiuta concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella raccolta di prove decisive per l'individuazione o la cattura dei concorrenti.

Art. 600-septies.2.
(Pene accessorie).
Alla condanna o all'applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale per i delitti previsti dalla presente sezione e per il delitto di cui all'articolo 414-bis del presente codice conseguono:
1) la perdita della responsabilità genitoriale, quando la qualità di genitore è prevista quale circostanza aggravante del reato;
2) l'interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente alla tutela, alla curatela o all'amministrazione di sostegno;
3) la perdita del diritto agli alimenti e l'esclusione dalla successione della persona offesa;
4) l'interdizione temporanea dai pubblici uffici; l'interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni cinque in seguito alla condanna alla reclusione da tre a cinque anni, ferma restando, comunque, l'applicazione dell'articolo 29, primo comma, quanto all'interdizione perpetua.
La condanna o l'applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale per uno dei delitti previsti dalla presente sezione e per il delitto di cui all'articolo 414-bis del presente codice, quando commessi in danno di minori, comporta in ogni caso l'interdizione perpetua da qualunque incarico nelle scuole di ogni ordine e grado, nonché da ogni ufficio o servizio in istituzioni o strutture pubbliche o private frequentate abitualmente da minori.
In ogni caso è disposta la chiusura degli esercizi la cui attività risulta finalizzata ai delitti previsti dalla presente sezione, nonché la revoca della licenza di esercizio o della concessione o dell'autorizzazione per le emittenti radiotelevisive.

Art. 600-octies.
Impiego di minori nell'accattonaggio. Organizzazione dell'accattonaggio
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque si avvale per mendicare di una persona minore degli anni quattordici o, comunque, non imputabile, ovvero permette che tale persona, ove sottoposta alla sua autorità o affidata alla sua custodia o vigilanza, mendichi, o che altri se ne avvalga per mendicare, è punito con la reclusione fino a tre anni.
Chiunque organizzi l'altrui accattonaggio, se ne avvalga o comunque lo favorisca a fini di profitto è punito con la reclusione da uno a tre anni.

Art. 601.
(Tratta di persone).
È punito con la reclusione da otto a venti anni chiunque recluta, introduce nel territorio dello Stato, trasferisce anche al di fuori di esso, trasporta, cede l'autorità sulla persona, ospita una o più persone che si trovano nelle condizioni di cui all'articolo 600, ovvero, realizza le stesse condotte su una o più persone, mediante inganno, violenza, minaccia, abuso di autorità o approfittamento di una situazione di vulnerabilità, di inferiorità fisica, psichica o di necessità, o mediante promessa o dazione di denaro o di altri vantaggi alla persona che su di essa ha autorità, al fine di indurle o costringerle a prestazioni lavorative, sessuali ovvero all'accattonaggio o comunque al compimento di attività illecite che ne comportano lo sfruttamento o a sottoporsi al prelievo di organi.
Alla stessa pena soggiace chiunque, anche al di fuori delle modalità di cui al primo comma, realizza le condotte ivi previste nei confronti di persona minore di età.
La pena per il comandante o l'ufficiale della nave nazionale o straniera, che commette alcuno dei fatti previsti dal primo o dal secondo comma o vi concorre, è aumentata fino a un terzo.
Il componente dell'equipaggio di nave nazionale o straniera destinata, prima della partenza o in corso di navigazione, alla tratta è punito, ancorché non sia stato compiuto alcun fatto previsto dal primo o dal secondo comma o di commercio di schiavi, con la reclusione da tre a dieci anni.

Art. 601-bis.
(Traffico di organi prelevati da persona vivente).
Chiunque, illecitamente, commercia, vende, acquista ovvero, in qualsiasi modo e a qualsiasi titolo, procura o tratta organi o parti di organi prelevati da persona vivente è punito con la reclusione da tre a dodici anni e con la multa da euro 50.000 ad euro 300.000.
Chiunque svolge opera di mediazione nella donazione di organi da vivente al fine di trarne un vantaggio economico è punito con la reclusione da tre a otto anni e con la multa da euro 50.000 a euro 300.000.
Se i fatti previsti dai precedenti commi sono commessi da persona che esercita una professione sanitaria, alla condanna consegue l'interdizione perpetua dall'esercizio della professione.
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da tre a sette anni e con la multa da euro 50.000 ad euro 300.000 chiunque organizza o propaganda viaggi ovvero pubblicizza o diffonde, con qualsiasi mezzo, anche per via informatica o telematica, annunci finalizzati al traffico di organi o parti di organi di cui al primo comma.

Art. 602.
(Acquisto e alienazione di schiavi).
Chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo 601, acquista o aliena o cede una persona che si trova in una delle condizioni di cui all'articolo 600 è punito con la reclusione da otto a venti anni.

Art. 602-bis.
[abrogato]

Art. 602-ter.
(Circostanze aggravanti).
La pena per i reati previsti dagli articoli 600, 601 primo e secondo comma e 602 è aumentata da un terzo alla metà:
a) se la persona offesa è minore degli anni diciotto;
b) se i fatti sono diretti allo sfrutta-mento della prostituzione o al fine di sottoporre la persona offesa al prelievo di organi;
c) se dal fatto deriva un grave pericolo per la vita o l'integrità fisica o psichica della persona offesa.
Se i fatti previsti dal titolo VII, capo III, del presente libro sono commessi al fine di realizzare od agevolare i delitti di cui agli articoli 600, 601 e 602, le pene ivi previste sono aumentate da un terzo alla metà.
Nei casi previsti dagli articoli 600-bis, primo comma, e 600-ter, la pena è aumentata da un terzo alla metà se il fatto è commesso con violenza o minaccia.
Nei casi previsti dagli articoli 600-bis, primo e secondo comma, 600-ter, primo comma, e 600-quinquies, la pena è aumentata da un terzo alla metà se il fatto è commesso approfittando della situazione di necessità del minore.
Nei casi previsti dagli articoli 600-bis, primo e secondo comma, 600-ter e 600-quinquies, nonché dagli articoli 600, 601 e 602, la pena è aumentata dalla metà ai due terzi se il fatto è commesso in danno di un minore degli anni sedici.
Nei casi previsti dagli articoli 600-bis, primo comma, e 600-ter, nonché, se il fatto è commesso in danno di un minore degli anni diciotto, dagli articoli 600, 601 e 602, la pena è aumentata dalla metà ai due terzi se il fatto è commesso da un ascendente, dal genitore adottivo, o dal loro coniuge o convivente, dal coniuge o da affini entro il secondo grado, da parenti fino al quarto grado collaterale, dal tutore o da persona a cui il minore è stato affidato per ragioni di cura, educazione, istruzione, vigilanza, custodia, lavoro, ovvero da pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio nell'esercizio delle loro funzioni ovvero ancora se è commesso in danno di un minore in stato di infermità o minorazione psichica, naturale o provocata.
Nei casi previsti dagli articoli 600-bis, primo comma, e 600-ter, nonché dagli articoli 600, 601 e 602, la pena è aumentata dalla metà ai due terzi se il fatto è commesso mediante somministrazione di sostanze alcoliche, narcotiche, stupefacenti o comunque pregiudizievoli per la salute fisica o psichica del minore, ovvero se è commesso nei confronti di tre o più persone.
Nei casi previsti dagli articoli 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-quater.1. e 600-quinquies, la pena è aumentata.
a) se il reato è commesso da più persone riunite;
b) se il reato è commesso da persona che fa parte di un'associazione per delinquere e al fine di agevolarne l'attività;
c) se il reato è commesso con violenze gravi o se dal fatto deriva al minore, a causa della reiterazione delle condotte, un pregiudizio grave.
Le pene previste per i reati di cui al comma precedente sono aumentate in misura non eccedente i due terzi nei casi in cui gli stessi siano compiuti con l'utilizzo di mezzi atti ad impedire l'identificazione dei dati di accesso alle reti telematiche.
Le circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli articoli 98 e 114, concorrenti con le circostanze aggravanti di cui alla presente sezione, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità della stessa risultante dall'aumento conseguente alle predette aggravanti.

Art. 602-quater.
(Ignoranza dell'età della persona offesa).
Quando i delitti previsti dalla presente sezione sono commessi in danno di un minore degli anni diciotto, il colpevole non può invocare a propria scusa l'ignoranza dell'età della persona offesa, salvo che si tratti di ignoranza inevitabile.

Art. 603.
(Plagio)
Chiunque sottopone una persona al proprio potere, in modo da ridurla in totale stato di soggezione, è punito con la reclusione da cinque a quindici anni.

Art. 603-bis.
(Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro).
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da 500 a 1.000 euro per ciascun lavoratore reclutato, chiunque:
1) recluta manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori;
2) utilizza, assume o impiega manodopera, anche mediante l'attività di intermediazione di cui al numero 1), sottoponendo i lavoratori a condizioni di sfruttamento ed approfittando del loro stato di bisogno.
Se i fatti sono commessi mediante violenza o minaccia, si applica la pena della reclusione da cinque a otto anni e la multa da 1.000 a 2.000 euro per ciascun lavoratore reclutato.
Ai fini del presente articolo, costituisce indice di sfruttamento la sussistenza di una o più delle seguenti condizioni:
1) la reiterata corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale, o comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato;
2) la reiterata violazione della normativa relativa all'orario di lavoro, ai periodi di riposo, al riposo settimanale, all'aspettativa obbligatoria, alle ferie;
3) la sussistenza di violazioni delle norme in materia di sicurezza e igiene nei luoghi di lavoro;
4) la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, a metodi di sorveglianza o a situazioni alloggiative degradanti.
Costituiscono aggravante specifica e comportano l'aumento della pena da un terzo alla metà:
1) il fatto che il numero di lavoratori reclutati sia superiore a tre;
2) il fatto che uno o più dei soggetti reclutati siano minori in età non lavorativa;
3) l'aver commesso il fatto esponendo i lavoratori sfruttati a situazioni di grave pericolo, avuto riguardo alle caratteristiche delle prestazioni da svolgere e delle condizioni di lavoro.

Art. 603-bis.1
(Circostanza attenuante).
Per i delitti previsti dall'articolo 603-bis, la pena è diminuita da un terzo a due terzi nei confronti di chi, nel rendere dichiarazioni su quanto a sua conoscenza, si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori ovvero aiuta concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella raccolta di prove decisive per l'individuazione o la cattura dei concorrenti o per il sequestro delle somme o altre utilità trasferite.
Nel caso di dichiarazioni false o reticenti si applicano le disposizioni dell'articolo 16-septies del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82.
Non si applicano le disposizioni dell'articolo 600-septies.1.

Art. 603-bis.2
(Confisca obbligatoria).
In caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale per i delitti previsti dall'articolo 603-bis, è sempre obbligatoria, salvi i diritti della persona offesa alle restituzioni e al risarcimento del danno, la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prezzo, il prodotto o il profitto, salvo che appartengano a persona estranea al reato. Ove essa non sia possibile è disposta la confisca di beni di cui il reo ha la disponibilità, anche indirettamente o per interposta persona, per un valore corrispondente al prodotto, prezzo o profitto del reato.

Art. 603-ter.
(Pene accessorie).
La condanna per i delitti di cui agli articoli 600, limitatamente ai casi in cui lo sfruttamento ha ad oggetto prestazioni lavorative, e 603-bis, importa l'interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche o delle imprese, nonché il divieto di concludere contratti di appalto, di cottimo fiduciario, di fornitura di opere, beni o servizi riguardanti la pubblica amministrazione, e relativi subcontratti.
La condanna per i delitti di cui al primo comma importa altresì l'esclusione per un periodo di due anni da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi da parte dello Stato o di altri enti pubblici, nonché dell'Unione europea, relativi al settore di attività in cui ha avuto luogo lo sfruttamento.
L'esclusione di cui al secondo comma è aumentata a cinque anni quando il fatto è commesso da soggetto al quale sia stata applicata la recidiva ai sensi dell'articolo 99, secondo comma, numeri 1) e 3).

Art. 604.
(Fatto commesso all'estero).
Le disposizioni di questa sezione, nonché quelle previste dagli articoli 609-bis, 609-ter, 609- quater , 609-quinquies, 609-octies e 609-undecies, si applicano altresi quando il fatto è commesso all'estero da cittadino italiano, ovvero in danno di cittadino italiano, ovvero dallo straniero in concorso con cittadino italiano. In quest'ultima ipotesi lo straniero è punibile quando si tratta di delitto per il quale è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni e quando vi è stata richiesta del Ministro di grazia e giustizia.

Sezione I-bis
Dei delitti contro l'eguaglianza

Art. 604-bis.
(Propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa).
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito:
a) con la reclusione fino ad un anno e sei mesi o con la multa fino a 6.000 euro chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi;
b) con la reclusione da sei mesi a quattro anni chi, in qualsiasi modo, istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.
È vietata ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. Chi partecipa a tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi, o presta assistenza alla loro attività, è punito, per il solo fatto della partecipazione o dell'assistenza, con la reclusione da sei mesi a quattro anni. Coloro che promuovono o dirigono tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da uno a sei anni.
Si applica la pena della reclusione da due a sei anni se la propaganda ovvero l'istigazione e l'incitamento, commessi in modo che derivi concreto pericolo di diffusione, si fondano in tutto o in parte sulla negazione, sulla minimizzazione in modo grave o sull'apologia della Shoah o dei crimini di genocidio, dei crimini contro l'umanità e dei crimini di guerra, come definiti dagli articoli 6, 7 e 8 dello statuto della Corte penale internazionale.

Art. 604-ter.
(Circostanza aggravante).
Per i reati punibili con pena diversa da quella dell'ergastolo commessi per finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso, ovvero al fine di agevolare l'attività di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che hanno tra i loro scopi le medesime finalità la pena è aumentata fino alla metà.
Le circostanze attenuanti, diverse da quella prevista dall'articolo 98, concorrenti con l'aggravante di cui al primo comma, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a questa e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità di pena risultante dall'aumento conseguente alla predetta aggravante.

Sezione 2a
Dei delitti contro la libertà personale

Art. 605.
(Sequestro di persona)
Chiunque priva taluno della libertà personale è punito con la reclusione da sei mesi a otto anni.
La pena è della reclusione da uno a dieci anni, se il fatto è commesso:
1° in danno di un ascendente, di un discendente o del coniuge;
2° da un pubblico ufficiale, con abuso dei poteri inerenti alle sue funzioni.
Se il fatto di cui al primo comma è commesso in danno di un minore, si applica la pena della reclusione da tre a dodici anni. Se il fatto è commesso in presenza di taluna delle circostanze di cui al secondo comma, ovvero in danno di minore di anni quattordici o se il minore sequestrato è condotto o trattenuto all'estero, si applica la pena della reclusione da tre a quindici anni.
Se il colpevole cagiona la morte del minore sequestrato si applica la pena dell'ergastolo.
Le pene previste dal terzo comma sono altresì diminuite fino alla metà nei confronti dell'imputato che si adopera concretamente:
1) affinché il minore riacquisti la propria libertà;
2) per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, aiutando concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella raccolta di elementi di prova decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l'individuazione o la cattura di uno o più autori di reati;
3) per evitare la commissione di ulteriori fatti di sequestro di minore.

Art. 606.
(Arresto illegale)
Il pubblico ufficiale che procede ad un arresto, abusando dei poteri inerenti alle sue funzioni, è punito con la reclusione fino a tre anni.

Art. 607.
(Indebita limitazione di libertà personale)
Il pubblico ufficiale, che, essendo preposto o addetto a un carcere giudiziario o ad uno stabilimento destinato all'esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza, vi riceve taluno senza un ordine dell'Autorità competente, o non obbedisce all'ordine di liberazione dato da questa Autorità, ovvero indebitamente protrae l'esecuzione della pena o della misura di sicurezza, è punito con la reclusione fino a tre anni.

Art. 608.
(Abuso di autorità contro arrestati o detenuti)
Il pubblico ufficiale, che sottopone a misure di rigore non consentite dalla legge una persona arrestata o detenuta di cui egli abbia la custodia, anche temporanea, o che sia a lui affidata in esecuzione di un provvedimento dell'Autorità competente, è punito con la reclusione fino a trenta mesi.
La stessa pena si applica se il fatto è commesso da un altro pubblico ufficiale, rivestito, per ragione del suo ufficio, di una qualsiasi autorità sulla persona custodita.

Art. 609.
(Perquisizione e ispezione personali arbitrarie)
Il pubblico ufficiale, che, abusando dei poteri inerenti alle sue funzioni, esegue una perquisizione o un'ispezione personale, è punito con la reclusione fino ad un anno.

Art. 609-bis.
(Violenza sessuale).
Chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali è punito con la reclusione da cinque a dieci anni.
Alla stessa pena soggiace chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali:
1) abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto;
2) traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona.
Nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i due terzi.

Art. 609-ter.
(Circostanze aggravanti).
La pena è della reclusione da sei a dodici anni se i fatti di cui all'articolo 609- bis sono commessi:
1) nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni quattordici;
2) con l'uso di armi o di sostanze alcoliche, narcotiche o stupefacenti o di altri strumenti o sostanze gravemente lesivi della salute della persona offesa;
3) da persona travisata o che simuli la qualità di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio;
4) su persona comunque sottoposta a limitazioni della libertà personale;
5) nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni diciotto della quale il colpevole sia l'ascendente, il genitore, anche adottivo, il tutore;
5-bis) all'interno o nelle immediate vicinanze di istituto d'istruzione o di formazione frequentato dalla persona offesa;
5-ter) nei confronti di donna in stato di gravidanza;
5-quater) nei confronti di persona della quale il colpevole sia il coniuge, anche separato o divorziato, ovvero colui che alla stessa persona è o è stato legato da relazione affettiva, anche senza convivenza;
5-quinquies) se il reato è commesso da persona che fa parte di un'associazione per delinquere e al fine di agevolarne l'attività;
5-sexies) se il reato è commesso con violenze gravi o se dal fatto deriva al minore, a causa della reiterazione delle condotte, un pregiudizio grave.
La pena è della reclusione da sette a quattordici anni se il fatto è commesso nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni dieci.

Art. 609-quater.
(Atti sessuali con minorenne).
Soggiace alla pena stabilita dall'articolo 609-bis chiunque, al di fuori delle ipotesi previste in detto articolo, compie atti sessuali con persona che, al momento del fatto:
1) non ha compiuto gli anni quattordici;
2) non ha compiuto gli anni sedici, quando il colpevole sia l'ascendente, il genitore, anche adottivo, o il di lui convivente, il tutore, ovvero altra persona cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore è affidato o che abbia, con quest'ultimo, una relazione di convivenza.
Fuori dei casi previsti dall'articolo 609-bis, l'ascendente, il genitore, anche adottivo, o il di lui convivente, il tutore, ovvero altra persona cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore è affidato, o che abbia con quest'ultimo una relazione di convivenza, che, con l'abuso dei poteri connessi alla sua posizione, compie atti sessuali con persona minore che ha compiuto gli anni sedici, è punito con la reclusione da tre a sei anni.
Non è punibile il minorenne che, al di fuori delle ipotesi previste nell'articolo 609-bis, compie atti sessuali con un minorenne che abbia compiuto gli anni tredici, se la differenza di età tra i soggetti non è superiore a tre anni.
Nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i due terzi.
Si applica la pena di cui all'articolo 609-ter, secondo comma, se la persona offesa non ha compiuto gli anni dieci.

Art. 609-quinquies.
(Corruzione di minorenne).
Chiunque compie atti sessuali in presenza di persona minore di anni quattordici, al fine di farla assistere, è punito con la reclusione da uno a cinque anni.
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, alla stessa pena di cui al primo comma soggiace chiunque fa assistere una persona minore di anni quattordici al compimento di atti sessuali, ovvero mostra alla medesima materiale pornografico, al fine di indurla a compiere o a subire atti sessuali.
La pena è aumentata.
a) se il reato è commesso da più persone riunite;
b) se il reato è commesso da persona che fa parte di un'associazione per delinquere e al fine di agevolarne l'attività;
c) se il reato è commesso con violenze gravi o se dal fatto deriva al minore, a causa della reiterazione delle condotte, un pregiudizio grave.
La pena è aumentata fino alla metà quando il colpevole sia l'ascendente, il genitore, anche adottivo, o il di lui convivente, il tutore, ovvero altra persona cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore è affidato, o che abbia con quest'ultimo una relazione di stabile convivenza.

Art. 609-sexies.
(Ignoranza dell'età della persona offesa).
Quando i delitti previsti negli articoli 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-octies e 609-undecies sono commessi in danno di un minore degli anni diciotto, e quando è commesso il delitto di cui all'articolo 609-quinquies, il colpevole non può invocare a propria scusa l'ignoranza dell'età della persona offesa, salvo che si tratti di ignoranza inevitabile.

Art. 609-septies.
(Querela di parte).
I delitti previsti dagli articoli 609-bis, 609-ter e 609-quater sono punibili a querela della persona offesa.
Salvo quanto previsto dall'articolo 597, terzo comma, il termine per la proposizione della querela è di sei mesi.
La querela proposta è irrevocabile.
Si procede tuttavia d'ufficio:
1) se il fatto di cui all'articolo 609-bis è commesso nei confronti di persona che al momento del fatto non ha compiuto gli anni diciotto;
2) se il fatto è commesso dall'ascendente, dal genitore, anche adottivo, o dal di lui convivente, dal tutore ovvero da altra persona cui il minore è affidato per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia o che abbia con esso una relazione di convivenza;
3) se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio nell'esercizio delle proprie funzioni;
4) se il fatto è connesso con un altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio;
5) se il fatto è commesso nell'ipotesi di cui all'articolo 609-quater, ultimo comma.

Art. 609-octies.
(Violenza sessuale di gruppo).
La violenza sessuale di gruppo consiste nella partecipazione, da parte di più persone riunite, ad atti di violenza sessuale di cui all'articolo 609-bis.
Chiunque commette atti di violenza sessuale di gruppo è punito con la reclusione da sei a dodici anni.
La pena è aumentata se concorre taluna delle circostanze aggravanti previste dall'articolo 609-ter.
La pena è diminuita per il partecipante la cui opera abbia avuto minima importanza nella preparazione o nella esecuzione del reato. La pena è altresì diminuita per chi sia stato determinato a commettere il reato quando concorrono le condizioni stabilite dai numeri 3) e 4) del primo comma e dal terzo comma dell'articolo 112.

Art. 609-nonies.
(Pene accessorie ed altri effetti penali).
La condanna o l'applicazione della pena su richiesta delle parti ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale per alcuno dei delitti previsti dagli articoli 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 609-undecies comporta:
1) la perdita della responsabilità genitoriale, quando la qualità di genitore è elemento costitutivo o circostanza aggravante del reato;
2) l'interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente alla tutela, alla curatela e all'amministrazione di sostegno;
3) la perdita del diritto agli alimenti e l'esclusione dalla successione della persona offesa;
4) l'interdizione temporanea dai pubblici uffici; l'interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni cinque in seguito alla condanna alla reclusione da tre a cinque anni, ferma restando, comunque, l'applicazione dell'articolo 29, primo comma, quanto all'interdizione perpetua;
5) la sospensione dall'esercizio di una professione o di un'arte.
La condanna o l'applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per alcuno dei delitti previsti dagli articoli 609-bis, 609-ter, 609-octies e 609-undecies, se commessi nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni diciotto, 609-quater e 609-quinquies, comporta in ogni caso l'interdizione perpetua da qualunque incarico nelle scuole di ogni ordine e grado nonché da ogni ufficio o servizio in istituzioni o in altre strutture pubbliche o private frequentate prevalentemente da minori.
La condanna per i delitti previsti dall'articolo 600-bis, secondo comma, dall'articolo 609-bis, nelle ipotesi aggravate di cui all'articolo 609-ter, dagli articoli 609-quater, 609-quinquies e 609-octies, nelle ipotesi aggravate di cui al terzo comma del medesimo articolo, comporta, dopo l'esecuzione della pena e per una durata minima di un anno, l'applicazione delle seguenti misure di sicurezza personali:
1) l'eventuale imposizione di restrizione dei movimenti e della libera circolazione, nonché il divieto di avvicinarsi a luoghi frequentati abitualmente da minori;
2) il divieto di svolgere lavori che prevedano un contatto abituale con minori;
3) l'obbligo di tenere informati gli organi di polizia sulla propria residenza e sugli eventuali spostamenti.
Chiunque viola le disposizioni previste dal terzo comma è soggetto alla pena della reclusione fino a tre anni.

Art. 609-decies.
(Comunicazione al tribunale per i minorenni).
Quando si procede per taluno dei delitti previsti dagli articoli 600, 600-bis, 600-ter, 600-quinquies, 601, 602, 609-bis, 609-ter, 609-quinquies, 609-octies e 609-undecies commessi in danno di minorenni, ovvero per il delitto previsto dall'articolo 609-quater o per i delitti previsti dagli articoli 572 e 612-bis, se commessi in danno di un minorenne o da uno dei genitori di un minorenne in danno dell'altro genitore, il procuratore della Repubblica ne dà notizia al tribunale per i minorenni.
Qualora riguardi taluno dei delitti previsti dagli articoli 572, 609-ter e 612-bis, commessi in danno di un minorenne o da uno dei genitori di un minorenne in danno dell'altro genitore, la comunicazione di cui al primo comma si considera effettuata anche ai fini dell'adozione dei provvedimenti di cui agli articoli 155 e seguenti, nonché 330 e 333 del codice civile.
Nei casi previsti dal primo comma, l'assistenza affettiva e psicologica della persona offesa minorenne è assicurata, in ogni stato e grado del procedimento, dalla presenza dei genitori o di altre persone idonee indicate dal minorenne, nonché di gruppi, fondazioni, associazioni od organizzazioni non governative di comprovata esperienza nel settore dell'assistenza e del supporto alle vittime dei reati di cui al primo comma e iscritti in apposito elenco dei soggetti legittimati a tale scopo, con il consenso del minorenne, e ammessi dall'autorità giudiziaria che procede.
In ogni caso al minorenne è assicurata l'assistenza dei servizi minorili dell'Amministrazione della giustizia e dei servizi istituiti dagli enti locali. Dei servizi indicati nel terzo comma si avvale altresì l'autorità
giudiziaria in ogni stato e grado del procedimento.

Art. 609-undecies.
(Adescamento di minorenni).
Chiunque, allo scopo di commettere i reati di cui agli articoli 600, 600-bis, 600-ter e 600-quater, anche se relativi al materiale pornografico di cui all'articolo 600-quater.1, 600-quinquies, 609-bis, 609-quater, 609-quinquies e 609-octies, adesca un minore di anni sedici, è punito, se il fatto non costituisce più grave reato, con la reclusione da uno a tre anni. Per adescamento si intende qualsiasi atto volto a carpire la fiducia del minore attraverso artifici, lusinghe o minacce posti in essere anche mediante l'utilizzo della rete internet o di altre reti o mezzi di comunicazione.

Art. 609-duodecies.
Circostanze aggravanti
Le pene per i reati di cui agli articoli 609-bis, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 609-undecies, sono aumentate in misura non eccedente la metà nei casi in cui gli stessi siano compiuti con l'utilizzo di mezzi atti ad impedire l'identificazione dei dati di accesso alle reti telematiche.

Sezione 3a
Dei delitti contro la libertà morale

Art. 610.
(Violenza privata)
Chiunque, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa è punito con la reclusione fino a quattro anni.
La pena è aumentata se concorrono le condizioni prevedute dall'articolo 339.

Art. 611.
(Violenza o minaccia per costringere a commettere un reato)
Chiunque usa violenza o minaccia per costringere o determinare altri a commettere un fatto costituente reato è punito con la reclusione fino a cinque anni.
La pena è aumentata se concorrono le condizioni prevedute dall'articolo 339.

Art. 612.
(Minaccia)
Chiunque minaccia ad altri un ingiusto danno è punito, a querela della persona offesa, con la multa fino a euro 1.032.
Se la minaccia è grave, o è fatta in uno dei modi indicati nell'articolo 339, la pena è della reclusione fino a un anno
Si procede d'ufficio se la minaccia è fatta in uno dei modi indicati nell'articolo 339.

Art. 612-bis.
(Atti persecutori).
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.
La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici.
La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui all'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con armi o da persona travisata.
Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale. La querela è comunque irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce reiterate nei modi di cui all'articolo 612, secondo comma. Si procede tuttavia d'ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità di cui all'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio.

Art. 613.
(Stato di incapacità procurato mediante violenza)
Chiunque, mediante suggestione ipnotica o in veglia, o mediante somministrazione di sostanze alcooliche o stupefacenti, o con qualsiasi altro mezzo, pone una persona, senza il consenso di lei, in stato d'incapacità d'intendere o di volere, è punito con la reclusione fino a un anno.
Il consenso dato dalle persone indicate nell'ultimo capoverso dell'articolo 579 non esclude la punibilità.
La pena è della reclusione fino a cinque anni:
1° se il colpevole ha agito col fine di far commettere un reato;
2° se la persona resa incapace commette, in tale stato, un fatto preveduto dalla legge come delitto.

Art. 613-bis.
(Tortura).
Chiunque, con violenze o minacce gravi, ovvero agendo con crudeltà, cagiona acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico a una persona privata della libertà personale o affidata alla sua custodia, potestà, vigilanza, controllo, cura o assistenza, ovvero che si trovi in condizioni di minorata difesa, è punito con la pena della reclusione da quattro a dieci anni se il fatto è commesso mediante più condotte ovvero se comporta un trattamento inumano e degradante per la dignità della persona.
Se i fatti di cui al primo comma sono commessi da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri o in violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio, la pena è della reclusione da cinque a dodici anni.
Il comma precedente non si applica nel caso di sofferenze risultanti unicamente dall'esecuzione di legittime misure privative o limitative di diritti.
Se dai fatti di cui al primo comma deriva una lesione personale le pene di cui ai commi precedenti sono aumentate; se ne deriva una lesione personale grave sono aumentate di un terzo e se ne deriva una lesione personale gravissima sono aumentate della metà.
Se dai fatti di cui al primo comma deriva la morte quale conseguenza non voluta, la pena è della reclusione di anni trenta. Se il colpevole cagiona volontariamente la morte, la pena è dell'ergastolo.

Art. 613-ter.
(Istigazione del pubblico ufficiale a commettere tortura).
Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio il quale, nell'esercizio delle funzioni o del servizio, istiga in modo concretamente idoneo altro pubblico ufficiale o altro incaricato di un pubblico servizio a commettere il delitto di tortura, se l'istigazione non è accolta ovvero se l'istigazione è accolta ma il delitto non è commesso, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.

Sezione 4a
Dei delitti contro la inviolabilità del domicilio

Art. 614.
(Violazione di domicilio)
Chiunque s'introduce nell'abitazione altrui, o in un altro luogo di privata dimora, o nelle appartenenze di essi, contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero vi s'introduce clandestinamente o con inganno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Alla stessa pena soggiace chi si trattiene nei detti luoghi contro l'espressa volontà di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero vi si trattiene clandestinamente o con inganno.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa.
La pena è da uno a cinque anni, e si procede d'ufficio, se il fatto è commesso con violenza sulle cose, o alle persone, ovvero se il colpevole è palesemente armato.

Art. 615.
(Violazione di domicilio commessa da un pubblico ufficiale)
Il pubblico ufficiale, che, abusando dei poteri inerenti alle sue funzioni, s'introduce o si trattiene nei luoghi indicati nell'articolo precedente, è punito con la reclusione da uno a cinque anni.
Se l'abuso consiste nell'introdursi nei detti luoghi senza l'osservanza delle formalità prescritte dalla legge, la pena è della reclusione fino a un anno.
Nel caso previsto dal secondo comma il delitto è punibile a querela della persona offesa.

Art. 615-bis.
(Interferenze illecite nella vita privata).
Chiunque, mediante l'uso di strumenti di ripresa visiva o sonora, si procura indebitamente notizie o immagini attinenti alla vita privata svolgentesi nei luoghi indicati nell'articolo 614, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni.
Alla stessa pena soggiace, salvo che il fatto costituisca più grave reato, chi rivela o diffonde, mediante qualsiasi mezzo di informazione al pubblico, le notizie o le immagini ottenute nei modi indicati nella prima parte di questo articolo.
I delitti sono punibili a querela della persona offesa; tuttavia si procede d'ufficio e la pena è della reclusione da uno a cinque anni se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o servizio, o da chi esercita anche abusivamente la professione di investigatore privato.

Art. 615-ter.
(Accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico).
Chiunque abusivamente si introduce in un sistema informatico o telematico protetto da misure di sicurezza ovvero vi si mantiene contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, è punito con la reclusione fino a tre anni.
La pena è della reclusione da uno a cinque anni:
1) se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio, o da chi esercita anche abusivamente la professione di investigatore privato, o con abuso della qualità di operatore del sistema;
2) se il colpevole per commettere il fatto usa violenza sulle cose o alle persone, ovvero se è palesemente armato;
3) se dal fatto deriva la distruzione o il danneggiamento del sistema o l'interruzione totale o parziale del suo funzionamento, ovvero la distruzione o il danneggiamento dei dati, delle informazioni o dei programmi in esso contenuti.
Qualora i fatti di cui ai commi primo e secondo riguardino sistemi informatici o telematici di interesse militare o relativi all'ordine pubblico o alla sicurezza pubblica o alla sanità o alla protezione civile o comunque di interesse pubblico, la pena è, rispettivamente, della reclusione da uno a cinque anni e da tre a otto anni.
Nel caso previsto dal primo comma il delitto è punibile a querela della persona offesa; negli altri casi si procede d'ufficio.

Art. 615-quater.
(Detenzione e diffusione abusiva di codici di accesso a sistemi informatici o telematici).
Chiunque, al fine di procurare a sè o ad altri un profitto o di arrecare ad altri un danno, abusivamente si procura, riproduce, diffonde, comunica o consegna codici, parole chiave o altri mezzi idonei all'accesso ad un sistema informatico o telematico, protetto da misure di sicurezza, o comunque fornisce indicazioni o istruzioni idonee al predetto scopo, è punito con la reclusione sino ad un anno e con la multa sino a lire dieci milioni.
La pena è della reclusione da uno a due anni e della multa da lire dieci milioni a venti milioni se ricorre taluna delle circostanze di cui ai numeri l) e 2) del quarto comma dell'articolo 617-quater.

Art. 615-quinquies.
(Diffusione di apparecchiature, dispositivi o programmi informatici diretti a danneggiare o interrompere un sistema informatico o telematico).
Chiunque, allo scopo di danneggiare illecitamente un sistema informatico o telematico, le informazioni, i dati o i programmi in esso contenuti o ad esso pertinenti ovvero di favorire l'interruzione, totale o parziale, o l'alterazione del suo funzionamento, si procura, produce, riproduce, importa, diffonde, comunica, consegna o, comunque, mette a disposizione di altri apparecchiature, dispositivi o programmi informatici, è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa sino a euro 10.329.

Sezione 5a
Dei delitti contro la inviolabilità dei segreti

Art. 616.
(Violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza)
Chiunque prende cognizione del contenuto di una corrispondenza chiusa, a lui non diretta, ovvero sottrae o distrae, al fine di prenderne o di farne da altri prendere cognizione, una corrispondenza chiusa o aperta, a lui non diretta, ovvero, in tutto o in parte, la distrugge o sopprime, è punito, se il fatto non è preveduto come reato da altra disposizione di legge, con la reclusione fino a un anno o con la multa da lire trecento a cinquemila.
Se il colpevole, senza giusta causa, rivela, in tutto o in parte, il contenuto della corrispondenza, è punito, se dal fatto deriva nocumento ed il fatto medesimo non costituisce un più grave reato, con la reclusione fino a tre anni.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa.
Agli effetti delle disposizioni di questa sezione, per "corrispondenza" si intende quella epistolare, telegrafica, telefonica, informatica o telematica ovvero effettuata con ogni altra forma di comunicazione a distanza.

Art. 617.
(Cognizione, interruzione o impedimento illeciti di comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche).
Chiunque, fraudolentamente, prende cognizione di una comunicazione o di una conversazione, telefoniche o telegrafiche, tra altre persone o comunque a lui non dirette, ovvero le interrompe o le impedisce è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni.
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la stessa pena si applica a chiunque rivela, mediante qualsiasi mezzo di informazione al pubblico, in tutto o in parte, il contenuto delle comunicazioni o delle conversazioni indicate nella prima parte di questo articolo.
I delitti sono punibili a querela della persona offesa; tuttavia si procede d'ufficio e la pena è della reclusione da uno a cinque anni se il fatto è commesso in danno di un pubblico ufficiale o di un incaricato di un pubblico servizio nell'esercizio o a causa delle funzioni o del servizio, ovvero da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o servizio, o da chi esercita anche abusivamente la professione di investigatore privato.

Art. 617-bis.
(Installazione di apparecchiature atte ad intercettare od impedire comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche).
Chiunque, fuori dei casi consentiti dalla legge, installa apparati, strumenti, parti di apparati o di strumenti al fine di intercettare od impedire comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche tra altre persone è punito con la reclusione da uno a quattro anni.
La pena è della reclusione da uno a cinque anni se il fatto è commesso in danno di un pubblico ufficiale nell'esercizio o a causa delle sue funzioni ovvero da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o servizio o da chi esercita anche abusivamente la professione di investigatore privato.

Art. 617-ter.
(Falsificazione, alterazione o soppressione del contenuto di comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche).
Chiunque, al fine di procurare a sè o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, forma falsamente, in tutto o in parte, il testo di una comunicazione o di una conversazione telegrafica o telefonica ovvero altera o sopprime, in tutto o in parte, il contenuto di una comunicazione o di una conversazione telegrafica o telefonica vera, anche solo occasionalmente intercettata, è punito, qualora ne faccia uso o lasci che altri ne faccia uso, con la reclusione da uno a quattro anni.
La pena è della reclusione da uno a cinque anni se il fatto è commesso in danno di un pubblico ufficiale nell'esercizio o a causa delle sue funzioni ovvero da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o servizio o da chi esercita anche abusivamente la professione di investigatore privato.
Nel caso previsto dal primo comma il delitto è punibile a querela della persona offesa.

Art. 617-quater.
(Intercettazione, impedimento o interruzione illecita di comunicazioni informatiche o telematiche).
Chiunque fraudolentemente intercetta comunicazioni relative ad un sistema informatico o telematico o intercorrenti tra più sistemi, ovvero le impedisce o le interrompe, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni.
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la stessa pena si applica a chiunque rivela, mediante qualsiasi mezzo di informazione al pubblico, in tutto o in parte, il contenuto delle comunicazioni di cui al primo comma.
I delitti di cui ai commi primo e secondo sono punibili a querela della persona offesa.
Tuttavia si procede d'ufficio e la pena è della reclusione da uno a cinque anni se il fatto è commesso:
1) in danno di un sistema informatico o telematico utilizzato dallo Stato o da altro ente pubblico o da impresa esercente servizi pubblici o di pubblica necessità;
2) da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio, ovvero con abuso della qualità di operatore del sistema;
3) da chi esercita anche abusivamente la professione di investigatore privato.

Art. 617-quinquies.
(Installazione di apparecchiature atte a intercettare, impedire od interrompere comunicazioni informatiche o telematiche).
Chiunque, fuori dai casi consentiti dalla legge, installa apparecchiature atte ad intercettare, impedire o interrompere comunicazioni relative ad un sistema informatico o telematico ovvero intercorrenti tra più sistemi, è punito con la reclusione da uno a quattro anni.
La pena è della reclusione da uno a cinque anni nei casi previsti dal quarto comma dell'articolo 617-quater.

Art. 617-sexies.
(Falsificazione, alterazione o soppressione del contenuto di comunicazioni informatiche o telematiche).
Chiunque, al fine di procurare a sè o ad altri un vantaggio o di arrecare ad altri un danno, forma falsamente ovvero altera o sopprime, in tutto o in parte, il contenuto, anche occasionalmente intercettato, di taluna delle comunicazioni relative ad un sistema informatico o telematico o intercorrenti tra più sistemi, è punito, qualora ne faccia uso o lasci che altri ne facciano uso, con la reclusione da uno a quattro anni.
La pena è della reclusione da uno a cinque anni nei casi previsti dal quarto comma dell'articolo 617-quater.
Nel caso previsto dal primo comma il delitto è punibile a querela della persona offesa.

Art. 617-septies.
(Diffusione di riprese e registrazioni fraudolente).
Chiunque, al fine di recare danno all'altrui reputazione o immagine, diffonde con qualsiasi mezzo riprese audio o video, compiute fraudolentemente, di incontri privati o registrazioni, pur esse fraudolente, di conversazioni, anche telefoniche o telematiche, svolte in sua presenza o con la sua partecipazione, è punito con la reclusione fino a quattro anni.
La punibilità è esclusa se la diffusione delle riprese o delle registrazioni deriva in via diretta ed immediata dalla loro utilizzazione in un procedimento amministrativo o giudiziario o per l'esercizio del diritto di difesa o del diritto di cronaca.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa.

Art. 618.
(Rivelazione del contenuto di corrispondenza)
Chiunque, fuori dei casi preveduti dall'articolo 616, essendo venuto abusivamente a cognizione del contenuto di una corrispondenza a lui non diretta, che doveva rimanere segreta, senza giusta causa lo rivela, in tutto o in parte, è punito, se dal fatto deriva nocumento, con la reclusione fino a sei mesi o con la multa da lire mille a cinquemila.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa.

Art. 619.
(Violazione, sottrazione e soppressione di corrispondenza commesse da persona addetta al servizio delle poste, dei telegrafi o dei telefoni)
L'addetto al servizio delle poste, dei telegrafi o dei telefoni, il quale, abusando di tale qualità, commette alcuno dei fatti preveduti dalla prima parte dell'articolo 616, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Se il colpevole, senza giusta causa, rivela, in tutto o in parte, il contenuto della corrispondenza, è punito, qualora il fatto non costituisca un più grave reato, con la reclusione da sei mesi a cinque anni e con la multa da lire trecento a cinquemila.
Nel caso previsto dal primo comma il delitto è punibile a querela della persona offesa.

Art. 620.
(Rivelazione del contenuto di corrispondenza, commessa da persona addetta al servizio delle poste, dei telegrafi o dei telefoni)
L'addetto al servizio delle poste, dei telegrafi o dei telefoni, che, avendo notizia, in questa sua qualità, del contenuto di una corrispondenza aperta, o di una comunicazione telegrafica, o di una conversazione telefonica, lo rivela senza giusta causa ad altri che non sia il destinatario, ovvero a una persona diversa da quelle tra le quali la comunicazione o la conversazione è interceduta, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa.

Art. 621.
(Rivelazione del contenuto di documenti segreti)
Chiunque, essendo venuto abusivamente a cognizione del contenuto, che debba rimanere segreto, di altrui atti o documenti, pubblici o privati, non costituenti corrispondenza, lo rivela, senza giusta causa, ovvero lo impiega a proprio o altrui profitto, è punito, se dal fatto deriva nocumento, con la reclusione fino a tre anni o con la multa da lire mille a diecimila.
Agli effetti della disposizione di cui al primo comma è considerato documento anche qualunque supporto informatico contenente dati, informazioni o programmi.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa.

Art. 622.
(Rivelazione di segreto professionale)
Chiunque, avendo notizia, per ragione del proprio stato o ufficio, o della propria professione o arte, di un segreto, lo rivela, senza giusta causa, ovvero lo impiega a proprio o altrui profitto, è punito, se dal fatto può derivare nocumento, con la reclusione fino a un anno o con la multa da lire trecento a cinquemila.
La pena è aggravata se il fatto è commesso da amministratori, direttori generali, dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, sindaci o liquidatori o se è commesso da chi svolge la revisione contabile della società.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa.

Art. 623.
(Rivelazione di segreti scientifici o commerciali).
Chiunque, venuto a cognizione per ragioni del suo stato o ufficio, o della sua professione o arte, di segreti commerciali o di notizie destinate a rimanere segrete, sopra scoperte o invenzioni scientifiche, li rivela o li impiega a proprio o altrui profitto, è punito con la reclusione fino a due anni.
La stessa pena si applica a chiunque, avendo acquisito in modo abusivo segreti commerciali, li rivela o li impiega a proprio o altrui profitto.
Se il fatto relativo ai segreti commerciali è commesso tramite qualsiasi strumento informatico la pena è aumentata.
Il colpevole è punito a querela della persona offesa.

Art. 623-bis.
(Altre comunicazioni e conversazioni).
Le disposizioni contenute nella presente sezione, relative alle comunicazioni e conversazioni telegrafiche, telefoniche, informatiche o telematiche, si applicano a qualunque altra trasmissione a distanza di suoni, immagini od altri dati.

CAPO III-BIS
Disposizioni comuni sulla procedibilità

Art. 623-ter
(Casi di procedibilità d'ufficio).
Per i fatti perseguibili a querela preveduti dagli articoli 612, se la minaccia è grave, 615, secondo comma, 617-ter, primo comma, 617-sexies, primo comma, 619, primo comma, e 620 si procede d'ufficio qualora ricorrano circostanze aggravanti ad effetto speciale.

TITOLO TREDICESIMO
DEI DELITTI CONTRO IL PATRIMONIO
CAPO I
Dei delitti contro il patrimonio mediante violenza alle cose o alle persone

Art. 624.
(Furto)
Chiunque s'impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sè o per altri, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da lire trecentomila a un milione.
Agli effetti della legge penale, si considera cosa mobile anche l'energia elettrica e ogni altra energia che abbia un valore economico.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra una o più delle circostanze di cui agli articoli 61, numero 7), e 625.

Art. 624-bis.
(Furto in abitazione e furto con strappo).
Chiunque si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sè o per altri, mediante introduzione in un edificio o in altro luogo destinato in tutto o in parte a privata dimora o nelle pertinenze di essa, è punito con la reclusione da tre a sei anni e con la multa da euro 927 a euro 1.500.
Alla stessa pena di cui al primo comma soggiace chi si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sè o per altri, strappandola di mano o di dosso alla persona.
La pena è della reclusione da quattro a dieci anni e della multa da euro 927 a euro 2.000 se il reato è aggravato da una o più delle circostanze previste nel primo comma dell'articolo 625 ovvero se ricorre una o più delle circostanze indicate all'articolo 61.
Le circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli articoli 98 e 625-bis, concorrenti con una o più delle circostanze aggravanti di cui all'articolo 625, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità della stessa risultante dall'aumento conseguente alle predette circostanze aggravanti.

Art. 625.
(Circostanze aggravanti)
La pena per il fatto previsto dall'articolo 624 è della reclusione da uno a sei anni e della multa da lire mille a diecimila: 277

2° se il colpevole usa violenza sulle cose o si vale di un qualsiasi mezzo fraudolento;
3° se il colpevole porta in dosso armi o narcotici, senza farne uso;
4° se il fatto è commesso con destrezza;
5° se il fatto è commesso da tre o più persone, ovvero anche da una sola, che sia travisata o simuli la qualità di pubblico ufficiale o d'incaricato di un pubblico servizio;
6° se il fatto è commesso sul bagaglio dei viaggiatori in ogni specie di veicoli, nelle stazioni, negli scali o banchine, negli alberghi o in altri esercizi ove si somministrano cibi o bevande;
7° se il fatto è commesso su cose esistenti in uffici o stabilimenti pubblici, o sottoposte a sequestro o a pignoramento, o esposte per necessità o per consuetudine o per destinazione alla pubblica fede, o destinate a pubblico servizio o a pubblica utilità, difesa o reverenza;
7-bis) se il fatto è commesso su componenti metalliche o altro materiale sottratto ad infrastrutture destinate all'erogazione di energia, di servizi di trasporto, di telecomunicazioni o di altri servizi pubblici e gestite da soggetti pubblici o da privati in regime di concessione pubblica;
8° se il fatto è commesso su tre o più capi di bestiame raccolti in gregge o in mandria, ovvero su animali bovini o equini, anche non raccolti in mandria;
8-bis) se il fatto è commesso all'interno di mezzi di pubblico trasporto;
8-ter) se il fatto è commesso nei confronti di persona che si trovi nell'atto di fruire ovvero che abbia appena fruito dei servizi di istituti di credito, uffici postali o sportelli automatici adibiti al prelievo di denaro.
Se concorrono due o più delle circostanze prevedute dai numeri precedenti, ovvero se una di tali circostanze concorre con altra fra quelle indicate nell'articolo 61, la pena è della reclusione da tre a dieci anni e della multa da lire duemila a quindicimila.

Art. 625-bis.
(Circostanze attenuanti).
Nei casi previsti dagli articoli 624, 624-bis e 625 la pena è diminuita da un terzo alla metà qualora il colpevole, prima del giudizio, abbia consentito l'individuazione dei correi o di coloro che hanno acquistato, ricevuto od occultato la cosa sottratta o si sono comunque intromessi per farla acquistare, ricevere od occultare.

Art. 626.
(Furti punibili a querela dell'offeso)
Si applica la reclusione fino a un anno ovvero la multa fino a lire duemila, e il delitto è punibile a querela della persona offesa:
1° se il colpevole ha agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa sottratta, e questa, dopo l'uso momentaneo, è stata immediatamente restituita;
2° se il fatto è commesso su cose di tenue valore, per provvedere a un grave ed urgente bisogno;
3° se il fatto consiste nello spigolare, rastrellare o raspollare nei fondi altrui, non ancora spogliati interamente del raccolto.
Tali disposizioni non si applicano se concorre taluna delle circostanze indicate nei numeri 1°, 2°, 3° e 4° dell'articolo precedente.

Art. 627
[abrogato]

Art. 628.
(Rapina)
Chiunque, per procurare a sè o ad altri un ingiusto profitto, mediante violenza alla persona o minaccia, s'impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, è punito con la reclusione da tre a dieci anni e con la multa da lire cinquemila a ventimila.
Alla stessa pena soggiace chi adopera violenza o minaccia immediatamente dopo la sottrazione, per assicurare a sè o ad altri il possesso della cosa sottratta, o per procurare a sè o ad altri l'impunità.
La pena è della reclusione da cinque a venti anni e della multa da euro 1.290 a euro 3.098:
1) se la violenza o minaccia è commessa con armi o da persona travisata, o da più persone riunite;
2) se la violenza consiste nel porre taluno in stato di incapacità di volere o di agire.
3) se la violenza o minaccia è posta in essere da persona che fa parte dell'associazione di cui all'articolo 416-bis;
3-bis) se il fatto è commesso nei luoghi di cui all'articolo 624-bis) o in luoghi tali da ostacolare la pubblica o privata difesa;
3-ter) se il fatto è commesso all'interno di mezzi di pubblico trasporto;
3-quater) se il fatto è commesso nei confronti di persona che si trovi nell'atto di fruire ovvero che abbia appena fruito dei servizi di istituti di credito, uffici postali o sportelli automatici adibiti al prelievo di denaro;
3-quinquies) se il fatto è commesso nei confronti di persona ultrasessantacinquenne.
Se concorrono due o più delle circostanze di cui al terzo comma del presente articolo, ovvero se una di tali circostanze concorre con altra fra quelle indicate nell'articolo 61, la pena è della reclusione da sei a venti anni e della multa da euro 1.538 a euro 3.098.
Le circostanze attenuanti, diverse da quella prevista dall'articolo 98, concorrenti con le aggravanti di cui al terzo comma, numeri 3), 3-bis), 3-ter) e 3-quater), non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità della stessa risultante dall'aumento conseguente alle predette aggravanti.

Art. 629.
(Estorsione)
Chiunque, mediante violenza o minaccia, costringendo taluno a fare o ad omettere qualche cosa, procura a sè o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni e con la multa da euro 1.000 a euro 4.000. (128)
La pena è della reclusione da sette a venti anni e della multa da euro 5.000 a euro 15.000, se concorre taluna delle circostanze indicate nell'ultimo capoverso dell'articolo precedente. (128)

Art. 630.
(Sequestro di persona a scopo di estorsione).
Chiunque sequestra una persona allo scopo di conseguire, per sè o per altri, un ingiusto profitto come prezzo della liberazione, è punito con la reclusione da venticinque a trenta anni.
Se dal sequestro deriva comunque la morte, quale conseguenza non voluta dal reo, della persona sequestrata, il colpevole è punito con la reclusione di anni trenta.
Se il colpevole cagiona la morte del sequestrato si applica la pena dell'ergastolo.
Al concorrente che, dissociandosi dagli altri, si adopera in modo che il soggetto passivo riacquisti la libertà, senza che tale risultato sia conseguenza del prezzo della liberazione, si applicano le pene previste dall'articolo 605. Se tuttavia il soggetto passivo muore, in conseguenza del sequestro, dopo la liberazione, la pena è della reclusione da sei a quindici anni.
Nei confronti del concorrente che, dissociandosi dagli altri, si adopera, al di fuori del caso previsto dal comma precedente, per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori ovvero aiuta concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella raccolta di prove decisive per l'individuazione o la cattura dei concorrenti, la pena dell'ergastolo è sostituita da quella della reclusione da dodici a venti anni e le altre pene sono diminuite da un terzo a due terzi.
Quando ricorre una circostanza attenuante, alla pena prevista dal secondo comma è sostituita la reclusione da venti a ventiquattro anni; alla pena prevista dal terzo comma è sostituita la reclusione da ventiquattro a trenta anni. Se concorrono più circostanze attenuanti, la pena da applicare per effetto delle diminuzioni non può essere inferiore a dieci anni, nella ipotesi prevista dal secondo comma, ed a quindici anni, nell'ipotesi prevista dal terzo comma.
I limiti di pena preveduti nel comma precedente possono essere superati allorché ricorrono le circostanze attenuanti di cui al quinto comma del presente articolo.

Art. 631.
(Usurpazione).
Chiunque, per appropriarsi, in tutto o in parte, dell'altrui cosa immobile, ne rimuove o altera i termini è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a lire quattrocentomila.

Art. 632.
(Deviazione di acque e modificazione dello stato dei luoghi).
Chiunque, per procurare a sè o ad altri un ingiusto profitto, devia acque, ovvero immuta nell'altrui proprietà lo stato dei luoghi, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a lire quattrocentomila.

Art. 633.
(Invasione di terreni o edifici).
Chiunque invade arbitrariamente terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine di occuparli o di trarne altrimenti profitto, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da euro 103 a euro 1032.
Si applica la pena della reclusione da due a quattro anni e la multa da euro 206 a euro 2064 e si procede d'ufficio se il fatto è commesso da più di cinque persone o se il fatto è commesso da persona palesemente armata.
Se il fatto è commesso da due o più persone, la pena per i promotori o gli organizzatori è aumentata.

Art. 634.
(Turbativa violenta del possesso di cose immobili)
Chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo precedente, turba, con violenza alla persona o con minaccia, l'altrui pacifico possesso di cose immobili, è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa da lire mille a tremila.
Il fatto si considera compiuto con violenza o minaccia quando è commesso da più di dieci persone.

Art. 635.
Danneggiamento.
Chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili cose mobili o immobili altrui con violenza alla persona o con minaccia ovvero in occasione di manifestazioni che si svolgono in luogo pubblico o aperto al pubblico o del delitto previsto dall'articolo 331, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Alla stessa pena soggiace chiunque distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto o in parte, inservibili le seguenti cose altrui:
1. edifici pubblici o destinati a uso pubblico o all'esercizio di un culto o cose di interesse storico o artistico ovunque siano ubicate o immobili compresi nel perimetro dei centri storici, ovvero immobili i cui lavori di costruzione, di ristrutturazione, di recupero o di risanamento sono in corso o risultano ultimati o altre delle cose indicate nel numero 7) dell'articolo 625;
2. opere destinate all'irrigazione;
3. piantate di viti, di alberi o arbusti fruttiferi, o boschi, selve o foreste, ovvero vivai forestali destinati al rimboschimento;
4. attrezzature e impianti sportivi al fine di impedire o interrompere lo svolgimento di manifestazioni sportive.
Per i reati di cui al primo e al secondo comma, la sospensione condizionale della pena è subordinata all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, ovvero, se il condannato non si oppone, alla prestazione di attività non retribuita a favore della collettività per un tempo determinato, comunque non superiore alla durata della pena sospesa, secondo le modalità indicate dal giudice nella sentenza di condanna.

Art. 635-bis.
(Danneggiamento di informazioni, dati e programmi informatici).
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque distrugge, deteriora, cancella, altera o sopprime informazioni, dati o programmi informatici altrui è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Se il fatto è commesso con violenza alla persona o con minaccia ovvero con abuso della qualità di operatore del sistema, la pena è della reclusione da uno a quattro anni.

Art. 635-ter.
(Danneggiamento di informazioni, dati e programmi informatici utilizzati dallo Stato o da altro ente pubblico o comunque di pubblica utilità).
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque commette un fatto diretto a distruggere, deteriorare, cancellare, alterare o sopprimere informazioni, dati o programmi informatici utilizzati dallo Stato o da altro ente pubblico o ad essi pertinenti, o comunque di pubblica utilità, è punito con la reclusione da uno a quattro anni.
Se dal fatto deriva la distruzione, il deterioramento, la cancellazione, l'alterazione o la soppressione delle informazioni, dei dati o dei programmi informatici, la pena è della reclusione da tre a otto anni.
Se il fatto è commesso con violenza alla persona o con minaccia ovvero con abuso della qualità di operatore del sistema, la pena è aumentata.

Art. 635-quater.
(Danneggiamento di sistemi informatici o telematici).
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, mediante le condotte di cui all'articolo 635-bis, ovvero attraverso l'introduzione o la trasmissione di dati, informazioni o programmi, distrugge, danneggia, rende, in tutto o in parte, inservibili sistemi informatici o telematici altrui o ne ostacola gravemente il funzionamento è punito con la reclusione da uno a cinque anni.
Se il fatto è commesso con violenza alla persona o con minaccia ovvero con abuso della qualità di operatore del sistema, la pena è aumentata.

Art. 635-quinquies.
(Danneggiamento di sistemi informatici o telematici di pubblica utilità).
Se il fatto di cui all'articolo 635-quater è diretto a distruggere, danneggiare, rendere, in tutto o in parte, inservibili sistemi informatici o telematici di pubblica utilità o ad ostacolarne gravemente il funzionamento, la pena è della reclusione da uno a quattro anni.
Se dal fatto deriva la distruzione o il danneggiamento del sistema informatico o telematico di pubblica utilità ovvero se questo è reso, in tutto o in parte, inservibile, la pena è della reclusione da tre a otto anni.
Se il fatto è commesso con violenza alla persona o con minaccia ovvero con abuso della qualità di operatore del sistema, la pena è aumentata.

Art. 636.
(Introduzione o abbandono di animali nel fondo altrui e pascolo abusivo)
Chiunque introduce o abbandona animali in gregge o in mandria nel fondo altrui è punito con la multa da lire cento a mille.
Se l'introduzione o l'abbandono di animali, anche non raccolti in gregge o in mandria, avviene per farli pascolare nel fondo altrui, la pena è della reclusione fino a un anno o della multa da lire duecento a duemila.
Qualora il pascolo avvenga, ovvero dalla introduzione o dall'abbandono degli animali il fondo sia stato danneggiato, il colpevole è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa da lire cinquecento a cinquemila.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa.

Art. 637.
(Ingresso abusivo nel fondo altrui)
Chiunque senza necessità entra nel fondo altrui recinto da fosso, da siepe viva o da un altro stabile riparo è punito, a querela della persona offesa, con la multa fino a lire mille.

Art. 638.
(Uccisione o danneggiamento di animali altrui)
Chiunque senza necessità uccide o rende inservibili o comunque deteriora animali che appartengono ad altri è punito, salvo che il fatto costituisca più grave reato, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a lire tremila.
La pena è della reclusione da sei mesi a quattro anni, e si procede d'ufficio, se il fatto è commesso su tre o più capi di bestiame raccolti in gregge o in mandria, ovvero su animali bovini o equini, anche non raccolti in mandria.
Non è punibile chi commette il fatto sopra volatili sorpresi nei fondi da lui posseduti e nel momento in cui gli recano danno.

Art. 639.
(Deturpamento e imbrattamento di cose altrui)
Chiunque, fuori dei casi preveduti dall'articolo 635, deturpa o imbratta cose mobili altrui è punito, a querela della persona offesa, con la multa fino a lire mille.
Se il fatto è commesso su beni immobili o su mezzi di trasporto pubblici o privati, si applica la pena della reclusione da uno a sei mesi o della multa da 300 a 1.000 euro. Se il fatto è commesso su cose di interesse storico o artistico, si applica la pena della reclusione da tre mesi a un anno e della multa da 1.000 a 3.000 euro.
Nei casi di recidiva per le ipotesi di cui al secondo comma si applica la pena della reclusione da tre mesi a due anni e della multa fino a 10.000 euro.
Nei casi previsti dal secondo comma si procede d'ufficio.
Con la sentenza di condanna per i reati di cui al secondo e terzo comma il giudice, ai fini di cui all'articolo 165, primo comma, può disporre l'obbligo di ripristino e di ripulitura dei luoghi ovvero, qualora ciò non sia possibile, l'obbligo di sostenerne le spese o di rimborsare quelle a tal fine sostenute, ovvero, se il condannato non si oppone, la prestazione di attività non retribuita a favore della collettività per un tempo determinato comunque non superiore alla durata della pena sospesa, secondo le modalità indicate nella sentenza di condanna.

Art. 639-bis.
(Casi di esclusione della perseguibilità a querela).
Nei casi previsti dagli articoli 631, 632, 633 e 636 si procede d'ufficio se si tratta di acque, terreni, fondi o edifici pubblici o destinati ad uso pubblico.

CAPO II
Dei delitti contro il patrimonio mediante frode

Art. 640.
(Truffa)
Chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sè o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da lire cinquecento a diecimila.
La pena è della reclusione da uno a cinque anni e della multa da lire tremila a quindicimila:
1° se il fatto è commesso a danno dello Stato o di un altro ente pubblico o col pretesto di far esonerare taluno dal servizio militare;
2° se il fatto è commesso ingenerando nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario o l'erroneo convincimento di dovere eseguire un ordine dell'Autorità;
2-bis) se il fatto è commesso in presenza della circostanza di cui all'articolo 61, numero 5).
Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra taluna delle circostanze previste dal capoverso precedente o la circostanza aggravante prevista dall'articolo 61, primo comma, numero 7.

Art. 640-bis.
(Truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche).
La pena è della reclusione da due a sette anni e si procede d'ufficio se il fatto di cui all'articolo 640 riguarda contributi, finanziamenti, mutui agevolati ovvero altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati da parte dello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunità europee.

Art. 640-ter.
(Frode informatica).
Chiunque, alterando in qualsiasi modo il funzionamento di un sistema informatico o telematico o intervenendo senza diritto con qualsiasi modalità su dati, informazioni o programmi contenuti in un sistema informatico o telematico o ad esso pertinenti, procura a sè o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da lire centomila a due milioni.
La pena è della reclusione da uno a cinque anni e della multa da lire seicentomila a tre milioni se ricorre una delle circostanze previste dal numero 1) del secondo comma dell'articolo 640, ovvero se il fatto è commesso con abuso della qualità di operatore del sistema.
La pena è della reclusione da due a sei anni e della multa da euro 600 a euro 3.000 se il fatto è commesso con furto o indebito utilizzo dell'identità digitale in danno di uno o più soggetti.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra taluna delle circostanze di cui al secondo e terzo comma o taluna delle circostanze previste dall'articolo 61, primo comma, numero 5, limitatamente all'aver approfittato di circostanze di persona, anche in riferimento all'età, e numero 7.

Art. 640-quater.
(Applicabilità dell'articolo 322-ter).
Nei casi di cui agli articoli 640, secondo comma, numero 1, 640-bis e 640-ter, secondo comma, con esclusione dell'ipotesi in cui il fatto è commesso con abuso della qualità di operatore del sistema, si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni contenute nell'articolo 322-ter.

Art. 640-quinquies.
(Frode informatica del soggetto che presta servizi di certificazione di firma elettronica).
Il soggetto che presta servizi di certificazione di firma elettronica, il quale, al fine di procurare a sè o ad altri un ingiusto profitto ovvero di arrecare ad altri danno, viola gli obblighi previsti dalla legge per il rilascio di un certificato qualificato, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa da 51 a 1.032 euro.

Art. 641.
(Insolvenza fraudolenta)
Chiunque, dissimulando il proprio stato d'insolvenza, contrae un'obbligazione col proposito di non adempierla è punito, a querela della persona offesa, qualora la obbligazione non sia adempiuta, con la reclusione fino a due anni o con la multa fino a lire cinquemila.
L'adempimento dell'obbligazione avvenuto prima della condanna estingue il reato.

Art. 642.
(Fraudolento danneggiamento dei beni assicurati e mutilazione fraudolenta della propria persona).
Chiunque, al fine di conseguire per sè o per altri l'indennizzo di una assicurazione o comunque un vantaggio derivante da un contratto di assicurazione, distrugge, disperde, deteriora od occulta cose di sua proprietà, falsifica o altera una polizza o la documentazione richiesta per la stipulazione di un contratto di assicurazione è punito con la reclusione da uno a cinque anni.
Alla stessa pena soggiace chi al fine predetto cagiona a se stesso una lesione personale o aggrava le conseguenze della lesione personale prodotta da un infortunio o denuncia un sinistro non accaduto ovvero distrugge, falsifica, altera o precostituisce elementi di prova o documentazione relativi al sinistro. Se il colpevole consegue l'intento la pena è aumentata. Si procede a querela di parte.
Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche se il fatto è commesso all'estero, in danno di un assicuratore italiano, che eserciti la sua attività nel territorio dello Stato.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa.

Art. 643.
(Circonvenzione di persone incapaci)
Chiunque, per procurare a sè o ad altri un profitto, abusando dei bisogni, delle passioni o della inesperienza di una persona minore, ovvero abusando dello stato d'infermità o deficienza psichica di una persona, anche se non interdetta o inabilitata, la induce a compiere un atto, che importi qualsiasi effetto giuridico per lei o per altri dannoso, è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa da lire duemila a ventimila.

Art. 644.
(Usura).
Chiunque, fuori dei casi previsti dall'articolo 643, si fa dare o promettere, sotto qualsiasi forma, per se o per altri, in corrispettivo di una prestazione di denaro o di altra utilità, interessi o altri vantaggi usurari, è punito con la reclusione da due a dieci anni e con la multa da euro 5.000 a euro 30.000.
Alla stessa pena soggiace chi, fuori del caso di concorso nel delitto previsto dal primo comma procura a taluno una somma di denaro od altra utilità facendo dare o promettere, a sè o ad altri, per la mediazione, un compenso usurario.
La legge stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari.
Sono altresì usurari gli interessi, anche se inferiori a tale limite, e gli altri vantaggi o compensi che, avuto riguardo alle con- crete modalità del fatto e al tasso medio praticato per operazioni similari, risultano comunque sproporzionati rispetto alla prestazione di denaro o di altra utilità, ovvero all'opera di mediazione, quando chi li ha dati o promessi si trova in condizioni di difficoltà economica o finanziaria.
Per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito. Le pene per i fatti di cui al primo e secondo comma sono aumentate da un terzo alla metà:
1) se il colpevole ha agito nell'esercizio di una attività professionale, bancaria o di intermediazione finanziaria mobiliare;
2) se il colpevole ha richiesto in garanzia partecipazioni o quote societarie o aziendali o proprietà immobiliari:
3) se il reato è commesso in danno di chi si trova in stato di bisogno;
4) se il reato è commesso in danno di chi svolge attività imprenditoriale, professionale o artigianale;
5) se il reato è commesso da persona sottoposta con provvedimento definitivo alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale durante il periodo previsto di applicazione e fino a tre anni dal momento in cui è cessata l'esecuzione.
Nel caso di condanna, o di applicazione di pena ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per uno dei delitti di cui al presente articolo, è sempre ordinata la confisca dei beni che costituiscono prezzo o profitto del reato ovvero di somme di denaro, beni ed utilità di cui il reo ha la disponibilità anche per interposta persona per un importo pari al valore degli interessi o degli altri vantaggi o compensi usurari, salvi i diritti della persona offesa dal reato alle restituzioni e al risarcimento dei danni.

Art. 644-bis.
[abrogato]

Art. 644-ter.
(Prescrizione del reato di usura).
La prescrizione del reato di usura decorre dal giorno dell'ultima riscossione sia degli interessi che del capitale.

Art. 645.
(Frode in emigrazione)
Chiunque, con mendaci asserzioni o con false notizie, eccitando taluno ad emigrare, o avviandolo a paese diverso da quello nel quale voleva recarsi, si fa consegnare o promettere, per sè o per altri, denaro o altra utilità, come compenso per farlo emigrare, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da lire tremila a diecimila.
La pena è aumentata se il fatto è commesso a danno di due o più persone.

Art. 646.
(Appropriazione indebita)
Chiunque, per procurare a sè o ad altri un ingiusto profitto, si appropria il denaro o la cosa mobile altrui di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a lire diecimila.
Se il fatto è commesso su cose possedute a titolo di deposito necessario, la pena è aumentata.

Art. 647
[abrogato]

Art. 648.
(Ricettazione)
Fuori dei casi di concorso nel reato, chi, al fine di procurare a sè o ad altri un profitto, acquista, riceve od occulta denaro o cose provenienti da un qualsiasi delitto, o comunque si intromette nel farle acquistare, ricevere od occultare, è punito con la reclusione da due ad otto anni e con la multa da lire cinquecentomila a lire dieci milioni.La pena è aumentata quando il fatto riguarda denaro o cose provenienti da delitti di rapina aggravata ai sensi dell'articolo 628, terzo comma, di estorsione aggravata ai sensi dell'articolo 629, secondo comma, ovvero di furto aggravato ai sensi dell'articolo 625, primo comma, n. 7-bis).
La pena è della reclusione sino a sei anni e della multa sino a lire cinquecentomila, se il fatto è di particolare tenuità.
Le disposizioni di questo articolo si applicano anche quando l'autore del delitto da cui il denaro o le cose provengono non è imputabile o non è punibile ovvero quando manchi una condizione di procedibilità riferita a tale delitto.

Art. 648-bis.
(Riciclaggio).
Fuori dei casi di concorso nel reato, chiunque sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo, ovvero compie in relazione ad essi altre operazioni, in modo da ostacolare l'identificazione della loro provenienza delittuosa, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da 5.000 a euro 25.000.
La pena è aumentata quando il fatto è commesso nell'esercizio di un'attività professionale.
La pena è diminuita se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da delitto per il quale è stabilita la pena della reclusione inferiore nel massimo a cinque anni.
Si applica l'ultimo comma dell'articolo 648.

Art. 648-ter.
(Impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita).
Chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato e dei casi previsti dagli articoli 648 e 648-bis, impiega in attività economiche o finanziarie denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da 5.000 a euro 25.000.
La pena è aumentata quando il fatto è commesso nell'esercizio di un'attività professionale.
La pena è diminuita nell'ipotesi di cui al secondo comma dell'articolo 648.
Si applica l'ultimo comma dell'articolo 648.

Art. 648-ter.1.
(Autoriciclaggio).
Si applica la pena della reclusione da due a otto anni e della multa da euro 5.000 a euro 25.000 a chiunque, avendo commesso o concorso a commettere un delitto non colposo, impiega, sostituisce, trasferisce, in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente l'identificazione della loro provenienza delittuosa.
Si applica la pena della reclusione da uno a quattro anni e della multa da euro 2.500 a euro 12.500 se il denaro, i beni o le altre utilità provengono dalla commissione di un delitto non colposo punito con la reclusione inferiore nel massimo a cinque anni.
Si applicano comunque le pene previste dal primo comma se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da un delitto commesso con le condizioni o le finalità di cui all'articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, e successive modificazioni.
Fuori dei casi di cui ai commi precedenti, non sono punibili le condotte per cui il denaro, i beni o le altre utilità vengono destinate alla mera utilizzazione o al godimento personale.
La pena è aumentata quando i fatti sono commessi nell'esercizio di un'attività bancaria o finanziaria o di altra attività professionale.
La pena è diminuita fino alla metà per chi si sia efficacemente adoperato per evitare che le condotte siano portate a conseguenze ulteriori o per assicurare le prove del reato e l'individuazione dei beni, del denaro e delle altre utilità provenienti dal delitto.
Si applica l'ultimo comma dell'articolo 648.

Art. 648-quater.
(Confisca).
Nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti, a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per uno dei delitti previsti dagli articoli 648-bis, 648-ter e 648-ter.1, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il prodotto o il profitto, salvo che appartengano a persone estranee al reato.
Nel caso in cui non sia possibile procedere alla confisca di cui al primo comma, il giudice ordina la confisca delle somme di denaro, dei beni o delle altre utilità delle quali il reo ha la disponibilità, anche per interposta persona, per un valore equivalente al prodotto, profitto o prezzo del reato.
In relazione ai reati di cui agli articoli 648-bis, 648-ter e 648-ter.1, il pubblico ministero può compiere, nel termine e ai fini di cui all'articolo 430 del codice di procedura penale, ogni attività di indagine che si renda necessaria circa i beni, il denaro o le altre utilità da sottoporre a confisca a norma dei commi precedenti.

CAPO III
Disposizioni comuni ai capi precedenti

Art. 649.
(Non punibilità e querela della persona offesa, per fatti commessi a danno di congiunti)
Non è punibile chi ha commesso alcuno dei fatti preveduti da questo titolo in danno:
1° del coniuge non legalmente separato;
1-bis. della parte dell'unione civile tra persone dello stesso sesso;
2° di un ascendente o discendente o di un affine in linea retta, ovvero dell'adottante o dell'adottato;
3° di un fratello o di una sorella che con lui convivano.
I fatti preveduti da questo titolo sono punibili a querela della persona offesa, se commessi a danno del coniuge legalmente separato o della parte dell'unione civile tra persone dello stesso sesso, nel caso in cui sia stata manifestata la volontà di scioglimento dinanzi all'ufficiale dello stato civile e non sia intervenuto lo scioglimento della stessa, ovvero del fratello o della sorella che non convivano coll'autore del fatto, ovvero dello zio o del nipote o dell'affine in secondo grado con lui conviventi.
Le disposizioni di questo articolo non si applicano ai delitti preveduti dagli articoli 628, 629 e 630 e ad ogni altro delitto contro il patrimonio che sia commesso con violenza alle persone.

CAPO III-BIS
Disposizioni comuni sulla procedibilità

Art. 649-bis
(Casi di procedibilità d'ufficio).
Per i fatti perseguibili a querela preveduti dagli articoli 640, terzo comma, 640-ter, quarto comma, e per i fatti di cui all'articolo 646, secondo comma, o aggravati dalle circostanze di cui all'articolo 61, primo comma, numero 11, si procede d'ufficio qualora ricorrano circostanze aggravanti ad effetto speciale.

LIBRO TERZO
DELLE CONTRAVVENZIONI IN PARTICOLARE
TITOLO PRIMO
DELLE CONTRAVVENZIONI DI POLIZIA
CAPO I
Delle contravvenzioni concernenti la polizia di sicurezza
Sezione I
Delle contravvenzioni concernenti l'ordine pubblico e la tranquillità pubblica
§ 1
Delle contravvenzioni concernenti l'inosservanza dei provvedimenti di polizia e le manifestazioni sediziose e pericolose

Art. 650.
(Inosservanza dei provvedimenti dell'Autorità)
Chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall'Autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica, o d'ordine pubblico o d'igiene, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a lire duemila.

Art. 651.
(Rifiuto d'indicazioni sulla propria identità personale)
Chiunque, richiesto da un pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni, rifiuta di dare indicazioni sulla propria identità personale, sul proprio stato, o su altre qualità personali, è punito con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda fino a lire duemila.

Art. 652.
(Rifiuto di prestare la propria opera in occasione di un tumulto)
Chiunque, in occasione di un tumulto o di un pubblico infortunio o di un comune pericolo, ovvero nella flagranza di un reato, rifiuta, senza giusto motivo, di prestare il proprio aiuto o la propria opera, ovvero di dare le informazioni o le indicazioni che gli siano richieste da un pubblico ufficiale o da una persona incaricata di un pubblico servizio, nell'esercizio delle funzioni o del servizio, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.000 a euro 15.000.
Se il colpevole dà informazioni o indicazioni mendaci, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 6.000 a euro 18.000.

Art. 653.
(Formazione di corpi armati non diretti a commettere reati)
Chiunque, senza autorizzazione, forma un corpo armato non diretto a commettere reati è punito con l'arresto fino a un anno.

Art. 654.
(Grida e manifestazioni sediziose)
Chiunque, in una riunione che non sia da considerare privata a norma del numero 3° dell'articolo 266 ovvero in un luogo pubblico, aperto o esposto al pubblico, compie manifestazioni o emette grida sediziose è punito, se il fatto non costituisce reato, con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire duecentomila a un milione duecentomila.

Art. 655.
(Radunata sediziosa)
Chiunque fa parte di una radunata sediziosa di dieci o più persone è punito, per il solo fatto della partecipazione, con l'arresto fino a un anno.
Se chi fa parte della radunata è armato, la pena è dell'arresto non inferiore a sei mesi.
Non è punibile chi, prima dell'ingiunzione dell'Autorità, o per obbedire ad essa, si ritira dalla radunata.

Art. 656.
(Pubblicazione o diffusione di notizie false, esagerate o tendenziose, atte a turbare l'ordine pubblico)
Chiunque pubblica o diffonde notizie false, esagerate o tendenziose, per le quali possa essere turbato l'ordine pubblico, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a lire tremila.

Art. 657.
[abrogato]

Art. 658.
(Procurato allarme presso l'Autorità)
Chiunque, annunziando disastri, infortuni o pericoli inesistenti, suscita allarme presso l'Autorità, o presso enti o persone che esercitano un pubblico servizio, è punito con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda da lire cento a cinquemila.

Art. 659.
(Disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone)
Chiunque, mediante schiamazzi o rumori, ovvero abusando di strumenti sonori o di segnalazioni acustiche, ovvero suscitando o non impedendo strepiti di animali, disturba le occupazioni o il riposo delle persone, ovvero gli spettacoli, i ritrovi o i trattenimenti pubblici, è punito con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a lire tremila.
Si applica l'ammenda da lire mille a cinquemila a chi esercita una professione o un mestiere rumoroso contro le disposizioni della legge o le prescrizioni dell'Autorità.

Art. 660.
(Molestia o disturbo alle persone)
Chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo è punito con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda fino a lire cinquemila.

Art. 661.
(Abuso della credulità popolare)
Chiunque, pubblicamente, cerca con qualsiasi impostura, anche gratuitamente, di abusare della credulità popolare è soggetto, se dal fatto può derivare un turbamento dell'ordine pubblico, alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.000 a euro 15.000.

§ 2
Delle contravvenzioni concernenti la vigilanza sui mezzi di pubblicità

Art. 662.
[abrogato]

Art. 663.
(Vendita, distribuzione o affissione abusiva di scritti o disegni)
Chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, vende o distribuisce o mette comunque in circolazione scritti o disegni, senza avere ottenuto l'autorizzazione richiesta dalla legge, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire centomila a seicentomila.
Alla stessa sanzione soggiace chiunque, senza licenza dell'Autorità o senza osservarne le prescrizioni, in un luogo pubblico, aperto o esposto al pubblico, affigge scritti o disegni, o fa uso di mezzi luminosi o acustici per comunicazioni al pubblico, o comunque colloca iscrizioni o disegni.
Le disposizioni dei commi 1 e 2 non si applicano all'affissione di scritti o disegni fuori dai luoghi destinati dall'autorità competente.

Art. 663-bis.
(Divulgazione di stampa clandestina).
Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque in qualsiasi modo divulga stampe o stampati pubblicati senza l'osservanza delle prescrizioni di legge sulla pubblicazione e diffusione della stampa periodica e non periodica, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire duecentomila a un milione duecentomila.
Per le violazioni di cui al presente articolo non è ammesso il pagamento in misura ridotta previsto dall'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689.

Art. 664.
(Distruzione o deterioramento di affissioni)
Chiunque stacca, lacera o rende comunque inservibili o illeggibili scritti o disegni, fatti affiggere dalle Autorità civili o da quelle ecclesiastiche, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire centocinquantamila a novecentomila.
Se si tratta di scritti o disegni fatti affiggere da privati, nei luoghi e nei modi consentiti dalla legge o dall'Autorità, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da lire centomila a seicentomila.

§ 3
Delle contravvenzioni concernenti la vigilanza su talune industrie e sugli spettacoli pubblici

Art. 665.
[abrogato]

Art. 666.
(Spettacoli o trattenimenti pubblici senza licenza)
Chiunque, senza la licenza dell'Autorità, in un luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico, dà spettacoli o trattenimenti di qualsiasi natura, o apre circoli o sale da ballo o di audizione, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire cinquecentomila a tre milioni.
Se la licenza è stata negata, revocata o sospesa, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da lire ottocentomila a quattro milioni ottocentomila.
È sempre disposta la cessazione dell'attività svolta in difetto di licenza. Se l'attività è svolta in locale per il quale è stata rilasciata autorizzazione o altro titolo abilitativo all'esercizio di diversa attività, nel caso di reiterazione delle violazioni di cui al primo comma e nell'ipotesi prevista dal secondo comma è disposta altresì la chiusura del locale per un periodo non superiore a sette giorni.
Per le violazioni previste dal presente articolo non è ammesso il pagamento in misura ridotta a norma dell'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689.

Art. 667.
[abrogato]

Art. 668.
(Rappresentazioni teatrali o cinematografiche abusive)
Chiunque recita in pubblico drammi o altre opere, ovvero dà in pubblico produzioni teatrali di qualunque genere, senza averli prima comunicati all'Autorità, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.000 a euro 15.000.
Alla stessa sanzione soggiace chi fa rappresentare in pubblico opere cinematografiche, non sottoposte prima alla revisione dell'Autorità o non sottoposte a classificazione o senza rispettare la classificazione verificata dalla Commissione per la classificazione delle opere cinematografiche.
Se il fatto è commesso contro il divieto dell'Autorità, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 a euro 30.000.
Il fatto si considera commesso in pubblico se ricorre taluna delle circostanze indicate nei numeri 2° e 3° dell'articolo 266.

§ 4
Delle contravvenzioni concernenti la vigilanza sui mestieri girovaghi e la prevenzione dell'accattonaggio

Art. 669.
(Esercizio abusivo di mestieri girovaghi).
Chiunque esercita un mestiere girovago senza la licenza dell'Autorità o senza osservare le altre prescrizioni stabilite dalla legge, è punito con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da lire cinquanta a mille.
Alla stessa pena soggiace il genitore o il tutore che impiega in mestieri girovaghi un minore degli anni diciotto, senza che questi abbia ottenuto la licenza o abbia osservate le altre prescrizioni di legge.
La pena è dell'arresto da uno a quattro mesi o dell'ammenda da lire cento a duemila e può essere ordinata la libertà vigilata:
1° se il fatto è commesso contro il divieto della legge o dell'Autorità;
2° se la persona che esercita abusivamente il mestiere girovago ha riportato una precedente condanna a pena detentiva per delitto non colposo.

Art. 669-bis.
(Esercizio molesto dell'accattonaggio).
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque esercita l'accattonaggio con modalità vessatorie o simulando deformità o malattie o attraverso il ricorso a mezzi fraudolenti per destare l'altrui pietà, è punito con la pena dell'arresto da tre a sei mesi e con l'ammenda da euro 3.000 a euro 6.000. È sempre disposto il sequestro delle cose che sono servite o sono state destinate a commettere l'illecito o che ne costituiscono il provento.

Art. 670.
[abrogato]

Art. 671.
[abrogato]

Sezione II
Delle contravvenzioni concernenti l'incolumità pubblica
§ 1
Delle contravvenzioni concernenti l'incolumità delle persone nei luoghi di pubblico transito o nelle abitazioni

Art. 672.
(Omessa custodia e mal governo di animali)
Chiunque lascia liberi, o non custodisce con le debite cautele, animali pericolosi da lui posseduti, o ne affida la custodia a persona inesperta, è punito con l'arresto fino a tre mesi, ovvero con l'ammenda fino a lire tremila.
Alla stessa pena soggiace:
1° chi, in luoghi aperti, abbandona a sè stessi animali da tiro, da soma o da corsa, o li lascia comunque senza custodia, anche se non siano disciolti, o li attacca o conduce in modo da esporre a pericolo l'incolumità pubblica, ovvero li affida a persona inesperta;
2° chi aizza o spaventa animali, in modo da mettere in pericolo l'incolumità delle persone.

Art. 673.
(Omesso collocamento o rimozione di segnali o ripari)
Chiunque omette di collocare i segnali o i ripari prescritti dalla legge o dall'Autorità per impedire pericoli alle persone in un luogo di pubblico transito, ovvero rimuove i segnali o i ripari suddetti, o spegne i fanali collocati come segnali, è punito con l'arresto fino a tre mesi o con l'ammenda fino a lire cinquemila.
Alla stessa pena soggiace chi rimuove apparecchi o segnali diversi da quelli indicati nella disposizione precedente e destinati a un servizio pubblico o di pubblica necessità, ovvero spegne i fanali della pubblica illuminazione.

Art. 674.
(Getto pericoloso di cose)
Chiunque getta o versa, in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone, ovvero, nei casi non consentiti dalla legge, provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare tali effetti, è punito con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda fino a lire duemila.

Art. 675.
(Collocamento pericoloso di cose)
Chiunque, senza le debite cautele, pone o sospende cose, che, cadendo in un luogo di pubblico transito, o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso, possano offendere o imbrattare o molestare persone, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire duecentomila a un milione duecentomila.

Art. 676.
(Rovina di edifici o di altre costruzioni)
Chiunque ha avuto parte nel progetto o nei lavori concernenti un edificio o un'altra costruzione, che poi, per sua colpa, rovini, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire trecentomila a un milione ottocentomila.
Se dal fatto è derivato pericolo alle persone, la pena è dell'arresto fino a sei mesi ovvero dell'ammenda non inferiore a lire tremila.

Art. 677.
(Omissione di lavori in edifici o costruzioni che minacciano rovina)
Il proprietario di un edificio o di una costruzione che minacci rovina ovvero chi è per lui obbligato alla conservazione o alla vigilanza dell'edificio o della costruzione, il quale omette di provvedere ai lavori necessari per rimuovere il pericolo, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire trecentomila a un milione ottocentomila.
La stessa sanzione si applica a chi, avendone l'obbligo, omette di rimuovere il pericolo cagionato dall'avvenuta rovina di un edificio o di una costruzione.
Se dai fatti preveduti dalle disposizioni precedenti deriva pericolo per le persone, la pena è dell'arresto fino a sei mesi o dell'ammenda non inferiore a lire tremila.

§ 2
Delle contravvenzioni concernenti la prevenzione di infortuni nelle industrie o nella custodia di materie esplodenti

Art. 678.
(Fabbricazione o commercio abusivi di materie esplodenti)
Chiunque, senza la licenza dell'Autorità o senza le prescritte cautele, fabbrica o introduce nello Stato, ovvero tiene in deposito o vende o trasporta materie esplodenti o sostanze destinate alla composizione o alla fabbricazione di esse, è punito con l'arresto fino a sei mesi e con l'ammenda fino a lire duemila.

Art. 678-bis.
Detenzione abusiva di precursori di esplosivi
Chiunque, senza averne titolo, introduce nel territorio dello Stato, detiene, usa o mette a disposizione di privati le sostanze o le miscele che le contengono indicate come precursori di esplosivi nell'allegato I del regolamento (CE) n. 98/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2013, è punito con l'arresto fino a diciotto mesi e con l'ammenda fino a euro 1.000.

Art. 679.
(Omessa denuncia di materie esplodenti)
Chiunque omette di denunciare all'Autorità che egli detiene materie esplodenti di qualsiasi specie, ovvero materie infiammabili, pericolose per la loro qualità o quantità, è punito con l'arresto fino a quattro mesi o con l'ammenda fino a lire tremila.
Soggiace all'ammenda fino a lire duemila chiunque, avendo notizia che in un luogo da lui abitato si trovano materie esplodenti, omette di farne denuncia all'Autorità.
Nel caso di trasgressione all'ordine, legalmente dato dall'Autorità, di consegnare, nei termini prescritti, le materie esplodenti, la pena è dell'arresto da un mese ad un anno o dell'ammenda da lire trecento a cinquemila.

Art. 679-bis.
Omissioni in materia di precursori di esplosivi
Chiunque omette di denunciare all'Autorità il furto o la sparizione delle materie indicate come precursori di esplosivi negli Allegati I e II del Regolamento (CE) n. 98/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 gennaio 2013, e di miscele o sostanze che le contengono, è punito con l'arresto fino a dodici mesi o con l'ammenda fino a euro 371.

Art. 680.
(Circostanze aggravanti)
Le pene per le contravvenzioni prevedute dai due articoli precedenti sono aumentate se il fatto è commesso da alcuna delle persone alle quali la legge vieta di concedere la licenza, ovvero se questa è stata negata o revocata.

Art. 681.
(Apertura abusiva di luoghi di pubblico spettacolo o trattenimento)
Chiunque apre o tiene aperti luoghi di pubblico spettacolo, trattenimento o ritrovo, senza avere osservato le prescrizioni dell'Autorità a tutela della incolumità pubblica, è punito con l'arresto fino a sei mesi e con l'ammenda non inferiore a lire mille.

Sezione III
Delle contravvenzioni concernenti la prevenzione di talune specie di reati
§ 1
Delle contravvenzioni concernenti la tutela preventiva dei segreti

Art. 682.
(Ingresso arbitrario in luoghi, ove l'accesso è vietato nell'interesse militare dello Stato)
Chiunque s'introduce in luoghi, nei quali l'accesso è vietato nell'interesse militare dello Stato, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con l'arresto da tre mesi a un anno, ovvero con l'ammenda da lire cinquecento a tremila.
Le disposizioni del primo comma si applicano, altresì, agli immobili adibiti a sedi di ufficio, di reparto o a deposito di materiali dell'Amministrazione della pubblica sicurezza, il cui accesso è vietato per ragioni di sicurezza pubblica.

Art. 683.
(Pubblicazione delle discussioni o delle deliberazioni segrete di una delle Camere).
Chiunque, senza autorizzazione, pubblica col mezzo della stampa, o con un altro dei mezzi indicati nell'articolo 662, anche per riassunto, il contenuto delle discussioni o delle deliberazioni segrete del Senato o della Camera dei deputati è punito, qualora il fatto non costituisca un più grave reato, con l'arresto fino a trenta giorni o con l'ammenda da lire centomila a cinquecentomila.

Art. 684.
(Pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale).
Chiunque pubblica, in tutto o in parte, anche per riassunto o a guisa d'informazione, atti o documenti di un procedimento penale, di cui sia vietata per legge la pubblicazione, è punito con l'arresto fino a trenta giorni o con l'ammenda da lire centomila a cinquecentomila.

Art. 685.
(Indebita pubblicazione di notizie concernenti un procedimento penale).
Chiunque pubblica i nomi dei giudici, con l'indicazione dei voti individuali che ad essi si attribuiscono nelle deliberazioni prese in un procedimento penale, è punito con l'arresto fino a quindici giorni o con l'ammenda da lire cinquantamila a duecentomila.

§ 2
Delle contravvenzioni concernenti la prevenzione dell'alcoolismo e dei delitti commessi in stato di ubriachezza

Art. 686.
(Fabbricazione o commercio abusivi di liquori o droghe, o di sostanze destinate alla loro composizione)
Chiunque, contro il divieto della legge, ovvero senza osservare le prescrizioni della legge o dell'autorità, fabbrica o introduce nello Stato droghe, liquori o altre bevande alcooliche ovvero detiene per vendere o vende droghe, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire ottocentomila a lire quattro milioni ottocentomila.
Alla stessa sanzione soggiace chi, senza osservare le prescrizioni della legge o dell'Autorità, fabbrica o introduce nello Stato sostanze destinate alla composizione di liquori o droghe.
È sempre disposta la cessazione dell'attività illecitamente esercitata. Se l'attività è svolta in uno stabilimento o in un esercizio per il quale è stata rilasciata autorizzazione o altro titolo abilitativo all'esercizio di diversa attività, nel caso di reiterazione delle violazioni è disposta altresì la chiusura dello stabilimento o dell'esercizio per un periodo non superiore a sette giorni.
Per le violazioni previste dal presente articolo non è ammesso il pagamento in misura ridotta a norma dell'articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689.

Art. 687.
(Consumo di bevande alcooliche in tempo di vendita non consentita)
Chiunque acquista o consuma, in un esercizio pubblico, bevande alcooliche fuori del tempo in cui ne è permessa la vendita, è punito con l'ammenda fino a lire cinquecento.

Art. 688.
(Ubriachezza)
Chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, è colto in stato di manifesta ubriachezza è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire centomila a lire seicentomila.
La pena è dell'arresto da tre a sei mesi se il fatto è commesso da chi ha già riportato una condanna per delitto non colposo contro la vita o la incolumità individuale.
La pena è aumentata se la ubriachezza è abituale.

Art. 689.
(Somministrazione di bevande alcooliche a minori o a infermi di mente)
L'esercente un'osteria o un altro pubblico spaccio di cibi o di bevande, il quale somministra, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, bevande alcooliche a un minore degli anni sedici, o a persona che appaia affetta da malattia di mente, o che si trovi in manifeste condizioni di deficienza psichica a causa di un'altra infermità, è punito con l'arresto fino a un anno.
La stessa pena di cui al primo comma si applica a chi pone in essere una delle condotte di cui al medesimo comma, attraverso distributori automatici che non consentano la rilevazione dei dati anagrafici dell'utilizzatore mediante sistemi di lettura ottica dei documenti. La pena di cui al periodo precedente non si applica qualora sia presente sul posto personale incaricato di effettuare il controllo dei dati anagrafici.
Se il fatto di cui al primo comma è commesso più di una volta si applica anche la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 euro a 25.000 euro con la sospensione dell'attività per tre mesi.
Se dal fatto deriva l'ubriachezza, la pena è aumentata.
La condanna importa la sospensione dall'esercizio.

Art. 690.
(Determinazione in altri dello stato di ubriachezza)
Chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, cagiona la ubriachezza altrui, somministrando bevande alcooliche, è punito con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda da lire trecento a tremila.

Art. 691.
(Somministrazione di bevande alcooliche a persona in stato di manifesta ubriachezza)
Chiunque somministra bevande alcooliche a una persona in stato di manifesta ubriachezza, è punito con l'arresto da tre mesi a un anno.
Qualora il colpevole sia esercente un'osteria o un altro pubblico spaccio di cibi o bevande, la condanna importa la sospensione dall'esercizio.

§ 3
Delle contravvenzioni concernenti la prevenzione di delitti contro la fede pubblica

Art. 692.
(Detenzione di misure e pesi illegali)
Chiunque, nell'esercizio di un'attività commerciale, e in uno spaccio aperto al pubblico, detiene misure o pesi diversi da quelli stabiliti dalla legge, ovvero usa misure o pesi senza osservare le prescrizioni di legge, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire duecentomila a un milione duecentomila.

Art. 693.
(Rifiuto di monete aventi corso legale)
Chiunque rifiuta di ricevere, per il loro valore, monete aventi corso legale nello Stato, è punito con l'ammenda fino a lire trecento.

Art. 694.
(Omessa consegna di monete riconosciute contraffatte)
Chiunque, avendo ricevuto come genuine, per un valore complessivo non inferiore a lire venti, monete contraffatte o alterate, non le consegna all'Autorità entro tre giorni da quello in cui ne ha conosciuto la falsità o l'alterazione, indicandone la provenienza se la conosce, è punito con l'ammenda fino a lire duemila.

§ 4
Delle contravvenzioni concernenti la prevenzione di delitti contro la vita e l'incolumità individuale

Art. 695.
(Fabbricazione o commercio non autorizzati di armi)
Chiunque, senza la licenza dell'Autorità, fabbrica o introduce nello Stato, o esporta, o pone comunque in vendita armi, ovvero ne fa raccolta per ragioni di commercio o d'industria, è punito con l'arresto fino a un anno e con l'ammenda fino a lire diecimila.
Non si applica la pena dell'arresto, qualora si tratti di
collezioni di armi artistiche, rare o antiche.

Art. 696.
(Vendita ambulante di armi)
Chiunque esercita la vendita ambulante di armi è punito con l'arresto fino a un anno e con l'ammenda fino a lire diecimila.

Art. 697.
(Detenzione abusiva di armi)
Chiunque detiene armi o caricatori soggetti a denuncia ai sensi dell'articolo 38 del testo unico di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni, o munizioni senza averne fatto denuncia all'Autorità, quando la denuncia è richiesta, è punito con l'arresto fino a quattro mesi o con l'ammenda fino a lire tremila.
Chiunque, avendo notizia che in un luogo da lui abitato si trovano armi o munizioni, omette di farne denuncia all'autorità, è punito con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda fino a lire cinquecentomila.

Art. 698.
(Omessa consegna di armi)
Chiunque trasgredisce all'ordine, legalmente dato dall'Autorità, di consegnare nei termini prescritti le armi o le munizioni da lui detenute, è punito con l'arresto non inferiore a tre mesi o con l'ammenda non inferiore a lire mille.

Art. 699.
(Porto abusivo di armi)
Chiunque, senza la licenza dell'Autorità, quando la licenza è richiesta, porta un'arma fuori della propria abitazione o delle appartenenze di essa, è punito con l'arresto fino a sei mesi.
Soggiace all'arresto da sei mesi a un anno chi, fuori della propria abitazione o delle appartenenze di essa, porta un'arma per cui non è ammessa licenza.
Se alcuno dei fatti preveduti dalle disposizioni precedenti è commesso in un luogo ove sia concorso o adunanza di persone, o di notte in un luogo abitato, le pene sono aumentate.

Art. 700.
(Circostanze aggravanti)
Nei casi preveduti dagli articoli precedenti, la pena è aumentata qualora concorra taluna delle circostanze indicate nell'articolo 680.

Art. 701.
(Misura di sicurezza)
Il condannato per alcuna delle contravvenzioni prevedute dagli articoli precedenti può essere sottoposto alla libertà vigilata.

Art. 702.
[abrogato]

Art. 703.
(Accensioni ed esplosioni pericolose)
Chiunque, senza la licenza dell'Autorità, in un luogo abitato o nelle sue adiacenze, o lungo una pubblica via o in direzione di essa spara armi da fuoco, accende fuochi d'artificio, o lancia razzi, o innalza areostati con fiamme, o, in genere, fa accensioni o esplosioni pericolose, è punito con l'ammenda fino a lire mille.
Se il fatto è commesso in un luogo ove sia adunanza o concorso di persone, la pena è dell'arresto fino a un mese.

Art. 704.
(Armi)
Agli effetti delle disposizioni precedenti, per armi si intendono:
1° quelle indicate nel numero 1° del capoverso dell'articolo 585;
2° le bombe, qualsiasi macchina o involucro contenente materie esplodenti, e i gas asfissianti o accecanti.

§ 5
Delle contravvenzioni concernenti la prevenzione di delitti contro il patrimonio

Art. 705.
(Commercio non autorizzato di cose preziose).
Chiunque, senza la licenza dell'Autorità o senza osservare le prescrizioni della legge, fabbrica o pone in commercio cose preziose, o compie su esse operazioni di mediazione o esercita altre simili industrie, arti o attività, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire cinquecentomila a tre milioni.
Si applicano le disposizioni di cui al terzo e quarto comma dell'articolo 686.

Art. 706.
[abrogato]

Art. 707.
(Possesso ingiustificato di chiavi alterate o di grimaldelli)
Chiunque, essendo stato condannato per delitti determinati da motivi di lucro, o per contravvenzioni concernenti la prevenzione di delitti contro il patrimonio, o per mendicità, o essendo ammonito o sottoposto a una misura di sicurezza personale o a cauzione di buona condotta, è colto in possesso di chiavi alterate o contraffatte, ovvero di chiavi genuine o di strumenti atti ad aprire o a sforzare serrature, dei quali non giustifichi l'attuale destinazione, è punito con l'arresto da sei mesi a due anni.

Art. 708.
(Possesso ingiustificato di valori)
Chiunque, trovandosi nelle condizioni personali indicate nell'articolo precedente, è colto in possesso di denaro o di oggetti di valore, o di altre cose non confacenti al suo stato, e dei quali non giustifichi la provenienza, è punito con l'arresto da tre mesi a un anno.

Art. 709.
(Omessa denuncia di cose provenienti da delitto)
Chiunque, avendo ricevuti denaro o acquistato o comunque avuto cose provenienti da delitto, senza conoscerne la provenienza, omette, dopo averla conosciuta, di darne immediato avviso all'Autorità è punito con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda fino a lire cinquemila.

Art. 710.
[abrogato]

Art. 711.
[abrogato]

Art. 712.
(Acquisto di cose di sospetta provenienza)
Chiunque, senza averne prima accertata la legittima provenienza, acquista o riceve a qualsiasi titolo cose, che, per la loro qualità o per la condizione di chi le offre o per la entità del prezzo, si abbia motivo di sospettare che provengano da reato, è punito con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda non inferiore a lire cento.
Alla stessa pena soggiace chi si adopera per fare acquistare o ricevere a qualsiasi titolo alcuna delle cose suindicate, senza averne prima accertata la legittima provenienza.

Art. 713.
(Misura di sicurezza)
Il condannato per alcuna delle contravvenzioni prevedute dagli articoli precedenti può essere sottoposto alla libertà vigilata.

§ 6
Delle contravvenzioni concernenti la custodia ..., di minori o di persone detenute

Art. 714.
[abrogato]

Art. 715.
[abrogato]

Art. 716.
(Omesso avviso all'Autorità dell'evasione o fuga ... di minori)
Il pubblico ufficiale o l'addetto a uno stabilimento destinato alla esecuzione di pene o di misure di sicurezza, ovvero ... ad un riformatorio pubblico, che omette di dare immediato avviso all'Autorità dell'evasione o della fuga di persona ivi detenuta o ricoverata, è punito con l'ammenda da lire cento a duemila.
La stessa disposizione si applica a chi per legge o per provvedimento dell'Autorità è stata affidata una persona a scopo di custodia o di vigilanza.

Art. 717.
[abrogato]

CAPO II
Delle contravvenzioni concernenti la polizia amministrativa sociale
Sezione I
Delle contravvenzioni concernenti la polizia dei costumi

Art. 718.
(Esercizio di giuochi d'azzardo)
Chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, o in circoli privati di qualunque specie, tiene un giuoco d'azzardo o lo agevola è punito con l'arresto da tre mesi ad un anno e con l'ammenda non inferiore a lire duemila.
Se il colpevole è un contravventore abituale o professionale, alla libertà vigilata può essere aggiunta la cauzione di buona condotta.

Art. 719.
(Circostanze aggravanti)
La pena per il reato preveduto dall'articolo precedente è raddoppiata:
1° se il colpevole ha istituito o tenuto una casa da giuoco;
2° se il fatto è commesso in un pubblico esercizio;
3° se sono impegnate nel giuoco poste rilevanti;
4° se fra coloro che partecipano al giuoco sono persone minori degli anni diciotto.

Art. 720.
(Partecipazione a giuochi d'azzardo)
Chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, o in circoli privati di qualunque specie, senza esser concorso nella contravvenzione preveduta dall'articolo 718, è colto mentre prende parte al giuoco di azzardo, è punito con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda fino a lire cinquemila.
La pena è aumentata:
1° nel caso di sorpresa in una casa da giuoco o in un pubblico esercizio;
2° per coloro che hanno impegnato nel giuoco poste rilevanti.

Art. 721.
(Elementi essenziali del giuoco d'azzardo. Case da giuoco)
Agli effetti delle disposizioni precedenti:
sono giuochi di azzardo quelli nei quali ricorre il fine di lucro e la vincita o la perdita è interamente o quasi interamente aleatoria;
sono case da giuoco i luoghi di convegno destinati al giuoco d'azzardo, anche se privati, e anche se lo scopo del giuoco è sotto qualsiasi forma dissimulato.

Art. 722.
(Pena accessoria e misura di sicurezza)
La condanna per alcuna delle contravvenzioni prevedute dagli articoli precedenti importa la pubblicazione della sentenza. È sempre ordinata la confisca del denaro esposto nel giuoco e degli arnesi od oggetti ad esso destinati.

Art. 723.
(Esercizio abusivo di un giuoco non d'azzardo)
Chiunque, essendo autorizzato a tenere sale da giuoco o da bigliardo, tollera che vi si facciano giuochi non d'azzardo, ma tuttavia vietati dall'Autorità, è punito con l'ammenda da lire cinquanta a mille.
Nei casi preveduti dai numeri 3° e 4° dell'articolo 719, si applica l'arresto fino a tre mesi o l'ammenda da lire cinquecento a cinquemila.
Per chi sia colto mentre prende parte al giuoco, la pena è dell'ammenda fino a lire cinquecento.

Art. 724.
(Bestemmia e manifestazioni oltraggiose verso i defunti)
Chiunque pubblicamente bestemmia, con invettive o parole oltraggiose, contro la Divinità o i Simboli o le Persone venerati nella religione dello Stato, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire centomila a seicentomila.
La stessa sanzione si applica a chi compie qualsiasi pubblica manifestazione oltraggiosa verso i defunti.

Art. 725.
(Commercio di scritti, disegni o altri oggetti contrari alla pubblica decenza)
Chiunque espone alla pubblica vista o, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, offre in vendita o distribuisce scritti, disegni o qualsiasi altro oggetto figurato, che offenda la pubblica decenza, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire duecentomila a un milione duecentomila.

Art. 726.
(Atti contrari alla pubblica decenza. Turpiloquio)
Chiunque, in un luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico, compie atti contrari alla pubblica decenza è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.000 a euro 10.000.

Art. 727.
(Abbandono di animali).
Chiunque abbandona animali domestici o che abbiano acquisito abitudini della cattività è punito con l'arresto fino ad un anno o con l'ammenda da 1.000 a 10.000 euro.
Alla stessa pena soggiace chiunque detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze.

Art. 727-bis.
(Uccisione, distruzione, cattura, prelievo, detenzione di esemplari di specie animali o vegetali selvatiche protette)
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, fuori dai casi consentiti, uccide, cattura o detiene esemplari appartenenti ad una specie animale selvatica protetta è punito con l'arresto da uno a sei mesi o con l'ammenda fino a 4. 000 euro, salvo i casi in cui l'azione riguardi una quantità trascurabile di tali esemplari e abbia un impatto trascurabile sullo stato di conservazione della specie.
Chiunque, fuori dai casi consentiti, distrugge, preleva o detiene esemplari appartenenti ad una specie vegetale selvatica protetta è punito con l'ammenda fino a 4. 000 euro, salvo i casi in cui l'azione riguardi una quantità trascurabile di tali esemplari e abbia un impatto trascurabile sullo stato di conservazione della specie.

Sezione II
Delle contravvenzioni concernenti la polizia sanitaria

Art. 728.
(Trattamento idoneo a sopprimere la coscienza o la volontà altrui)
Chiunque pone taluno, col suo consenso, in stato di narcosi o d'ipnotismo, o esegue su lui un trattamento che ne sopprima la coscienza o la volontà, è punito, se dal fatto deriva pericolo per l'incolumità della persona, con l'arresto da uno a sei mesi o con l'ammenda da lire trecento a cinquemila.
Tale disposizione non si applica se il fatto è commesso, a scopo scientifico o di cura, da chi esercita una professione sanitaria.

Art. 729.
[abrogato]

Art. 730.
(Somministrazione a minori di sostanze velenose o nocive)
Chiunque, essendo autorizzato alla vendita o al commercio di medicinali, consegna a persona minore degli anni sedici sostanze velenose o stupefacenti, anche su prescrizione medica, è punito con l'ammenda fino a lire cinquemila.
Soggiace all'ammenda fino a lire mille chi vende o somministra tabacco a persona minore degli anni quattordici.

TITOLO SECONDO
DELLE CONTRAVVENZIONI CONCERNENTI L'ATTIVITÀ SOCIALE DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Art. 731.
(Inosservanza dell'obbligo dell'istruzione elementare dei minori)
Chiunque, rivestito di autorità o incaricato della vigilanza sopra un minore, omette, senza giusto motivo, d'impartirgli o di fargli impartire l'istruzione elementare è punito con l'ammenda fino a lire trecento.

Art. 732.
[abrogato]

Art. 733.
(Danneggiamento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale)
Chiunque distrugge, deteriora o comunque danneggia un monumento o un'altra cosa propria di cui gli sia noto il rilevante pregio, è punito, se dal fatto deriva un nocumento al patrimonio archeologico, storico o artistico nazionale, con l'arresto fino a un anno o con l'ammenda non inferiore a lire mille.
Può essere ordinata la confisca della cosa deteriorata o comunque danneggiata.

Art. 733-bis.
(Distruzione o deterioramento di habitat all'interno di un sito protetto)
Chiunque, fuori dai casi consentiti, distrugge un habitat all'interno di un sito protetto o comunque lo deteriora compromettendone lo stato di conservazione, è punito con l'arresto fino a diciotto mesi e con l'ammenda non inferiore a 3. 000 euro.

Art. 734.
(Distruzione o deturpamento di bellezze naturali)
Chiunque, mediante costruzioni, demolizioni, o in qualsiasi altro modo, distrugge o altera le bellezze naturali dei luoghi soggetti alla speciale protezione dell'Autorità, è punito con l'ammenda da lire cinquecento a tremila.

TITOLO II-BIS
DELLE CONTRAVVENZIONI CONCERNENTI LA TUTELA DELLA RISERVATEZZA

Art. 734-bis.
(Divulgazione delle generalità o dell'immagine di persona offesa da atti di violenza sessuale).
Chiunque, nei casi di delitti previsti dagli articoli 600-bis, 600-ter e 600-quater, anche se relativi al materiale pornografico di cui all'articolo 600-quater.1, 600-quinquies, 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies e 609-octies, divulghi, anche attraverso mezzi di comunicazione di massa, le generalità o l'immagine della persona offesa senza il suo consenso, è punito con l'arresto da tre a sei mesi.



الطعن 2164 لسنة 38 ق جلسة 12 / 5 / 1969 مكتب فني 20 ج 2 ق 134 ص 655

جلسة 12 من مايو سنة 1969

برياسة السيد المستشار/ محمد صبري، وعضوية السادة المستشارين: محمد عبد المنعم حمزاوي، ومحمد نور الدين عويس، ومحمد أبو الفضل حفني، وأنور خلف.

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(134)

الطعن 2164 لسنة 38 ق

تسعير جبري. قرارات وزارية. جريمة. "أركان الجريمة".
كون السلعة مدرجة بالجدول الملحق بالمرسوم بقانون رقم 163 لسنة 1950. كفايته لسريان التنظيم المبين بالقرارين الوزاريين رقمي 180 لسنة 1950 و55 لسنة 1953 دون اشتراط أن تكون السلعة مسعرة بالفعل بموجب قرار أو بإدراجها في جدول الأسعار.

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إن المرسوم بقانون رقم 163 لسنة 1950 الخاص بشئون التسعير الجبري وتحديد الأرباح، وإن كان أكثر ما عنى به توفير الضروريات للجمهور وهي التي أدخلها في التسعير الجبري، إلا أنه أورد أيضاً أحكاماً خاصة بتنظيم بعض نواحي الاتجار بالسلع كافة المسعر منها وغير المسعر بما ييسر على الناس سبيل الحصول عليها، يدل على ذلك أن الشارع عاقب في المادة 13 من هذا المرسوم بقانون من امتنع عن بيع سلعة غير مسعرة أو غير محددة الربح في تجارتها، وكل من طالب عميلاً بثمن أعلى من الثمن المعلن عن هذه السلعة، كما ألزم الباعة بالإعلان عن أسعار سلعهم المسعر منها وغير المسعر. وصدوراً عن هذا المبدأ فوض المرسوم بقانون في المادة الخامسة منه وزير الصناعة في تقرير الوسائل اللازمة لمنع التلاعب بأسعار السلع والمواد الخاضعة لهذا المرسوم بقانون وتعيين مواصفاتها. وقد صدر القرار رقم 55 لسنة 1953 بناء على هذا التفويض بإضافة المنتج محلياً من الملابس الداخلية شغل السنارة (التريكو) والجوارب إلى الجدول الملحق بالمرسوم بقانون رقم 163 لسنة 1950 وتقرير بعض الوسائل لمنع التلاعب بأسعارها. ونص في المادة الثانية منه على أنه: "على المصانع والشركات التي تنتج الملابس والجوارب المنصوص عليها في المادة الأولى أن تثبت باللغة العربية على كل قطعة منها بحروف وأرقام ظاهرة البيانات الآتية: 1- اسم المصنع أو علامته التجارية، 2- اسم الصنف ومقاس القطعة، 3- سعر البيع للمستهلك". كما نص القرار رقم 180 لسنة 1950 في شأن تحديد الأرباح - والذي صدر بالاستناد إلى المرسوم بقانون رقم 96 لسنة 1945 الذي حل محله المرسوم بقانون رقم 163 لسنة 1955 والذي استبقى العمل بأحكامه - في المادة 27 منه على أنه "يجب على كل من يتجر بالجملة أو نصف الجملة في السلع المصنوعة محلياً أو المستوردة من الخارج، كما يجب على أصحاب المصانع التي تنتج هذه السلع أو المسئولين عن إدارتها أن يكون لديهم سجل خاص تثبت فيه البيانات الآتية: 1- مقادير السلع التي تكون في حيازتهم ... وما يرد منها مستقبلاً والجهات الواردة منها وأماكن تخزينها وما يبيعونه وما يستخدمونه منها في تجارتهم أو صناعتهم، 2- تكاليف إنتاج هذه السلع أو تكاليف استيرادها والمبالغ المدفوعة في شأنها والمتحصلة من بيعها وسعر شراء وبيع الوحدة منها، 3- أسماء المشترين ورقم القيد في السجل التجاري إن كان المشتري تاجراً والكميات المبيعة لكل منهم". والبين من ذلك أنه يكفي لسريان التنظيم المبين بالقرارين أن تكون السلعة مدرجة بالجدول الملحق بالمرسوم بقانون رقم 163 لسنة 1950 ولا يشترط أن تكون مسعرة بالفعل سواء بموجب قرار أو بإدراجها في جدول الأسعار.

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الوقائع

اتهمت النيابة العامة المطعون ضده بأنه في يوم 25 يناير سنة 1966 بدائرة قسم الجمالية محافظة القاهرة: (أولا) بصفته صاحب مصنع لم يثبت باللغة العربية على كل قطعة من المنسوجات المبينة بالمحضر البيانات الموضحة قانونا. (ثانيا) بصفته تاجر جملة لم يمسك سجلا لإثبات البيانات القانونية. وطلبت عقابه بمواد القانون رقم 163 لسنة 1950 المعدل بالقانون 28 لسنة 1957 والمواد 27 و34 و36 من القرار رقم 180 لسنة 1950 المعدل بالقانون رقم 138 لسنة 1952. ومحكمة الجمالية قضت حضوريا عملا بالمادة 304/2 من قانون الإجراءات الجنائية ببراءة المتهم من التهمتين المسندتين إليه. فاستأنفت النيابة العامة هذا الحكم. ومحكمة القاهرة الابتدائية - بهيئة استئنافية - قضت حضوريا بقبول الاستئناف شكلا وفي الموضوع برفضه وتأييد الحكم المستأنف. فطعنت النيابة العامة في هذا الحكم بطريق النقض... إلخ.

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المحكمة

حيث إن النيابة العامة تنعى على الحكم المطعون فيه الخطأ في تطبيق القانون، ذلك بأنه إذ قضى ببراءة المطعون ضده من تهمة عدم إثباته باللغة العربية على السلعة التي ينتجها البيانات التي يتطلبها القرار رقم 55 لسنة 1953 ومن تهمة عدم إمساكه سجلاً يدون فيه البيانات التي يفرضها القرار رقم 180 لسنة 1950 قد أسس قضاءه على ما قال به من أن السلعة لم تسعر، مع أن الشارع فرض إلى جانب الإلزام بالتسعير التزامات أخرى لتنظيم تداول السلع تيسيراً للحصول عليها مسعرة أو غير مسعرة، ولا ترابط بين النوعين من الالتزام، ومن ثم فإن الحكم يكون معيباً بما يوجب نقضه.

وحيث إن المرسوم بقانون رقم 163 لسنة 1950 بشئون التسعير الجبري وتحديد الأرباح، وإن كان أكثر ما عنى به توفير الضروريات للجمهور وهي التي ادخلها في التسعير الجبري، إلا أنه أورد أيضاً أحكاماً خاصة بتنظيم بعض نواحي الاتجار بالسلع كافة المسعر منها وغير المسعر بما ييسر على الناس سبيل الحصول عليها، يدل على ذلك أن الشارع عاقب في المادة 13 من هذا المرسوم بقانون من امتنع عن بيع سلعة غير مسعرة أو غير محددة الربح في تجارتها، وكل من طالب عميلاً بثمن أعلا من الثمن المعلن عن هذه السلعة، كما ألزم الباعة بالإعلان عن أسعار سلعهم المسعر منها وغير المسعر. وصدوراً عن هذا المبدأ فوض المرسوم بقانون في المادة الخامسة منه وزير الصناعة في تقرير الوسائل اللازمة لمنع التلاعب بأسعار السلع والمواد الخاضعة لهذا المرسوم بقانون وتعيين مواصفاتها. وقد صدر القرار رقم 55 لسنة 1953 بناء على هذا التفويض بإضافة المنتج محلياً من الملابس الداخلية شغل السنارة "التريكو" والجوارب إلى الجدول الملحق بالمرسوم بقانون رقم 163 لسنة 1950 وتقرير بعض الوسائل لمنع التلاعب بأسعارها. ونص في المادة الثانية منه على أنه "على المصانع والشركات التي تنتج الملابس والجوارب المنصوص عليها في المادة الأولى أن تثبت باللغة العربية على كل قطعة منها بحروف وأرقام ظاهرة البيانات الآتية: 1 - اسم المصنع أو علامته التجارية. 2 - اسم الصنف ومقاس القطعة. 3 - سعر البيع للمستهلك" كما نص القرار رقم 180 لسنة 1950 في شأن تحديد الأرباح - والذي صدر بالاستناد إلى المرسوم بقانون رقم 96 لسنة 1946 الذي حل محله المرسوم بقانون رقم 163 لسنة 1950 والذي استبقى العمل بأحكامه - في المادة 27 منه على أنه (يجب على كل من يتجر بالجملة أو نصف الجملة في السلع المصنوعة محلياً أو المستوردة من الخارج، كما يجب على أصحاب المصانع التي تنتج هذه السلع أو المسئولين عن إدارتها أن يكون لديها سجل خاص تثبت فيه البيانات الآتية: 1 - مقادير السلع التي تكون في حيازتهم - وما يرد منها مستقبلاً والجهات الواردة منها وأماكن تخزينها وما يبيعونه وما يستخدمونه منها في تجارتهم أو صناعتهم. 2 - تكاليف إنتاج هذه السلع أو تكاليف استيرادها والمبالغ المدفوعة في شأنها والمتحصلة من بيعها وسعر شراء وبيع الوحدة منها. 3 - أسماء المشترين ورقم القيد في السجل التجاري إن كان المشتري تاجراً والكميات المبيعة لكل منهم) والبين من ذلك أنه يكفي لسريان التنظيم المبين بالقرارين أن تكون السلعة مدرجة بالجدول الملحق بالمرسوم بقانون رقم 163 لسنة 1950 ولا يشترط أن تكون مسعرة بالفعل سواء بموجب قرار أو بإدراجها في جدول الأسعار. لما كان ذلك، وكان الحكم المطعون فيه قد قضى ببراءة المطعون ضده من تهمتي عدم وضع بيانات معينة على سلعته وعدم إدراج بيانات معينة في سجلاته على خلاف أحكام القرارين 55 لسنة 1953 و180 لسنة 1950 قولاً بأن السلعة غير مسعرة، فإنه يكون قد أخطأ في تطبيق القانون خطأ حجبه عن النظر في موضوع الدعوى وتقدير أدلتها. بما يعيبه بما يوجب نقضه والإحالة.

الطعن 139 لسنة 38 ق جلسة 12 / 5 / 1969 مكتب فني 20 ج 2 ق 138 ص 680

جلسة 12 من مايو سنة 1969

برياسة السيد المستشار/ مختار مصطفى رضوان نائب رئيس المحكمة، وعضوية السادة المستشارين: محمد محمد محفوظ، ومحمود عباس العمراوي، ومحمود كامل عطيفه، والدكتور أحمد محمد إبراهيم.

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(138)

الطعن 139 لسنة 38 ق

(1 ، 2) دفوع. "الدفع بعدم قبول الدعوى المدنية". دعوى مدنية. "قبولها". نظام عام.
(1) الدفع بعدم قبول الدعوى المدنية. دفع جوهري. عدم تعلقه بالنظام العام. إثارته لأول مرة أمام محكمة النقض. غير جائز.

(2) الدفع بعدم قبول الدعوى المدنية قبل المتهم لعدم بلوغه سن الرشد من الدفوع القانونية التي يخالطها واقع. عدم جواز إثارته لأول مرة أمام محكمة النقض.

(3) مسئولية مدنية. "أركانها". خطأ. ضرر. علاقة سببية. حكم. "تسبيبه. تسبيب غير معيب".
تبيان الحكم أركان المسئولية التقصيرية من خطأ وضرر وعلاقة سببية. لا تثريب عليه بعد ذلك إن هو لم يبين عناصر الضرر.

(4) أسباب الإباحة. "الدفاع الشرعي". حكم. "تسبيبه. تسبيب غير معيب".
تقدير الوقائع التي يستنتج منها قيام حالة الدفاع الشرعي أو انتفاؤها. موضوعي.

(5) نقض. "أسباب الطعن. ما لا يقبل منها".
عدم جواز إثارة الجدل الموضوعي أمام محكمة النقض.

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1 - من المقرر أن الدفع بعدم قبول الدعوى المدنية وإن كان من الدفوع الجوهرية التي يتعين التصدي لها عند إبدائها، إلا أنه ليس من قبيل الدفوع المتعلقة بالنظام العام التي يصح إثارتها أمام محكمة النقض لأول مرة.

2 - الدفع بعدم قبول الدعوى المدنية قبل المتهم لعدم بلوغه سن الرشد من الدفوع القانونية التي يخالطها الواقع، ذلك أن أمر التيقن من صحة أو عدم صحة بلوغ المتهم سن الرشد يحتاج إلى تحقيق تنحسر عنه وظيفة محكمة النقض.

3 - من المقرر أنه متى كان الحكم قد بين أركان المسئولية التقصيرية من خطأ وضرر وعلاقة سببية، فإنه يكون قد أحاط بعناصر المسئولية المدنية إحاطة كافية، ولا تثريب عليه بعد ذلك إن هو لم يبين عناصر الضرر.

4 - الأصل أن تقدير الوقائع التي يستنتج منها قيام حالة الدفاع الشرعي أو انتفاؤها يتعلق بموضوع الدعوى، ولمحكمة الموضوع الفصل فيه بلا معقب مادام استدلالها سليماً يؤدي إلى ما انتهى إليه.

5 - لا يجوز إثارة الجدل الموضوعي أمام محكمة النقض.

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الوقائع

اتهمت النيابة العامة الطاعن بأنه في يوم 27/6/1966 بدائرة مركز أبو قرقاص محافظة المنيا: ضرب ......... عمدا بآلة صلبة حادة الحافة (مطواة) فأحدث به الإصابات الموصوفة بتقرير الصفة التشريحية ولم يقصد من ذلك قتله ولكن الضرب أفضى إلى موته. وطلبت من مستشار الإحالة إحالته إلى محكمة الجنايات لمعاقبته بالمادة 236/1 من قانون العقوبات فقرر بذلك وادعى والدا المجني عليه مدنيا بمبلغ ألفي جنيه قبل المتهم ووالده (المسئول عن الحقوق المدنية) متضامنين. ومحكمة جنايات المنيا قضت حضوريا عملا بمادة الاتهام والمواد 17 و55/1-2 و56 من قانون العقوبات بمعاقبة المتهم بالحبس مع الشغل ستة أشهر ووقف تنفيذ العقوبة وقفا شاملا لجميع الآثار الجنائية المترتبة علي الحكم وألزمته متضامنا مع المسئول عن الحقوق المدنية أن يدفعا إلى المدعيين بالحقوق المدنية مبلغ ألفي جنيه والمصاريف المدنية فطعن المحكوم عليه في هذا الحكم بطريق النقض... إلخ.

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المحكمة

حيث إن ما ينعاه الطاعن على الحكم المطعون فيه أنه إذ دانه بجريمة الضرب المفضي إلى الموت قد شابه قصور في التسبيب وخطأ في تطبيق القانون، ذلك بأنه أطرح دفاعه بأنه كان في حالة دفاع شرعي بأسباب غير سائغة ولا تستقيم مع وقائع الدعوى، كما ألزمه بالتعويض المدني على الرغم من بلوغه سن الرشد وقت الحكم ودون اختصام من يمثله قانوناً ولم يبين عناصر الضرر الذي من أجله ألزمه بالتعويض.

وحيث إن الحكم المطعون فيه بين واقعة الدعوى بما مجمله أثناء مرور الشرطي السري ...... بشارع الجمهورية في الساعة الثانية عشر ونصف من صباح يوم الحادث شاهد الطاعن يطعن المجني عليه بمدية نفذت في رأسه حتى أنه لم يستطع إخراجها فخر المجني عليه صريعاً على الأرض وقد أنكر المتهم وادعى أن المجني عليه وقريبيه.... و...... تقدموه في المسير وتعدوا عليه بالضرب فاستل المدية ولوح بها فأصاب المجني عليه، ثم عرض الحكم لدفاع الطاعن بأنه كان في حالة دفاع شرعي عن النفس ورد عليه وفنده بقوله "أنه يرد عليه بما قرره الشرطي السري .... في التحقيقات صراحة وهو أنه عندما وصل إلى مكان الحادث شاهد المتهم والمجني عليه متماسكين ورأى المتهم يطعن المجني عليه بالمدية وكان كل من ....... و...... وقتئذ يقفان كبقية الخلق دون أن يشترك أيهما في الشجار الأمر الذي يبين منه كذب ما ادعاه المتهم من اشتراكهما في العراك كما وأن شهادة الشرطي وشاهدي الإثبات فهي تفيد أن المتهم هو الذي تعرض وبادأ المجني عليه بالشر لسبق تشاجره مع أخيه الصغير ومعنى هذا أن نية المتهم ونية القتيل قد انصرفتا إلى التعدي ولذا اعتدى كل منهما على الآخر مما ينتفي معه إمكان القول بأن المتهم يعني رد اعتداء وقع عليه دفاعاً عن نفسه" وما أورده الحكم فيما تقدم سائغ ويكفي لتبرير ما انتهى إليه من انتفاء حالة الدفاع الشرعي طالما أنه خلص - بما له أصل من الأوراق - وهو ما لم يجادل الطاعن في صحته، أنه هو الذي بدأ بالعدوان إذ الأصل أن تقدير الوقائع التي يستنتج منها قيام حالة الدفاع الشرعي أو انتفاؤها يتعلق بموضوع الدعوى، ولمحكمة الموضوع الفصل فيه بلا معقب ما دام استدلالها سليماً يؤدي إلى ما انتهى إليه. لما كان ذلك، فإن منعي الطاعن في هذا الشأن لا يكون له محل إذ هو لا يعدو في حقيقته أن يكون جدلاً موضوعياً لا يجوز إثارته أمام محكمة النقض. لما كان ذلك، وكان الثابت من محضر جلسة المحاكمة أن الطاعن أو المدافع عنه لم يثر أيهما شيئاً عن عدم بلوغه سن الرشد وبالتالي عدم قبول الدعوى المدنية قبله لعدم إدخاله من يمثله قانوناً وذلك على الرغم من أن المدافع عن المدعيين بالحقوق المدنية قرر صراحة وفي حضور الطاعن أنه بلغ سن الرشد وقت المحاكمة ووجه إليه الدعوى المدنية على هذا الأساس هو والمسئول عن الحقوق المدنية، وكان أمر التيقن من صحة أو عدم صحة بلوغه سن الرشد يحتاج إلى تحقيق تنحسر عنه وظيفة محكمة النقص لأنه دفع قانوني يخالفه الواقع فضلاً عن أنه من المقرر أن الدفع بعدم قبول الدعوى المدنية وإن كان من الدفوع الجوهرية التي يتعين التصدي لها عند إبدائها، إلا أنه ليس من قبيل الدفوع المتعلقة بالنظام العام التي يصح إثارتها أمام محكمة النقض لأول مرة. لما كان ذلك، وكان الطاعن قد سكت عن التمسك بهذا الدفع أمام محكمة الموضوع فليس له من بعد إثارته لأول مرة أمام محكمة النقص. لما كان ذلك، وكان الحكم المطعون فيه قد ضمن مدوناته أن "ضرراً كبيراً قد نال المدعيين بالحق المدني كنتيجة لمقارفة المتهم لجريمة ضرب ابنهما ضرباً أفضى إلى موته" وكان من المقرر أنه متى كان الحكم قد بين أركان المسئولية التقصيرية من خطأ وضرر وعلاقة سببية - كما هو الحال في هذه الدعوى - فإنه يكون قد أحاط بعناصر المسئولية المدنية إحاطة كافية ولا تثريب عليه بعد ذلك إن هو لم يبين عناصر الضرر. لما كان ذلك، فإن ما يثيره الطاعن في هذا الخصوص لا يكون له محل ويضحى الطعن برمته يكون على غير أساس متعيناً رفضه موضوعاً مع إلزام الطاعن المصروفات المدنية.

الطعن 1383 لسنة 38 ق جلسة 11 / 2 / 1969 مكتب فني 20 ج 1 ق 54 ص 248

جلسة 11 من فبراير سنة 1969

برياسة السيد المستشار/ محمد صبري، وعضوية السادة المستشارين: محمد عبد المنعم حمزاوي، ونور الدين عويس، ونصر الدين عزام، ومحمد أبو الفضل حفني.

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(54)

الطعن 1383 لسنة 38 ق

(1) قتل خطأ. إصابة خطأ. خطأ. حكم. "تسبيبه. تسبيب معيب".
عدم كشف الحكم عن نوع الخطأ ومداه. قصور في التسبيب.

(2) دعوى مدنية. مسئولية مدنية. خطأ. ضرر. تعويض. رابطة السببية. نقض. "حالات الطعن. مخالفة القانون والخطأ في تطبيقه". قتل خطأ. إصابة خطأ.
نشوء الضرر عن خطأين. يوجب توزيع التعويض عنه بنسبة كل من الخطأين ولو كان أحد هذين الخطأين صادرا من المضرور. مخالفة الحكم هذا النظر وإلزام المتهم والمسئول بالحقوق المدنية عنه بكامل التعويض دون إنقاصه بمقدار ما يجب أن يتحمله المضرور بسبب خطئه الذي ساهم في إحداث الضرر. مخالف للقانون.

(3) نقض. "الطعن بالنقض. نطاق الطعن". "الخصوم في الطعن".
متى يحكم بنقض الحكم بالنسبة للمسئول بالحقوق المدنية المتهم الذي لم يقرر بالطعن؟

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1 - إذا كان الحكم الابتدائي - الذي اعتنق الحكم المطعون فيه أسبابه - قد حصر الخطأ في المتهم وحده، فإن استطراد الحكم المطعون فيه إلى القول بإسهام المجني عليه في الخطأ بغير أن يكشف عن نوع هذا الخطأ ومداه، يكون معيباً بالقصور في التسبيب.

2 - إن الحكم المطعون فيه إذ أسند وقوع الحادث إلى خطأ المتهم والمجني عليه معاً ثم ألزم المتهم والمسئول المدني عنه بكامل التعويض المقضي به ابتدائياً على الرغم من أن الحكم الأخير قد حصر الخطأ في جانب المتهم وحده، يكون معيباً بالخطأ في تطبيق القانون ذلك بأن المادة 163 من القانون المدني وإن نصت على أن "كل خطأ سبب ضرر للغير يلزم من ارتكبه بالتعويض" إلا أنه إذا كان المضرور قد أخطأ أيضاً وساهم هو الآخر بخطئه في الضرر الذي أصابه، فإن ذلك يجب أن يراعى في تقدير التعويض المستحق له، فلا يحكم له على الغير إلا بالقدر المناسب لخطأ هذا الغير، لأن كون الضرر الذي لحق المضرور ناشئاً عن خطأين: خطؤه وخطأ غيره، يقتضي توزيع مبلغ التعويض بينهما بنسبة خطأ كل منهما، وبناء على عملية تشبه عملية المقاصة ولا يكون الغير ملزماً إلا بمقدار التعويض عن كل الضرر منقوصاً منه ما يجب أن يتحمله المضرور بسبب الخطأ الذي وقع منه، وإذ خالف الحكم المطعون فيه هذا النظر والتفت عن استظهار ما قرره في أسبابه من خطأ المجني عليه وبيان أثره في مقدار التعويض وقضي بإلزام المسئول المدني به كاملاً دون أن ينقص منه ما يوازي نصيب المجني عليه في هذا الخطأ، فإنه يكون فضلاً عن قصوره قد خالف القانون بما يوجب نقضه فيما قضى به في الدعوى المدنية.

3 - إن نقض الحكم بالنسبة إلى المسئول عن الحقوق المدنية يقتضي نقضه بالنسبة إلى المتهم - وإن لم يقرر بالطعن - إذا ما اتصل وجه الطعن به وذلك إعمالاً للمادة 42 من القانون رقم 57 لسنة 1959 في شأن حالات وإجراءات الطعن أمام النقض.

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الوقائع

اتهمت النيابة العامة الطاعن ... بأنه في يوم 20 مارس سنة 1964 بدائرة قسم مصر القديمة محافظة القاهرة أولا - تسبب خطأ في قتل .... (ثانيا) - تسبب في إصابة ...... و...... وكان ذلك ناشئا عن إهماله ورعونته وعدم إتباعه القوانين والقرارات بأن قاد سيارة بسرعة ينجم عنها الخطر بطريق آهل بالمارة فصدم المجني عليهم وأحدث بهم الإصابات المبينة بالتقرير الطبي والتي أودت بحياة الأول. (ثالثا) قاد سيارة بسرعة ينجم عنها الخطر على حياة الجمهور. وطلبت عقابه بالمادتين 238/1 و244/1 من قانون العقوبات ومواد القانون رقم 449 لسنة 1955. وادعت مدنيا ..... عن نفسها وبصفتها وصية على أولادها قصر المرحوم ...... وطلبت القضاء لها قبل المتهم والمسئولة عن الحقوق المدنية (هيئة النقل العام لمدينة القاهرة) متضامنين بمبلغ عشرة آلاف جنيه على سبيل التعويض مع المصاريف وأتعاب المحاماة. ومحكمة مصر القديمة الجزئية قضت حضوريا عملا بمواد الاتهام مع تطبيق المادة 32/1 من قانون العقوبات (أولا) في الدعوى الجنائية بحبس المتهم ستة شهور مع الشغل وكفالة عشرة جنيهات لوقف التنفيذ عن التهم الثلاث المسندة إليه بلا مصاريف جنائية. (ثانيا) وفي الدعوى المدنية بإلزام المتهم والمسئول عن الحقوق المدنية بصفته أن يؤديا إلى المدعية بالحق المدني عن نفسها وبصفتها مبلغ ثلاثة آلاف جنيه لها منه مبلغ 500ج ولأولادها مبلغ 2500ج للذكر منهم ضعف حظ الأنثى والمصاريف المدنية المناسبة لمبلغ التعويض المحكوم به ومبلغ خمسة جنيهات مقابل أتعاب المحاماة ورفضت ما عدا ذلك من الطلبات. فاستأنف كل من المتهم والمسئولة عن الحقوق المدنية هذا الحكم. ومحكمة القاهرة الابتدائية - بهيئة استئنافية - قضت حضوريا بقبول الاستئنافين شكلا وفي الموضوع (أولا) بالنسبة إلى الدعوى الجنائية بتعديل الحكم المستأنف إلى تغريم المتهم ثلاثين جنيها (ثانيا) فيما يتعلق بالدعوى المدنية برفض الاستئنافين وتأييد الحكم المستأنف وألزمت المستأنفين المصروفات المدنية الاستئنافية. فطعن النائب بإدارة قضايا الحكومة عن هيئة النقل العام لمدينة القاهرة في هذا الحكم بطريق النقض... إلخ.

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المحكمة

حيث إن حاصل ما تنعاه هيئة النقل العام - المسئولة عن الحقوق المدنية - على الحكم المطعون فيه هو أنه إذ قضى في الدعوى المدنية بتأييد الحكم الابتدائي الذي دان تابعها بجريمة القتل الخطأ وحصر الخطأ في جانبه وحده وألزمه متضامناً معها بالتعويض, قد خالف القانون وأخطأ في تطبيقه وتأويله, ذلك بأنه خلص في أسبابه إلى أن المجني عليه - مورث المدعية بالحق المدني - قد ساهم بخطئه في وقوع الحادث ورتب على ذلك تخفيف مسئولية تابع الطاعنة من الناحية الجنائية إلا أنه قضى بكامل التعويض الذي قرره الحكم المستأنف دون أن ينقصه بما يوازى ما أسهم به المضرور في الخطأ وفقاً للمادة 216 من القانون المدني الذي يعيبه بما يوجب نقضه.

وحيث إن الدعوى الجنائية رفعت على المتهم..........(أولاً) تسبب خطأ في قتل ...... (ثانياً) تسبب خطأ في إصابة ....... و....... وكان ذلك ناشئاً عن إهماله ورعونته وعدم إتباعه القوانين والقرارات بأن قاد سيارة بسرعة ينجم عنها الخطر في طريق آهل بالمارة فصدم المجني عليهم وأحدث بهم الإصابات المبينة بالتقرير الطبي والتي أودت بحياة الأول (ثالثاً) قاد سيارة بسرعة ينجم عنها الخطر على حياة الجمهور - وطلبت النيابة العامة عقابه بالمادتين 238 و244 من قانون العقوبات وأحكام القانون رقم 449 لسنة 1955. وقد ادعت ..... عن نفسها وبصفتها وصية على أولادها قصر المرحوم ....... مدنياً قبل المتهم وطلبت القضاء بإلزامه وهيئة النقل العام لمدينة القاهرة بصفتها مسئولة عن الحقوق المدنية بأن يدفعا لها متضامنين مبلغ عشرة آلاف من الجنيهات على سبيل التعويض, وبتاريخ 9/6/1967 قضت محكمة مصر القديمة الجزئية حضورياً (أولاً) في الدعوى الجنائية بحبس المتهم ستة شهور مع الشغل وكفالة 10 ج لوقف التنفيذ عن التهم الثلاث (ثانياً) وفي الدعوى المدنية بإلزام المتهم والمسئول عن الحقوق المدنية بصفته بأن يؤديا للمدعية بالحق المدني عن نفسها وبصفتها مبلغ ثلاثة آلاف جنيه لها منه خمسمائة جنيه ولأولادها مبلغ 2500 ج للذكر ضعف حظ الأنثى والمصاريف المدنية المناسبة لمبلغ التعويض المحكوم به ومبلغ خمسة جنيهات أتعاباً للمحاماة.
فاستأنف كل من المتهم والمسئولة عن الحقوق المدنية هذا الحكم وبتاريخ 8/11/1967 قضت محكمة القاهرة الابتدائية حضورياً بقبول الاستئنافين شكلاً وفي الموضوع (أولاً) بالنسبة للدعوى الجنائية بتعديل الحكم المستأنف إلى تغريم المتهم ثلاثين جنيهاً (ثانياً) فيما يتعلق بالدعوى المدنية برفض الاستئنافين وتأييد الحكم المستأنف وألزمت المستأنفين المصروفات المدنية الاستئنافية. لما كان ذلك, وكان الحكم الابتدائي المؤيد لأسبابه بالحكم المطعون فيه قد استند في قضائه بالإدانة إلى توافر ركن الخطأ في حق المتهم وانتهى إلى تقدير ما أصاب المدعية بالحقوق المدنية عن نفسها وبصفتها من أضرار مادية وأدبية - جميعاً بمبلغ ثلاثة آلاف من الجنيهات, وكان يبين من الحكم المطعون فيه أنه عرض لموضوع الاستئناف بقوله "وحيث إن الحكم المستأنف في محله للأسباب الواردة به والتي تأخذ بها هذه المحكمة, إلا أن المحكمة ترى أن هناك خطأ من جانب المجني عليه وهو عدم احتياطه احتياطاً كاملاً, إلا أن الخطأ لا يجب خطأ المتهم بل يخفف من مسئوليته, ومن ثم ترى تعديل الحكم المستأنف إلى تغريم المتهم طبقاً لما هو وارد بمنطوق الحكم". لما كان ذلك, وكان الحكم الابتدائي - الذي اعتنق الحكم المطعون فيه أسبابه - قد حصر الخطأ في المتهم وحده, فإن استطراد الحكم المطعون فيه إلى القول بإسهام المجني عليه في الخطأ بغير أن يكشف عن نوع الخطأ ومداه, يكون معيباً بالقصور في التسبيب. ومن ناحية أخرى فإن الحكم المطعون فيه إذ أسند وقوع الحادث إلى خطأ المتهم والمجني عليه معاً ثم ألزم المتهم والطاعنة متضامنين بكامل التعويض المقضي به ابتدائياً على الرغم من أن الحكم الأخير قد حصر الخطأ في جانب المتهم وحده يكون معيباً بالخطأ في تطبيق القانون, ذلك بأن المادة 163 من القانون المدني وإن نصت على أن "كل خطأ سبب ضرراً للغير يلزم من ارتكبه بالتعويض" إلا أنه إذا كان المضرور قد أخطأ أيضاً وساهم هو الآخر بخطئه في الضرر الذي أصابه فإن ذلك يجب أن يراعي في تقدير مبلغ التعويض المستحق له, فلا يحكم له على الغير إلا بالقدر المناسب لخطأ هذا الغير. لأن كون الضرر الذي لحق المضرور ناشئاً عن خطأين: خطؤه هو وخطأ غيره, يقتضي توزيع مبلغ التعويض بينهما بنسبة خطأ كل منهما, وبناء على عملية تشبه المقاصة لا يكون الغير ملزماً إلا بمقدار التعويض المستحق عن كل الضرر منقوصاً منه ما يجب أن يتحمله المضرور بسبب الخطأ الذي وقع منه. وإذ خالف الحكم المطعون فيه هذا النظر والتفت عن استظهار ما قرره في أسبابه من خطأ المجني عليه وبيان أثره في مقدار التعويض وقضى بإلزام الطاعنة به كاملاً دون أن ينقص منه ما يوازي نصيب المجني عليه في هذا الخطأ, فإنه يكون فضلاً عن قصوره قد خالف القانون بما يوجب نقضه فيما قضى به في الدعوى المدنية والإحالة مع إلزام المطعون ضدها المصروفات المدنية. لما كان ذلك, وكان نقض الحكم بالنسبة إلى المسئولة عن الحقوق المدنية يقتضي نقضه بالنسبة إلى المتهم - وإن لم يقرر بالطعن - لاتصال وجه الطعن به إعمالاً للمادة 42 من القانون رقم 57 لسنة 1959 في شأن حالات وإجراءات الطعن أمام محكمة النقض.

الفهرس الموضوعي لقواعد النقض الجنائي المصري / د / دعوى - سقوطها




تحقيق قضائي. يقطع مدة السقوط ولو لم يكن المتهم سئل فيه.الحكم كاملاً




إذا كان الحكم قد قضى ببراءة المتهم لانقضاء الدعوى العمومية بمضي ثلاث سنين على الحكم الصادر غيابياً بعدم اختصاص محكمة الجنح بنظر الدعوى لكون واقعتها جناية على أساس أن هذا الحكم هو آخر عمل من أعمال التحقيق وأن الواقعةالحكم كاملاً




المدّة المقرّرة لسقوط العقوبة. تبتدئ من الوقت الذي يكون فيه للنيابة أن تنفذ العقوبة على اعتبار أن الحكم الصادر بها لم يعد بحسب ظاهره قابلاً للطعن فيه من المحكوم عليه. لا يصح القول بسريان مدّة سقوط الدعوى في هذه الحالة.الحكم كاملاً





الفهرس الموضوعي لقواعد النقض الجنائي المصري / د / دعوى - إعادة الدعوى للمرافعة



متى صح إعلان الدعوى بداءة فعلي أطرافها تتبع سيرها من جلسة إلى أخرى، طالما كانت متلاحقة حتى يصدر الحكم فيها. إعادة الدعوى إلى المرافعة بعد حجزها للحكم.الحكم كاملاً


الفهرس الموضوعي لقواعد النقض الجنائي المصري / د / دعوى - المصلحة في الدعوى



عدم قبول طعن النيابة في الأحكام الصادرة في الدعوى الجنائية. إلا إذا كان لها كسلطة اتهام مصلحة في الطعن. أو كانت المصلحة للمحكوم عليهم من المتهمين .الحكم كاملاً


الفهرس الموضوعي لقواعد النقض الجنائي المصري / د / دعوى - حجز الدعوى للحكم




متى صح إعلان الدعوى بداءة فعلي أطرافها تتبع سيرها من جلسة إلى أخرى، طالما كانت متلاحقة حتى يصدر الحكم فيها. إعادة الدعوى إلى المرافعة بعد حجزها للحكم.الحكم كاملاً





الثلاثاء، 1 نوفمبر 2022

الفهرس الموضوعي لقواعد النقض الجنائي المصري / د / دعوى - مصروفات الدعوى / الحكم فيها



وجوب الحكم بمصاريف الدعوى على المحكوم عليه فيها المادة 184 مرافعات.الحكم كاملاً





الفهرس الموضوعي لقواعد النقض الجنائي المصري / د / دعوى - مصروفات الدعوى / تقديرها



عمال المادة 189 من قانون المرافعات رهن بصدور الحكم بالمصاريف إغفال الحكم بها وجوب الرجوع إلى المحكمة للفصل فيها المادة 193 مرافعات.الحكم كاملاً


الفهرس الموضوعي لقواعد النقض الجنائي المصري / د / دعوى - مصروفات الدعوى



إعمال المادة 189 من قانون المرافعات رهن بصدور الحكم بالمصاريف إغفال الحكم بها وجوب الرجوع إلى المحكمة للفصل فيها المادة 193 مرافعات.الحكم كاملاً




الفصل في مصاريف ورسوم طلب القيد بجدول المحاماة. لم يتطلبه قانون المحاماة.الحكم كاملاً




عدم اعتبارها من الملحقات التي تدخل في تقدير قيمة الدعوى. المادتان 30، 356 مرافعات.الحكم كاملاً




إثبات الحكم المطعون فيه أن المحكوم له استلم مبلغ التعويض والمصاريف المناسبة تنفيذاً للحكم الاستئنافي الأول. تساوي هذا المبلغ مع قيمة التعويض الذي انتهى الحكم المطعون فيه إلى القضاء به له. قضاء هذا الحكم برفض دعوى التعويض وإلزامه بمصروفاتها. لا خطأ.الحكم كاملاً





الفهرس الموضوعي لقواعد النقض الجنائي المصري / د / دعوى - الطلبات في الدعوى / طلب التأجيل



المحكمة غير ملزمة بإجابة طلب التأجيل للاستعداد ما دام المتهم قد أعلن إعلاناً صحيحاً ولم يدع عكس ذلك.الحكم كاملاً


الفهرس الموضوعي لقواعد النقض الجنائي المصري / د / دعوى - التنازل عن الدعوى



من المقرر أن التنازل عن الدعوى هو ترك للخصومة يترتب عليه وفق المادة 143 من قانون المرافعات الغاء جميع اجراءات الخصومة بما فى ذلك التقرير بالطعن.الحكم كاملاً




عدم بيان الحكم فحوى الصلح وما إذا كان يتضمن التنازل عن الدعوى الجنائية أم اقتصر على الإدعاء بالحق المدني قصور موجب لنقضه.الحكم كاملاً